10 Giugno 1940

Scritto da:  | 25 Maggio 2019 | 4 Commenti | Categoria: C'era una volta

10 Giugno 1940
Una data terribile per l’Italia.
Io c’ero e quel giorno lo ricordo bene.
Ero a Tripoli, in colonia, a casa della zia Gianna e ascoltavo via radio (antidiluviana, con antenna incorporata e con scariche continue) la dichiarazione di guerra che da Palazzo Venezia pronunciava il duce, Mussolini, con voce stentorea nei confronti di Francia e Inghilterra.

Avevo poco più di 13 anni. Quindi incosciente.
La zia piangeva perche da maltese, sposata a un maltese, diventava automaticamente persona ostile all’Italia anche se lei, personalmente, non avrebbe fatto male a una mosca.
Lo zio Gigi, suo marito, monitorato da tempo dalle autorità politiche, era già stato internato per precauzione assieme ad altri maggiorenti di nazionalità ostile…
Ricordo che prima di essere internato mi chiamò a casa sua e mi disse che dovevo per il futuro aiutare la zia Gianna per quanto occorreva in riferimento alle sue proprietà (aveva diversi locali a Bu Meliana, affittati ad officine, a un fornaio ecc. e io dovevo andare a riscuotere gli affitti da portare poi a zia, oltre che compilare le ricevute ed applicare le marche da bollo).
Una mattina lo prelevarono a casa sua e assieme ad altri lo fecero partire per l’internamento in Italia: prima tappa: le Isole Tremiti. Zia Gianna pianse a lungo e mamma mi mandò quasi ogni giorno da lei per fare ciò che si poteva in suo aiuto…
Fu così, a casa sua, che il giorno 10 Giugno 1940 ascoltai per radio la proclamazione di guerra di Mussolini.

Non so perché ma ebbi subito netta la convinzione che sarei sopravvissuto a quella guerra… Sentivo una sorda eccitazione e avevo sentimenti contrastanti: da un lato mi sentivo fiero di essere italiano e solidale con l’entrata in guerra , convinto cioè da tutto ciò che la propaganda fascista ci aveva propinato in quegli ultimi anni: dalla guerra di Abissinia (1935), alle sanzioni subite (ricordo che mia madre imprecò a lungo per essere stata costretta in quell’occasione a donare la fede d’oro alla Patria, ricevendone in cambio una di vile metallo…), alla guerra di Spagna (1937); dall’altro ero sgomento perché la nonna, i miei zii, i cugini da parte di mamma, essendo maltesi e quindi sudditi britannici, diventavano grottescamente miei nemici e venivano privati della loro libertà e addirittura spediti in Italia e rinchiusi in campi di concentramento a patire gli stenti e la fame in luoghi non familiari e con clima a loro non confacente. Questo accadde ai miei cugini maggiorenni internati in provincia di Modena. (Uno di essi, Gianni, figlio di zio Genio si ammalò e morì di tbc nell’immediato dopoguerra, al suo rientro a Tripoli). Altri più fortunati, furono destinati a Montecatini. Zio Gigi – persona di riguardo come ho già detto – dalle isole Tremiti passò all’isola di Ponza e poi, su sua richiesta, al castello di Montechiarugolo in provincia di Parma con inglesi civili e militari là internati.
Allo scoppio della guerra, il 10 giugno 1940, Tripoli fu subito bombardata da aerei francesi a più riprese.
Episodi incredibili accaddero in quei primi giorni di guerra: Ricordo gente che, di notte, inveiva contro chi accendeva la luce in casa e sospetti atroci nascevano se per disavventura qualcuno sbadatamente accendeva e spegneva ripetutamente le luci di casa sua: Per i vicini, sempre in apprensione, significava che quel tale doveva essere “una spia che segnalava”… (a chi e che cosa, non l’ho mai capito).
Quando la Francia firmò l’armistizio, sopravvennero gli aerei inglesi a bombardare quotidianamente, con ben altro peso e risultato per noi catastrofico e lo facevano preferibilmente di notte, con azioni di disturbo che duravano sino al mattino. Era dura dopo nottate simili lavorare… Ricordo anche che nei primi tempi tra la gente c’era chi sosteneva che bisognava… stare all’aperto perché le bombe erano destinate alle abitazioni e dunque era meglio uscirne dimenticando che la nostra contraerea sparava centinaia di proiettili destinati a ricadere al suolo in forma di schegge e chi, anche, con altrettanta incoscienza suggeriva di internarsi in alcune grotte che poi tali non erano perché erano soltanto cave di sabbia scavate orizzontalmente al fondo di un avvallamento esistente in città. Roba da rimanere sepolti come sorci se appena appena una bomba fosse scoppiata nelle vicinanze.
Iniziò subito il razionamento dei generi alimentari: in loco non si produceva il cibo sufficiente per vivere e in pratica tutto arrivava dall’Italia. Ricordo file estenuanti, talvolta con esito infruttuoso per esaurimento delle scorte. Si cominciò presto con il mercato nero e se qualche arabo di campagna portava a papà uova o olio in cambio della riparazione del carro, si faceva festa.
A pochi giorni dall’inizio della guerra l’aereo del governatore Balbo, in missione su Tobruck fu abbattuto nelle circostanze storicamente note, anche se controverse. Ricordo i solenni funerali e tutte quelle bare (era deceduto tutto l’equipaggio, anche il co-pilota maggiore Capannini, papà di un mio ex compagno di scuola delle elementari). Ne ricavai una grande emozione e vidi sfilare le bare sino al monumento ai Caduti esistente a Tripoli dalle parti di Suk El Muscir ove le salme furono provvisoriamente tumulate. Molta gente commossa, anche araba, fece silenziosamente ala alla sfilata della bare.

avatar Scritto da: Antonio Pipitone (Qui gli altri suoi articoli)


4 Commenti a 10 Giugno 1940

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    Fabio Lotti 25 Maggio 2019 at 09:45

    Un saluto ad Antonio ed un grazie per la bella testimonianza.

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    Giancarlo Castiglioni 25 Maggio 2019 at 22:54

    Quella dei cittadini stranieri internati è stata una delle tragedie minori della guerra.
    Spesso erano immigrati da tempo, che credevano di essere al sicuro e che non avevano i mezzi per rientrare in tempo nel paese d’origine.
    Naturalmente non avevano nessuna intenzione ne possibilità di nuocere al paese dove vivevano.
    Tra i più sfortunati alcuni immigrati italiani in Inghilterra che morirono quando fu silurata la nave che li trasferiva in Canada.
    Gli Stati Uniti internarono non solo i Giapponesi, ma anche anche i loro cittadini di origine giapponese.

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    fabrizio 25 Maggio 2019 at 23:02

    Testimonianze come questa, nella loro semplicità e verità, valgono quanto un intero libro di storia, materia purtroppo oggi misconosciuta da tanti giovani (e non solo!). Grazie Antonio.

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    marco 8 Agosto 2019 at 11:15

    La naver era la “Arandora Star”, Piero Sraffa grande economista, fu “salvato” dal’imbarco grazie all’intervento di John Maynard Keynes.

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