La mia madeleine

Scritto da:  | 5 Novembre 2019 | 16 Commenti | Categoria: Zibaldone

Oggi ho avuto la mia madeleine, sotto la specie più rustica, ma egualmente edule, delle caldarroste. Tra il ’62 e il ’66, ossia tra i miei 6 e 10 anni, tutte le domeniche che il buon dio mandava sulla terra ero a San Siro con mio padre. Oddio, in realtà non proprio tutte: mio padre, insofferente della ressa, evitava le partite di cartello, tipo il derby, o quando veniva a Milano la Juve. Per il resto eravamo sempre lì, autunno, inverno e primavera, sia che giocasse il Milan sia che giocasse l’Inter, chiunque fosse il loro avversario. Per noi, milanisti, erano anni difficili, perché era giusto il periodo in cui l’Inter di Helenio Herrera vinceva tutto. Ma non era così importante. La bellezza era lo spettacolo. Mio padre, in qualità di Grande Invalido di Guerra, aveva l’ingresso gratuito ai “distinti” (porta riservata n° 11), per sé e per un accompagnatore (i suoi amici del bar gli facevano smaccatamente la corte, praticamente tutte le settimane; ma lui portava sempre, e solo, suo figlio). I “distinti” erano buona parte del primo anello (il terzo non esisteva ancora), con esclusione di una delle due “tribune centrali”, quella dalla parte degli spogliatoi. Qui c’erano le poltroncine marroni della tribuna d’onore, e i sedili numerati verdi (più economici) e blu (più cari). Noi lì non potevano andare; ma tutto il resto, scomodissimi gradoni con posti non numerati dove i sederi si accalcavano l’uno addosso all’altro (ma si poteva comprare per 50 lire un rudimentale cuscino di paglia foderato di carta), era caccia libera. Mio padre sceglieva di solito la curva opposta a quella dove si davano appuntamento gli ultrà. Talvolta ci mettevamo in piedi ai bordi del campo, in quello che lui chiamava parterre: della partita non si capiva quasi niente (e ancora faccio fatica a capire che cosa capiscano gli allenatori, costretti a guardare il gioco, in orizzontale, dalla panchina), ma si aveva la possibilità di vedere da vicino i giocatori, specie quando venivano a riprendere la palla a fondo campo. Ho parlato di ultrà, ma a pensarci bene mi scappa da ridere. Ma quali ultrà? Non esisteva nemmeno la parola. Gruppi coloriti, rumorosi e goliardici di tifosi; ma niente violenza, niente politica né tanto meno razzismo. Non ricordo mai che Jair o Amarildo fossero presi di mira per il colore della loro pelle. Eppure era la Milano dove la parola “terrone”, come documentato dalla splendida canzone di Strehler (Mamì), non era ancora politicamente scorretta. Bambino tra i 6 e i 10 anni, a San Siro non ho mai avuto paura. Uscivamo puntualmente 10 minuti prima, sempre per evitare la ressa, giusto in tempo per sentire la fine di “Tutto il calcio minuto per minuto” (“se la vostra squadra ha vinto, brindate con Stock; se ha perso, consolatevi con Stock” ).

E per comprare il rituale cartoccio di caldarroste prima che il baracchino venisse preso d’assalto dalla marea di tifosi in uscita. Poi via verso casa, dove ci aspettava per cena la deliziosa metà del pollo (ormai freddo) mangiato a mezzogiorno, seduti davanti a una tv in bianco e nero che mandava in onda il primo o il secondo tempo di una partita di serie A (inizio alla 19 in punto). Qualche giorno fa mio figlio, 8 anni, ha chiesto a mia moglie qualcosa sul calendario di Champions. Lei ha risposto: “Chiedi a tuo padre”. E quello, insofferente: “Ma mamma, papà di calcio non sa un fico secco”. Come darti torto, tesoro? Se vuoi, però, ti posso parlare per ore di Gianni Rivera e di Sandro Mazzola.

avatar Scritto da: FM Franco Trabattoni (Qui gli altri suoi articoli)


16 Commenti a La mia madeleine

  1. avatar
    fabrizio 6 Novembre 2019 at 14:56

    Grazie Franco per questi ricordi che segnano probabilmente gli ultimissimi anni nei quali il calcio era ancora gioco e sport. Oggi il calcio è purtroppo diventato uno strumento in mano alla malavita e/o a qualche opportunista che cerca la notorietà per fini non sempre positivi.

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    Fabio Lotti 6 Novembre 2019 at 22:14

    Che tempi, che giocatori, che ricordi!

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    The dark side of the moon 7 Novembre 2019 at 10:37

    Il calcio è sempre stato un fenomeno di controllo di massa.
    In ogni epoca il potere si è sempre servito di qualche forma di svago da dare alle masse per alleviare le sofferenze di classe (Panem et circenses).
    Curve, distinti e tribune rispecchiano fedelmente la società.
    Non serve fare esempi, basta informarsi.
    I vertici del calcio attuale sono ricoperti da degli ipocriti che si mascherano da “buonisti” a seconda delle necessità.
    Ma nonostante tutto, nel calcio spesso molte persone ritrovano quel senso di appartenenza che manca altrove nella società.
    E’ interessante studiare il fenomeno da questo punto di vista, il calcio è cultura popolare e come tale appartiene al popolo.
    Ma il popolo serve da contorno al sistema di potere e profitto che ruota intorno a questo sport.

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      DURRENMATT 7 Novembre 2019 at 14:41

      …Il portiere caduto alla difesa
      ultima vana, contro terra cela
      la faccia, a non veder l’amara luce.
      Il compagno in ginocchio che l’induce,
      con parole e con mano, a rilevarsi,
      scopre pieni di lacrime i suoi occhi.

      La folla – unita ebbrezza – par trabocchi
      nel campo. Intorno al vincitore stanno,
      al suo collo si gettano i fratelli.
      Pochi momenti come questo belli,
      a quanti l’odio consuma e l’amore,
      è dato, sotto il cielo, di vedere.

      Presso la rete inviolata il portiere
      – l’altro – è rimasto. Ma non la sua anima,
      con la persona vi è rimasto sola.
      La sua gioia si fa una capriola,
      si fa baci che manda di lontano.
      Della festa – egli dice – anch’io son parte.

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    Mariateresa Trabattoni 7 Novembre 2019 at 17:56

    ……non scriverò qui come e dove passavo le domeniche con la mamma , tu lo ricordi senza dubbio. Quello che non ricordi e’ che la cena della domenica sera aveva come protagonista non pollo freddo avanzato dal pranzo bensì pollo lessato e messo in gelatina tra ciuffi di prosciutto cotto e cetrioli sotto aceto tagliati a fettine orizzontali. Tra l’altro , eccezionalmente, proprio per seguire la partita, si cenava in sala dove c’era il televisore

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      Franco Trabattoni 7 Novembre 2019 at 17:57

      Dopo, molto dopo, è arrivata la gelatina

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        Mariateresa Trabattoni 7 Novembre 2019 at 17:58

        …….mmmmm , mezzo pollo da dividere in quattro persone a casa nostra?
        Troppe caldarroste ! =))

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          Franco Trabattoni 7 Novembre 2019 at 18:00

          io mangiavo un’ala a pranzo e l’altra e cena. Voi, non so.

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            Mariateresa Trabattoni 7 Novembre 2019 at 18:01

            Franco, no! Tu e mamma ali e parti bianche, io papà le cosce….non erano polli transgenici !

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              Franco Trabattoni 7 Novembre 2019 at 18:01

              Esatto

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              Franco Trabattoni 7 Novembre 2019 at 18:02

              Un pollo ha due ali, giusto? Chi ha parlato di polli transgienici?

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                Mariateresa Trabattoni 7 Novembre 2019 at 18:03

                Appunto se ne mangiavi tu due, cosa rimaneva per la mamma?

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                  Franco Trabattoni 7 Novembre 2019 at 18:04

                  Il petto. Io ne mangiavo due.

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    Mariateresa Trabattoni 7 Novembre 2019 at 18:07

    …… dimenticavo …. “ Principino” :p

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    Paolo 7 Novembre 2019 at 18:15

    Bellissimo amarcord, Franco! Ecco, non sto disquisire se fosse meglio Rivera o Mazzola: come cercare di affermare che Moser era meglio di Saronni o viceversa. Io semplicemente preferivo Sandrino. Almeno come persona. Più lineare, più diretto, più modesto. Mi dava l’idea che fosse quello che sembrava. Gianni molto meno, almeno questa era la mia impressione, magari mi sbaglio.
    Tecnicamente poi erano alquanto diversi: l’interista nasceva come attaccante. Segnava anche di più. Più veloce lo era sicuramente. Il milanista probabilmente aveva i piedi migliori, ma ricordo che quando non era in giornata certe volte il Milan sembrava giocare con un uomo in meno, vi assicuro! Come capitava, e non raramente, che Gianni fosse “assente” tutta la partita e ne toccava solo una, ma era quella decisiva! ;) Complimenti ancora, caro Franco.

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    Uomo delle valli 7 Novembre 2019 at 18:16

    Molto bello, complimenti anche da parte mia.
    Stupenda anche Milva!

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