Era un giorno gelido d’inverno, quella notte il freddo penetrava fino dentro le calzette.
Non riuscivo proprio a prendere sonno… Pensavo a quando, da bimbo, mi svegliavo in quel di Torino, zona Crocetta. Mi ricordo il risveglio nel letto grande dei nonni, il rumore dei termosifoni di ghisa accesi, il calore. Era quasi sempre di inverno, e si stava bene. Nonna mi riempiva la scodella di latte e biscotti, e li, in cucina, si mangiava, parlava, mentre il nonno si accendeva il suo toscano. Poi, come tutto, nella vita, è scomparso. Ma il ricordo olfattivo e di tenerezza che erano quegli anni, beh, quelli no, non se ne andrà mai.
Come il ricordo del rumore del traffico esterno, la campanella del tram, delle voci tonanti, di mia nonna in cucina a preparare di tutto, dalla pasta al forno alle sfogliatelle…
Che darei per tornare un solo giorno della mia vita anche solo per poche ore in quel regno magico, ma non si può, ed è questa la tragedia umana, perdere il bello senza comprendere che era tale quando ci si stava dentro. Il tempo pareva essersi fermato…
Mentre i miei pensieri vagavano tra ricordi d’infanzia ed il viaggio fatto il giorno prima alla ricerca di chi fosse il vero padre di Gesù, tra Panthera, Gabriele, Giovanni o Giuseppe; vidi dai vetri della finestra l’ombra di in uomo in calzamaglia nera che attraversava la strada in direzione della ‘scuola delle matite’, la scuola dove insegna la mia compagna.
Incuriosito mi alzai, mi infilai in tutta fretta una tuta, presi i miei sigari, montai sulla Genny e quatto quatto, di nascosto, lo pedinai.
Più che Lupin III, l’uomo misterioso mi pareva essere Diabolik… Perdinci, ecco lì la sua Jaguar. ‘azzo, allora è proprio lui, ma cosa va a fare nella ‘scuola delle matite’: non c’è più alcunché da rubare, ci hanno già pensato alcuni giovinastri, un mese fa circa, a portar via l’ultimo computer, scambiato poi con pochi grammi di eroina.
No, lo vedo da fuori, Diabolik sta staccando qualcosa dalle pareti…
La Gioconda? Mica siamo al Louvre qui, l’unica cosa appesa alla parete sono i disegni dei bambini che frequentano questa scuola, bambini dai 3 ai 5 anni.
Mentre attendo che lui esca, mi accendo uno dei miei toscani…
Tranquilli bimbi, so come non farmi scorgere mentre lo fumo, il mio nonno mi ha spiegato che durante la guerra per non farsi individuare dai cecchini, il sigaro se lo metteva in bocca dalla parte accesa, ed anch’io faccio in quel modo trattenendo a fatica una bestemmia per essermi ustionato la lingua… Maremma bucaiola!
Eccolo che esce, ma è più veloce di me, non riesco a fermarlo. Dove cavolo è Ginko con i suoi uomini, non ci sono mai quando servono. Eva gli apre dall’interno la portiera dell’auto, dove lui getta i disegni prima di sedersi; ingranata la prima fuggono a tutta velocità, a fari spenti nella notte.
Mesto me ne torno sui miei passi, rientro in casa e subito sveglio la mia compagna che informata dell’accaduto scoppia in un pianto a dirotto, senza termine:
- “No, il lavoro di tutti questi mesi con il mio progetto ’Giochiamo con gli scacchi’… I disegni dei bambini, poveretti”.
Intanto la protezione civile lanciava l’allarme rosso per il pericolo di alluvione… Alluvione causata dalle lacrime di una insegnante.
Riprendere sonno fu difficile, ma dopo aver contato una mezza dozzina di greggi di pecore, ci appisolammo beatamente, e nemmeno il suo russare mi svegliò più.
… Ad un tratto gli orologi poi ripresero ad andare, dalla finestra uno strano chiarore illuminava la stanza e nel guardare la neve che scendeva, io mi ricordai che proprio quel giorno era il giorno del suo compleanno e con un bacio la svegliai.
Finalmente il grande Mongo. Carinissimo!
P.S.
Ma dove è andato Paolo Bagnoli? E’ tanto che non leggo i suoi pezzi.
“perdere il bello senza comprendere che era tale quando ci si stava dentro”…..
Proprio così, amico mio.
Forse è questa la vera tragedia della vita.
Un abbraccio forte forte al mitico Mongo. Ogni bene. Luca Monti, Vallio Terme BS
Dolcissimi i disegni dei bambini. E il racconto è assai vivido. Pare di vivere davvero certe sensazioni. Complimenti all’autore.