Dopo attenta e lunga riflessione questo pomeriggio ho preso il coraggio a due mani e ho deciso di affrontare mia moglie: “cara, ci ho pensato ma forse è meglio non avere figli!”
Lei: “Oddio, e perché mai?!?”
“Semplice: perché un giorno verrà da me, oserà sfidarmi e mi batterà a scacchi!”
Ho seguito infatti con molta attenzione la sfida tra Mauro e suo figlio Giorgio che avete qui incorniciato manco fosse stato l’Interzonale di Riga ’79. Non c’è stata storia, partita bellissima, senza esclusione di colpi, giocate galattiche a tutto spiano, alabarda spaziale di giù e di su, e alla fine Giorgio gliele ha suonate… pazienza direte voi. Allora scendo il paniere dalla finestra e mi faccio salire il giornale. Qui a Napoli leggo sempre il Corriere della Sera, giusto per rimanere informato su quello che succede all’estero. Bene, cosa leggo?!? Che anche Renzo Piano sfida suo figlio, e che vince sempre il figlio… anche se dopo il Cavallo in d9 dell’esimio Architetto non son poi così sicuro che si sia trattato di una sfida a scacchi o a battaglia navale… poco importa: le ha buscate anche lui di santa ragione dal prode pargolo. E comunque quell’accenno agli spazi vuoti lo trovo davvero inquietante: che ci voglia edificare qualcosa anche lì?!?
Morale della favola: meglio non sfidare l’erede, anzi, per il momento non metterne neanche in cantiere!
Spassosissimo!
Proprio oggi ho giocato una partita con mia figlia.
Lei è alle prime armi e quindi diciamo che è stata una partita che commentavamo e analizzavamo di mossa in mossa.
Avevo 3 pedoni di vantaggio diventati 2 dopo ulteriori semplificazioni ma disposti su ambo i lati.
Per farla breve abbiamo trovato un finale di alfieri contrari, lei sacrifica il proprio alfiere lasciandomi con pedone di Torre e Alfiere di colore contrario alla casa di promozione del pedone.
Patta teorica
Abbiamo passato così 2 ore e ci siamo divertiti.
Non avere figli per evitare il rischio di essere battuti a scacchi da loro mi sembra eccessivo.
Esiste una soluzione più semplice, non farli giocare a scacchi.
Io ho tre figli, tutti hanno cominciato a giocare, hanno anche fatto qualche torneo giovanile, uno ha vinto una coppa, ma poi non hanno proseguito, gli scacchi erano solo uno dei loro tanti interessi e presto sono stati dimenticati.
Io li ho lasciati fare, non li ho mai incoraggiati o scoraggiati.
Non perché temevo che prima o poi mi avrebbero battuto, anzi sarei stato contento se fosse successo.
Quello che temevo, specie per Luca il secondo, il più promettente, era che se si fosse appassionato agli scacchi, non si sarebbe fermato finché non fosse stato in grado di battermi.
Ci sarebbe riuscito certamente, ma non sarebbe stato facile, quanto tempo avrebbe dovuto impiegare per farlo?
Meglio così, credo che dedicandosi ad altro abbia impiegato meglio il suo tempo.
Hai perfettamente ragione, caro Giancarlo. Quanti ragazzi purtroppo hanno “buttato” (passatemi il termine, scusate, lo uso senza alcun intento dispregiativo, credetemi) la loro gioventù e, senonaltro, enormi energie e risorse per gli scacchi. E per arrivare dove alla fine? Candidati Maestri? Maestri?? Qualcosa di più ancora?!?
Sì, certo, la gratificazione ludica è enorme ma, almeno da un certo punto di vista, per molti è una sorta di dipendenza patologica. Spero di sbagliarmi, ovvio.