E le genti che passeranno…

Scritto da:  | 25 Aprile 2020 | 7 Commenti | Categoria: C'era una volta, Italiani, Personaggi, Stranieri

Pubblicato, con il titolo Il fascismo e i problemi della razza, su “Il Giornale d’Italia” del 14 luglio 1938, il Manifesto degli scienziati razzisti o Manifesto della razza, anticipa di poche settimane la promulgazione della legislazione razziale fascista (settembre-ottobre 1938). Firmato da alcuni dei principali scienziati italiani, Il Manifesto diviene la base ideologica e pseudo-scientifica della politica razzista dell’Italia fascista.

Da “La difesa della razza”, direttore Telesio Interlandi, anno I, numero 1, 5 agosto 1938, p. 2.

Il ministro segretario del partito ha ricevuto, il 26 luglio XVI, un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane, che hanno, sotto l’egida del Ministero della Cultura Popolare, redatto o aderito, alle proposizioni che fissano le basi del razzismo fascista.

1. Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi.

Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti.

2. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente.

3. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze.

4. La popolazione dell’Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L’origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell’Europa.

5. È una leggenda l’apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l’invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l’Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d’Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l’Italia da almeno un millennio.

6. Esiste ormai una pura “razza italiana”. Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico-linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l’Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana.

7. È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l’opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l’indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l’Italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità.

8. È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d’Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall’altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l’origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili.

9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l’occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all’infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani.

10. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L’unione è ammissibile solo nell’ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall’incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani.

Questo il fascismo, per chi se lo fosse dimenticato… razzismo, prepotenza, violenza e barbarie… ingiustizie e atrocità che condussero il mondo a sofferenze inaudite e a una guerra spaventosa e che non poterono che innescare in tutte le nazioni quella generosa opposizione, che si chiama Resistenza. Il 25 aprile italiano ne è sicuramente un episodio fondamentale: il suggello della Liberazione.

E il mondo degli scacchi non fu purtroppo esente dal contagio di questo folle morbo se perfino il Campione del Mondo Dr. (!) Alekhine si espresse in questi pubblici termini nei confronti della comunità scacchistica ebraica.

Ma torniamo al carattere internazionale del movimento di Liberazione lasciando la spiegazione a chi ne ha ben più diritto: ad alcuni di coloro che portarono alle estreme conseguenze il proprio ideale, che fece apparire loro chiaro, proprio attraverso il loro stesso sacrificio, la possibilità concreta di una umanità nuova, internazionale. Nelle loro toccanti parole si trova lo sprone a proseguirne la coraggiosa lotta.

Rudolf Seiffert. Anni 36. Idraulico alla Werner Siemens-Werke. Nato a Berlino nel 1908. Comunista. Alla vigilia del 1° Maggio ‘29 gli viene sparato a bruciapelo un colpo d’arma da fuoco da un poliziotto. Per questo perderà una gamba. Membro del gruppo Saefkow-Jacob-Bästlein viene arrestato dalla Gestapo nel ‘44. Processato e decapitato nel ‘45.

Cara Hilla, cari bambini,
si affacciano tempi grandiosi. Una nuova era della storia sta per irrompere sull’Europa […] la Germania vuole difendersi da una necessità storica.
Più tardi, quando un tratto di questa via, penso, sarà stato percorso, di’ ai nostri figli che il loro padre è stato giustiziato per questo. Da un sistema brutale che si oppone al progresso con tutte le sue forze. Da un sistema che non stimava la vita umana, ma solo le leggi del profitto. Quando i nostri figli saranno più grandi e in grado di pensare da soli, capiranno che il mio sacrificio non è stato vano. […]
I nostri figli potranno poi costruire un mondo quale il loro padre aveva immaginato nella lotta. E anche questa sarà una dura lotta […] È il più grande compito che mai si sia posto all’umanità. Che cos’è la vita di un uomo di fronte al raggiungimento di un fine così grandioso?
Così mi avvio alla ghigliottina diritto e sereno
il vostro padre.

Hedy Urach. Anni 32. Sarta. Nata a Vienna nel 1910. Militante comunista dall’adolescenza. Dopo lo scioglimento del partito lavora clandestinamente già dal ‘34 contro l’austrofascismo. Ghigliottinata nel ‘43 a Vienna.

Miei cari,
se il destino dovesse decidere che io debba andarmene cinque minuti prima delle dodici, allora, o miei cari, il mio saluto a voi e tutto il mio infinito amore per il bello e il buono. Mammina mi comprenderà appieno, ora che ci troviamo alla grande messa a punto, e capirà come io porti con fiera consapevolezza le conseguenze della mia esistenza. Il mio grande orgoglio è di essere figlia di tali genitori, che hanno destato in me il sentimento per il bello e il buono, e la grande comprensione per la vita, quella vita di cui il mio amatissimo papà è stato il più perfetto modello. Non rattristatevi, è stato soltanto richiamato un soldato di una giusta causa. Il mio amore appartiene a voi, a voi e alla classe lavoratrice, di cui sono fiera di essere figlia e parte di quello strato meraviglioso del popolo donde deriva la vita. La consapevolezza del completo adempimento rende facile l’oscuro cammino e vorrei che questa coscienza vi sia di aiuto e di consolazione. […]
Io stessa sono fiera che durante il processo la Gestapo abbia rilevato come elemento aggravante la mia taciturnità e che sia stata condannata soltanto in base alla legge eccezionale. […]
Tutto il mio amore per il nonno, tutta la mia vita per lui. Credo che potrà essere fiero di me, non l’ho deluso, perché ho dato tutto ciò di cui ero capace, per la sua vita.
A voi, cari genitori, e a te, Lois, ancora una volta i miei ultimi, caldi ringraziamenti e la mia fede incrollabile nella vittoria dei diritti della classe lavoratrice.
Salutatemi la libertà e tutti i miei cari.
Hedy

Misaak Manouchian. Anni 38. Immigrato in Francia. Giornalista e poeta. Nato a Adiyaman (Armenia Turca, all’epoca Impero Ottomano) nel 1906. Figlio di un combattente caduto nella lotta del popolo armeno contro le persecuzioni turche. Si unisce alla resistenza coi Franchi Tiratori Partigiani degli immigrati della regione parigina, di cui diventa capo. Militarono nel FTP degli immigrati uomini ungheresi, rumeni, ebrei, polacchi, italiani, spagnoli e armeni. Giustiziato nel ‘44.

Mia cara Méline,
mia orfanella beneamata,
fra qualche ora non sarò più di questo mondo. Saremo fucilati questo pomeriggio alle quindici. Ciò mi capita come un incidente nella vita: non ci credo, eppure so che non ti vedrò mai più. Cosa posso scriverti? Tutto in me è confuso e allo stesso tempo chiaro.
Mi ero arruolato nell’Armata della liberazione quale soldato volontario, e muoio a due palmi dalla vittoria e dalla meta.
Felicità a coloro che ci sopravvivranno e gusteranno la dolcezza della libertà, della pace di domani. Sono sicuro che il popolo francese e tutti i combattenti della libertà sapranno onorare degnamente la nostra memoria. Al momento di morire, proclamo che non porto alcun odio verso il popolo tedesco… Ciascuno avrà ciò che si merita, come punizione e come ricompensa. Il popolo tedesco e tutti i popoli vivranno in pace e in fraternità dopo la guerra che non durerà più a lungo. Felicità a tutti!
Ho il profondo dispiacere di non averti resa felice. Avrei ben voluto un bambino da te, come tu sempre volevi. Ti prego dunque senz’altro di sposarti, dopo la guerra, e di avere un bambino per adempiere alla mia ultima volontà. Sposa qualcuno che possa renderti felice.
[…]
Con l’aiuto degli amici miei che vorranno «onorarmi» farai pubblicare i miei poemi e i miei scritti … Porterai i miei saluti, se possibile, ai miei parenti in Armenia. Morirò fra poco insieme ai miei 23 compagni, con il coraggio e la serenità di un uomo che ha la coscienza ben tranquilla.
Oggi c’è il sole. È guardando al sole e alla natura che ho tanto amato che dirò addio alla vita e a voi tutti […]
Vi stringo tutti al cuore, addio.
Tuo amico, tuo compagno, tuo marito.
Michel Manouchian

Pietro Benedetti. Anni 41. Ebanista. Nato ad Atessa (Chieti) nel 1902. Militante del partito comunista d’Italia sin dall’anno della fondazione nel ‘21. Arrestato dalla squadra politica della questura di Roma nel suo laboratorio di ebanista e tradotto alle carceri Regina Coeli. Processato e giustiziato per fucilazione nel ‘44.

Ai miei cari figli,
quando voi potrete forse leggere questo doloroso foglio, miei cari amati figli, forse io non sarò più fra i vivi.
Questa mattina alle 7 […] sentii chiamare il mio nome. […] Una guardia aprì la porta della mia cella […] Discesi, trovai un poliziotto che mi attendeva […] e mi accompagnò al Tribunale di Guerra […] Conoscevo già quella triste casa per aver avuto un altro processo il 29 febbraio scorso quando fui condannato a 15 anni di prigione. Ma questa condanna non soddisfece abbastanza il comando tedesco il quale mandò l’ordine di rifare il processo. Così il processo, se tale possiamo chiamarlo, ebbe luogo in dieci minuti e finì con la mia condanna alla fucilazione.
Il giorno stesso ho fatto domanda di grazia, seppure con repulsione verso questo straniero oppressore. Tale suprema rinuncia alla mia fierezza offro in questo momento d’addio alla vostra povera mamma e a voi, miei cari disgraziati figli.
Amatevi l’un l’altro, miei cari, amate vostra madre […] Amate lo studio e il lavoro. Una vita onesta è il migliore ornamento di chi vive. Dell’amore per l’umanità fate una religione e siate sempre solleciti verso il bisogno e le sofferenze dei vostri simili. Amate la libertà e ricordate che questo bene deve essere pagato con continui sacrifici e qualche volta con la vita. Una vita in schiavitù è meglio non viverla. Amate la madrepatria, ma ricordate che la patria vera è il mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli sono i vostri fratelli.
Siate umili e disdegnate l’orgoglio; questa fu la religione che seguii nella vita.
Forse, se tale è il mio destino, potrò sopravvivere a questa prova; ma se così non può essere io muoio nella certezza che la primavera che tanto io ho atteso brillerà presto anche per voi. E questa speranza mi dà la forza di affrontare serenamente la morte.

Willem Robert Douma. Anni 24. Impiegato comunale ad Amsterdam. Nato ad Amsterdam nel ‘18. Socialista. Arrestato nel ‘41. Fucilato nel ‘43.

Cari genitori, Rie e Dirk, anche Piet e Jan, Greet e altri amici,
ecco la mia ultima lettera. Stamani siamo stati trasportati da Vught a Utrecht e lì ci venne comunicato che nel pomeriggio alle 2 saremmo stati fucilati. Con orgoglio posso dirvi che tutti, ricevendo quella terribile notizia, siamo stati calmi e senza paura. Ora sono già quasi le 12. Ancora poche ore dunque e tutto sarà finito. Finito? Non lo so, ma allora lo saprò. Saprò realmente se esiste una migliore vita dopo questa. In fondo non ha neanche tanta importanza. È molto, molto peggio per te, mamma, e per te, papà, e per la mia cara sorella Rie e per il fratellino Dirk. Ma ricordate sempre e trovate molta consolazione nella certezza che siamo morti in un modo degno dei nostri ideali: calmi e senza paura. Ognuno deve morire, dunque anch’io. A che giova lamentarsi? […] C’è qui intorno a me gente che ha moglie e figli. Non è molto peggio per loro? Ma anch’essi tengono la testa alta. […] Non è vero che la mia vita è stata bella? Sì! Posso dire coi miei 24 anni: ho concluso qualche cosa, ho fatto qualche cosa per contribuire a rendere un po’ migliore il mondo secondo la mia convinzione. Ho contribuito a formare dei giovani e a farne della personalità. Meglio aver vissuto 24 anni con la certezza di aver concluso qualcosa di buono, che vivere per 80 anni una vita noiosa e monotona.
Cari vecchi genitori miei, mamma e papà mio fedeli, è duro, ma che questa sia la vostra consolazione.
Addio mamma, papà, Rie, Dirk, Piet, Jan, Greet e tutti gli altri, coraggio e non piangete!
Addio!
Per tutta l’eternità, vostro
Robbie

E per concludere, tornando di nuovo agli scacchi, per fortuna non tutti furono come Alekhine, c’è chi imbracciò il fucile e si schierò a difesa della libertà e della democrazia, come per esempio Antonio Pipitone qui ritratto (il quinto partendo da sinistra) nel marzo del 1942 a Caffaraccia di Borgotaro insieme agli altri partigiani della distaccamento “M. Bassanetti” della Divisione I Julia.









avatar Scritto da: Sveta (Qui gli altri suoi articoli)


7 Commenti a E le genti che passeranno…

  1. avatar
    Fabio Lotti 25 Aprile 2020 at 09:39

    Bello e commovente. La memoria, non perdiamo la memoria. Non perdiamola.

    Mi piace 7
  2. avatar
    The dark side of the moon 25 Aprile 2020 at 11:56

    C’è chi ancora oggi non rinnega quella triste parentesi storica che ha portato l’uomo sull’orlo dell’abisso.
    E lo fa nel modo più meschino e subdolo, caratteristico del dna del fascismo.
    Non possiamo più essere indulgenti nei confronti di certi movimenti o politici che continuano a distillare odio tra culture diverse.
    Che siano sovranisti, populisti o cretini vari, dobbiamo con la forza delle idee e della cultura (parola quasi defunta se ci troviamo ancora di fronte a tali rigurgiti) far capire a quante più persone possibili l’idiozia di certe teorie.
    Il nazifascismo non è una ideologia, non è una idea; è un CRIMINE!
    Questo deve essere chiaro, a tutti e definitivamente.
    Mettere in discussione ciò significa aver già perso la ragione.
    Fare dei distinguo significa essere ipocriti oltreché complici di tali vigliacchi.
    La democrazia va coltivata giorno per giorno, gli anticorpi nati dalla resistenza devono essere preservati dall’ignoranza e dall’oblio.
    “Liberazione” è una delle parole più belle del vocabolario….
    Buon 25 Aprile a tutti!

    Mi piace 6
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    Paysandu 25 Aprile 2020 at 12:30

    Grande Dark! ;)
    Buon 25 Aprile a tutti!

    Mi piace 1
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    Antonio Pipitone 25 Aprile 2020 at 16:25

    Refuso: ….Marzo 1945, non 1942

    Mi piace 2
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      Gaetano Russo 25 Aprile 2020 at 17:44

      Un inchino, Maestro, a lei e a tutti i nostri padri che come lei ci hanno permesso di esser qui.

      Mi piace 1
  5. avatar
    Zenone 25 Aprile 2020 at 16:59

    Buon 25 aprile a tutti.

    Mi piace 2
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    Mongo 26 Aprile 2020 at 18:53

    D’accordissimo su tutto,tra l’altro il nero mi piace solo esclusivamente riguardo agli scacchi.
    Pare che ciò che scrisse il Dr Alekjne non sia del tutto vero perché secondo molti le sue parole furono manomesse dal redattore del giornale o, secondo altri, lo fece solo per evitare guai alla moglie che si trovava in Francia, territorio occupato dai tedeschi.
    Occhio però a non fare confusione perché nazismo e sionismo sono sinonimi.

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