il Saint Emilion del colonnello

Scritto da:  | 24 Giugno 2020 | 3 Commenti | Categoria: Cultura e dintorni, Racconti

Costanza, sbucò trotterellando dal corridoio della cantina e andò a fermarsi a faccia in su sotto la grata di ferro, della volta ammattonata, che si apriva nel viale, davanti alla porta della cappella. Fuori, il sole di quel primo pomeriggio d’agosto riverberava sulla ghiaia infuocandola.
Aveva lasciato la tata in chiacchiere con Maria, la cameriera della nonna
Con la manina grassoccia, punteggiata di buchini, teneva ben stretto il piede destro di Nunù, l’orso, mentre fissava affascinata le ombre caleidoscopiche create dalla luce esterna che penetrava attraverso le sbarre. Si dilatavano e danzando sulle pareti nude della cantina, proponevano misteriose figure. Ma, all’improvviso, il silenzio ovattato dalla calura fu rotto dall’inconfondibile brontolio ronzante di un aereo in rapido avvicinamento, e poi di altri, tanti.
“Costanza, dove sei? Rispondi!” Bruna, balia asciutta di Rosìa, grossa, pasticciona, ma buona come il pane, la cercava chiocciando.
Costanza non aprì bocca, restando dov’era incuriosita.
Ma in quel momento, nettissimo, lamentoso il sibilo della prima bomba sganciata ferì le orecchie, seguito dall’esplosione fortissima molto vicina.
Due braccia l’afferrarono al volo e la tatona la portò via strillando:
“Ma guarda un pochino, in dov’eri. Via, subito! Oh unn le senti le bombe? Oh che vuoi morì piccinina?
Mentre le deflagrazione si succedevano con la contraerea tedesca che tuonava, Bruna divorò di corsa il camminamento lastricato in pietra che scendeva al cantinone più in basso avvolto nella penombra. Poi sedette affannata su una seggiolina impagliata, con la bambina sulle ginocchia, tappandosi le orecchie.
“I tedeschi di sopra hanno detto che è la RAF. Gli inglesi avranno saputo del comando qui in villa” dichiarò eccitato Niccolò, il fratello dodicenne di Costanza che come la sorellina era sfollato a Montignano dalla nonna.
Uno scroscio secco sopra le loro teste, preciso da far paura.
“Questa ci ha preso” constatò pacato il professore, il fratello del nonno, alzando la testa dal libro che leggeva. Nella vita era un ricercatore. Con l’accostarsi del fronte, da mesi in vacanza forzata, spaesato senza le provette del suo laboratorio.
“Il professor ha ragione, poverini noi” gridò la Bruna, torcendosi le mani.
“Non ti agitare, qui siamo al sicuro” la rimproverò la padrona, la nonna dei bambini, la cognata del professore, continuando a pettinarsi.
Louise Adrienne Gering, vedova Brandi, sessantadue anni ben portati, prima di vestirsi la mattina regalava cento colpi di spazzola ai lunghi capelli biondi, che il tempo aveva venato di fili bianchi per poi rialzarli e appuntarli sulla testa.
Terminò la sua toeletta, ripiegò lo specchio a tre ante, appoggiò spazzola e pettine d’argento sul ripiano della botte che le serviva da tavolo e, girandosi, sentenziò rassicurante:
“Finirà presto!”

Aveva ragione. Dopo un ultimo passaggio rasente a guisa di beffardo saluto sopra la villa, gli aerei si allontanarono.
Mezz’ora più tardi, Louise Brandi era all’aperto, nel viale, davanti alle colonnine settecentesche della cappella.
“Per fortuna in nostri amici non hanno una gran mira” commentò secco, Werner von Rauchem il colonnello tedesco a capo del Kommandantur della Wermacht, osservando con distacco la facciata sfregiata della bella villa toscana.
Una bomba aveva centrato l’angolo del primo piano in alto, sulla destra.
“Ma la camera di Costanza, purtroppo…” ammise Louise Brandi angosciata.
Ernst von Rauchen, il colonnello tedesco che aveva occupato Montignano, relegando in cantina i proprietari e la gente di fattoria, una trentina di persone, aveva concesso alla signora di chiudere a chiave mobili e oggetti di valore nelle camere dei nipotini.
“Mi spiace” mormorò.
“Cerchiamo di vedere il lato positivo” rispose lei, tentando di scherzare. “C’è ancora quella di Niccolò. Posso andare di sopra?”
“No, signora non può, i miei uomini hanno da fare” le rispose l’ufficiale, chiudendosi in un silenzio pesante, inconsueto tra loro.

Louise Brandi, alsaziana di nascita, parlava bene tedesco e suonava divinamente il pianoforte, il grande Steinways a coda che, con la sua mole, occupava quasi un salotto del pianterreno. E, pur mantenendo le distanze, si era mostrata sempre cortese con l’invasore ex alleato, che aveva scombussolato l’esistenza della sua famiglia negli ultimi mesi.
Il colonnello la rispettava per questo, la stimava per la sua cultura, aveva attinto con piacere alla vasta biblioteca della villa, e condivideva con lei la passione per il vino.
Werner von Rauchem, che era un intenditore, apprezzava il vino di qualità e si era reso conto presto che Louise Brandi di vino se ne intendeva! Molto!
Una settimana dopo l’arrivo a Montignano, con ospiti due ufficiali di passaggio, aveva invitato a cena lei e suo cognato, il professore.
Il professore aveva declinato accusando un attacco febbrile. Lei, invece, aveva accettato ed era arrivata, con in mano una vecchia bottiglia di Saint Emilion.
“E’ di una grande annata” aveva dichiarato tranquilla.
L’avevano bevuto la sera stessa, per accompagnare l’arrosto.
“Sublime” avevano dichiarato all’unisono i tre uomini.
Al secondo invito dell’ufficiale, a una settimana dal precedente, Louise Bardi si era presentata di nuovo con una bottiglia. Stessa annata, stessa eccezionale qualità. Stavolta von Rauchen era solo. Il cognato della signora l’aveva scortata, ma il suo tedesco era debole. Dopo qualche parola stentata, si era rifugiato nel cibo, lasciando agli altri l’onere della conversazione.
Le cene si erano ripetute, trasformandosi in un’abitudine, un appuntamento settimanale. Qualche volta la signora Brandi veniva con il professore, più spesso sola, ma sempre con in dono una bottiglia di Saint Emilion.
Il giorno del suo arrivo a Montignano il colonnello e i suoi uomini avevano occupato tutta la proprietà. Camere, salotti e saloni al pianterreno. Persino una sala da biliardo e un saletta da gioco dove su uno dei tavolini una splendida scacchiera antica.
E in più Montignano aveva mille risorse. Pollaio, conigliera, vitelli nelle stalle, una manna dal cielo per i tedeschi che uscivano da settimane di fame sotto Viterbo. E le cantine poi… Gli antichi sotterranei a volta, che si allargavano sotto la villa e l’edificio di fattoria ostentavano fieramente le loro botti. Gli scaffali disposti a pettine traboccavano di bottiglie di vino e di vinsanto. Ma niente Saint Emilion della riserva della padrona di casa.
Alla fine, piccato, aveva indagato durante una cena:
“Dove nasconde il suo Saint Emilion?”
“In cantina”.
“Immagino, ma dove? “
“Quello è il mio segreto e lei colonnello da gentiluomo mi concederà di mantenerlo. Ma… se la troverà sarà sua” aveva riso lei mercanteggiando.
“D’accordo!” aveva risposto un uomo solo, stanco e che in quelle poche serate ritrovava una parvenza di vita normale. Da troppo tempo non tornava a Brema, non rivedeva Inga, sua moglie, e Brunilde sua figlia, sei anni ormai. La memoria dei loro volti sbiadiva dalla sua mente. Stiamo qui lontano a combattere inutilmente una guerra persa, finita, si rinfacciava sfiduciato, mentre leggeva i bollettini e ascoltava la radio.
Incaponito però ricerca della misteriosa cantina, aveva fatto frugare ovunque, ma senza successo, per un paio di settimane.
“Ha vinto lei!” aveva dichiarato a Louise Brandi all’inizio della terza, mentre arrivava a cena con in mano la solita bottiglia. Le sue labbra si erano piegate in un sorriso lievemente canzonatorio, prima di consegnargliela.

Un sergente giovane, biondo come il lino si avvicinò, si mise sugli attenti davanti al comandante , e la padrona di casa, che gli era rimasta accanto, udì riferire:
“Abbiamo finito, Herr Oberst.”
“Bene, tenetevi pronti.”
“Posso andare ora?” gli chiese Louise Brandi, impaziente.
“No signora, deve ascoltarmi, mi spiace ma ho pessime notizie per lei” sbottò finalmente il tedesco.
“Pessime notizie?” interrogò, smarrita.
“Ha visto anche lei: gli inglesi ci hanno individuato. Torneranno. Presto. Gli alleati stanno avanzando, anche da terra. Raduni i suoi! Noi ci ritiriamo e voi dovete sgombrare subito, ho dato ordine di minare la villa, dobbiamo farla saltare.”
“Montignano? La mia Montignano. Ma perché?” reagì irata, come una belva ferita, prima di supplicare: “La prego, abbia cuore, non lo faccia!”
“Sono un ufficiale, signora. Ho ricevuto degli ordini.”
“Ordini, certo, capisco! Ma no! Prima colonnello, ascolti: la mia proposta. Prendere o lasciare. Se salva Montignano, le consegno la mia cantina. Sono quasi mille bottiglie” dichiarò.
Werner von Rauchem la guardò. Sapeva che probabilmente quelle bottiglie non avrebbero mai raggiunto la Germania. Che era una follia, ma sognò, sperò ancora abbastanza tempo e vita per stapparle? Assaporarle in compagnia?
Studiò una possibile soluzione. Sì, poteva. Bastava caricare il vino in fretta e… A diavolo il resto! Distruggeremo la trasmittente e le attrezzature. Decise:
“D’accordo, prendo”.
“Bene mi segua allora.”
Gli fece strada, per la scala che scendeva alle cantine. Imboccarono insieme il corridoio che portava ai sotterranei, dove da mesi la gente di Montignano dormiva.
Sempre tallonata dal colonnello in divisa, attraversò lo stanzone, dove si cucinava, e ordinò al nipote che la fissava sbalordito:
“Niccolò, accendi una candela e vieni con noi!” Poi aprì la porticina della cantina del vinsanto trasformata in camera dei bambini.
Brande di fortuna erano appoggiate saldamente ai caratelli da invecchiamento.
La tatona sonnecchiava con Costanza abbandonata in grembo. Sognava i figli, il marito al fronte, che non vedeva da più di un anno.
“Bruna alzati!” intimò la padrona. E, mentre la donna ubbidiva, ordinò:
“Colonnello mi aiuti.”
Insieme smossero la branda, spostarono i caratelli che la reggevano, poi fece segno a Niccolò di sollevare la candela.
Un divisorio, invecchiato a regola d’arte, mascherava l’accesso, ma a meno di un metro da terra si apriva un buco abbastanza largo per passare.
“La sua cantina di Saint Emilion” dichiarò la signora Brandi, chinandosi.

avatar Scritto da: Patrizia Debicke (Qui gli altri suoi articoli)


3 Commenti a il Saint Emilion del colonnello

  1. avatar
    Uomo delle valli 24 Giugno 2020 at 19:32

    SuperPatrizia! ;)

    Mi piace 1
  2. avatar
    Fabio Lotti 24 Giugno 2020 at 20:51

    Patrizia è una sicurezza…

  3. avatar
    Angelo Paglia 27 Giugno 2020 at 10:49

    Bel racconto!

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