Nella mia fine è il mio principio

Scritto da:  | 6 Giugno 2020 | 7 Commenti | Categoria: C'era una volta, Italiani, Personaggi

Ogni storia andrebbe narrata dall’inizio. Questa invece comincia dalla fine, e cioè da un post che subito mi colpisce perché sono figlia di un reduce di Russia e certe tematiche mi coinvolgono moltissimo sul piano emotivo. Il post è di Artemy, che dalla Russia scrive di avere ritrovato tre fotografie appartenute a un soldato italiano. Nell’inverno del ’43, quando le temperature scesero fino a 40° sottozero, alcuni soldati italiani pernottarono nelle isbe di un paese nella regione di Voronezh. Uno di loro affidò le tre fotografie a Taisia, la giovane donna russa che nel corso della notte lo aveva assistito con generosità e delicatezza d’animo. Negli anni seguenti, Taisia parlò di quel soldato alle bambine di cui era la balia e così il ricordo di quell’incontro è arrivato fino a noi. Il desiderio di Artemy è che le fotografie tornino in Italia e vengano restituite ai familiari di quel soldato di cui si ignora tutto, fuorché la nazionalità e la decisione di lasciare a Taisia un ricordo di sé.
Le foto raffigurano un giovane sui vent’anni, una donna dagli occhi e i capelli neri, e due bambine. Ciò che era scritto sul retro è in parte cancellato dalla colla apposta da Taisia negli angoli, per cui diventa ancora più complicato decifrare quelli che potrebbe essere due nomi e un cognome. Ma lavorando con filtri, ingrandimenti e intuizioni, dietro la foto del giovanotto si riesce a leggere S. P. (le iniziali del soldato incontrato da Taisia) e Santoro Carmelo (fratello di questo soldato).
Basandomi su questi pochi elementi, comincio la ricerca dei militari italiani caduti e dispersi in Russia che avessero per cognome Santoro. Nel prezioso archivio dell’Unirr ce ne sono quaranta. Ma se l’iniziale del nome è davvero P., potrebbe trattarsi di Giuseppe (chiamato affettuosamente Pino o Peppino), oppure di Pasquale, oppure di Pietro. Devo dire che Pietro mi colpisce subito. Avverto la strana sensazione che sia lui a chiamarmi, non io a cercarlo. Faceva parte della Divisione Vicenza, a me particolarmente cara per una serie di motivi troppo lunghi da elencare e troppo dolorosi per essere rievocati qui.
Il Pietro Santoro su cui si appunta la mia attenzione è nato a Calascibetta, in provincia di Enna, nel 1915. Quindi è siciliano. In Sicilia il nome Carmelo è molto diffuso, per cui è plausibile che la strada sia quella giusta e che Carmelo e Pietro siano fratelli. Ma bisogna cercare conferme.
La redazione di SoloScacchi contatta il sindaco di Calascibetta, l’avvocato Piero Antonio Santi Capizzi, che prende personalmente contatto con un nipote di quel Pietro Santoro disperso in Russia nel ’43. Si chiama Emanuele come il nonno, e abita a Calascibetta. Il sindaco ci usa anche la grande cortesia di fornirci il suo numero telefonico.
Telefono a Emanuele Santoro di Calascibetta, che si dimostra subito attento, gentile e collaborativo. Lui però è nato parecchi anni dopo la fine della guerra, conosce bene la tragica storia dello zio Pietro partito per la Russia e mai tornato, ma non è in grado di riconoscere nessuna delle persone ritratte nelle fotografie. Mi fornisce il numero telefonico del cugino, che sta in Belgio ed è figlio di Carmelo Santoro. “Chi meglio di un figlio potrebbe riconoscere il proprio padre da giovane?” mi dice, e ha ragione.
Telefono in Belgio, parlo con la signora Maria, moglie di Emanuele, che si esprime in un italiano perfetto ed è di una cordialità assoluta. Le mando le tre fotografie e lei mi risponde di avere riconosciuto immediatamente nel giovane il suocero Carmelo. Anche gli altri familiari concordano con l’identificazione. Nulla invece sulla donna e le due bambine ritratte nelle altre due fotografie, che forse appartenevano alla sfera privata dello zio Pietro.
Comunico il buon esito della ricerca a Emanuele Santoro di Calascibetta. Anche lui mi conferma che una cugina ha riconosciuto nella fotografia lo zio Carmelo da giovane. Per cui, la certezza di avere centrato il bersaglio adesso è assoluta. E alla felicità di avere raggiunto l’obiettivo prefissato, si aggiunge il piacere di avere incontrato persone molto simpatiche, con le quali è stata una gioia conversare.
Come si dice in gergo, ho passato di nuovo la palla a questo blog, a cui i parenti di Pietro si potranno liberamente rivolgere per concordare con Artemy il modo per loro migliore su come far loro pervenire questa commovente “reliquia” dello zio Pietro.
“Nella mia fine è il mio principio”, ha scritto Thomas Stearns Eliot. È una frase che riecheggia spesso nella mia mente e che mi dà coraggio quando intraprendo una ricerca su chi non c’è più. Partendo dalla fine, e cioè da quella notte trascorsa nell’isba di Taisia, da quelle tre fotografie custodite per settantasette anni in un album e riportate alla luce da Artemy, adesso sappiamo dove tutto ha avuto inizio. Calascibetta, 1915, nasce Pietro Santoro. I suoi genitori si chiamano Emanuele e Francesca. Ha sei fratelli, tutti maschi e tutti benedetti dalla fortuna di avere dei figli. Nelle loro vene scorre il suo stesso sangue, che sa del sole di Sicilia, dei suoi agrumeti, del verde dei boschi che circondano Enna e la fanno splendere di una luce magica. Il ricordo di Pietro cammina ancora, non è morto con lui.
E adesso guardiamo Taisia, il suo ovale purissimo, i capelli neri, folti e lucidi come matasse di seta, gli occhi pieni di dolcezza. Immaginiamo Pietro, stanco, stremato dalle fatiche della guerra e dal freddo dell’inverno russo, proviamo a vederlo mentre tende la mano verso Taisia e le consegna le fotografie. E lei le prende, gli sorride, con un cenno del capo gli fa capire che le custodirà con cura, e che parlerà di lui, non una ma tante volte, affinché il suo ricordo sparga semi, si diffonda per tutta l’Europa, dalla Russia all’Italia al Belgio e finalmente, in un giorno di giugno del 2020, germogli come i fiori dell’ulivo a primavera.

 

avatar Scritto da: Fiorella Borin (Qui gli altri suoi articoli)

Fiorella Borin è autrice di numerosi racconti e romanzi storici, tre dei quali in larga misura basati sui diari del padre, reduce di Russia: “I giorni dello sgomento” (Edizioni della Sera, 2017), “I ragazzi del ciliegio. 1918-1945” (Solfanelli, 2019), “La ragazza del capitano” (Delos Digital, 2019).


7 Commenti a Nella mia fine è il mio principio

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    Uomo delle valli 6 Giugno 2020 at 09:53

    Una vicenda commovente e toccante. Nella drammaticità del tutto dà un minimo di serenità sapere che un legame è stato riallacciato.

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    Luigi O. 6 Giugno 2020 at 10:38

    Stupendo, mi son commosso leggendo questa storia incredibile.

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    Fabio Lotti 6 Giugno 2020 at 11:54

    Il passato, la storia, la passione per la ricerca…

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    Martin 6 Giugno 2020 at 12:29

    Non finirò mai di ringraziare Fiorella: suo è tutto il merito per la felice conclusione di questa drammatica storia che tanto da vicino ci ha coinvolti e toccato il cuore. Senza Fiorella staremmo ancora brancolando in ipotesi e congetture suggestive. Lei invece ha condotto le ricerche con esperienza, sicurezza e maestria, ripeto: tutto il merito è interamente suo. Grazie di cuore carissima Fiorella.

    Ovviamente ringrazio anche Artemy senza il cui buon animo, la tenacia e fiducia questa ricerca non sarebbe nemmeno iniziata. Gli abbiamo già trasmesso l’indirizzo di Emmanuel Santoro, il figlio di Carmelo e nipote del soldato Pietro, la cui famiglia vive ora in Belgio, affinché gli venga recapitato quanto prima questo prezioso e importante ricordo; grazie di cuore Artemy.

    Ringrazio inoltre il Sindaco di Calascibetta, avvocato Capizzi il cui aiuto, come ben sottolineato da Fiorella, è stato fondamentale per metterci in contatto con la famiglia Santoro.

    E, ovviamente, il ringraziamento più grande va alla memoria di Taisia che ha aiutato e accolto il nostro Pietro…

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    Martin 6 Giugno 2020 at 17:18

    Ecco la foto di Carmelo che ci ha mandato stamattina la signora Maria e, a sinistra, sempre Carmelo in quella che Pietro ha affidato a Taisia.
    Grazie ad Artemy e Fiorella queste due foto presto saranno di nuovo insieme e con loro, io credo, tornerà a casa un pezzo di noi…
    null

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    Santoro Antonietta 6 Giugno 2020 at 18:18

    Mi chiamo Santoro Antonietta e sono la figlia di Carmelo Santoro.

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      Fiorella Borin 7 Giugno 2020 at 15:05

      Buongiorno, signora Antonietta, la ringrazio per essere qui con noi a ricordare la vita purtroppo tanto breve di suo zio Pietro.
      Tutto quello che so di Pietro Santoro l’ho ricavato dalla scheda redatta dall’Unirr (Unione Italiana Reduci di Russia), dalla quale risulta che Pietro Santoro, nato a Calascibetta e fante del 277° Reggimento Fanteria (Divisione Vicenza) è deceduto il 28 marzo 1943 nel campo 56 di Uciostoje. La pratica di Onorcaduti a nome Pietro Santoro è la n° 93491. Questo significa che la salma dovrebbe essere stata individuata con buoni margini di sicurezza. Significa anche, e soprattutto, che ai resti dello zio Pietro sono stati tributati onori militari, religiosi e civili: so che è una magra consolazione, ma dà un piccolo conforto sapere che non è stato dimenticato e che forse anche i suoi resti sono custoditi nel Tempio di Cargnacco insieme con quelli degli 11.000 soldati italiani traslati dalla Russia in Italia.
      Per tenere viva la memoria dei circa novantamila soldati italiani caduti e dispersi nel corso della Seconda guerra mondiale in territorio sovietico, è stato eretto a Cargnacco (Udine) un Tempio nel quale tutti loro sono ricordati. Tutti i loro nomi sono scritti in un grande libro, che rende onore alla loro esistenza e al loro sacrificio. Tutte le dieci Divisioni (fra cui naturalmente la Vicenza, cui apparteneva lo zio Pietro) e i due reparti che andarono in Russia sono ricordati ogni giorno con il suono delle campane di Cargnacco, in segno di commossa vicinanza, di rispetto e di preghiera. Voglio sperare che anche il vostro caro Pietro Santoro riposi lì.

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