No, Diego…

Scritto da:  | 25 Novembre 2020 | 29 Commenti | Categoria: C'era una volta, Personaggi, Stranieri

Diego, sei stato per me la mia gioventù, gli anni più belli. Colui che mi ha accompagnato da ragazzo in mille sogni e in mille fantasticherie, colui che ho seguito ovunque per l’Italia su treni sgangherati e in stadi dalle gradinate di cemento freddo e bagnato. Ero a Gorizia in un’afosa pizzeria di luglio quando sei arrivato e con quattro palleggi hai rapito e conquistato per sempre il San Paolo e tutti noi. Ero a Marassi quando dell’acquitrino tutti gli altri tentavano di rimanere a galla come rospi sbandati e tu, cigno sublime, ti libravi sulle acque e infilavi un Bistazzoni stupito e ammirato. Ero con te a Verona, al gelo, a sbatter i miei guanti ghiacciati mentre alzavi la testa per sorriderci e salutarci col tuo sguardo da picaro senza tempo. Ero incollato alla radio quel famoso novembre del 1985, col mio babbo che cuciva la fodera dei divani, quando estraesti dal cilindro forse il tuo gol più bello di sempre, quello che fermò l’inarrestabile Juve delle otto vittorie consecutive… ho ancora negli occhi quel pallone appoggiatoti da Eraldo e da te catapultato per magia dove nessun portiere l’avrebbe mai potuto raggiungere. Poi a Bergamo, a Torino, a Firenze… sempre con te, a cantar felice canzoni di ragazzo. Ero a Tolosa quando quel palo sfortunato ci fece fremer di rabbia e pianger di delusione per tutto il viaggio di ritorno…
Con te, sempre con te, nei momenti belli, magici, irripetibili, come anche in quelli tristi… Come a Mosca quando in un gelido pomeriggio russo fummo sbattuti fuori dallo Spartak dopo ore di angoscia prima di capire se saresti partito, se avessi giocato…
Ti ho cercato ovunque, seguito ovunque, da via Scipione Capece ad aspettarti con gli scugnizzi seduti sul marciapiede a vederti passare un attimo, a quei pomeriggi di Soccavo zuppi di pioggia eppur felici coi i tuoi palleggi nel cuore.
Si tifava per te, per la tua Argentina, per le tue sfuriate, a prender le tue parti anche quando avevi torto, come un’amante maltrattata, trascurata, tradita… Ti abbiamo amato prima che arrivassi, adorato perfino dopo che te ne andasti, ma questo no, Diego… questo non ce lo dovevi fare…

 

avatar Scritto da: Martin (Qui gli altri suoi articoli)


29 Commenti a No, Diego…

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    Fabio Lotti 25 Novembre 2020 at 21:44

    Miti, i nostri miti, compagni di viaggio…

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    Gaetano Russo 26 Novembre 2020 at 08:54

    Uno striscione in Argentina diceva: “Non importa cosa hai fatto della tua vita Diego, ma cosa hai fatto delle nostre”

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    Raul Montanari 26 Novembre 2020 at 10:53

    25 novembre 2020:
    1) morte e assunzione definitiva in cielo di Diego Maradona
    2) giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
    Nel video, che dura mezzo minuto esatto, Maradona prende a sberle la sua ultima fidanzata, la calciatrice Rocio Oliva.
    Non che sia chissà quale rivelazione: che fosse il classico maschio manesco era ben noto, oltre a tutto il resto.
    Ma davanti agli dei ci si inginocchia e si turano occhi e orecchie, si lascia libero solo il naso per annusare l’incenso. O almeno così capita ai credenti.

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      DURRENMATT 26 Novembre 2020 at 15:08

      L’arte è arte perché amorale, al di là del bene e del male e l’artista non ha nulla da dover insegnare.

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    Raul Montanari 26 Novembre 2020 at 10:55

    Il mio rapporto con Fischer si può perfettamente paragonare a quello di molti tifosi con Maradona: adorazione. Eppure non dimentico il Fischer antisemita, omofobico, antiamericano in modo così fanatico da improvvisare un rap gioioso all’indomani dell’11 settembre. Non giustifico QUEL Bobby Fischer in nome dell’ammirazione per il giocatore e della tenerezza per l’uomo e il suo dramma personale, dovuto peraltro sicuramente a una patologia.

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    The dark side of the moon 26 Novembre 2020 at 14:42

    Credo che ogni commento sia superfluo e rischia di finire nella odiosa retorica che non manca mai in questi casi.
    Maradona non ci lasciato ieri il suo corpo martoriato dagli eccessi, lo sapevamo che sarebbe successo un giorno non troppo lontano.
    Da innamorato del calcio mi posso ritenere fortunato per averlo visto giocare dal vivo contro la mia squadra in una partita di Coppa Italia nel settembre dell’88.
    Il più grande artista del pallone di sempre, questo è stato Maradona e così mi piace ricordarlo perché il genio non muore, è eterno.
    Hasta siempre Diego!

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    Paysandu 26 Novembre 2020 at 15:05

    Perché, mi chiodo perché, finiamo sempre per commettere lo stesso errore? Quello di confondere l’artista, il genio, il campione con l’uomo, soprattutto quello “privato”.
    Fischer, Caravaggio, Maradona, Coppi, George Grosz, Benvenuto Cellini, la lista è lunghissima, ma vi prego no! Dove sta scritto che un grande artista (e Diego lo era) dev’essere per forza anche un grande uomo (e probabilmente Diego lo era)??

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    Uomo delle valli 26 Novembre 2020 at 16:30

    guardate cosa vi ho trovato

    null

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    Raul 26 Novembre 2020 at 22:35

    Martin, vorrei pregarti di togliere il mio contributo.
    Viva Diego, viva i ceffoni, viva il feto della donna che ha abortito per via delle botte che ha preso da Diego (non quella del video, un’altra), viva i giornalisti che si sono buttati sulla notizia oscurando completamente il fatto che il 25 novembre era la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che a un imbecille come me continua a sembrare una cosa un tantino più importante della morte di un calciatore per cui forse valeva la pena di parlarne, viva Caravaggio e tutti gli altri, nessuno dei quali è stato un miliardario idolatrato da mezzo mondo, anzi hanno fatto tutti una vita davvero di merda a parte Coppi che non ho capito cosa c’entra nella lista, viva quella che gli psicologi chiamano “riduzione della dissonanza cognitiva”, per cui quando hai comprato una macchina 1) non guardi le pubblicità delle altre auto; 2) se le guardi non le capisci; 3) se le capisci le dimentichi subito, e quindi per capirci viva Diego e baciamogli il culo qualunque cosa fosse e facesse e incazziamoci con chi non condivide il culto, e viva l’eroe terzomondista che per giustificare il gol di mano contro l’Inghilterra (peraltro un capolavoro di destrezza, a me piace perfino più del gol successivo) dice che l’ha fatto per vendicare l’Argentina (la giunta dei generali, le torture, i voli della morte, cosine così) contro gli oppressori inglesi, viva sempre Diego, viva i napoletani ora tutti al San Paolo e tutti in piazza per celebrare il culto e affanculo il distanziamento, viva i ciechi e i sordi perché loro sarà il Regno dei cieli (o dei ciechi, appunto).

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      Paysandu 27 Novembre 2020 at 08:33

      Raul, l’hai visto il film di Asif Kapadia in onda ieri sera su RaiTre? Lo trovi ancora su RaiPlay, ti fa capire tante cose, sai?
      Volevo solo aggiungere alla lista, oltre a Coppi che rimase con la famiglia per non seguire una certa Bianca Dama, anche quel filantropo di O.J. Simpson, gli astemi Skoglund, Best e Gascoigne, giusto per rimaner nel mondo del calcio, e quel gran benefattore di Alekhine che, a differenza per esempio di quel miserabile filonazista del nostro Ginettaccio di Ponte a Ema, si prodigò in prima persona per difendere gli scacchisti ebrei, enough?
      Per cosa li apprezziamo? Per le loro vite sregolate o per le emozioni che comunque hanno fatto nascere nel cuore di qualcuno?!?

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      Gaetano Russo 27 Novembre 2020 at 08:39

      Come sciacalli sui cadaveri, eccoci, noi piccoli moralisti, ad accanirci sugli sbagli di un essere umano che comunque ha sempre pagato in prima persona le scelte compiute.
      Il resto, la leggenda, non conta, giusto?

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      DURRENMATT 27 Novembre 2020 at 15:09

      …Carissimo Martin spero venga rimosso il commento di questo troll.

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    6000 sardine 27 Novembre 2020 at 09:11

    Per chiunque sia appassionato di calcio e sia di sinistra, Maradona è stato molto più che un calciatore.
    È stato, come solo Mohammed Alì oltre a lui, un simbolo per gli oppressi e un eroe per un continente (il Sud America) che da troppo tempo è terra di conquista.
    Qualcuno vi dirà che Maradona è nato nel 1960, ma il Maradona vero, quello che è diventato una sorta di eroe popolare, nasce nel 1970 durante un’intervista.
    Ha solamente 10 anni, infatti, quando la televisione lo va a intervistare per la prima volta. In quel momento vive a Villa Fiorito, una zona poverissima della periferia argentina in cui gli adulti (operai sfruttati) al venerdì si ubriacano e lo restano per tutto il weekend, scommettendo sulle partite dei bambini e sui combattimenti tra cani e provando a dimenticarsi della loro miserabile vita. La sua famiglia è poverissima e in casa sua non c’è nemmeno l’acqua corrente. Tuttavia, è un talento unico e presto diventa famoso. E così, quando la televisione lo va a intervistare e gli chiede quali sono i suoi sogni, lui, quel bambino piccolo e denutrito che a malapena sa leggere e scrivere, dice “Mis sueños son dos. El primero es jugar el mundial y el segundo es salir campeón” (“I miei sogni sono due, il primo è giocare un mondiale e il secondo è vincerlo” ).
    È lì che inizia il mito di Diego Armando Maradona, quasi diventato una divinità per quei disperati che vedono il calcio come l’unica valvola di sfogo in una vita di frustrazioni.
    Quel Maradona che veniva adorato dai suoi compagni di squadra perché faceva da sindacalista, e quando doveva rinnovare il suo contratto imponeva che a tutti i suoi compagni di squadra (che prendevano una miseria) venisse dato l’aumento.
    Quel Maradona che avrebbe potuto giocare dovunque e invece vinse pochissimo restando nella Napoli dei diseredati e dei dimenticati.
    Quel Maradona che si tatuò sulla spalla Che Guevara (all’epoca considerato un criminale in Argentina) e difese sempre il Sudamerica dall’imperialismo, americano e non.
    Il mito di Maradona si consacrò nella partita contro l’Inghilterra del 22 giugno 1986. L’Inghilterra, che da sempre era il simbolo dell’imperialismo e che in quel momento era la nazionale più ricca e organizzata al mondo. Gli Argentini, al contrario, a malapena avevano i palloni per allenarsi e le strutture di allenamento erano fatiscenti. Da pochi anni si era conclusa la Guerra delle Malvinas (o Falkland, se siete filobritannici) e la rabbia per le ingiustizie neo-imperialiste in Sudamerica era più forti che mai.
    A un certo punto della partita il pallone si impenna e va in direzione del portiere inglese, Shilton. Anche Maradona va incontro al pallone. Il loro scontro è quasi emblematico: da un lato Shilton, l’inglese alto più di 2m, e dall’altro Maradona, mezzo indios e mezzo italiano, figlio di immigrati e alto 1,65m. Maradona si rende subito conto che su quel pallone che piove dal cielo non ci arriverà mai prima di Shilton. Troppo in alto per lui. E qui ha il colpo di genio.
    Vicino alla sua testa, alza il pugno sinistro e segna con la mano. L’arbitro non se ne accorge, l’Inghilterra si infuria (e sì, gli inglesi lo odiano ancora oggi per quello), Maradona va sotto la curva alzando quel pugno al cielo.
    Ma è pochi minuti dopo che Maradona mostra che se aveva ingannato era perché voleva ingannare, non per bisogno.
    Riceve un passaggio a 60m dalla porta, parte palla al piede e dribbla 6 avversari inglesi in un gesto poetico come un pezzo di Tchaikovskij, segnando il più bel gol nella storia del calcio.
    A fine partita, quando gli chiedono se ha segnato il primo gol con la mano, risponde “Un po’ era la testa di Maradona, un po’ la mano di Dio”.
    Poche settimane dopo l’Argentina avrebbe vinto il mondiale.
    Oggi se ne va dunque molto più che un atleta. Se ne va un vero e proprio eroe popolare, come Che Guevara o Robin Hood (e certamente sarebbe stato contento di andarsene nello stesso giorno del suo idolo, Fidel Castro).
    Resterà nella memoria di Napoli e dei napoletani, degli argentini e di tutti gli emarginati.
    Verrà ricordato perché in un lontano giorno di giugno mostrò che anche i diseredati possono sconfiggere la più grande potenza imperialista della terra, sia per talento che per astuzia.
    E verrà ricordato perché ci mostrò che chiunque, anche un bambino nato a Villa Fiorito senza acqua in casa, può giocare un mondiale “y salir campeón”

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      The dark side of the moon 27 Novembre 2020 at 14:44

      Condivido parola per parola.
      Mi ero limitato nel commento precedente a dire soltanto che Maradona è il più grande artista del pallone di sempre e così mi piaceva ricordarlo perché il genio non muore, è eterno.
      Ciò che hai scritto nel tuo post però è ancora necessario visto che ahimè ci sono moltissime persone che hanno accolto la notizia contrapponendola ad altre in ordine di importanza senza un nesso logico se non quello di buttare altro fango su una persona che ha pagato a caro prezzo i suoi errori.
      Parlando con un tipo stamattina, gli ho fatto la seguente domanda a proposito: “Se ti trovi di fronte ad un opera d’arte, tipo un quadro di Van Gogh, ammiri l’opera oppure pensi che quel che vedi è frutto della mente di un pazzo internato”?
      Se sei di sinistra ammiri l’opera perché in essa c’è tutto ciò che l’arte contribuisce a elevare lo spirito umano.
      Se invece è più importante denigrare il pazzo perché forse probabilmente nelle sue debolezze ci rispecchi le tue, allora non hai bisogno di nulla che possa contemplare la bellezza, l’arte in generale.
      Alla fine il tizio mi ha guardato con una espressione da ebete che ha confermato i miei sospetti..

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      DURRENMATT 27 Novembre 2020 at 15:46

      … “Per dire la verità non mi importa cosa ha fatto Diego con la sua vita, mi importa quello che ha fatto con la mia.” (“Negro” Fontanarrosa)

      In realtà a tutti noi importava anche quello che faceva con la sua, ma era troppo doloroso pensarci. Gracias Diego, te queremos mucho.

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    Crescenzo 27 Novembre 2020 at 12:09

    L’uomo Maradona: lo schifano tutti, facile eh?
    Perché invece si sente così poco tirare in ballo le tasse non pagate da Valentino Rossi o da Pavarotti?

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      Giancarlo Castiglioni 28 Novembre 2020 at 18:17

      A proposito, nessuno parla delle tasse non pagate in Italia da Maradona.

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    DURRENMATT 27 Novembre 2020 at 15:30

    …” L’otto luglio del 1990 c’ero anch’io all’Olimpico a fischiare Maradona e l’inno nazionale argentino. Che schifo. No, non per la mancanza di rispetto: non sono un buonista neppure oggi e sono sempre stato convinto che il rispetto sia dovuto solo alle persone ordinarie e, in maniera assoluta, a chiunque sia in una condizione di inferiorità rispetto alla nostra; ma i simboli (come una bandiera, un inno, un capo di stato), i ricchi e le celebrity non ne meritano alcuno – l’attenzione della gente li avvantaggia dunque devono accettarne anche l’odio e il disprezzo.

    La ragione per cui se incontrassi il me stesso del 1990 gli sputerei, è un’altra. È che non avevo assolutamente capito che quel mondiale era una prova generale di liberismo, globalizzazione e, nel caso italiano, berlusconismo. Un test pienamente riuscito anche grazie alla collaborazione di giovani coglioni come me. Per parafrasare la celebre massima di von Clausewitz, Italia 90 fu la continuazione di Drive In con altri mezzi. Forza Italia (un nome che solo allora divenne proponibile per un partito politico) nasce lì: da quell’ubriacatura di qualunquismo, di edonismo, di consumismo mascherato da nazionalismo. Del resto i fischi a Maradona erano il frutto di una campagna di stampa iniziata in quel periodo: un altro test, questo per verificare la capacità dei media di manipolare un popolo sempre più videodipendente: mission accomplished, come mostra il bel film-documentario di Asif Kapadia sul campione argentino e sul suo rapporto con Napoli.

    Non mi assolve il fatto che me ne resi conto abbastanza in fretta e che berlusconiano o renziano non lo sono stato mai, a differenza della maggior parte dei miei connazionali, che per di più non se ne sentono in colpa e tanto meno cercano di redimersi, mentre io non so perdonarmi quell’ingenuità, quella presunzione. In effetti se gli italiani di oggi sono quello che sono è anche colpa mia, nostra, di una generazione che ha dissipato il patrimonio morale e culturale ereditato dalle precedenti; e poco importa che adesso le miserie del berlusconismo, del liberismo e della globalizzazione siano molto più evidenti che allora, e dunque chi le promuove o accetta è ancora più colpevole: c’è in giro più stronzaggine, vero, ma a sdoganarla e permetterne la moltiplicazione e trasformazione in un valore in nome del dogma della libertà individuale, sono stati quelli della mia generazione.

    “Hijos de puta” ci disse fra i denti Maradona all’Olimpico. Aveva ragione. Fu anche l’ultimo campione sportivo che il denaro e la fama riuscirono sì a distruggere ma non a corrompere, a differenza dei mercenari in vendita al miglior offerente che da allora costituiscono il modello dei giovani e l’oppio dei popoli. Riposa in pace, Diego.”

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    Ferruccio 27 Novembre 2020 at 18:11
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    Ferruccio 27 Novembre 2020 at 18:21
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    Fabio Lotti 28 Novembre 2020 at 09:45

    Sinceramente non vedo il motivo di certi scontri. Personalmente vive in me più il ricordo del campionissimo che quello della sua vita umana. Però rispetto pure l’opinione di Raul Montanari che non manca di sottolineare certi suoi aspetti negativi. Ognuno di noi “sente” in modo più o meno uguale o diverso la vita degli altri.

  15. avatar
    DURRENMATT 28 Novembre 2020 at 15:10

    Si narra che Palmiro Togliatti, che pure non è certo in cima al mio particolare “immaginario”, nel 1963 cioè circa un anno prima di morire, volle che si invitasse al Festival Nazionale dell’Unità l’allora giovanissima Rita Pavone per un concerto, questo per cercare di comprendere le ragioni del successo di massa di quella ragazzina e del suo allora del tutto nuovo genere “ye ye”.Nello sconcerto degli altri dirigenti “bacchettoni” del Pci, il “Migliore” si entusiasmo’ al punto tale di accodarsi freneticamente agli applausi e agli urli di approvazione “di popolo” per Rita.

    Ora c’abbiamo una parte considerevole di cosiddetto “popolo de sinistra” ( in realtà si tratta quasi sempre di “ceto medio riflessivo” o comunque di “garantiti” ) che rifiuta snobisticamente di comprendere le profonde ragioni del “lutto di popolo” per Maradona, che vanno chiaramente ben oltre il tifo calcistico, in una logica da “non cè più morale, contessa”. E qui non stiamo certo parlando di “alta politica” ma proprio della assoluta incapacità di rapportarsi a un certo “popolo in carne ed ossa”, per certi versi di schifarlo proprio dall’alto della propria pretesa “superiorità morale e culturale”. Il Maradona post-campi di calcio può pure definirsi in qualche modo “un militante” e la cosa più grave è che non è questione di “vertici della sinistra” che hanno un pò tutti, a vario titolo, comunque “onorato” Maradona ma proprio di elementi della cosiddetta base della medesima “sinistra sinistrata” … mala tempora currunt ….

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    Enrico Paganelli 28 Novembre 2020 at 16:51

    “Se la cocaina è una droga io sono un tossicodipendente”
    -Diego Armando Maradona-
    Poi c’è “El Diez” su un campo erboso, a farci rimanere a bocca aperta. Il campione fenomenale per il quale il capitano degli All Blacks depone a centrocampo una maglietta nera con il suo numero e il suo nome prima di iniziare l'”haka”, di fronte ai Pumas Argentini schierati, commossi
    Purtroppo sono indivisibili

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    Fabio Lotti 29 Novembre 2020 at 09:25

    Ultimo intervento e poi mi taccio. A me non piace un blog monocorde e quindi difendo l’intervento di tutti quelli che la pensano diversamente dal sottoscritto di qualunque argomento si tratti.

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    Sergio Pandolfo 29 Novembre 2020 at 17:58

    Anche il grande Franco Baresi è rimasto colpito dalla morte di Maradona, lui che è stato uno storico rivale. Maradona gli aveva chiesto la maglia, e messo la 6 addosso. Quando un giornalista gli chiese perché, Diego rispose che era la maglia del più forte difensore di sempre. Belle attestazioni di stima tra campioni che in campo erano avversari, ma di certo si rispettavano tantissimo.

  19. avatar
    Mongo 30 Novembre 2020 at 17:43

    Maradona qui, Maradona là, Maradona un dio, Maradona una merda, Maradona il migliore di tutti sul campo, Maradona secondo a Pelè, Maradona ha vinto un mondiale da solo, Maradona senza Bagni non avrebbe vinto quello scudetto, Maradona si drogava, Maradona era un evasore fiscale, Maradona amico di Castro, Maradona su, Maradona giù, ecc.
    Basta, Maradona era solo un uomo (grande o piccolo, buono o cattivo) che ha fatto della sua vita ciò che ha voluto: sapeva giocare a pallone e questo lo ha aiutato parecchio.
    Ma ricordatevi che nel 1982 un italiano, nato a Tripoli, non gli fece toccare palla senza neanche romperlo, cosa che invece poi fece un certo Goiconchea.
    R.I.P.

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      DURRENMATT 2 Dicembre 2020 at 16:59

      …docufilm “Maradonapoli”

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    Fabio Lotti 1 Dicembre 2020 at 17:03

    Dimenticavo (ah, la vecchiaia!). Complimenti al bellissimo pezzo rievocativo di Martin.

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    Fabio Lotti 10 Dicembre 2020 at 13:09

    Dopo un saluto al grande Maradona permettetemi anche un saluto al grande Pablito. Con istintiva commozione.

    Mi piace 2

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