Memorie di uno stalker

Scritto da:  | 15 Dicembre 2020 | 17 Commenti | Categoria: Racconti

 

Ormai prossimo alla morte io, Guido Stalteri, lascio queste mie memorie per essere compatito dai posteri.
Sì, avete capito bene: compatito.
Avevo quasi quarantacinque anni e, come si suol dire, la mia coppa era piena: un buon lavoro (ero un ingegnere), una bella compagna, due bambini ed un conto in banca che cresceva sereno.
Tutto filava liscio come l’olio quando comincia a notare dei cambiamenti nella mia donna: anche lei aveva un bel lavoro che le piaceva tanto, anzi secondo me le piaceva troppo.
Ogni sera rientrava più tardi, le riunioni… diceva.
In realtà era come se non rincasasse: ricominciava subito con il computer, i messaggi, le telefonate.
La casa era trascurata ed i bambini spesso cercavano aiuto da me per i compiti! Non che io non ne fossi in grado, ma dopo una giornata di lavoro non mi andava granché.
Cominciò tra noi due una lotta nascosta: lei cercava la mia collaborazione in modo sempre più esigente ed io gliela davo malvolentieri, dietro una maschera cortese, perché sapevo che quelli non erano compiti miei.
Poi iniziò a rifiutarsi, ma io l’amavo: era tanto bella e la desideravo anche se sentivo che non era più la dolce biondina di un tempo.

Cominciai ad essere geloso, a spiarla, a seguirla e lei se ne accorse: mi urlò che il problema non era un altro uomo ma io che la limitavo nelle ambizioni, che la costringevo in un ruolo che non sentiva suo.
Ne fui ferito e, non sapendo più come controbattere alle sue ingiuste accuse ed anche perché quando urlava non sembrava più una donna, la picchiai. Quanto la picchiai, fu un vero piacere!
I bambini piansero e fuggirono sotto il letto: li tirai fuori e le diedi anche a loro, poi uscii sbattendo la porta.
Al mio rientro lei se n’era andata, era una persona intelligente, aveva capito che le cose si mettevano male.
Iniziò un periodo esaltante, mi sentivo un cacciatore che bracca la preda. Scoprivo sempre dove si era rifugiata, la stanavo e la picchiavo, minacciavo lei ed i bambini che, poveretti, non parlavano più e mi guardavano con muto rimprovero. Non mi importava, eppure un tempo li avevo amati.
Iniziarono problemi seri con la Legge: tutte le volte lei mi denunciava e questo mi istigava sempre più.
Il mio avvocato mi consigliava paternamente di cercarmi un’altra donna. Il mondo è pieno… sono tante…
Troverai qualcuna che ti apprezzerà…
Tutti i miei parenti e gli amici provarono a farmi ragionare, persino mia madre mi diede torto! Ed io invece niente: imperterrito la seguivo, le telefonavo centinaia di volte al giorno, minacciavo le sue amiche, i suoi amanti (questa volta erano veri perché si era proprio stancata di me), ed i colleghi di lavoro che la difendevano.
Questa storia andò avanti per anni: l’avevo ridotta un verme, era pelle ed ossa, stressata e terrorizzata e ciò mi aveva fatto raggiungere una mia certa amara felicità, poi esagerai…
La picchiai di nuovo in un centro commerciale, durante l’ennesimo lock down del 2022.
Lei stava, in quel periodo, con un importante giornalista: partì una campagna stampa senza precedenti contro di me. Nel paese c’era stata una svolta autoritaria, la gente era esasperata dalle quarantene e cercava qualcuno da odiare. Le foto di lei, pestata quasi a morte, riempirono i giornali e campeggiarono su enormi manifesti insieme con le mie, il mostro.
Purtroppo devo dire che tutte le garanzie democratiche a tutela della mia privacy erano cadute.
Ci fu un processo lampo ed il giudice, una terribile virago, mi appioppò una condanna sperimentale: mi assegnò tre stalker.
Era una specie di contrappasso, non stavo mica in prigione, ero a casa mia e questi tre si davano il cambio, non mi mollavano mai.
In più li dovevo pagare, mi avevano sequestrato tutto!
Il primo era un ex professore di filosofia di un celeberrimo liceo classico: un gigante di un metro e novanta, fornito di uno storditore elettrico che usava alla minima disobbedienza. Aveva lasciato l’insegnamento, mi disse, perché non aveva più stimoli: aveva fatto piangere generazioni di studenti svogliati e nessun padre e nessuna madre dell’alta società erano mai riusciti a ricattarlo con piagnistei o avvocati o ricorsi al Tar. Voleva quindi porsi al servizio della Giustizia, sarei stato il suo capolavoro.
Si presentava alle 8,30, uscivamo e cominciava a trascinarmi in giro per la città ed intanto parlava senza tregua, spesso di un certo Adorno… chi era costui?
Non che potessi pensare ai fatti miei: mi interrogava giornalmente e se non ero pronto erano guai.
Trovava il male ovunque: non potevo ascoltare nemmeno Gianni Morandi perché nella sua canzone “Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte” affermava di essere geloso e di voler picchiare il rivale, Celentano era proibitissimo per vie delle minacce esplicitate in “Una carezza in un pugno” che invece dovrebbe essere il nostro inno nazionale e chi più ne ha più ne metta.

Era consentito solo Lucio Battisti che quando va a cercare la sua ex e la trova con un altro chiede addirittura scusa (scusi tanto signore anche lei, che roba!).
Insomma si andava avanti così fino alle quattordici: allora mi riportava a casa e mi affidava a Cristofer, un senegalese altissimo, con la puzza sotto al naso, che aveva lavorato come uomo immagine in un negozio al centro, fallito a causa del coronavirus.
Mi disse subito che per lui ero uno scarto dell’umanità, soprattutto perché puzzavo (era un tremendo razzista). Si metteva in poltrona e mi guardava pranzare e naturalmente la mia dieta gli ispirava orrore, lui mangiava esclusivamente, con molta eleganza devo dire, uno yogurth che si portava da casa.
Con lui non potevo parlare, diceva che avevo un livello culturale troppo basso, che ero stupido, arretrato, bigotto e mammone.
Controllava che facessi i compiti, mi ascoltava ripetere le lezioni: era costante, assiduo, non mi lasciava in pace un attimo.
Naturalmente era un cultore delle arti marziali ed un grande centometrista: inutile tentare la fuga, mi raggiungeva in un attimo e mi riportava a casa tenendomi per la collottola.
Alle ventidue arrivava il terzo: un gigante biondo dallo sguardo crudele, di cui non ho mai conosciuto il nome perché non parlava mai. Si metteva un bel pigiama a righe acquistato a mie spese e, senza una parola, batteva la mano sul letto, invitandomi ad andare a dormire: sì, dovevo dividere il letto con lui. Come mi stendevo si addormentava ma appena provavo ad alzarmi si girava sul fianco e mi fissava con sguardo assassino così che terrorizzato mi rimettevo giù. Gli avevano impiantato un sensore probabilmente: sentiva tutto, ogni minimo movimento, era sempre all’erta.
Per anni ed anni elaborai piani di fuga e ne tentai anche qualcuno ma mi riacchiappavano sempre, come se mi leggessero nel pensiero.
Dopo tanti anni ho capito che mi lasciavano scappare apposta per farmi soffrire di più.
Per fortuna l’ultima volta, assistito dal professore di filosofia che come al solito voleva essere diverso dagli altri, sono riuscito a fuggire su quest’isoletta sperduta da cui vi scrivo e dove faccio il guardiano del faro.
Solo, finalmente!
Sento sempre però un’inquietudine sottile: temo che quest’esilio faccia parte del piano e che un brutto giorno, su di una barchetta, arrivi Cristofer e mi riporti indietro.

avatar Scritto da: Patrizia Milani (Qui gli altri suoi articoli)


17 Commenti a Memorie di uno stalker

  1. avatar
    Martin 15 Dicembre 2020 at 09:42

    Semplicemente bellissimo…

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      Uomo delle valli 15 Dicembre 2020 at 09:47

      concordo, un po’ inquietante, ma anche a me è piaciuto molto

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    Sergio Pandolfo 15 Dicembre 2020 at 15:16

    Potrei assumere il ruolo del professore stalker che molesta il protagonista parlando di Adorno? Avendo scritto un libro sul grande francofortese, mi calzerebbe a pennello… =))

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      Patrizia 15 Dicembre 2020 at 16:48

      In effetti un po’ mi hai ispirato…

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        Gino Colombo 15 Dicembre 2020 at 17:00

        Anche a me è piaciuto e, scherzi a parte, desidero domandare cos’è che veramente a uno/a scacchista ha ispirato la scrittura di un racconto come questo.
        Saluti.
        Gino

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          Patrizia 15 Dicembre 2020 at 22:28

          In breve ti dirò che mi ha ispirato la compassione per la disillusione che provano le vittime nell’accorgersi che la persona amata è diventata un nemico.
          Conosci quella strana sensazione di irrealtà che si avverte di fronte ad un evento inatteso e minaccioso? Sta succedendo questo a me, possibile?Devono essere momenti terribili, figuriamoci poi se diventano anni di sofferenza.
          Come scacchista poi mi piace pensare che c’è un piano di riserva in ogni piano, se vuoi una variante per GM.

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        Sergio Pandolfo 16 Dicembre 2020 at 15:36

        Ne sono lieto! =)) Scherzi a parte, durante la lettura notavo che hai immaginato un lockdown (prossimo futuro) come sfondo e concausa della crisi di coppia. Volevo riagganciarmi, allora, a una nostra precedente conversazione sulla famiglia. Dobbiamo sempre rimanere convinti che l’istituto familiare in sé non possa essere messo in discussione? O piuttosto il virus non sta dimostrando una volta di più che scricchiola anche quello? Adorno diceva che… Ah…no, scusa, mi stavo già calando nella parte dello stalker! =))

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          Patrizia 16 Dicembre 2020 at 22:53

          Caro Pandolfo,
          la mia coppia era già in crisi ,il virus provoca “SOLO” una piccola svolta autoritaria !
          Vedi, per me il problema non è il contenitore in cui agiscono le persone(famiglia,scuola,carcere ,palestra…;) ma la mancanza di educazione alla libertà dell’altro.
          Si dovrebbe insegnare,credendoci però, a non pretendere da un qualsiasi altro,una costanza ferrea nei sentimenti o una dedizione che noi stessi non avremmo.
          Il problema non è il vincolo ma la relazione tra le persone. Insisto nel dire che c’è in tutti noi una violenza nascosta che molti sanno reprimere,ma esiste per cui stai attento a non irritarmi…

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            Sergio Pandolfo 18 Dicembre 2020 at 15:07

            Mi stupisce un po’ questa distinzione tra il vincolo e la relazione tra le persone. Senza costanza di sentimenti e dedizione, come può durare un legame familiare? Se vengono meno, io ho l’impressione che una famiglia non possa durare, che anche il vincolo sia destinato a venire meno… Se sono presenti, in maniera “ferrea”, come dici tu, è ugualmente un guaio. Può darsi che la virtù stia nel mezzo, e non dubito che per molti sia così, ma le soluzioni di compromesso non mi soddisfano mai pienamente, e nel caso della famiglia credo si traducano nella monotonia di una vita comune in cui, alla lunga, si perde quell’amore originario che pure (si spera) doveva esserci. Anche dalla noia e dall’irretimento nel sempre uguale si rischia di scivolare insensibilmente nella media ponderata dei delitti e delle violenze in famiglia. Il vincolo, secondo me, contribuisce in maniera determinante a esacerbare le relazioni tra le persone, a far venire fuori quella violenza nascosta di cui parli. Detto questo, spero di non averti irritata… Ce le stiamo dando a suon di post già da un bel po’… Figuriamoci se fossimo marito e moglie… =))

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              Patrizia 18 Dicembre 2020 at 22:07

              Mi era sembrato di capire che tu fossi contrario alla famiglia come istituzione intesa in senso borghese. come unione tra un uomo ed una donna,regolata da leggi dello stato con relative conseguenze pratiche(pensione di reversibilità,eredità,obbligo alla reciproca fedeltà,eccetera eccetera),invece sei proprio contrario ad una stabile vita di coppia.
              Perchè vedi questo nesso tra monotonia e violenza?Non basterebbe dirsi semplicemente addio?
              Parli sempre di alternative valide alla famiglia “tradizionale”,mi faresti qualche piccolo esempio?
              Se fossimo marito e moglie saresti già morto di noiaaaa o almeno questa sarebbe la mia versione ufficiale.

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                Sergio Pandolfo 20 Dicembre 2020 at 20:27

                Secondo me dalla monotonia del quotidiano rischia di esplodere la violenza, perché si ripetono gli stessi gesti, le stesse parole, gli stessi litigi, ogni giorno… Finché qualcuno impazzisce. A quel punto parlano di raptus di follia, ma senza mai dire che il raptus affondava le sue radici nella ripetizione del quotidiano. Dirsi semplicemente addio può essere semplice per alcuni, ma non per altri. Ci si scontra con parecchie difficoltà materiali: non tutti, ad esempio, sono in grado di reperire facilmente un altro alloggio, tanto per dirne una. Una separazione non è semplicemente un addio, ma è qualcosa che costa. In passato, quando svolgevo la pratica forense, mi è capitato di avere esperienza delle aule dei tribunali, e di vedere coppie volersi separare e non capire nemmeno a quali sacrifici andassero incontro. Per non parlare delle situazioni di sofferenza legate alla prole. Cercare di farsi assegnare l’affidamento dei figli è il primo modo per non perdere il tetto coniugale, e ahimè ci sono davvero pochi scrupoli in questo. Di alternative alla famiglia tradizionale sono pieni i libri dei filosofi, dalla Repubblica di Platone fino al socialismo utopico e alle varie correnti del marxismo. Non è affatto detto che siano migliori, non è detto, ad esempio, che allevare i figli in comune (in un sistema non più basato sull’attuale assetto proprietario) sia una soluzione praticabile, tuttavia, come dicevo anche in un altro post, aiutano a vedere le cose in maniera critica, e a non accettare passivamente ciò che ci viene messo davanti. Infine, se fossimo marito e moglie, sarebbe un piacere annoiarla (o incuriosirla) tutte le sere con qualche aforisma di Adorno…

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                  Patrizia 20 Dicembre 2020 at 21:56

                  Ahimè siamo proprio una vecchia coppia ammuffita!Incomunicabilità completa,ognuno va per la sua strada senza ascoltare,senza rispondere.
                  Chiedo scusa agli altri frequentatori del blog per averli costretti a subire le nostre incomprensioni.
                  Addio Sergio,tieni pure la casa non vorrei fare una brutta fine.

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                    Sergio Pandolfo 22 Dicembre 2020 at 21:34

                    Mah… Io credo che dallo scambio di opinioni nasca comunque qualcosa di buono, anche quando le opinioni sono diverse o non ci si intende… Addio, comunque…

  3. avatar
    Fabio Lotti 15 Dicembre 2020 at 18:11

    Cara Patri
    era da tempo che aspettavo un tuo pezzo! Complimenti.
    Per sorridere un po’ insieme in questo particolare momento ti invito qui insieme a tutta la banda di “Soloscacchi” che ho citato https://theblogaroundthecorner.it/2020/12/15/occhio-a-non-passare-di-qua-2-di-fabio-lotti/

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      Patrizia 16 Dicembre 2020 at 23:08

      Ho letto,ho letto…
      Ammazza quanto sei cattivo!

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        Fabio Lotti 17 Dicembre 2020 at 09:23

        La stirpe lottesca è tremenda.

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          Luca Monti 17 Dicembre 2020 at 20:17

          Il Fabio Lotti possiede una cattiveria che mette tenerezza;perfino ai nipotini!Grande Fabio.

          Mi piace 1

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