La banda dei quattro

Scritto da:  | 10 Gennaio 2021 | 5 Commenti | Categoria: C'era una volta, Italiani, Personaggi

 

Hic et nunc

Fui l’ultimo della banda, quell’estate, a patentarmi perché ero il più giovane dei quattro, anche se da Marco ci divideva solo un giorno; la leggenda narra che la nostra amicizia risale ai tempi della nursery.

Quel pomeriggio caricammo di tutto e di più sulla mia mitica Panda 30 rossa, detta il ‘Mulo’ perché andava ovunque noi volevamo arrivare: due tende canadesi, quattro zaini con i nostri sacchi a pelo ed i materassini, ricambi e viveri per una settimana; sul tetto, ancorata al portapacchi ci stava la canoa del Marco e la sua pagaia. Nel rivoluzionario porta oggetti ci buttammo un mangianastri e qualche musicassetta: Bruce Springsteen, Lynyrd Skynyrd ed i Rolling Stones. Marco ed io eravamo i dj della banda. L’auto era già tanto che avesse di serie il volante ed i sedili.

La mitica Panda del Mongo

Dovevamo andare per farci una settimana di vacanza premio, post esami di maturità, a Courmayeur, ma appena Marco seppe che la Dora di Vény era impraticabile per dei lavori di manutenzione del ghiacciaio a monte, ci obbligò a cambiare meta; optammo così per i Laghi della Lavagnina, nell’ovadese. Marco venne con noi solo perché alla fine decidemmo di accontentarlo, permettendogli di praticare un po’ di kayaking durante la vacanza. Coniammo un logo apposta, che scrivemmo sulle portiere della Panda con una vernice spray indelebile: ‘Canoa estrema – Lotta al sistema’.

Il meno contento dei quattro era Fabrizio, che si sarebbe perso il gran premio di formula uno, la domenica successiva la nostra partenza; lui era un grandissimo appassionato degli sport motoristici ed i suoi piloti preferiti erano l’australiano Alan ‘maialino’ Jones ed il finlandese Keke Rosberg, che proprio quell’anno vinse clamorosamente il mondiale con una sola vittoria all’attivo. Fabrizio era fatto così: o guidava lui o si metteva sul sedile del passeggero imitando per tutto il viaggio il rumore di un’auto da rally mimando, al tempo stesso, i gesti di un pilota durante una prova speciale, anche quando sostavamo in un’area di servizio.

Giunti nella piazza di Lerma, parcheggiato il Mulo, scaricammo armi e bagagli e ci incamminammo verso i laghi dove avevamo intenzione di campeggiare; 5 km di camminata a passo sostenuto, con soventi soste ad aspettare il Marco che camminava più lento di noi perché doveva portarsi il peso supplementare della sua canoa. Arrivati nel campone, nei pressi del lago piccolo, montammo le tende e ci riposammo un po’.

Ad un tratto il Fabry mi si avvicinò e sulla sua scacchiera portatile mi mostrò una posizione, dicendomi che si trattava di una delle Karpov – Korchnoj giocate a Bagujo nel 1978: mossa al bianco.

Muove il bianco

Strano che il Terribile non si sia accorto prima del trappolone preparatogli dagli scacchisti del KGB che supportavano Karpov; trovai la soluzione nel giro di 5 minuti, lasciando a bocca aperta il Fabry che con me aveva giocato solo una partita, vincendola con un fulminante matto del barbiere, senza più concedermi la rivincita, un po’ come Alekhine fece con Capablanca.

Durante il bivacco post cena, passato a commentare le rispettive prove sostenute agli esami di maturità, si alzò una brezzolina di vento che fece calare di brutto, ma di brutto brutto, la temperatura. Il Lele, il più delicato dei 4, prese la decisione di rintanarsi in tenda e senza che noi ce ne accorgessimo portò con sé il fornellino su cui avevamo cotto la pasta e lo accese dentro la tenda.

Al fuoco… Al fuoco…” gridò poco dopo il Lele. Noi ci voltammo pensando scherzasse, invece la tenda che divideva con Fabrizio era andata veramente a fuoco. A nulla servirono i nostri sforzi per cercare di spegnerlo, riuscimmo solo, per fortuna, a tirare fuori il Lele e a salvare i loro zaini.

Quello che dicemmo al Lele, per decenza editoriale, non posso riportarlo, ma vi assicuro che lui se lo ricorda ancora oggi, 40 anni dopo.

Per non fare dormire all’addiaccio il povero Fabrizio, il Lele invece se lo sarebbe meritato, smontammo il campo e ci incamminammo verso il borgo di Capanne di Marcarolo, poco distante da dove ci eravamo accampati, nella speranza di trovare un fienile abbandonato dove passare la notte.

Stanchi e amareggiati per l’accaduto, dopo circa un’ora di cammino, buttammo a terra gli zaini e tutto l’armamentario che ci portavamo dietro e prendemmo la decisione, messa ai voti, di accendere un bel fuoco e di dormire lì. Per nostra fortuna non fu una notte buia e tempestosa, anche se il Fabry si alzò poco prima dell’alba per colpa del freddo e andò a fare un po’ di footing per scaldarsi.

Io dormivo ancora beatamente abbracciato alla Paoletta, il mio amore segreto delle superiori… Quando mi svegliai mi resi conto che purtroppo stavo solo sognando. Nell’aria c’era un odore di caffè appena fatto; il Lele, per farsi perdonare della cazzata fatta la sera precedente, aveva deciso di prepararci un caldo risveglio. Messo a posto il bivacco improvvisato, ci guardammo intorno e scorgemmo una donna vicino ad una croce poco distante da dove noi avevamo dormito.

Incuriositi ci avvicinammo e ci presentammo; lei ci disse di essere la Carla Nespolo, appena eletta al senato nelle fila del PCI, e vista la nostra curiosità al riguardo dei Partigiani della Benedicta, dopo averci fatto sedere sull’erba in cerchio, ci raccontò:

  • Dovete sapere che qui sull’Appennino Ligure, tra Genova e Alessandria nella primavera del 1944, operavano due brigate partigiane, la Brigata Autonoma Alessandria e la 3ª Brigata Garibaldi Liguria. Le brigate Garibaldi erano composte da giovani male armati, ma intenzionati a combattere le truppe tedesche e fasciste e a rifiutare l’obbligo di entrare nell’Esercito Nazionale Repubblicano, sancito dal bando Graziani del 18 febbraio 1944.

Tra il 3 e 6 aprile reparti tedeschi forti di 3.000 unità accerchiarono la zona del Tobbio, era il più grande rastrellamento compiuto fino a quel momento nella zona dell’alessandrino. L’azione aveva il doppio scopo di debellare le nutrite formazioni partigiane operanti nella zona e liberare le vie di comunicazione verso la costa ma anche di rastrellare persone da destinare al lavoro coatto in Germania.

Il 6 aprile iniziarono gli scontri armati e mentre la 3ª Brigata Garibaldi Liguria cercò di rompere l’assedio dividendo i propri uomini in piccoli gruppi, la Brigata Autonoma Alessandria cercò una disperata difesa alla Benedicta e a Pian degli Eremiti. Il monastero della Benedicta, in cui si erano rifugiati gli uomini disarmati o meno esperti viene minato e fatto esplodere e gli scontri proseguirono sanguinosamente per tutta la giornata.

Le perdite nazifasciste furono limitate a 4 morti e 24 feriti. Le forze partigiane, tra gli scontri e le fucilazioni, ebbero invece 147 morti, che furono poi sepolti in una fossa comune. Tra questi, 75 partigiani catturati furono fucilati dai Granatieri repubblichini comandati da un ufficiale tedesco, in quella che sarà ricordata come Strage della Benedicta.. Si salvò solo Giuseppe Ennio Odino, che fingendosi morto riuscì così a sottrarsi al massacro; benché ferito tentò la fuga, che durò però soltanto qualche giorno. Nuovamente catturato, il partigiano “Crik” fu deportato nel lager nazista di Mauthausen-Gusen, dove gli fu assegnato il numero 63783 e aderì alla resistenza interna del campo, organizzando sabotaggi alla catena di produzione dei carrelli degli aerei per conto della Messerschmitt, fino a partecipare alla liberazione del campo, che avvenne ai primi di maggio del 1945. Quando rientrò in Italia, Crik tornò alla vecchia passione per la bicicletta, diventando amico e segretario di Fausto Coppi e partecipando a molte competizioni, tra cui il Giro di Lombardia del 1951 e la Milano-Sanremo del 1952.

La signora Carla, con la quale instaurai una bella e duratura amicizia, ci salutò rammentandoci di studiare sempre il passato per capire il presente e per poter modificare il nostro futuro.

Marco trascorse la giornata in acqua tra eschimo, candele e veloci pagaiate; io incominciavo a ipotizzare un futuro da ribelle; Fabry si impegnò al massimo, con derapate impressionanti, per vincere il gran premio dei suoi sogni; Lele… Già il Lele… Lo lasciammo lì!

Note di viaggio.

Carla Nespolo il 3 novembre 2017, dopo esserne stata a lungo vice-presidente, venne eletta Presidente nazionale dell’associazione A.N.P.I., primo presidente a ottenere questa carica senza aver fatto il partigiano e prima donna. E’ morta la notte del 4 ottobre 2020 a 77 anni, dopo una lunga malattia.

All’inizio del 2008 fu pubblicato il libro “La mia corsa a tappe (Nº 63783 a Mauthausen)”, nel quale Ennio Odino (Crik) fissa per la prima volta su carta la sua testimonianza, “soprattutto per i giovani d’oggi… affinché prendano coscienza di ciò che avvenne allora e sappiano che la voglia di sopraffazione e di dittatura è sempre viva in una parte della nostra società“. È morto a Bruxelles il 13 dicembre 2014 all’età di 90 anni. Attualmente le sue ceneri riposano nel cimitero comunale di Tagliolo Monferrato, paese che gli concesse la cittadinanza onoraria.

da sinistra: Fabry, Marco, Mongo e Lele

avatar Scritto da: Mongo (Qui gli altri suoi articoli)


5 Commenti a La banda dei quattro

  1. avatar
    Uomo delle valli 10 Gennaio 2021 at 19:36

    mongo il tex willer di soloscacchi! ;)

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    Fabio Lotti 11 Gennaio 2021 at 09:27

    Ricordi, scacchi, storia e il visone simpatico di Mongo. Un trittico perfetto.

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    Fabio Lotti 11 Gennaio 2021 at 09:29

    Acc…mi scuso. Un quadrittico (mio conio) perfetto.

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    luca monti 11 Gennaio 2021 at 11:02

    Bentornato Mongo.Ciao

    Mi piace 2
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    The dark side of the moon 11 Gennaio 2021 at 15:06

    Ti fai sentire di rado ma quando accade poi tiri fuori certe perle..
    Il tuo bel contributo mi riporta all’attualità: sembra proprio che pian piano stiamo scivolando indietro nel tempo.
    Nelle Marche disgraziatamente è stato eletto un presidente di Regione (Fratelli D’Italia, e ho detto tutto..) che venne alla ribalta della cronaca nazionale qualche anno fa per aver partecipato ad una cena commemorativa della marcia su Roma.
    Disse allora (molto vigliaccamente), per giustificarsi, che non era a conoscenza del tema dell’evento.
    Bè, oggi nelle Marche (regione in fascia gialla) le scuole sono restate chiuse e lo saranno almeno fino al 1 Febbraio.
    Un assessore regionale ha motivato il fatto dicendo che “non è giusto che siano solo i baristi e i ristoratori a fare i sacrifici”.
    Per la cronaca, bar e ristoranti oggi aperti.
    Ripenso ancora quando anni fa il Ministro Tremonti (governo Berlusconi) diceva che “con la cultura non si mangia”.
    Il prezzo più alto che pagheranno le future generazioni sarà il gap culturale che stanno accumulando nei confronti delle altre realtà.
    Senza cultura non esiste futuro.
    Il sonno della ragione genera mostri, forse uguali a quelli di cent’anni fa.

    Mi piace 3

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