Memorie di uno sburlalegna

Scritto da:  | 6 Febbraio 2021 | 3 Commenti | Categoria: C'era una volta, Circoli, Italiani, Personaggi
Quando ho iniziato a giocare a scacchi? Chi mi ha insegnato i primi rudimenti? Non lo ricordo più, credo sia avvenuto verso i 5-6 anni,  e per sommi capi: solo più tardi mi fu chiarito che in apertura non era consentito muovere due pedoni di una casella. Però mi fu regalata una bellissima scacchiera portatile di legno in un elegante astuccio finto coccodrillo, le caselle con il forellino per i pezzi (microscopici, di modo che avevi una bella visione d’insieme), i  canonici numeri in verticale e  lettere in orizzontale. Mi ha accompagnato fin qui, per quasi sessant’anni. Piccoli tornei alle elementari: una volta esclamai tutto felice: “Signor maestro, ho vinto! Non può muovere il Re!” e lui: “No figliolo: è stallo”. Ecco, avevo imparato ancora qualcosa. A certi bambini più grandi non andava a genio vedere i più piccoli alle prese con gli scacchi: si avvicinavano e buttavano giù tutto …e chi si ricordava com’era la posizione, mica scrivevamo le mosse. Cominciai a capirci qualcosa di più quando mi fu prestato il libro: “Duello di re – Il gioco degli scacchi” di Gino Bertoli (SEI 1965). Però rimasi deluso perché la descrizione di un’apertura terminava con la frase “…che porta al furibondo attacco Lange”. Stop. Avrei voluto impararlo, magari vincevo qualche bella partita.
Alle medie smisi quasi di giocare, ma in quinta ginnasio scoprii che alcuni miei compagni di classe avevano vinto il torneo provinciale delle scuole superiori. Timidamente mi feci avanti, e fui giustamente collocato in ultima scacchiera , dove scontai quello che sarebbe divenuto un vizio cronico: tirare alla patta. Comunque sia, vincemmo nuovamente il torneo.

E prima di iniziare il liceo, nell’estate del 1972 vi fu il match di Reykjavík e cambiò tutto. Cominciammo a giocare i tornei sociali e a frequentare i circoli cittadini. Il mio amico Ago spiccò il volo assieme ad altri ragazzi ben più dotati di me (fra di loro mio fratello più giovane). Avevo acquistato il “Porreca” e “60 partite da ricordare”, Ago mi aveva regalato il “Capablanca” …niente da fare: la qualità del mio gioco non migliorava. Partecipai a due tornei di 3ª categoria (Portogruaro inverno 1972 e Caorle estate 1973: quello della patta con Toth in simultanea, il mio fiorellino all’occhiello) . Poi il troppo tempo dedicato allo studio (al liceo ma soprattutto all’università) nonché la consapevolezza della mia mediocritas tutt’altro che aurea mi portarono ad abbandonare il gioco attivo, pur continuando a seguire gli scacchi di alto livello con immutato interesse. Adesso che sono vecchio e in cattiva salute (per usare un eufemismo) gioco sui siti di scacchi bullet 1+0 o 2+1. Non sono in grado di reggere tempi più lunghi. Vabbè al mio bassissimo livello metà ne vinco e metà ne perdo. E mi  piace vedere le bandierine dei luoghi più remoti del mondo. Chi avrebbe mai pensato di giocare con avversari dello Zimbabwe o del Sudafrica? Ah, sono calate le patte… no, non sono più coraggioso, sarà la vecchiaia?

avatar Scritto da: Enrico Paganelli (Qui gli altri suoi articoli)


3 Commenti a Memorie di uno sburlalegna

  1. avatar
    Uomo delle valli 6 Febbraio 2021 at 22:01

    anche questo molto bello
    una domanda: come si fa a giocare una partita a scacchi in 60 secondi?

  2. avatar
    Fabio Lotti 6 Febbraio 2021 at 22:41

    L’ho detto tante volte. Sempre belli i ricordi…

  3. avatar
    Antonio Pipitone 28 Marzo 2021 at 16:20

    Bravo Paganelli;
    io di Agostino non so più null:
    Dov’è; cos fa; gioca ancora.
    Ah quel suo vocione spropositato !
    Mi mancate e mi manca il Rapid
    Pipitone

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