L’Accademia Scacchistica Napoletana

Scritto da:  | 9 Giugno 2022 | 15 Commenti | Categoria: C'era una volta, Italiani, Personaggi

il Maestro Giorgio Porreca e i miei ricordi di gioventù…

Ho iniziato a giocare a scacchi a livello agonistico all’età di 16 anni, un paio di anni dopo il celebre match Fischer-Spassky del 1972. Prima di tale evento conoscevo le regole del gioco, che mi aveva insegnato mio padre e avevo giocato alcune partite amichevoli con i miei compagni di classe, dopo aver appreso i rudimenti di strategia e tattica dalla lettura del mio primo manuale scacchistico dal titolo davvero promettente: “Come giocare e vincere a scacchi” edito, se non ricordo male, dalla De Vecchi.

Mi appassionai subito al gioco scoprendo le favolose combinazioni e le manovre strategiche dei grandi del passato e così, avendo compiuto discreti progressi da autodidatta, decisi, assieme ad altri compagni del liceo, di iscrivermi all’unico circolo esistente all’epoca nella mia città, ritenendo che fosse giunta l’ora di misurarmi con avversari di più alto livello.
Il circolo di cui parlo era la gloriosa Accademia Scacchistica Napoletana che aveva sede presso il Circolo Artistico Politecnico in uno splendido palazzo d’epoca, a due passi dalla celebre Piazza del Plebiscito, dal Teatro San Carlo e dal Palazzo Reale, proprio di fronte al notissimo bar Gambrinus, una zona che, ancora oggi, è visitata dai tanti turisti provenienti da ogni parte del mondo.

A quei tempi la Piazza del Plebiscito non era ancora il salotto elegante della nostra città; infatti, la zona era aperta al traffico e, proprio davanti al famoso colonnato della chiesa di San Francesco di Paola, in quel largo spazio vi era uno stazionamento di bus e taxi nonché un grande parcheggio. Il tutto contribuiva a rendere lo storico luogo a dir poco caotico e rumoroso, per non parlare, poi, della cappa di smog che incombeva su tutto il quartiere.
Devo ammettere che, all’epoca, non eravamo così sensibili come oggi ai problemi ambientali e, nonostante il traffico e l’inquinamento, non vedevamo l’ora di entrare nelle eleganti sale del Circolo Artistico che ai nostri occhi apparivano, a dir poco, principesche. In quei sontuosi ambienti si organizzavano anche eventi culturali e tornei di bridge ed alcuni dei più forti bridgisti di livello internazionale erano napoletani.
Va detto, tuttavia, che i dirigenti del prestigioso Circolo avevano destinato a noi “poveri” scacchisti soltanto un paio di sale, in fondo ad un lunghissimo corridoio, che affacciavano su un cortile interno e non sulla celebre Via Toledo.
Inoltre, i soci dell’Accademia Scacchistica corrispondevano una quota minima di iscrizione, non paragonabile a quella che versavano gli appartenenti al Circolo Artistico che ci ospitava. Soltanto i più famosi ed affermati scacchisti che frequentavano l’Accademia, in primis il Maestro Giorgio Porreca e il direttore e Maestro Dario Cecaro, erano iscritti anche al Circolo Artistico Politecnico ed avevano in tal modo acquisito il diritto di accedere a tutte le sale ed a partecipare ad ogni evento culturale.

Il Maestro Cecaro diresse per un anno o poco più anche una bella rivista, “Il giornale degli scacchi e del bridge”, editore Treves, che aveva una veste grafica prestigiosa ed apparve in edicola assieme ad un’altra bella rivista dell’epoca, “Tuttoscacchi”, che io puntualmente acquistavo ogni mese attendendone impazientemente l’uscita.
Noi giovanissimi scacchisti, di solito vestiti con un semplice jeans e scarpe da ginnastica, ma felici di fare parte in qualche modo di quel mondo, talvolta sentivamo su di noi gli sguardi incuriositi dei camerieri in divisa che ci accoglievano all’ingresso del Circolo Artistico con dei sorrisi che talvolta apparivano un po’ troppo forzati o con qualche ironico e malizioso commento.

Era forse la loro piccola rivalsa, nello stile, per intenderci, di “Miseria e Nobiltà”, dopo tanti anni di ossequiosi saluti ed inchini rivolti ai soci più anziani.
Nonostante tutto, dopo aver percorso il lungo ed elegante corridoio che ci separava dalle stanze a noi destinate, ci si accomodava felici davanti alla scacchiera per intraprendere le nostre mirabolanti sfide nei tornei sociali o le combattutissime amichevoli che si organizzavano con chiunque fosse disposto a giocare.
Nessuno rifiutava mai una sfida ed era buona norma invitare al gioco qualche nuovo iscritto o qualche socio più riservato che magari restava a guardare le partite in corso senza trovare il coraggio di scendere in campo.
I miei ricordi più belli sono legati in questi anni alle serate di inizio estate trascorse in Accademia al termine dell’anno scolastico, quando ci si incontrava quasi tutti i pomeriggi ed in un batter d’occhio si organizzava un mini torneo lampo, con in palio una modesta consumazione al bar oppure una sfida a “quadriglia”, (su 2 scacchiere e 2 squadre in cui i pezzi catturati venivano sistemati sull’altra scacchiera) variante purtroppo chiassosa, ma divertente.
Non meno divertente era la variante detta vinciperdi, una sorta di scacchi a perdere in cui si vinceva se si restava senza pezzi o con il re in stallo; vigeva l’obbligo di catturare il pezzo lasciato in presa dall’avversario e naturalmente, nel caos che veniva a crearsi, si dava sfogo con coloriti commenti alla nostra inesauribile vitalità.
Tuttavia, occorreva sempre moderare il tono della voce in quanto, fin dal primo pomeriggio, su altri tavoli si affrontavano scacchisti molto più anziani, assorti in lunghe sfide “amichevoli” senza l’uso dell’orologio, che sembrava giocassero le partite più importanti della vita.
Ed il più anziano di tutti, un signore alto dai radi capelli bianchi, che a detta di alcuni era un colonnello in pensione, ad ogni sconfitta dovuta a qualche tremenda svista, esclamava avvilito e con tono melodrammatico che non avrebbe mai più giocato a scacchi in quanto la propria mente era talmente offuscata che cadeva inesorabilmente nei tranelli più banali. Uno spasso per noi giovani incuriositi spettatori che, quando commettevamo a nostra volta un errore marchiano durante una partita lampo, ripetevamo le stesse frasi dell’anziano scacchista (approfittando della sua assenza e colorendole con accento dialettale) in un putiferio di risate.
In una di queste sere d’estate, ricordo che il direttore dell’Accademia ci comunicò un’importante notizia: i militari americani imbarcati su di una famosa portaerei attraccata nel golfo di Napoli, cercavano 4 avversari per organizzare, a bordo della nave da guerra, un incontro con una rappresentativa delle forze scacchistiche napoletane.
Io ed altri giovani e intrepidi amici accettammo subito la sfida e così, accompagnati da alcuni militari americani, ci recammo nella vicina zona del porto, dove, se non ricordo male, un motoscafo della U.S. Navy ci portò in pochi minuti sulla portaerei.
Purtroppo, per ragioni di sicurezza (dopo tutto si era in piena guerra fredda, e gli americani non si fidavano di nessuno, neanche di 4 giovanissimi scacchisti dall’aria più innocente di turisti in gita domenicale) non ci fu concesso di fare un giro panoramico per ammirare le meraviglie belliche di quel mostro di ferro.
Tuttavia, ricordo ancora che, dopo aver percorso angusti cunicoli, scale strette e corridoi, incrociando altri marine che si muovevano con passo deciso e rispondevano con il saluto militare, ci apparve d’improvviso una immensa palestra semivuota dove alcuni soldati si allenavano giocando a basket. Sento ancora distintamente il rimbombo delle loro voci e lo stridore delle scarpe di gomma sul campo di gioco.
Giungemmo infine a destinazione e fummo accolti in una piccola sala senza “vista mare” e, ahimè, con una fioca e tetra luce artificiale, dove ci aspettavano i nostri 4 avversari.
Ricordo che avevano un’aria un po’ annoiata e che non giocavano molto bene. Così, dopo un paio di partite a testa, spesso vinte, posso dire in tutta onestà che alla fine ci aggiudicammo il match. Così, ancora oggi, mi capita di raccontare con orgoglio ai miei figli dell’unico scontro con i militari delle forze armate americane in cui l’Italia ebbe la meglio. Lo ammetto, facevamo tutti parte dell’Alleanza Atlantica (e lo siamo ancora) quindi, al più, fu una sfida tra alleati, ma comunque tornammo in Accademia orgogliosi e con il morale alle stelle.
Di questa mirabolante avventura “militare” il ricordo più gradevole resta l’assaggio della Coca Cola che i marine ci offrirono tra una partita e l’altra: credetemi non ho mai più assaporato in vita mia una Coca Cola più gustosa, fresca e frizzante di quella. Oggi, le rare volte che assaggio la più famosa bevanda americana in tutte le sue versioni, avverto soltanto un sapore dolciastro ed insipido, ma forse un po’ mi illudo: è soltanto l’immagine di un passato che abbiamo vissuto con gli occhi incantati di baldanzosi adolescenti a trasfigurare le nostre attuali sensazioni.
Un pomeriggio estivo venne a farci visita l’ex sindaco di Napoli, l’ingegner Bruno Milanesi, che aveva guidato la città fino ad un anno prima, cercando di immettere una ventata di novità e dinamismo nella gestione comunale.
Arrivò di buon ora e trovò soltanto noi giovani che lo riconoscemmo per averlo visto alcune volte in TV. Per nulla scoraggiato dall’accoglienza non esaltante, l’ex sindaco ci sfidò tutti a giocare contro di lui in simultanea (ricordo ancora che adoperò il termine inconsueto di “contemporanea”) forse per ingannare il tempo in attesa dell’arrivo dei giocatori più titolati e, pur vincendo diverse partite, il suo gioco non suscitò in noi una grande impressione: chissà, probabilmente non giocava da tempo, preso com’era dai pressanti impegni politici.
Ricordo che parlava con voce ferma ed accento per nulla meridionale ed aveva modi risoluti, da persona abituata al comando. Forse per questo restò soltanto per un anno sindaco di Napoli (tra il 1974 ed il 1975) e la sua presenza in Accademia, almeno in quel periodo, la ricordo piuttosto occasionale.
L’ingegner Milanesi si è spento nel 2018 alla veneranda età di 100 anni e negli anni ‘50 e ‘60 fu un giocatore di buon livello, di categoria magistrale.
Spesso in Accademia incontravamo anche il Maestro Internazionale Giorgio Porreca il quale era davvero, assieme al Maestro Cecaro, l’anima del nostro Circolo: egli non solo partecipava ai tornei più significativi, ma periodicamente organizzava simultanee, lezioni alla scacchiera murale e, pur mantenendo un certo naturale riserbo (si rivolgeva con il lei anche ai giovanissimi) ci dava spesso consigli e suggerimenti rispondendo volentieri, non senza sottile e sagace ironia, alle nostre più svariate domande.
All’epoca, ricordo che tutti attendevamo con ansia l’esito delle trattative in vista della sfida per il titolo mondiale tra il nostro mito, Bobby Fischer e l’astro sovietico nascente, Anatoly Karpov. Porreca osservò che il campione del mondo in carica, ormai assente dalle competizioni da quasi tre anni, non avrebbe mai potuto affrontare il giovane sovietico con serie speranze di vittoria, per cui, a suo avviso, quell’incontro ben difficilmente si sarebbe svolto. E si rivelò saggio e lungimirante, da grande esperto quale era.

Ricordo che un giorno accompagnò in Accademia il suo amico e Maestro Internazionale Francesco Scafarelli ed assieme giocarono in simultanea su molte scacchiere per la gioia di noi giovani appassionati.
Un’altra volta lo vedemmo entrare nelle sale assieme al campione russo Bagirov che era in visita in Italia; il compianto Maestro Porreca parlava perfettamente la sua lingua essendo laureato in lingua e letteratura russa ed aveva tradotto diversi e famosi libri di scacchi in italiano tra i quali ricordo, ad esempio, i classici: “Centro di partita” di Romanovsky ed il libro sui finali di Grigoriev, capisaldi della famosa scuola sovietica all’epoca dominante.
Il Maestro Porreca non solo fu un forte giocatore, più volte campione italiano a tavolino negli anni ‘50, ma è stato anche un teorico di fama internazionale e forte giocatore per corrispondenza: ricordo che ci illustrava volentieri le sue partite svolte durante il campionato del mondo al quale partecipava in quegli anni (egli fu molte volte campione italiano anche di questa specialità).
Famoso all’epoca era il suo Manuale Teorico-Pratico, che ha formato intere generazioni di giovani scacchisti degli anni ‘70 e ‘80.
Del Maestro Porreca conservo anche un personale e prezioso ricordo scacchistico e credo di poter affermare senza alcun dubbio che il risultato di patta che riuscii a strappargli in una partita a tempo regolare è stato e resterà il mio più importante successo scacchistico.
Vi racconto brevemente come andarono le cose. La partita fu giocata in un torneo non ufficiale, organizzato da un noto intenditore d’arte e mecenate, titolare di una delle gallerie più famose della città. Si giocò nella sua casa privata nel quartiere Vomero proprio di fronte alla splendida Villa Floridiana.
Il mecenate era un appassionato scacchista, non particolarmente esperto, ma ambizioso e combattivo e non gli mancavano buone capacità organizzative. Egli invitò al torneo i giovani che riteneva più promettenti, scegliendo anche in base alla loro forza scacchistica, in modo da rendere il torneo avvincente ed incerto. Il primo posto ovviamente non era in discussione ed il bel dipinto messo in palio come primo premio se lo aggiudicò il Maestro Porreca. il quale aveva abbandonato da alcuni anni l’attività agonistica ad alti livelli, ma restava comunque un avversario di un altro pianeta rispetto anche ai più forti giocatori napoletani del momento.
Per quanto mi riguarda, io avevo appena conseguito la 2ª categoria nazionale, giocavo in modo solido, con buone basi strategiche, ma tatticamente ero molto titubante: spesso costruivo una posizione superiore, ma al momento di sferrare i colpi decisivi, esitavo o mi perdevo nelle complicazioni tattiche.
Giocai regolarmente in tornei sociali e nazionali per circa quattro anni. Nel contempo mi iscrissi nel 1976 alla facoltà di giurisprudenza e dopo un paio di anni, con pochi esami nel carniere e labili speranze di arrivare in alto come scacchista di livello (sfiorai un paio di volte la 1ª categoria nazionale) decisi di dedicarmi anima e corpo ai miei studi giuridici, preferendo coltivare la mia passione scacchistica soltanto nei tornei per corrispondenza.

Come riuscii a fermare in quel torneo un avversario così forte nel nostro scontro diretto? Pur avendo smarrito il formulario (nei vari traslochi che ho effettuato, ahimè tante cose sono andate purtroppo disperse) ricordo perfettamente l’andamento di quella partita con il Maestro Porreca, che conservo ancora nel mio cuore come uno dei più bei ricordi scacchistici.
Avendo il Bianco, aprii come di consueto 1.d4 e, dopo qualche mossa entrammo nella difesa ortodossa. Porreca era autore di un famoso libro su tale apertura che ancora conservo e che avevo leggiucchiato tempo prima e decisi all’istante di giocare la variante di cambio (da cui deriva la famosa struttura Carlsbad) seguita dall’attacco di minoranza dei pedoni sul lato di donna.
Chiunque conosca tale apertura sa che le mosse del Bianco seguono un piano strategico ben definito e ci sono buone possibilità di ottenere un lieve vantaggio, ma non va sottovalutato il controgioco del Nero al centro.
Il Maestro le provò tutte per complicare, ma mi difesi bene e così, cambio dopo cambio, entrammo in un finale equilibrato nel quale, dopo lunghe manovre, alla fine restarono così pochi pezzi sul campo che la patta (che ovviamente attesi mi proponesse il Maestro) fu inevitabile.
Inutile raccontare lo stupore e l’incredulità degli altri partecipanti al torneo e sinceramente nemmeno io sapevo cosa dire, stupefatto dall’andamento della partita e dall’insperato risultato.

Ma non sarei onesto se non raccontassi il seguito. La partita terminò relativamente presto, si giocava ancora su altre scacchiere e così il Maestro mi invitò a giocare qualche partita lampo. Naturalmente accettai di buon grado, consapevole di avere un’occasione d’oro per imparare qualcosa.
Purtroppo, però, la musica cambiò subito: su 1.d4 Porreca non entrò più nella partita ortodossa, ma scelse la difesa Grunfeld, contro la quale io giocavo la variante di cambio, molto di moda all’epoca grazie alle straordinarie vittorie ottenute da Boris Spassky (alcune anche contro Fischer prima del match del secolo).
La linea che scelsi in quella partita da anni non è più di moda (si giungeva, ricordo, fino ad un complesso sacrificio di qualità) e non è da escludere che ciò dipenda dai grandi rischi che corre il Bianco se non gioca in modo estremamente preciso e corretto.
Infatti, il mio illustre avversario deviò dalle linee da me più conosciute e, con mosse taglienti ed efficaci, accerchiò il centro di pedoni che imbastisce il Bianco nelle prime fasi dell’apertura.
Non potrò mai dimenticare il bombardamento che subì il mio povero centro pedonale sotto il fuoco incrociato dei 2 alfieri in fianchetto e delle Torri, dopo le spinte in…c5 ed anche all’occorrenza in…f5.
Fui costretto ad avanzare ancora i pedoni centrali che così si indebolirono ulteriormente e le partite finirono ben presto in seguito ai contrattacchi del Nero che provenivano da ogni lato. Imparai sulla difesa Grunfeld più cose nel corso di quelle partite lampo che nelle giornate di studio teorico che avevo speso sull’apertura.
Peraltro, con il Nero non andò molto meglio: adottavo all’epoca la difesa Caro-Kann contro la quale ricordo che il Maestro giocò la linea classica finendo per conquistare un tale vantaggio di spazio al centro e sui due lati della scacchiera che ben presto il povero Nero (e cioè il sottoscritto) finì soffocato e senza controgioco.
Grande amico e medico curante del Maestro Porreca era il Dottor Letterio Rota, appassionato scacchista e gentiluomo d’altri tempi. Fu più volte mio avversario: era un giocatore poco aggiornato teoricamente, ma coriaceo e combattivo nonchè un accanito fumatore di pipa.
Ricordo che una volta, nel corso di una sfida, mi porse, con aria di bonario rimprovero, la scatola dei suoi fiammiferi svedesi spiegandomi che l’aroma del tabacco si sarebbe inesorabilmente guastato con l’uso dei cerini che io, inesperto fumatore, maldestramente impiegavo.
All’epoca frequentavano l’Accademia diversi miei coetanei, con i quali in quegli anni ho spesso giocato, amici che hanno continuato l’attività agonistica raggiungendo, qualche anno più tardi, l’ambito titolo magistrale: tra questi: i Maestri Giacomo Vallifuoco, Ernesto Iannaccone, Umberto Sodano, Mario Cocozza. Alcuni di loro hanno partecipato alle Olimpiadi scacchistiche difendendo con successo i colori dell’Italia.
Ci sono ancora tanti ricordi che affiorano, ma mi fermo qui per non tediare i pazienti lettori che ringrazio di cuore.

Vorrei concludere commentando brevemente una partita del compianto Maestro Porreca giocata nei lontani anni ‘50, una vittoria che dimostra la tenacia del nostro Maestro Internazionale impegnato contro un forte G.M. cecoslovacco, Miroslav Filip, definito da Wikipedia il più alto grande maestro della storia, infatti era alto ben mt. 2,05!

avatar Scritto da: Paolo Landi (Qui gli altri suoi articoli)


15 Commenti a L’Accademia Scacchistica Napoletana

  1. avatar
    Nagni Marco 10 Giugno 2022 at 08:55

    Quanti ricordi….come giocare e vincere a scacchi lo prestatiins8eje abc degli scacchi, non tornarono più indietro. Non fu il mio primo libro, il primo fu 60 partite da ricordare dell’immortale….me lo regalò una mia zia poco dopo il grande match del 1972. Mamma mia quanto tempo è passato. La ringrazio per il bell’articolo….

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    Fabio Andrea Tomba 10 Giugno 2022 at 13:10

    Complimenti, bellissimo articolo.

    A proposito di Porreca giocatore per corrispondenza, volevo raccontarvi un curioso aneddoto che gli successe nel 1968 durante le eliminatorie della I° Coppa del Mondo organizzata dalla I.C.C.F. nella partita col tedesco Lorenz.

    Prima missiva di Lorenz:
    «Egregio Signor Porreca, tocca a me iniziare il gioco, e lascio a Lei la scelta delle prime tre mosse. Mi spiego meglio: dichiaro che giocherò le mosse 1.Cf3 2.e4 3.Cc3 a prescindere dalle mosse che giocherà Lei, La prego, pertanto, di inviarmi le sue tre mosse con il nero.»

    Risposta di Porreca:
    «Egregio Signor Lorenz; la invito a riflettere circa la sua proposta, troppo vantaggiosa per il sottoscritto. Se accettassi le mosse da Lei dichiarate, a puro titolo di ipotesi, le prospetto un possibile seguito: 1.Cf3 g5 2.e4 g4 3.Cc3 gxf3. Come può vedere ciò permetterebbe al Nero di iniziare la partita con un pezzo di vantaggio.»

    Risposta di Lorenz:
    «Egregio Signor Porreca; non si preoccupi, la sequenza da Lei prospettata la conosco bene, trattasi di una successione di mosse che effettivamente è già stata giocata, pertanto accetto la variante e rispondo senza esitazioni: 4.Ac4. La ringrazio…»

    Chissà se il tedesco sapeva di essere di fronte al Campione Italiano in carica?

    A questo punto al buon Giorgio non rimase che applicare il detto: “A Caval donato non si guarda in bocca”, e molto solidamente giocò

    4…. e6

    Avrebbe voluto giocare Cf6, ma era sicuro che l’avversario avrebbe sacrificato l’Alfiere in f7, per cui preferì evitare ogni complicazione inutile, un pezzo di vantaggio era più che sufficiente per garantirgli la vittoria finale.

    Infatti Giorgio Porreca vinse per Scacco Matto alla 19ª mossa.

    Certo che anche a distanza di anni, uno continua a domandarsi che cosa passasse per la mente del giocatore tedesco. Forse aveva già giocato la stessa apertura contro un avversario che era caduto nella trappola di prendere in g2? In effetti l’ingordigia (e la scarsa riflessione, per la verità) avrebbe potuto portare a questo seguito:

    4….fxg2 5.Axf7+ Rxf7 6.Dh5+ Rg7 7.Tg1 con il risultato che il Nero è praticamente spacciato.

    Da giocarsi in parrocchia però, non certamente per corrispondenza e non contro un campione affermato come Giorgio Porreca!

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    Paolo Landi 10 Giugno 2022 at 18:36

    Grazie, ho dovuto scavare nei miei lontani ricordi, desideravo da tempo scrivere qualcosa al riguardo e spero di essere riuscito a ricostruire l’atmosfera del nostro circolo e di quei magici momenti. Bellissime le foto inserite dal nostro impagabile Martin che scandiscono il racconto con magnifico tempismo.

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      Nagni Marco 10 Giugno 2022 at 18:46

      Forte anche il vecchio cartellino con i risultati…😉

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        Paolo Landi 10 Giugno 2022 at 19:05

        Oliviero Tassi e Carlo D’Amore, anche se all’epoca molto giovani, erano 2 ossi durissimi, destinati a fare tanta tanta strada…

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    Fabio Lotti 10 Giugno 2022 at 22:20

    Ricordi, ricordi i nostri compagni di vita…

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    Filologo 10 Giugno 2022 at 22:49

    Ho mosso i miei primi passi all’Accademia, quando il circolo stava già per chiudere ed essere sostituito come centro di aggregazione scacchistica dal CRAL BNL a via Baracca. Porreca teneva una libreria scacchistica a via Santa Brigida ed era prodigo di consigli anche con me, che all’epoca ero una disprezzabile Seconda Sociale. Tempi e persone indimenticabili

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    Giancarlo Castiglioni 11 Giugno 2022 at 23:50

    Ho conosciuto sia Porreca che Milanesi.
    Porreca solo di vista, nel 1967 giocava nel magistrale a San Benedetto del Tronto, mentre io facevo il campionato dei giovani.
    Poi a Fanano nel 1969 al Campionato Italiano a Squadre lui in serie A, io in C.
    Li analizzando la partita con un mio avversario scoprì un sacrificio di donna con cui avrei potuto vincere brillantemente; comunque vinsi ugualmente in modo più prosaico.
    Ho incontrato Milanesi in un magistrale B a Milano nel 1992, quando aveva 74 anni.
    Io giocavo per vincere il torneo, ma giocò bene, la partita rimase sempre in equilibrio e non andai oltre la patta.

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    luca monti 12 Giugno 2022 at 09:41

    Complimenti,proprio un bel racconto. Ogni bene.Luca Monti.

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    Sergio Pandolfo 13 Giugno 2022 at 16:46

    Splendido articolo, complimenti…E che bei ricordi!

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      Paolo Landi 13 Giugno 2022 at 19:23

      Grazie a tutti, ho trovato il coraggio di raccontare questi lontani episodi, prima che il trascorrere del tempo li offuscasse (non si sa mai, gli anni passano…:-) proprio perchè fiducioso di trovarmi in una comunità di amici

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        Fabio Lotti 19 Giugno 2022 at 11:40

        Sei in una comunità di amici.

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    Martin 19 Giugno 2022 at 11:11

    Mi associo anch’io alle lodi di tutti per questo bellissimo ricordo che ci ha donato l’amico Paolo dei bei tempi che furono…

    Esistono oggi circoli e associazioni ove lo spirito di amicizia e aggregazione è così sentito?

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      Fabio Lotti 19 Giugno 2022 at 11:41

      Al circolo di Siena Alessandro Patelli fa un grande lavoro soprattutto con i giovani.

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    Enzo Scala 28 Marzo 2024 at 01:35

    Grazie per questi ricordi, ho frequentato anch’io l’ Accademia Scacchistica Napoletana, negli anni 70…comparto la sensazione dell’ambiente, un tanto ostile? delle persone anziane che frequentavano il circolo nei nostri confronti. A volte era difficile anche l’accesso alle sale che, si, erano lontane. Ricordo che si attraversava la sala dei giornali che erano assicurati con dei pali per evitare che i lettori li portassero via.

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