La fine di una leggenda

Scritto da:  | 24 Maggio 2023 | 21 Commenti | Categoria: C'era una volta, Personaggi, Stranieri

Si alzava tardi, verso mezzogiorno, si vestiva di tutto punto e andava a camminare nel parco o per le vie di New Orleans. Passeggiate, lunghe passeggiate. Solo con i suoi pensieri, con il tarlo che lo rodeva da sempre. Un tarlo di nome Howard Staunton, il campione del mondo. Sfidato più volte aveva sempre rifiutato portando delle sciocche, futili scuse, come quella che doveva finire un lavoro su Shakespeare! Aveva ottenuto i più grandi successi ma questo incontro-scontro gli mancava. E lo tormentava…
Allora si riscuoteva, aumentava i passi e ripensava all’inizio, quando da ragazzetto imberbe riusciva a battere facilmente sia il padre Alonzo che lo zio Ernest, uno dei più forti giocatori della Lousiana. Che soddisfazione! Ed era solo l’inizio…
Già solo l’inizio, che a ripensare a tutta la sua carriera scacchistica era davvero difficile. Anche perché i giocatori di scacchi venivano considerati alla stregua di giocatori d’azzardo con tutte le conseguenze possibili. Se ne era reso conto quando aveva aperto uno studio di avvocato ottenendo un ben misero successo di clienti proprio per questo motivo e quando…quando…Qui si arrestava sempre per un attimo, colto da un momento di malinconia e di profonda delusione, quando aveva fatto la sua richiesta d’amore ad una ragazza che si era rifiutata proprio perché giocatore di scacchi. Maledizione!…E ci si era messa pure sua madre sin dall’inizio che lo aveva continuamente contrastato, ammonendolo sempre di non prendere nemmeno un soldo da quel brutto mestiere!…
Gli scacchi… gli scacchi… la sua vita e gli scacchi che aveva abbandonato sopraffatto dal professionismo, dalla competizione e dal ruolo politico che non voleva assumere, lasciandogli dentro una scia di indelebili ricordi. Li aveva battuti tutti! Tutti, anche alla cieca e da tutte le parti. A New York dove era diventato campione degli Stati Uniti e poi in Europa. Sia a Londra, a Parigi, o in qualche altra città nessuno poteva resistergli, e anche ad occhi chiusi era in grado di seguire le sfavillanti evoluzioni dei pezzi facendo fuori perfino duchi e conti. Una grazia piovuta dal cielo…
E che feste, che celebrazioni al suo ritorno in patria come quello di un eroe! Una folla in delirio a chiedergli l’autografo, regali su regali favolosi come uno splendido orologio d’oro in cui i pezzi degli scacchi bianchi e rossi sostituivano i numeri sul quadrante… Giornate splendide, memorabili…
Quando era a letto impoltronito fino a tardi rivedeva gli avversari uno per uno davanti alla scacchiera, a partire dal gigantesco Adolf Anderssen che lui, David contro Golia, aveva battuto. Non bastava la corporatura per vincere a scacchi e nemmeno il motto strafottente “Attaccare, sempre attaccare!”. Poi arrivavano improvvisi gli enormi basettoni di Löwenthal a suscitargli un lieve sorriso riportandolo indietro nel tempo quando era ancora un ragazzetto. Insieme al volto pallido e scavato di Zukertort che una certa impressione gliela faceva e al faccione rotondo incorniciato da una barba rossiccia di Steinitz. Entrambi li aveva pure incontrati una volta nelle sue quotidiane passeggiate provocando un rimescolamento di certe emozioni e sensazioni…
Ricordi e ricordi un po’ caotici nel tempo e nello spazio si accavallano, ora qui ora là. Destrezza e pazienza erano le due doti necessarie per vincere. Destrezza e tanta pazienza come quella necessaria per battere Louis Paulsen che ponzava ore e ore prima di muovere un pezzo! Ma ci voleva anche lo studio, la preparazione su certi testi indispensabili di riferimento come quelli di Philidor, Bilguer e Staunton e informarsi sulle migliori riviste internazionali. Poteva farlo tranquillamente dato che conosceva un bel mazzo di lingue. Studio, studio e intuito, ma soprattutto una visione completa, filosofica del giuoco come un’arte che gli veniva spontanea, quasi naturale…
Però ora, ora c’era qualcosa che non andava… Qualcosa che lo tormentava. Tutti ce l’avevano con lui come se fosse il capro espiatorio della società! Il cognato, amministratore dei suoi beni che gli ruba i soldi. Un amico, sempre del suo maledetto cognato, che gli distrugge i vestiti custoditi gelosamente nell’armadio. E poi un tizio, è sicuro, che lo segue continuamente per ucciderlo. Deve stare attento, deve guardarsi continuamente alle spalle…

Maledetti! E maledetto Staunton che gli aveva creato tutti questi problemi!
Paul Morphy, preso da tali deliri, ci lascia nell’estate del 1884 a soli quarantasette anni. Un grande, un mito.
Molti dopo la sua morte hanno tentato di tracciare un suo profilo psicologico come lo psicoanalista Ernest Jones con il libro The problem of Paul Morphy, e lo scacchista psicologo Ruben Fine con il volume La psicologia del giocatore di scacchi dove inserisce un intero capitolo dedicato al nostro.
A me basta ogni tanto tirar fuori Paul Morphy – partidas completas di Rogelio Caparrós, Ediciones Eseuve, Madrid 1993, e scorrazzare festoso fra i suoi gioielli. Ecco a voi una delle tante perle che ci ha regalato. a voi una perla tra le millanta che ci ha regalato.


Grazie, Paul!

avatar Scritto da: Fabio Lotti (Qui gli altri suoi articoli)


21 Commenti a La fine di una leggenda

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    Fabio Lotti 24 Maggio 2023 at 10:06

    Solito, sentito ringraziamento a Martin

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    Mario Leoncini 24 Maggio 2023 at 10:30

    Altro bell’articolo del nostro Fabio Lotti

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    Patrizia Debicke 24 Maggio 2023 at 11:18

    Qual’era lo sconosciuto tarlo dell’anima , l’unico alla fine che riuscì a sconfiggere la leggenda ?

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    Luigi 24 Maggio 2023 at 11:18

    Ottimo articolo. Bravo Fabio!

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    Nagni Marco 24 Maggio 2023 at 11:59

    È sempre bello leggere i suoi interventi…..

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    The dark side of the moon 24 Maggio 2023 at 13:01

    Psicologi e psicanalisti.. gente che crede di avere risposte per qualsiasi problema, individui frustrati e arroganti che proiettano le loro paure su coloro che pretendono di “analizzare”.
    Ma quanti danni hanno fatto e fanno questi fantomatici dottori della mente?
    Conosco solo di fama Ernest Jones, quindi mi risparmio il giudizio che sicuramente sarebbe parziale e superficiale; ho letto invece il libro dello scacchista psicologo Ruben Fine e l’ho trovato demenziale: come può un persona affermare tante stupidaggini tutte concentrate in neanche 200 pagine?
    A proposito di Paul Murphy, quando mi capita di rivedere qualche sua partita mi luccicano sempre gli occhi dallo stupore!
    Murphy è talento allo stato puro e quindi immortale, Murphy è magia.
    Poi se c’è qualcuno che pretende di psicanalizzare un genio..

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      Gino Colombo 24 Maggio 2023 at 13:22

      Concordo anch’io con te.
      Avevo letto da ragazzo il libro di Reuben Fine e vi ho riscontrato solo acredine e invidia.

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    Claudia 24 Maggio 2023 at 16:43

    Il tormento dell’ essere umano,non ha limiti!

    Grazie babbo!

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    Giancarlo Castiglioni 24 Maggio 2023 at 16:47

    Da ricordare anche il bel libro di Maurensig “L’arcangelo degli scacchi”.
    Ho provato a guardare la partita con Stockfish e la ho trovata meglio di quanto mi aspettassi.
    In sintesi ci sono due errori del bianco, però abbastanza gravi.
    12.c3 non è una mossa che perde, ma salta all’occhio che il piano con b4 e a4 con la D nera in d3 è sbagliato. Si doveva giocare 12.d3
    16.Ta2 perde un tempo senza scopo. Giocando subito 16.Da6 la posizione era circa pari.
    Stockfish vede 17…Dxf3!! solo dopo lunga riflessione.
    La miglior difesa sarebbe stata 20.Dd3 sperando di cavarsela sacrificando la donna sulla Tg6 ma dopo 20…f5 si perde ugualmente in poche mosse.

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      luca monti 17 Giugno 2023 at 16:26

      Buongiorno Giancarlo Castiglioni. Il tuo riferimento a Maurensig ed al suo “L’arcangelo degli scacchi” che non ho mai letto, mi ha fatto tornare alla mente ” L’illuminato Morphi” di Esteban Canal. Anche lui scriveva (il pezzo avrà una settantina di anni all’incirca) come Paul Morphi fosse conosciuto con quel nomignolo. Inutile aggiungere della godibilità insita nella lettura di quelle righe. Cordialmente.Luca Monti.

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    Paolo Landi 25 Maggio 2023 at 08:57

    Bellissimo ricordo di un grande scacchista, grazie Fabio! Chissà se quando ha giocato 12…Dd3 aveva in mente già qualcosina… A proposito di matti, c’è un giornalista che scrive sul Corriere in occasione di eventi di grande risonanza (da ultimo ricordo un articolo sul mondiale Nepo- Ding) e non perde mai l’occasione di raccontare minuziosamente storie (più o meno leggendarie) di campioni di scacchi fuori di testa, misantropi che giravano nudi per strada oppure finiti in manicomio, quasi come se il binomio scacchi-follia fosse la regola e non (fortunatamente) l’eccezione assoluta. Bah…

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      Fabio Lotti 25 Maggio 2023 at 09:30

      Caro Paolo
      con un po’ di ironia e autoironia possiamo anche rispondere “Siamo tutti matti. E allora?…”

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        Paolo Landi 26 Maggio 2023 at 09:22

        Ma certo, figuriamoci…Volevo solo sottolineare che agli occhi del profano il campione di scacchi è spesso visto ancora come un genio mezzo matto che passa la propria esistenza ad immaginare difese, trabocchetti, sacrifici mirabolanti, quasi ossessionato dalle 64 caselle (così almeno leggevo sul Corriere). Come se poi, ad esempio, un Federer o un Salvatore Accardo non trascorressero ore ed ore a provare i colpi o a suonare il violino per restare ai massimi livelli…

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          The dark side of the moon 26 Maggio 2023 at 12:01

          Esattamente!
          Il problema è che molte persone parlano di cose che non conoscono e/o tutt’al più “conoscono” per “sentito dire” fornendo così una serie perfetta di cliché che contornano il mondo degli scacchi.
          Probabilmente il tutto deriva dalla paura del “diverso” che in generale rappresenta tutto ciò che non conosciamo.
          Penso ad esempio (ma qui il discorso è generale) agli extracomunitari che frequentemente vengono etichettati in ogni modo possibile da una parte politica.
          Inconsciamente abbiamo bisogno di sicurezze che rafforzano spesso i nostri pregiudizi e questo è un limite importante che ci chiude diversi orizzonti culturali.

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          Nagni Marco 26 Maggio 2023 at 18:07

          Della serie “mannaggia il troppo capire”…..per tanti anni però i grandi giocatori di scacchi erano visti come figure grigie un po` tristi…poi arrivò il favoloso 1972……tutti giocavano e il TG la sera nella scacchiera faceva vedere le posizioni, ben vengano i giocatori “pazzi”

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    Lucio 26 Maggio 2023 at 15:29

    Fabio,ti dimostri un uomo di cultura e dalla spiccata sensibilità.
    Bell articolo

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    Alessandro 28 Maggio 2023 at 19:13

    Morphy e Fischer, due geni accomunati dalla solitudine, seppur per motivi diversi; l’uno (Fischer) per come era lui; l’altro (Morphy) per come erano le persone che gli stavano accanto.
    Altro bel ritratto, bravo Fabio!
    ;) ;)

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    Riccardo 4 Giugno 2023 at 12:12

    Grande babbone sempre in forma

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    luca monti 6 Giugno 2023 at 14:54

    Ciao Fabio sono Luca Monti.A ben riflettere le vicissitudini che terminarono con la sua morte in giovane età potrebbero rappresentare ,a mio parere , non la fine, ma l’inizio della leggenda. Sei sempre in gamba!

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      Fabio Lotti 6 Giugno 2023 at 16:26

      Grazie Luca! Sono sempre stato colpito fin da ragazzo in quel di Staggia dalla fine di certe persone che sono rimaste nel mio cuore come figure leggendarie

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