L’amore non è un arrocco

Scritto da:  | 25 Ottobre 2024 | 15 Commenti | Categoria: Cultura e dintorni, Libri, Recensioni, Scacchi e letteratura

La prima differenza fra questo libro e alcuni illustri predecessori è che il suo autore non è un campione di scacchi. Il mio rapporto con il gioco è quello di un innamorato respinto: ho fatto agonistica da ragazzino (fra il ’73 e il ’75) ma presto è stato evidente che non avevo talento. Intanto però dallo studio di quegli anni e dall’abitudine, che oggi coltivo più di allora, di seguire le partite dei campioni veri, mi è rimasta quella che potrei chiamare cultura scacchistica: un misto di conoscenze, curiosità, passione. Così mi sono accorto che dagli scacchi mi arrivavano stimoli la cui portata andava oltre il gioco in sé.
Era come se gli scacchi fossero un passe-partout capace di aprire porte che altrimenti sarebbero rimaste sbarrate. Dove? Nella mia vita, nella realtà intorno a me e dentro di me. Questo valeva e vale per cose grandi e piccolissime, nei campi più svariati: da quello ovvio della razionalità a quello meno scontato delle emozioni e dei sentimenti, fino ad applicazioni assai concrete e terra terra.
Per esempio, credo che non passi giornata senza che mi capiti di usare un trucco efficacissimo per trovare un oggetto smarrito, che ho desunto dal celebre Pensa come un grande maestro di Kotov! Può trattarsi del solito cellulare appoggiato chissà dove, di un prodotto sugli scaffali del supermercato, di un’auto in un parcheggio sotterraneo… qualsiasi cosa, anche oggetti mentali e non tangibili. Questo è appunto un trucco, un espediente, ma gli scacchi mi hanno insegnato molto di più suggerendomi approcci inediti al mondo interiore, alla mia mente e alla mia anima come a quelle degli altri.
Ve lo dico a bassa voce: il libro non richiede nessuna competenza nel gioco e questa è la seconda differenza con altri testi. È stata la mia scommessa scrivendolo e pare che l’abbia vinta, a giudicare da come è stato accolto dai suoi primi lettori. La mia agente e le redattrici della casa editrice, persone che sanno distinguere a malapena un alfiere da un cavallo, erano terrorizzate quando hanno visto il titolo, ma poi hanno dichiarato in coro di non aver incontrato nessuna difficoltà a leggerlo e gustarlo. E non ha la minima pretesa di essere un testo sapienziale, ma direi nemmeno intellettuale. Sarei felice se venisse letto come un divertente e stimolante manuale di auto-aiuto (così lo ha etichettato Amazon) ricco non solo di ragionamenti ma anche di esempi, aneddoti, racconti e confessioni personali.
“Personal essay”, saggio personale, è infatti una definizione in uso nell’editoria angloamericana che trovo perfetta per L’amore non è un arrocco. Non è un romanzo, ma in comune con i romanzi che ho pubblicato negli ultimi trentatré anni ha, spero, l’ambizione di farsi leggere senza annoiare.

PS Il libro è dedicato alla memoria di Rosolino Feraboli e di questo (ma non solo) devo ringraziare SoloScacchi! Non credo che avrei pensato a lui se quel caro uomo non fosse stato ricordato più volte qui dentro, con tanto affetto.

avatar Scritto da: Raul Montanari (Qui gli altri suoi articoli)


15 Commenti a L’amore non è un arrocco

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    Martin 25 Ottobre 2024 at 02:16

    Ho ricevuto in omaggio diversi libri in questi 15 anni di vita di SoloScacchi. Il motivo per cui le case editrici me li spedivano è perché ne pubblicassi una recensione qui sul nostro blog. Il motivo per cui le case editrici non me ne mandano più è perché queste tanto agognate recensioni non riesco più a scriverle. Il poco tempo… le tante difficoltà… insomma, avete visto?!? Esce poco o nulla. Eppure ci sono due carissimi amici per cui non posso assolutamente rimanere in silenzio. Uno è Raul, della cui ultima fatica letteraria tengo troppo a spender adesso, pur nella succitata fretta, almeno due parole, l’altro è Enrico Cecchelli, anch’egli amico e sostenitore di questo nostro sito fin da praticamente i suoi albori.
    Il povero Enrico ha ormai perso le speranze ma il suo autentico capolavoro merita una pagina a parte e, almeno spero, varrà la pena di tanta attesa.

    Di questo meraviglioso libro di Raul in stampa in questi giorni c’è davvero tanto da dire. Senza far perder al lettore il piacere di scoprirlo da solo desidero semplicemente svelare che è stupendamente sorprendente, così come lo è il suo autore. Per chi ha già letto anche solo uno dei suoi trenta libri sembrerà inutile provare a presentarlo io.

    Raul Montanari è Raul Montanari, come per esempio Paul Keres è Paul Keres, nulla da aggiungere, punto.

    E, almeno secondo me, per quello che lo conosco io, l’analogia e il paragone col grande campione estone è davvero calzante: un personaggio al contempo semplice eppur ricchissimo. Ricchissimo di sfaccettature, di sorprese, di novità. Conversar con lui ti svela e ti rivela, ti apre mille orizzonti e punti di vista, originali e sempre acutissimi. Ma l’immagine che ti dà è anche quella di un animo semplice e spontaneo, in fondo timido e sempre signorile. Anche perfino quando la discussione si accende, e con lui mi è successo in più di un’occasione, ma ogni conflitto è sano, si risolve da solo, quasi per magia, con l’eleganza della profondità di cui è capace. Così come le battaglie sulla scacchiera del grande Keres: ampie, profonde…. vorticose e sconvolgenti ma al tempo stesso lineari, logiche e sempre affascinanti e coinvolgenti.
    Con la prosa di Raul succede lo stesso: ti conduce per mano lungo sentieri ora scoscesi e impervi ora selvaggi e pieni di insidie. Ma non ti perdi, hai sempre la sensazione di esser accompagnato da una mano saggia che sa dove farti arrivare, sempre e comunque verso la soddisfazione e l’emozione che ognuno di noi, scacchista o avido lettore di libri, può trovare in una grande opera. Un libro che davvero si legge tutto d’un fiato e che quando sei arrivato all’ultima pagina ti penti di aver letto troppo in fretta.

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    Paolo Landi 25 Ottobre 2024 at 02:24

    Trovo il titolo molto stuzzicante e indovinato, vien voglia di leggerlo questo libro. Gli scacchi mi hanno insegnato tante cose, ma soprattutto una metodologia di studio e di approccio a questioni complesse. Ma poi anche io ho capito che mi sarei dovuto accontentare di ammirare le straordinarie partite giocate dai grandi maestri che rappresentano per me un puro godimento spirituale. Ancora oggi mi emoziono quando a volte seguo online qualche torneo o rivedo i filmati su youtube, segno che la passione scacchistica per fortuna è ancora viva.

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    Raul 25 Ottobre 2024 at 13:36

    Grazie, amici, ma che bellezza!

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    Michele Panizzi 26 Ottobre 2024 at 20:03

    Buona sera , mi prendo il compito di cantare fuori dal coro . Confesso che , dopo aver cercato il libro su Amazon , sono rimasto freddo . Ho letto l anteprima e scrivo per
    il desiderio di leggere una risposta dell autore . Non riesco ad accettare la tesi che esistano diversi tipi di intelligenza , al di fuori di quella logico-razionale. Sentir affermare quella tesi mi ha ricordato il famoso saggio di Gardner che lessi negli anni ´80
    intitolato “Intelligenze multiple ” . E´ quello a cui si riferisce Raul ?
    Le voglio elencare . Secondo Gardner esistono :
    L intelligenza verbale , l intelligenza matematica , l intelligenza visiva e visuo-spaziale ( credo che questo tipo di intelligenza sia quella piu´richiesta per giocare bene a scacchi) , l intelligenza coroporeo-cinestetica , l intelligenza musicale ,
    l intelligenza intrapersonale , intelligenza naturalistica , l intelligenza esistenziale.
    Posso esprimere la mia opinione : non riesco a considerare quella cosa chiamata intelligenza coroporea-cinestetica , l intrapersonale , quella naturalistica delle vere forme di intelligenza . Mi sembrano un generoso , vago tentativo di includere nell intelligenza qualcosa che intelligenza non e´, cosi´ come mi diceva una persona , sapere cosa mettere su una ferita , mi consiglio l aloe vera per la puntura di un insetto . IMHO
    era qualcosa di strumentale , non di intelligente : e´un altra cosa !
    Poi , perche´contrapporre il ragionamento analitico alla passione , alla comprensione?
    Personalmente , ho fatto molto nel tentativo di comprendere gli scacchi , mostrando sia tenacia che passione ! E´ evidente che sono richieste entrambe quelle caratteristiche per dedicarsi a un attivita´ . Robert Schumann da giovane , invento´ un congegno che si mise a una mano per estendere l ampiezza della mano , ma che fini´per rovinargli i tendini
    e fini per impedirgli di essere un pianista . Come sanno essere idealisti , perfezionisti ,
    in tedeschi!

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      Raul 27 Ottobre 2024 at 09:11

      Caro Michele, potrei limitarmi a dire che è un po’ strano formarsi un’idea negativa di un libro e addirittura “cantare fuori dal coro” (ma quale coro? Finora sono solo in due) sulla base della lettura dell’anteprima del libro su Amazon. Sei partito per la tangente con un tuo interesse personale, di cui avevi così tanta voglia di parlare che il libro è diventato solo un pretesto. Poco male, succede spesso ed è esattamente l’argomento vero del capitolo.
      Il punto infatti è che la contrapposizione fra intelligenza e intelligenze non è affatto la tesi non dico del libro, ma nemmeno del capitolo che hai letto: è addirittura un inciso di due righe, quindi mi suona molto strano che ti sia fermato lì.
      Nel capitolo e nel libro sostengo piuttosto una tesi che trovo perfino banale nella sua verità, cioè che l’intelligenza di per sé è un’astrazione perché nel concreto della vita è sempre intrecciata con l’interesse.
      Nel capitolo viene proposta una metafora che poi verrà ripresa e variata nel resto del libro: l’intelligenza, quando non viene alimentata dall’interesse, è come una Ferrari col serbatoio vuoto, che va bene per farsi invidiare dagli amici ma non è in grado nemmeno di arrivare fino al tabaccaio, cosa che invece riesce benissimo a una Panda che però abbia benzina. Io di questo sono convinto e ne porto diverse evidenze.
      Poi nel libro l’intelligenza viene rimessa in gioco in relazione ad altri aspetti del nostro CONCRETO modo di stare nel mondo, che è la cosa che mi interessa: dal talento (che è una forma di intelligenza concentrata e spesso sembra addirittura la negazione dell’intelligenza totalizzante come la intendiamo di solito) al pensiero magico e in generale a tutta la parte immersa dell’iceberg che noi siamo, ossia persone che razionalizzano a posteriori atteggiamenti e comportamenti spesso dettati dall’emotività. E altro ancora, che arriva dalla mia esperienza più che trentennale come narratore, cioè persona abituata a procedere per induzione dal particolare al generale. Ma, ripeto, discuterne così in astratto ha poco senso, su questo immagino che saremo d’accordo.
      Grazie comunque per aver letto l’anteprima, ciao!

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    Michele Panizzi 27 Ottobre 2024 at 21:14

    Ciao Raul , grazie davvero per avermi risposto e velocemente , mi piacerebbe replicare.
    Non direi che ho usato il tuo libro per discutere di cio´ che mi sta a cuore , no , sono sincero! Mi sono dovuto limitare a leggere l anteprima su Amazon , questa e´la realta´.
    Sono d accordo con te quando affermi che l intelligenza , senza provare interesse e´come avere una Ferrari in garage ! Io al posto di interesse , parlerei di passione e credo di aver
    fatto delle cose che dimostrano una vera passione per gli scacchi . Va bene cosi´.
    Non ti seguo piu´ quando affermi che il talento e´ una forma di intelligenza concentrata
    e non di intelligenza totalizzante .
    Che differenza c e´tra l intelligenza concentrata e l intelligenza totalizzante?
    Per esprimermi , provo a partire da quello che ho letto , per quello ho messo come punto
    di partenza il libro di Gardner , che e´ considerato lo stato dell arte sull intelligenza , io poi non lo condivido , ma non dobbiamo sempre accettare l auctoritas , no? Ho letto un intervista di Vallejo Pons che affermava come il genio sia ossessione.
    Direi che e´ adatto a come mi sono dedicato agli scacchi che alla mia attivita´ lavorativa.
    Dici giustamente che noi esseri umani razionalizziamo a posteriori spinti
    dall emotivita´ . Non posso che essere d accordo , quando mi ricordo che Tacito
    lo storico romano , grande ammiratore dei Germani , dedico´ ai “barbari” una sua opera
    dove li lodava per le loro virtu´ , contrapponendoli ai suoi concittadini , gli antichi
    Romani , Tacito dicevo scrisse questa frase che mi sembra la fondazione della psicoanalisi: “Homines putant quod cupiunt” . Provo a parafrasarla , dicendo che noi esseri umani non siamo veramente esseri razionali , ma che quando il desiderio e´ molto forte siamo inclini ad accettare una tesi che non e´ molto credibile , siamo piu´ spinti
    dall emotivita´ che dalla ragione . Ma vorrei che non ne facessimo una scusa per sottostare supinamente all emotivita´ . Quando ne siamo consapevoli , siamií spinti
    a interrogarci sui moventi delle nostre azioni ! Ho parlato di cantare fuori dal coro , visto che tutti gli altri commenti erano elogiativi

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      Raul 28 Ottobre 2024 at 22:18

      Scusami, Michele,, ma di nuovo mi fai delle domande a cui ho risposto scrivendo un libro. Non vuoi comprarlo? Rubalo. Ma chiedermi di esporre tutte le tesi del libro qui su SoloScacchi è un po’ troppo, ne converrai.
      Ri-ciao!

      PS La migliore di Tacito, che ho messo in esergo a un mio vecchio romanzo: “Proprium humani ingenii est odisse quem laeseris”, “è tipico dell’indole umana odiare colui a cui hai fatto del male”. Controintuitiva, per noi cristiani, ma verissima e letale.

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        Michele Panizzi 10 Novembre 2024 at 22:14

        Pazienza Raul, è che non ho più spazio in casa per nuovi libri.
        E´ una molto dura, ma devo attenermi a questa regola.

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    Giorgio Della Rocca 10 Novembre 2024 at 15:02

    Dalla quarta di copertina del libro in oggetto, ho appreso che Daria Bignardi ha dichiarato di aver letto tutti i libri di Raul Montanari. Io ho letto solo questo, trovandolo interessante sotto vari aspetti.

    Ad esempio, ho apprezzato il fatto (espresso nel capitolo 27, intitolato L’albero e la foresta) che il titolo riprenda il concetto centrale del saggio L’Arte di Amare dello psicanalista Erich Fromm, uscito nel 1956. «Aver fede nelle possibilità dell’amore come fenomeno sociale, oltre che individuale, è fede razionale che si fonda sull’essenza intima dell’uomo»: si tratta della conclusione del saggio.

    Mi ha lasciato perplesso, invece, il capitolo 2, intitolato Non esiste la fortuna negli scacchi… ma sarà vero?, e ne spiego il motivo.
    Pur condividendo l’assunto fondamentale del capitolo, ovvero che anche nel nostro gioco possono essere presenti fortuna e sfortuna, ho l’impressione che l’autore non colga la causa più profonda di tale presenza. Egli, infatti, scrive: «Voler escludere la fortuna [e parimenti la sfortuna] dagli scacchi è però senza senso, per il semplice motivo che ad affrontarsi sono due giocatori, non due computer» [nel capitolo 24, comunque, intitolato Nessuno può battere un computer. Per forza: gioca come un uomo, l’autore osserva che «per diventare competitivo il computer ha dovuto imitare il più possibile il nostro stile, il modo umano di giocare, di riflettere, di intuire»], intendendo che la suddetta presenza sia dovuta essenzialmente alla fallibilità e all’imprevedibilità tipicamente umane [subito dopo ne vengono illustrati alcuni esempi], mentre se si affrontassero due computer, allora fortuna e sfortuna sarebbero assenti.
    Nel mio articolo Gli scacchi, la fortuna e la sfortuna e in qualche commento a esso relativo, ho reso noto che il matematico, logico e scacchista Roberto Magari ha mostrato (attraverso considerazioni informali, non mediante un vero e proprio teorema) come, nel gioco degli scacchi, certi errori – e quindi la presenza di fortuna e sfortuna, debitamente definite – siano inevitabili, perché dipendenti non tanto dalla mancanza di bravura di un giocatore in determinate circostanze, quanto dall’abnorme complessità del gioco stesso (per cui, quantomeno al momento attuale, è praticamente impossibile effettuarne un’analisi completa)! Tali errori possono essere compiuti da qualunque tipo di giocatore, dal dilettante al campione, dal programma al robot…

    L’ultima annotazione. Nel capitolo 30 (intitolato Pensa ad altro), a un certo punto, si legge: «Aspetta, ecco: era Giorgio! Stavo dicendoti che quella mattina ho incontrato Giorgio e… [mi ha fatto sapere che Dio può anche “giocare a scacchi” con noi esseri umani, ma la Sua Strategia è diversa dalla nostra strategia!]»…

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      Martin 10 Novembre 2024 at 18:16

      Gran bel commento! Grazie, Giorgio ;)

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      Giorgio Della Rocca 7 Dicembre 2024 at 00:00

      Nonostante il lusinghiero apprezzamento del mio commento precedente da parte di Robin, e soprattutto perché a me interessa la verità piuttosto che il consenso, ritengo necessaria una leggera modifica al commento. Ne riscrivo, dunque, la parte modificata.

      Nel mio articolo Gli scacchi, la fortuna e la sfortuna e in qualche commento a esso relativo, ho reso noto che il matematico, logico e scacchista Roberto Magari ha mostrato (attraverso considerazioni informali, non mediante un vero e proprio teorema) come, nel gioco degli scacchi, certi errori – e quindi la presenza di fortuna e sfortuna, debitamente definite – dipendano non tanto dalla mancanza di bravura di un giocatore in determinate circostanze, quanto dall’abnorme complessità del gioco stesso (per cui, quantomeno al momento attuale, è praticamente impossibile effettuarne un’analisi completa)! Tali errori possono essere compiuti da qualunque tipo di giocatore, dal dilettante al campione, dal programma al robot…

      [La modifica è consistita nella sostituzione di «siano inevitabili, perché dipendenti» con «dipendano»: in tal modo non si è indotti a pensare che in una partita a scacchi debba verificarsi inevitabilmente almeno un errore. Ho apportato direttamente la stessa modifica anche a un altro mio commento, relativo all’articolo prima menzionato.]

      {Se fosse stato ancora vivo, oggi Roberto Magari avrebbe compiuto (anagraficamente) 90 anni…}

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        Raul 12 Gennaio 2025 at 14:40

        Caro Giorgio, scusa se rispondo solo ora ma non ho notifiche di interventi sotto i miei post qui, perciò devo aspettare che sia il nostro caro Martin a darmi la sveglia!
        Secondo me abbiamo ragione tutti e due, e pensa che strano: proprio ieri, a un incontro col pubblico, ho sostenuto questa tesi. Cioè, nel libro sottolineo l’aspetto del “fattore umano” nella dimensione della fortuna, perché naturalmente per me era più interessante dato che provoca dei comportamenti rituali, di tipo apotropaico se vuoi, che sono stati oggetto di ulteriori riflessioni e racconti; ma ho anche premesso che lo stesso meccanismo del gioco può portare a situazioni umanamente imprevedibili, in cui per esempio una partita vinta e stravinta non si concretizza in una vittoria vera per via di un’anomalia, ecc.
        Quindi trovo giustissima la tua precisazione.
        Grazie e ciao!

        • avatar
          Giorgio Della Rocca 13 Gennaio 2025 at 21:57

          Accolgo di buon grado la tua risposta, Raul.

          Un saluto (cordialmente scacchistico e scacchisticamente cordiale)

  7. avatar
    Sveta 7 Dicembre 2024 at 17:24

    io l’ho trovato molto interessante:

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    • avatar
      Raul 12 Gennaio 2025 at 14:44

      Grazie, cara Sveta. Mi fa particolarmente felice questo apprezzamento perché i tuoi articoli mi piacciono molto.
      ciao!

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