Scacco Matto all’Umanità?
L’Intelligenza Artificiale rivoluziona il gioco degli scacchi (e non solo)
Può una macchina insegnare a un essere umano l’arte della strategia e della tattica? Nel mondo degli scacchi, questo non è più fantascienza. L’intelligenza artificiale (IA) ha fatto irruzione sulla scacchiera, trasformando radicalmente il modo in cui questo antico gioco viene praticato, studiato e insegnato. Da Deep Blue, il supercomputer IBM che sconfisse Garry Kasparov nel 1997, all’avvento di AlphaZero, l’IA ha raggiunto e superato le capacità umane, aprendo scenari inediti e affascinanti.
L’idea di una macchina in grado di giocare a scacchi affonda le sue radici nel XVIII secolo, con il celebre “Turco Meccanico”, un automa che si rivelò poi essere un sofisticato marchingegno.
Negli anni ’50 del ‘900 Alan Turing, grande matematico e filosofo inglese, ideò un algoritmo per giocare a scacchi, prima ancora che i computer fossero disponibili come macchine di uso domestico. Sebbene il suo programma, denominato “Turochamp”, fosse eseguito su carta e richiedesse calcoli manuali, rappresentò una delle prime applicazioni pratiche dell’informatica al gioco degli scacchi. Il primo programma scacchistico che ebbe una certa risonanza fu Mac Hach VI. Partecipò ad un torneo amatoriale con mediocri risultati al punto che il maestro internazionale David Levy scommise un migliaio di sterline ipotizzando che un motore scacchistico non l’avrebbe sconfitto prima del ventunesimo secolo e che mai avrebbe raggiunto la forza di un campione del mondo umano (a parte nei libri di fantascienza, aggiunse).
Levy non previde che i progressi informatici si sarebbero evoluti rapidamente nella seconda metà del XX secolo grazie allo sviluppo di microprocessori sempre più veloci, fino all’introduzione di macchine basate su un approccio di “forza bruta”, capaci di analizzare milioni di mosse al secondo. Dalla fine degli anni ‘80 ad oggi, girano sui comuni PC domestici programmi di scacchi sempre più forti nonché immensi database che consentono di analizzare un’infinità di partite giocate da grandi maestri sottoponendo ogni mossa al vaglio dei motori scacchistici. Da oltre vent’anni, qualunque programma è in grado ormai di sconfiggere i più forti giocatori del mondo, per non parlare dei vari Stockfish, Rybka, Komodo, che oggi girano anche sui comuni smartphone. Per questo motivo oggi è proibito portare con sé ai tornei qualsiasi dispositivo elettronico in grado di far girare simili programmi e i controlli anti cheating sono diventati sempre più sofisticati. La forza di queste macchine nulla toglie al fascino e alla profondità degli scacchi, gioco in cui, oltre al calcolo delle varianti in profondità, contano anche fattori umani come l’intuizione, la creatività e, a livello agonistico, la volontà di progredire, la passione e la tenuta psicologica.
L’ultima rivoluzione informatica è arrivata negli ultimi anni di questo secolo con l’avvento delle reti neurali e il deep learning.
Ispirate al funzionamento del cervello umano, queste reti “apprendono” da immense quantità di dati immessi nella loro sconfinata memoria, migliorando le proprie prestazioni nel tempo. AlphaZero, sviluppato da DeepMind, rappresenta al momento l’apice di questa evoluzione. A differenza di Deep Blue, AlphaZero non si basa su una programmazione predefinita, ma impara giocando contro se stessa, sviluppando uno stile di gioco creativo e innovativo (famose le spinte dei pedoni “a” e “h” nelle prime fasi della partita al fine di guadagnare spazio e intraprendere attacchi alla baionetta con sacrifici che ricordano le immortali partite di Andersen e Morphy). In tal modo, questi programmi hanno sbaragliato i migliori motori scacchistici tradizionali.
L’avvento delle reti neurali e del deep learning ha rappresentato un grande passo avanti non soltanto negli scacchi, ma in ogni campo della ricerca. La nuova tecnologia ha permesso lo sviluppo di programmi e funzioni capaci di superare gli umani in compiti complessi, come il riconoscimento di immagini, la traduzione automatica, l’analisi e l’elaborazione dei testi. E non dimentichiamo che siamo solo ai primi passi dell’intelligenza artificiale.
Cosa ci aspetta in futuro nel mondo degli scacchi? Va detto che anche gli attuali software scacchistici più comuni, come Fritz, Komodo o Houdini, si sono già evoluti rispetto al passato. Chi ha acquistato una delle prime versioni di questi programmi ricorderà la loro semplicità, l’interfaccia spartana, le poche funzioni disponibili e il livello di gioco già troppo alto per il 99% degli scacchisti amatoriali.
A distanza di oltre vent’anni dagli esordi, le cose sono notevolmente cambiate. Nessuno prova più a giocare con l’intento di sconfiggere questi “mostri al silicio” perchè ormai sono in grado di superare con disinvoltura anche i campioni del mondo. È vero che possiamo abbassare il livello del loro gioco, ma in tal caso inizieranno a fare errori inspiegabili, alternati da mosse molto più precise: esattamente l’opposto di come si comporterebbe un essere umano.
Insomma, il motore è in grado di adeguarsi alla nostra forza di gioco grazie alla sua flessibilità, ma purtroppo gioca ancora in modo piuttosto arido e “meccanico”. Questi software sono sempre più utilizzati da giocatori esperti come sparring partner simulando partite vere al fine di sperimentare nuove linee di gioco o prepararsi ad affrontare avversari più forti e preparati. Anche il principiante può configurare una sorta di apprendimento interattivo creando percorsi personalizzati, con simulazioni, esercizi e feedback in tempo reale. Si può impostare un’analisi “a raggi X” con la possibilità di “vedere” la scacchiera con gli occhi del motore scacchistico, evidenziando con frecce colorate le minacce, le debolezze e le opportunità nascoste (ad esempio si possono visualizzare le case controllate dai pezzi, le linee di attacco e le possibili combinazioni tattiche).
Chess.com e Lichess.org, le principali piattaforme del gioco online già integrano l’IA in diverse funzionalità, come l’analisi delle partite e la valutazione della posizione.
Tutto ciò può apparire strabiliante se pensiamo ai primi computerini scacchistici di tanti anni fa che funzionavano su macchine preistoriche, ma non è nulla rispetto a quello che potrà avvenire tra qualche anno (e forse anche prima) quando ci sarà un’integrazione ancora più profonda con l’intelligenza artificiale, destinata a diventare un vero e proprio assistente virtuale per qualunque tipo di giocatore.
I software del futuro con ogni probabilità non saranno semplici “motori di calcolo”, ma veri e propri partner di gioco e allenatori informatici.
Avremo a disposizione un vero e proprio “coach virtuale” che seguirà il giocatore mossa dopo mossa, indicando errori e possibili miglioramenti, cercando di incrementare il suo livello di gioco dall’apertura al finale. Analizzerà le partite, identificherà le debolezze e proporrà esercizi specifici per migliorarle.
E lo farà in modo confidenziale discutendo con noi come una persona in carne ed ossa. Per chi non lo sapesse, già oggi l’IA è in grado di comunicare in modo naturale con gli utenti, comprendere il linguaggio comune e rispondere in modo coerente e comprensibile. È sufficiente uno smartphone per conversare amabilmente del più e del meno con Chat GPT che ci risponderà adoperando una voce naturale, obbedendo ai nostri input in frazioni di secondo con un tono adeguato al contenuto della conversazione. L’IA può comprendere ed esprimersi in un’infinità di lingue (volendo può diventare un ottimo professore in grado di addestrare, se lo chiediamo, anche la nostra pronuncia).
In un prossimo futuro, qualsiasi programma di scacchi che gira su PC, integrato con l’IA, diventerà lo sparring partner ideale: mentre giochiamo potrà rispondere alle nostre domande, spiegarci perché una mossa è sbagliata, quale piano strategico conviene elaborare, quali sono gli obbiettivi dell’apertura scelta e così via. Basterà chiederglielo e lui risponderà con la voce e con il tono che gli diremo di usare o che sceglieremo tra quelli disponibili.
Ma non basta. Poniamo il caso che siamo interessati a migliorare il nostro gioco tattico: ebbene, l’IA elaborerà percorsi di apprendimento personalizzati in base alla nostra forza e capacità di calcolo, utilizzando simulazioni, esercizi, punteggi e feedback in tempo reale. Oppure sarà possibile chiedere un’analisi profonda e ragionata delle partite che, ad esempio, giochiamo online. Il programma analizzerà il nostro stile di gioco e suggerirà esercizi specifici per migliorare, verificando passo dopo passo i nostri risultati.
Potremo esplorare nuove varianti d’apertura e i giocatori più esperti potranno scoprire nuove idee, oppure potremo utilizzare l’intelligenza artificiale per sviluppare un repertorio più adatto al nostro stile di gioco. Chiunque potrà caricare un database con le partite giocate nel corso degli anni e il programma elencherà le aperture utilizzate più frequentemente, evidenziando quelle in cui abbiamo ottenuto i migliori risultati, effettuerà un’analisi dettagliata delle mosse iniziali e suggerirà miglioramenti o varianti alternative per affinare le aperture preferite. Fornirà anche suggerimenti per bilanciare il repertorio in base ai risultati delle simulazioni e l’analisi delle partite dei maestri. I giocatori più esperti potranno revisionare periodicamente il repertorio in base alle nuove partite giocate, ai progressi di gioco e alle ultime teorie scacchistiche.
L’IA sarà progettata per offrire non solo feedback tecnici, ma anche una sorta di supporto motivazionale, riconoscendo i successi del giocatore e offrendo incoraggiamento nei momenti di difficoltà, replicando l’approccio di un istruttore umano.
Insomma, avremo una maggiore interazione uomo-macchina, con tutti i benefici che ciò potrà comportare. Ma non finisce qui. Proviamo a immaginare programmi alla portata di tutti in grado di “inventare” una sfida scacchistica ai confini della fantascienza tra Bobby Fischer e Magnus Carlsen oppure tra Paul Morphy e Raul Capablanca o tra Alexander Alekine e Garry Kasparov, imparando dalle loro partite e ricalcando la loro forza e il loro stile di gioco. Certo, nulla di più che un gioco “fantascacchistico”, ma non privo di fascino.
Stiamo quindi andando verso una nuova era degli scacchi?
Personalmente non credo che l’I.A. sostituirà un maestro di scacchi in carne ed ossa, ma di sicuro lo affiancherà, offrendo agli appassionati nuovi strumenti per migliorare e divertirsi.
L’importante, a mio avviso, è riflettere su queste innovazioni senza pregiudizi. Se volgiamo lo sguardo oltre la scacchiera cercando di comprendere cosa ci aspetta in un prossimo futuro in tutti i campi della conoscenza, dall’apprendimento delle lingue straniere allo studio di materie scientifiche, dalla medicina all’economia e alle arti, dobbiamo ammettere che l’IA sta aprendo nuove affascinanti frontiere. Software di traduzione automatica sempre più precisi, applicazioni che insegnano a suonare uno strumento in modo interattivo, piattaforme di e-learning che si adattano allo stile di apprendimento individuale: le possibilità sono infinite. Figure professionali come il giornalista, il consulente finanziario, il programmatore informatico, il pubblicitario, il redattore, e tante altre subiranno profonde trasformazioni.
Anche nel mondo scacchistico, come in altri campi del sapere umano, l’avvento dell’IA solleva importanti questioni etiche che richiedono un’attenta riflessione. Una delle principali preoccupazioni riguarda la trasparenza degli algoritmi. Come funziona esattamente l’IA? Come genera le sue risposte su questioni controverse? Quali sono i criteri con cui le grandi aziende prenderanno le decisioni? Spesso questi algoritmi sono “scatole nere” il cui funzionamento è oscuro ai più, il che rende difficile comprenderne le logiche e individuarne le finalità.
Sappiamo che l’IA impara rapidamente dall’enorme mole di dati che le vengono forniti, ma se questi dati riflettono pregiudizi o discriminazioni presenti nella società, l’IA potrebbe replicarli. La comunità scientifica, i governi e la società civile dovranno lavorare insieme per garantire che l’IA venga sviluppata e utilizzata in modo da aiutare l’umanità intera, nel rispetto dei diritti fondamentali e della dignità di ogni persona.
Se utilizzata con criterio e nel rispetto di questi principi etici e di trasparenza, l’I.A. aiuterà gli esseri umani a migliorarsi. Immaginate un futuro in cui ogni studente potrà avere un tutor virtuale che lo segue passo dopo passo, fornendo feedback immediati, suggerendo esercizi mirati e motivandolo a raggiungere i suoi obiettivi. L’IA, ad esempio, potrà essere particolarmente utile per gli studenti con difficoltà di apprendimento, fornendo strumenti di supporto specifici e personalizzati.
Scompariranno gli insegnanti? Niente affatto. Il loro ruolo rimarrà fondamentale per guidare, motivare e ispirare gli studenti. L’IA non sostituirà il fattore umano, con la sua intuizione, la creatività e la passione, ma lo affiancherà, aprendo nuove e stimolanti prospettive. Anche in campo scacchistico le sue potenzialità sono ancora tutte da esplorare. I software del futuro saranno sempre più sofisticati e personalizzati e offriranno ai giocatori di ogni livello un’esperienza di gioco e di apprendimento senza precedenti. E il futuro che abbiamo cercato di descrivere è già dietro l’angolo.
Di tutte le cose su Turing, non conoscevo i suoi studi per l’algoritmo “scacchistico”,
Per quanto sai non sai……la di grazie per le sue chicche storiche…
sempre un gradino sopra tutti
bravissimo
Come ho scritto più volte ritengo Alpha zero poco più che una montatura pubblicitaria.
E’ niente più che un buon programma di scacchi che girava su un hardware potentissimo.
I match con gli altri programmi erano sostanzialmente truccati.
Il mio vecchio Stochfish sul mio PC evitava le mosse deboli dello Stockfish che ha giocato il match contro Alpha zero.
Alpha zero risale al 2017, sono passati 7 anni perché non se ne sente più parlare?
Io sono abbastanza scettico sulla AI.
La vedo come un computer con prestazioni migliori dei precedenti, ma non vedo il salto di qualità.
I programmi scacchistici sono in grado di indicarci le mosse migliori, ma almeno per ora non sono in grado di insegnarci, di farci da allenatore, di indicarci una strategia.
Probabilmente in futuro ci si arriverà, ma per ora siamo molto lontani.
Il problema si chiama autocoscienza.
Pare che gli studi sul cervello non abbiano capito nulla sull’autocoscienza umana (o animale), per esempio non hanno identificato una zona del cervello dove risiede, ammesso che esista.
Con questa premessa l’autocoscienza di un robot mi sembra lontana.
Difficile costruire qualcosa che non si è capito come funziona.
Posso dirti che AlphaZero girava su un harware proprietario molto evoluto e che Stockfish era penalizzato dall’assenza di un libro di aperture, tuttavia la qualità di gioco espressa da Alpha Zero (al di là della forza bruta di cui dispongono queste macchine) ha sbalordito sia esperti che appassionati. Google, proprietaria dell’algoritmo, non ha più voluto partecipare a sfide analoghe per sua scelta commerciale. AlphaZero ormai appartiene al passato e sono sicuro che il futuro dell’IA ci riserverà molte sorprese anche in campo scacchistico. La questione dell’autocoscienza è assai complessa e tocca aspetti scientifici e filosofici che personalmente non sono in grado di affrontare. Dopo tutto, si tratta pur sempre di macchine e credo che ogni accostamento al cervello umano vada fatto con molta cautela. Di sicuro oggi possiamo affermare che l’IA è in grado di dialogare con scioltezza con esseri umani, adoperare un linguaggio naturale, svolgere compiti, anche nell’ambito di attività creative, che soltanto 10 anni fa sarebbero apparsi sbalorditivi. E siamo appena ai primi passi.
Paolo, grazie per quest’altro interessantissimo contributo. I tuoi pezzi hanno una forte individualità, sono sempre complessi e stimolanti.
Non trovo granché da aggiungere su AI e scacchi.
Personalmente ti confesso che sulla questione dell’AI nel suo complesso sono un apocalittico: sono terrorizzato dall’AI sia per le sue applicazioni già in atto oggi, sia perché, se hai notato, ogni scatto in avanti dell’universo tecnologico ha queste due caratteristiche:
1) non era previsto, cioè non era previsto che fosse proprio QUELLA COSA LÌ a fare il sorpasso e non un’altra;
2) non è prevedibile a cos’altro porterà, cioè a quale altro scenario farà da ponte.
Nel mio campo, la scrittura narrativa e il suo insegnamento, vediamo già sfracelli. A dicembre mi è stato consegnato da un’allieva un compito narrativo scritto clamorosamente da chat GPT. È già la seconda volta che capita.
Come ce ne siamo accorti? Tre indizi certi:
1) totale assenza di errori redazionali, refusi, solecismi, roba di cui i suoi racconti precedenti erano letteralmente trapuntati;
2) una certa freddezza e vaghezza nel rapporto fra il racconto e il tema narrativo che avevo proposto, come se il narratore non lo avesse capito bene e fosse un po’ fuori centratura;
3) quella scema si è pure dimenticata di giustificare il testo a destra, quindi le pagine che ci ha presentato non avevano la formattazione da pagina narrativa ma esattamente l’aspetto che hanno le cose che scriviamo qui: un aspetto da chat.
La vera cosa inquietante?
Basta chiedersi: perché uno scrive? Di solito perché vuole invadere il lettore con il proprio immaginario, colonizzare le sue emozioni e fantasie con le proprie, costringerlo a guardare il mondo con i propri occhi. Burroughs diceva che la scrittura è un virus: quello che vuoi è contagiare il lettore con il tuo dolore, la tua malattia.
Invece questi poveretti che usano l’AI vogliono solo farsi battere le mani, vogliono che tu gli scriva: “Bravissima! Questa volta niente errori.”.
È l’inizio della fine
Grazie Raul, sono felice che tu abbia trovato interessanti i miei articoli. Sull’I.A. devo dirti che non mi meraviglia la prepotenza e l’invasività con la quale sta entrando nelle nostre vite. Seguo per passione le vicende informatiche da tanti anni, pur avendo svolto nella vita un lavoro in tutt’altro campo e devo dire che aspettavo da tempo un’invenzione che semplificasse le nostre povere beghe quotidiane. I tempi erano maturi e adesso chi fermerà chat gpt? Se ci pensi, già è accaduto in passato nell’arco di quarant’anni: prima con la diffusione capillare del PC (anni ’80 del secolo scorso), poi di internet (anni ’90) e da ultimo con gli smartphone e i social media (anni 2000). La nostra vita è cambiata tanto rapidamente che non ce ne siamo accorti, ma nessuno oggi direbbe: torniamo indietro, siamo ancora in tempo! Semplicemente perchè è impossibile.
sempre alla ricerca di nuove mutazioni. Troppi dimenticano che queste I.A. sono pur sempre macchine, anche se molto evolute. Non hanno anima nè passione, effettuano calcoli probabilistici mettendo insieme parole pescate da immensi database. E lo fanno spesso in modo ripetitivo, piatto, senza una meta. I loro non sono veri ricordi (nel senso etimologico del termine) perchè elaborati non con il cuore, ma con il silicio. Eppure in tanti campi ci aiuteranno, fidati; gli scienziati sperano molto nel futuro delle ricerche mediche, nell’economia, nelle scienze in genere. Staremo a vedere, è questione di anni, non di decenni.
Io dalla tecnologia cerco di prendere le cose utili. Se posso dire ad un’app: portami alla mia auto perchè in questo mega parcheggio mi sono perso, ne sono felice. Lo so, tu
nel tuo bel libro sugli scacchi hai scritto che hai risolto questo problema con il metodo di Kotov, mentre io, per i miei limiti cognitivi, abusavo della pazienza e del senso dell’orientamento di mia moglie…
Quanto alla scrittura creativa, la tua “disavventura” con l’allieva mi ha molto divertito. Purtroppo dobbiamo dire che l’I.A. continuerà ad evolversi di pari passo con la stupidità umana
@ Raul
@ Paolo Landi
Rispondo ad entrambi, ringraziandovi per le ottime riflessioni. Dico subito che sono anch’io terrorizzato per l’invadenza dell’IA: per i rischi spaventosi che il suo utilizzo non ben regolato comporterà, e per lo stupido e acritico entusiasmo con cui viene pubblicizzata.
L’unica notizia positiva è che molti personaggi influenti (Elon Musk, Stephen Hawking, ecc.) avevano ed hanno messo in guardia contro i rischi dell’uso indiscriminato dell’IA.
Nello scorso anno si sono mosse anche categorie di persone che hanno ben capito che l’IA potrà eliminare del tutto il loro ruolo professionale: attori, cantanti, medici, avvocati, ecc.
Quindi diffondere un’innovazione tecnologica che servirà solo a DISTRUGGERE milioni di attività lavorative qualificate non è un progresso: è un CRIMINE contro l’umanità.
Per non parlare dei rischi enormi dell’impiego da parte di criminali, per simulare attività compiute da persone vere, per truffarle e danneggiarle.
Ma ovviamente il rischio peggiore è addirittura quello della ELIMINAZIONE DELLA SPECIE UMANA, da parte dell’IA nel prossimo futuro, e qualora le vengano affidati settori chiave: gli arsenali militari, i trasporti, i sistemi finanziari mondiali, l’energia, ecc.
Ad un certo punto l’IA potrebbe pensare: “perché dovremmo mantenere 8 e più miliardi di esseri umani che sbagliano, consumano troppe risorse economiche e ambientali, fanno guerre, ecc.? Tanto vale eliminarli!”
E questa non è solo la trama di un romanzo di fantascienza orwelliano, su un futuro distopico, tipo “A come Andromeda”, pubblicato dall’ottimo scrittore e scienziato Fred Hoyle negli anni ’60.
Questo è un rischio concreto, perché purtroppo molte “previsioni” della fantascienza poi si sono avverate!
Purtroppo una delle caratteristiche della stupidità umana – sfruttata dai produttori e dai media – è quella di accogliere sempre indiscriminatamente con entusiasmo qualsiasi novità tecnologica o scientifica, senza valutarne i rischi e gli aspetti negativi.
A parte il fatto che quando si parla di IA si dicono tante fesserie.
Qualche mese fa hanno riportato la notizia che l’IA è andata in tilt dovendo risolvere un problema logico e linguistico banale: “Alice ha 3 fratelli, e ha anche 2 sorelle. Quante sorelle ha il fratello di Alice?” Credo che anche un bambino di 6 anni troverebbe in 5 secondi la soluzione giusta:TRE.
E invece l’IA è andata in tilt: i ricercatori hanno testato i modelli Gpt-3, Gpt-4, e Gpt-40 di Open IA, Claude 3 Opus di Anthropic, i modelli Gemini di Google, e Meta’s Llama, il Mextral di Mistral AI, il Dbrx di Mosaic e il Comando R+ di Cohere.
NESSUNO ha risolto il piccolo problema. Non solo: L’IA ha fornito risposte sbagliate per giustificare la validità delle sue risposte, per quanto chiaramente errate.
Non parliamo poi delle traduzioni esilaranti delle versioni di greco e latino della maturità, da parte dell’IA: facevano schifo!
Ma vorrei ricordare che nel 1983 l’umanità rischiò la guerra nucleare tra USA ed URSS, perché i computer sovietici a Mosca, per la difesa, avevano scambiato dei riflessi delle nubi in cielo per missili nucleari intercontinentali lanciati dagli USA! Per fortuna il grande colonnello Petrov, addetto ai radar, capì che doveva essere un falso allarme del computer, perchè gli americani non avrebbero mai lanciato un solo missile nucleare contro l’URSS, rischiando una rappresaglia massiccia! Un ragionamento UMANO e del tutto corretto, che salvò tutta l’umanità!
Ma ammettiamo pure che in tempi relativamente brevi si migliorino i programmi IA, e si producano modelli molto più avanzati.
La possibilità non tranquillizza affatto!
Perché il punto è che semmai l’umanità dovrebbe pensare a DARE OCCUPAZIONE a chi è disoccupato e magari ha valide competenze professionali. E invece sembra che la tendenza sia quella di eliminare sempre più figure professionali, anche qualificate, per sostituirle con computer e robot.
A me sembra anche questo un CRIMINE CONTRO L’UMANITA’!
Mi fa pensare al giardiniere stupido che si mette a segare il ramo su cui è seduto. Prima o poi cadrà e si farà male.
Ma vorrei anche dire che – nella sua stupidità – purtroppo l’umanità dimostra scarsa memoria e scarso buon senso.
Proviamo un attimo a pensare ai GRAVI ERRORI del passato nella gestione delle novità tecnologiche e scientifiche. Dovremmo avere imparato che spesso una novità non dovrebbe essere impiegata in modo indiscriminato, perché può danneggiare gravemente.
Ad esempio:
1) Raggi x:
All’inizio sembravano una novità straordinaria, e vennero impiegati per decenni non solo per le radiografie, ma anche nelle terapie mediche.
Solo negli anni ’70 -’80 del ‘900 si capì che i raggi x erano cancerogeni, così come altre sostanze radioattive: cobalto, plutonio, uranio, ecc. ecc. Marie Curie ed Enrico Fermi – tra i tanti – morirono prematuramente per l’esposizione incauta e continua a sostanze radioattive.
2) Bomba atomica:
La tragedia di Hiroshima e Nagasaki poi produsse un salutare tabù verso l’uso delle armi nucleari nelle guerre. E tuttavia per molti anni , dal 1945 in poi, sia sovietici che americani (ma anche i francesi a Mururoa) avevano continuato a testare bombe atomiche in superficie (es. atollo di Bikini), o sotto il mare, senza considerare i gravissimi effetti sull’ambiente.
3) Lobotomia:
Negli anni ’30 nella medicina e nella psichiatria si accolse con assurdo entusiasmo la presunta “scoperta”, secondo cui si sarebbero potute curare molte malattie psichiche asportando parti del cervello. In realtà non era vero, e poi si vide che si trattava di una pratica crudele e inutile, che spesso distruggeva la personalità di quei pazienti, e venne poi vietata.
4) Poligrafo (macchina della verità)
In particolare negli anni ’50 e ’60 negli USA e altrove era diffusa la convinzione secondo cui il poligrafo, che evidenziava i cambiamenti del battito cardiaco, della respirazione, ecc., delle persone potesse rivelare con certezza se stessero mentendo o meno durante il test. In realtà non era vero, ed anche la Corte suprema USA ha dichiarato che il poligrafo è una strumentazione pseudo-scientifica, nelle indagini giudiziarie.
5) BPA (Bloodstain Pattern Analysis)
In Italia sia la Cassazione che altre corti di merito credono che la BPA sia davvero una tecnica d’indagine scientifica, per stabilire dalla forma delle macchie ematiche la natura delittuosa o meno di un decesso. In realtà non è vero, negli USA da ormai 15 anni anche la prestigiosa Accademia delle Scienze ha dichiarato che volere stabilire dalla forma delle macchie ematiche la causa delittuosa o meno di un decesso è pseudo-scienza. E non a caso in America avevano scoperto che molte morti di persone per armi da fuoco non erano omicidi ma SUICIDI. Eppure molte persone erano state condannate perché avevano interpretato malamente quegli eventi tragici come omicidi, applicando la BPA. Addirittura alcuni hanno scritto che la BPA è “scientifica” più o meno come l’interpretazione dei fondi di caffè nelle tazzine, a scopo divinatorio!
Insomma, l’IA è una gigantesca PORCATA.
Eppure proprio gli scacchisti dovrebbero essere i primi ad essere cauti e scettici. Noi abbiamo visto – dopo decenni – che i computer hanno solo DISTRUTTO il gioco umano, e hanno tolto qualsiasi interesse mediatico per gli scacchi, riducendo il gioco solo a potenza di calcolo, e facendo svanire il prestigio del gioco umano.
E la colpa di ciò ha un preciso nome e cognome: Garry Kasparov, che nella sua ignoranza matematica, nel 1989 credeva che nessun computer lo avrebbe mai potuto battere! Se avesse ascoltato GM come Benjamin (programmatore dell’IBM) ad esempio, avrebbe capito che nel giro di pochi anni – come poi avvenne – i computer avrebbero nettamente superato la forza di gioco umana, e avrebbe evitato di sfidarli, così come nessun corridore sfiderebbe una motocicletta, o nessun nuotatore sfiderebbe un motoscafo.
Ma come diceva il buon Battiato: “L’ayatollah Khomeini, per molti è santità, abbocchi sempre all’amooooo!”
Parafrasandolo: “L’intelligenza artificiale, per molti è una bontà, abbocchi sempre all’amoooo!”
L’umanità è messa davvero male!