
Ho notato recentemente che alcuni evidenziano i “successi” dell’attuale Federazione Scacchistica Italiana.
Attualmente, il nostro miglior giocatore U20 è 320° al mondo tra i suoi coetanei, con posizioni simili nelle categorie U18 e U16.
Nonostante l’Italia sia l’ottava potenza economica, ci troviamo in una posizione difficile nel panorama scacchistico internazionale. È fondamentale riflettere su questa realtà: ogni giorno che passa rappresenta un’opportunità in meno per i nostri giovani.
Domande e questioni fondamentali come questa che ho sollevato non possono essere lasciate in secondo piano. L’impressione è che la dirigenza FSI non abbia
interesse a rispondere, spero di sbagliarmi. Alcuni giorni addietro ho poi pubblicato un post in cui esprimevo la mia opinione sul fatto che i delegati rappresentanti dei giocatori dovrebbero essere giocatori attivi. In quell’occasione, la consigliera federale in carica per i giocatori, Veronika Goi, è intervenuta, non evitando anche di criticare aspramente la mia posizione.

Tuttavia, quando si tratta di affrontare questioni ben più rilevanti, come le criticità del livello giovanile italiano, nessuno sembra interessato a rispondere. Recentemente, durante un dibattito in rete, il presidente FSI Luigi Maggi ha preferito mettere in risalto il proprio curriculum piuttosto che rispondere alla mia domanda sui grandi problemi di competitività dei nostri giovani.
Ripeto: il nostro miglior giocatore U20 è attualmente 320° al mondo nella sua categoria, e situazioni analoghe si riscontrano nelle fasce U18 e U16. Nonostante l’Italia sia l’ottava potenza economica globale, ci troviamo in una posizione critica nel panorama scacchistico internazionale.
Queste sono domande a cui non si può sfuggire. Certo, non sono obbligati a rispondere a me direttamente, e possono scegliere canali più favorevoli, ma continuerò a fare il possibile affinché questo tema non venga messo da parte nelle imminenti elezioni federali di dicembre.
Se qualcuno lo vorrà, sono aperto ad un dialogo costruttivo, nell’interesse di tutto il nostro movimento.
La situazione è critica – a livello giovanile – perché si sono lasciati morire i festival (unico luogo in cui i migliori giocatori in ascesa possono conseguire norme) da 8-9 turni, nel totale disinteresse della FSI. Ormai rimangono solo i festival del Triveneto (Forni di sopra, Lignano, Trieste, Spilimbergo), Imperia + ogni tanto Cattolica. Sono morti in pochi decenni il magistrale del Crespi, Bratto, Porto s. Giorgio, Genova Novotel e ducale, Verona magistrale, Asti, Cutro, Nereto, Montecatini, ecc. ecc. (non sto ad elencarli tutti).
Fino ai primi 15 anni di questo secolo c’erano ancora parecchi festival. Oggi rimangono solo i torneini da 5 turni, del tutto inidonei a permettere di conseguire le norme internazionali ai giovani in ascesa. Il punto è che oggi organizzare un festival costa, e affittare dei locali (palazzetti, saloni di hotel, ecc.) per 8-9 giorni ha dei costi elevati, rispetto ai 3 giorni dei torneini da 5 turni.
E’ vero che non è un problema solo italiano. Anche la vicina Svizzera ormai non riesce più a organizzare festival, e l’unico (Biel) sopravvive solo grazie al contributo FIDE, come altri (es. Nova Gorica, ecc.).
Quando dico totale disinteresse, mi riferisco a fatti precisi. Nel 2007 avevo parlato con l’organizzatore del festival di Verona (Perryman), e lui mi diceva che il festival di gennaio, pur avendo un’ampia partecipazione di giocatori (190 nell’edizione 2005, in cui diversi giovani (Shytaj, Brunello, Lettieri) conseguirono risultati brillanti e norme) in realtà doveva sostenere costi ingenti, per i quali lui aveva chiesto un contributo alla FSI. Ma la FSI aveva detto nisba: non poteva dare contributi, anche perché gli dissero – così mi riferì Perryman – “di festival ce ne sono tanti. E se uno muore, poi ne viene fuori un altro”. Peccato che questa teoria poi abbia finito per non funzionare più, come ben vediamo.
Però per quanto riguarda l’Italia è evidente che la FSI potrebbe fare meglio. Su 1,2 milioni circa di entrate (700 mila tessere + 500 mila CONI) – dall’ultimo bilancio FSI del 2023 – ben 255 mila euro erano stati spesi per organizzare corsi scolastici. Ebbene, se la FSI si decidesse a sostenere con 20.000 o 30.000 euro ciascuno i grandi open e festival da 9 turni, ad esempio contribuendo con 20.000 o 30.000 euro per 4 open come Crespi, Verona ed altri, questo sarebbe il modo migliore per tenerli in piedi, e permettere ai migliori giovani di fare norme internazionali.
Anche perché si sa benissimo che i corsi scolastici alle elementari e medie non servono certo a fare nascere i talenti. Nel 99,99% dei casi i ragazzini seguono un corso di scacchi, giochicchiano, partecipano alle selezioni scolastiche, ma poi mollano e non giocano più. I mei due nipoti l’avevano seguito, ma poi se ne erano bellamente fregati. Uno di loro pratica il basket, l’altro non è interessato agli scacchi. Chi non ha la passione del gioco non la trova certo seguendo un corso scolastico. Chi ha la passione del gioco impara a giocare in famiglia, e se è bravo poi cerca di fare tornei e gioca spontaneamente, senza bisogno di corsi e istruttori. Oppure, diamo l’istruttore al ragazzino talentuoso che ne fa espressa richiesta e lo merita. Ma è inutile insegnare ad ogni costo gli scacchi ai ragazzini che magari hanno già la passione del calcio, o del basket, o della pallavolo, ecc., tra quelli non verrà mai fuori un campione di scacchi, soldi sprecati.
Ma l’obiettivo primario dovrebbe essere sostenere i festival e gli open che stanno ormai morendo. E se invece qualcuno mi dice che preferisce la situazione attuale, dei torneini da 5 turni, rispetto a quella di 20-30 anni fa, quando c’erano almeno 12-15 festival ogni anno, allora dico solo: continuiamo così, facciamoci del male!
Chiarimento importante! Ieri qualcuno mi diceva di non credere che al 99,99% delle persone gli scacchi non interessino. Eppure è così, anzi i veri agonisti e appassionati che ogni anno iniziano a giocare nei tornei sono addirittura di meno! Infatti 99,99% di persone non interessate al ns. gioco significa che solo 1 su 10.000 ogni anno inizierebbe a giocare agonisticamente nei tornei. E siccome in Italia siamo 58 milioni, avremmo ogni anno circa 5.800 nuovi giocatori. Ma se così fosse (magari!), in soli 10 anni avremmo 58.000 nuovi tesserati agonisti. Ma dai numeri del 2023, risulta che lo scorso anno avevamo avuto solo 5.433 tesserati agonisti juniores, e 7.079 seniores, sopra i 18 anni, totale 12.512 giocatori agonisti.
Quindi la verità è che ogni anno i nuovi tesserati agonisti sono pochini, e spesso smettono di giocare dopo 1-2 anni. E infatti abbiamo più di 14.000 NC, su poco più di 34.000 giocatori complessivi tesserati agonisti alla FSI, accumulatisi nel corso degli anni (molti dei quali inattivi). Ed ecco perché sostengo che per fare crescere i giovani giocatori di talento occorre sostenere i grossi open e i festival, per dare loro modo di ottenere le norme FIDE internazionali. Inutile sprecare le poche risorse con corsi a giovani non interessati. E’ quello che avevano fatto nazioni come Cina, Inghilterra, USA, ecc., che hanno sostenuto anche finanziariamente i giovani giocatori di talento, mandandoli anche all’estero nei tornei più importanti. Ma se i festival muoiono, allora anche i giovani talenti hanno ben poche possibilità di crescere. E se la mentalità della dirigenza FSI continua ad essere: “se muore un festival poco male, tanto qualcun altro ne organizzerà uno nuovo”, allora non si va da nessuna parte.
Il G.M. Pier Luigi Basso ha introdotto una questione delicata che coinvolge tutti quelli che hanno a cuore gli scacchi. Io ho cessato l’attività agonistica troppi anni fa per poter fornire suggerimenti pratici. All’epoca, mi sono formato presso la gloriosa Accademia Scacchistica Napoletana (in un articolo su questo blog – http://soloscacchi.altervista.org/?p=63712 – racconto i miei ricordi di gioventù). C’erano tanti giovani talenti, alcuni negli anni ’80 sono diventati forti maestri (ricordo bene Ernesto Iannaccone, Mario Cocozza, Giacomo Vallifuoco, Umberto Sodano) e hanno anche ottenuto buoni risultati a livello internazionale.
Poi, con la chiusura della sede di Piazza Trieste e Trento, è iniziato un lento declino dello scacchismo campano e una ripresa c’è stata negli ultimi anni grazie all’opera svolta dalla Scacchistica Partenopea, con sede nel quartiere collinare del Vomero. Altro a Napoli, per quanto ne so, oggi non c’è. Tempo fa lessi un’intervista in cui il Presidente dell’Associazione, il prof. Francesco Roviello, descriveva l’attività sociale, le tante iniziative, i corsi svolti nelle scuole, i tornei promossi con cadenza periodica.
Perchè i giovanissimi, dopo l’apprendimento del gioco, non coltivano l’attività agonistica? Vengono alla mente risposte semplici e forse banali: gli scacchi sono uno sport mentalmente faticoso, altamente competitivo se si vuole emergere, dove la sconfitta dopo 4 ore o più di gioco può essere frustrante e dura da digerire. Ci sono tante altre attività sportive che divertono di più e magari lasciano sognare un futuro da ricchi protagonisti. Cosa fare per migliorare la situazione? Dovrebbero rispondere quelli che si occupano di circoli e che hanno potere decisionale. Forse ci dobbiamo domandare se riusciamo davvero a coinvolgere i ragazzi nel modo giusto, magari utilizzando i social media e fornendo esperienze più dinamiche e socializzanti. Forse la FSI potrebbe seguire meglio i giovani di talento offrendo loro prospettive di addestramento più evolute e coinvolgendo anche i genitori. Favorire e incrementare i tornei open, come suggeriva Puntas Arenas, può essere utile per permettere ai giovani di confrontarsi con giocatori di alto livello provenienti da tutto il mondo, ottenere norme internazionali e aumentare la visibilità degli scacchi attraendo l’attenzione dei media e del pubblico, insomma generando interesse ed entusiasmo. Io proverei a reinvestire in modo diverso nel settore giovanile, a trovare sponsor per incrementare le possibilità economiche e portare avanti progetti innovativi e coraggiosi per i giovanissimi. Forse è più facile a dirsi che a farsi, ma, a mio avviso, occorre crcare nuove strade e nuove idee.
@Paolo
Ah, Paolo, non sapevo delle tue origini e frequentazioni partenopee! Allora direi che al tuo elenco di famosi giocatori napoletani ne manca uno: il mitico MI Giorgio Porreca! Il grande scrittore e traduttore che tutti rimpiangiamo per i suoi famosi libri e manuali, nonché per la grande chiarezza dei suoi articoli e libri. Ma tu l’avevi conosciuto, e magari hai qualche aneddoto da raccontare?
Per venire al tema che anche tu hai discusso, sul perché oggi i giovanissimi giocano sempre meno a scacchi, direi che purtroppo gli scacchi hanno percorso una lunga parabola discendente, dopo avere toccato l’apice della popolarità nel 1972, dopo il match Fischer – Spassky. In quegli anni gli scacchi avevano un prestigio immenso, ed era considerato prestigioso anche ottenere una categoria minore, come 3N e 2N, perché comunque voleva dire essere entrati nel “giro” agonistico, e all’epoca solo una minoranza aveva qualche titolo nazionale, i più giocavano nei circoli, e avevano categorie sociali.
Purtroppo occorre pur dire che i computer hanno distrutto il prestigio del gioco umano, e dal 2000 in poi i giocatori agonistici diminuiscono ovunque, e non solo in Italia. Perché è evidente che se i computer hanno trasformato gli scacchi in forza bruta di calcolo, in cui nessun umano può competere coi computer, allora anche il prestigio delle capacità umane, dei GM più forti, non può che venire svalutato.
Qualche anno fa alcuni giocatori mi mandarono un interessante documento, in cui dicevano di volere fare una campagna contro l’utilizzo dei computer negli scacchi, e mi pregavano di scrivere articoli, come facevo quando collaboravo con l’Italia Scacchistica, tra il 2004 e il 2007. Ma purtroppo anche l’Italia Scacchistica aveva chiuso definitivamente nel 2012, e io non avevo più contatti con l’ambiente. Quindi non potevo aiutarli.
Inoltre, mi sembrò abbastanza velleitario e tardivo cercare di limitare l’utilizzo dei computer negli scacchi nel 2018, perché semmai era qualcosa che si doveva fare negli anni ’80. Ma all’epoca c’era Kasparov che nel 1989 diceva che nessun computer avrebbe mai potuto batterlo (sic!), e che poi affrontò una sfida dopo l’altra coi computer, per poi perdere malamente con Deep Blue nel 1997.
Semmai l’unica cosa che si dovrebbe fare – a mio modestissimo parere – è diffondere tra tutti i giocatori la consapevolezza che il gioco dei computer (che è solo solo calcolo) non ha nulla a che vedere con gli scacchi umani, così come la velocità delle motociclette non ha nulla a che vedere con l’atletica leggera e i 100 metri piani, o la potenza di una gru non ha nulla a che vedere col sollevamento pesi degli atleti umani, o la potenza di un motoscafo non ha nulla a che vedere con le capacità di un nuotatore umano.
Quindi occorre rivalutare le capacità degli scacchisti umani, a qualsiasi livello e ovviamente ai massimi livelli.
Inoltre non posso che ripetere quello che scrivevo nel 2013: occorre insegnare ai giovani che gli scacchi non sono solo Elo e categorie, ma la prima cosa che dovrebbe motivare un giovane giocatore è la possibilità di DIVERTIRSI, affrontando molti avversari, migliorando sempre più il proprio gioco, viaggiando e vedendo nuove località, incontrando nuova gente.
Nel 2013 osservavo che due dei libri di scacchi che avevano venduto di più erano stati scritti non da GM o grandi campioni, ma da due nazionali come Angelo Cillo e Paolo Bagnoli. Eppure erano libri ben scritti, divertenti e avvincenti.
Occorrerebbe dire ai giovani che non devono entrare nel meccanismo ossessivo della corsa all’Elo e della categoria, anche perché solo pochissimi riescono a diventare GM. Su 8 miliardi di persone al mondo, i GM sono poco più di 2000, quindi c’è un GM ogni 4 milioni di persone. E tra l’altro anche diventare GM non basta per praticare professionalmente gli scacchi. Io avevo conosciuto il GM Malakhov, che era anche un top-GM sopra i 2700 punti, e lui diceva apertamente che sconsigliava il professionismo scacchistico a chi non arrivava in tempi brevi a 2700 punti. E tra l’altro anche lui adesso ha 44 anni, ma non fa più il professionista, gioca molto saltuariamente, avendo anche famiglia (moglie e 2 figli). Credo che lavori nel campo della fisica, come il padre.
Probabilmente la scelta migliore – per i più forti, a meno che uno non sia un top GM tra i primi 15 al mondo – sarebbe quella del semi-professionismo. E infatti il nostro Mariotti – unico GM negli anni ’70 e ’80 – lavorava in banca e giocava prendendo le ferie, come altri grandi giocatori come Reshevsky (contabile), Euwe (insegnante) e tanti altri.
Insomma, se si insegnasse ai giovani a divertirsi giocando a scacchi avremmo molti più giocatori, e tra questi si potrebbero trovare i veri talenti da sostenere.
Ma non vedo una gran volontà della dirigenza federale di affrontare il problema. Loro preferiscono lodarsi e dire: “come siamo bravi, abbiamo più di 20.000 tesserati!” Ma dimenticano che di quei tesserati solo 12.000 giocano nei tornei, e i nuovi giocatori spesso smettono dopo 1-2 anni. E 12.000 giocatori di torneo non interessano i media e gli sponsor, a differenza degli sport più seguiti come calcio, tennis, pallavolo, sci, nuoto, basket, ecc., che hanno in media 300.000 tesserati e praticanti.
Ho parlato a lungo del M.I. Giorgio Porreca e ho raccontato tanti aneddoti nell’articolo che scrissi sul nostro blog qualche anno fa e che, non per fare pubblicità
, se vuoi puoi leggere qui : – http://soloscacchi.altervista.org/?p=63712 – Ho parlato anche del Maestro Bruno Milanesi (ex sindaco di Napoli) di Dario Cecaro, di Scafarelli, Bagirov ed altri famosi scacchisti che incontrai in Accademia in quegli anni.
L’ultimo a lasciarci, quest’anno purtroppo, il Maestro Cecaro.
Bei tempi, quanti ricordi…
Giusto una curiosità: chi è a oggi il più anziano Maestro italiano?
Mi vengono in mente i decani Pipitone e Diena, classe 1926 (complimenti!), ma tra coloro che non hanno ottenuto il titolo ad honorem chi sono i più vecchi?
A me vengono in mente Ennio Contedini di Milano che è del 1934 ed stato ricordato sulle pagine di questo bel blog dal suo collega, il Maestro Castiglioni, e Severino Stantic di Trieste del 1932 ma ignoro se, ancora in vita ce ne siano altri più anziani.
Il maestro Ferruccio Castiglioni (1921) è morto nel 1971.
io veramente intendevo lei come autore del bel ricordo del Maestro Contedini.
Io compirò 80 anni in giugno e anche se in tempo diversi ho fatto norme da maestro, sono sempre rimasto candidato maestro.
Comunque credo che i record di longevità di Enrico Paoli siano anch’essi del tutto notevoli. Paoli era del 1908, e quando è morto nel 2005 (a pochi giorni dal suo 98° compleanno) giocava ancora (!). Credo che Paoli sia stato il più anziano campione italiano della storia, perché ottenne il titolo a 60 anni, nel 1968.
Grazie Paolo!
Scusa, ma non sapevo che avessi già trattato tempo fa l’argomento, e la tua frequentazione di Porreca al circolo di Napoli. D’altra parte ormai gli articoli sono tantissimi, e ci si perde a navigarci.
Ti faccio anche i complimenti per la tua patta con lui, tra l’altro in una partita a tempo regolare, e in un’ortodossa, apertura che lui conosceva benissimo!
Altrettanto gustosi sono gli aneddoti sui camerieri “snob”, ma soprattutto quello della vostra visita alla portaerei americana, con il ricordo della Coca Cola così buona!
Mi trovo invece in totale dissenso rispetto all’opinione di Porreca, sul possibile esito di un match Fischer – Karpov nel 1975, se il bizzarro americano non avesse dato forfeit.
Secondo Porreca Fischer sarebbe stato svantaggiato, qualora avesse affrontato Karpov dopo quasi 3 anni di totale assenza dai tornei, e addirittura disse che “non avrebbe mai potuto affrontare il giovane sovietico con serie speranze di vittoria “ (???), un’affermazione che non sta né in cielo, né in terra!
Infatti, già in precedenza Fischer era stato del tutto assente dai tornei per un anno e mezzo, dal settembre 1968 (Vinkovci) al marzo 1970 (URSS – Resto del mondo), ma come ben sappiamo quando rientrò dimostrò subito di essere diventato praticamente imbattibile, in quei 3 anni 1970-1971-1972.
Inoltre, nel 1975 aveva appena 32 anni, quindi era nel pieno delle sue capacità psico-fisiche.
Quindi la teoria di Porreca, secondo cui qualche anno di assenza dalle competizioni sarebbe così deleterio per uno scacchista, non ha in realtà alcun fondamento. Anche perché se il giocatore studia e si prepara accuratamente al match, 2-3 anni non incidono più di tanto.
E infatti, sia Gligoric che Korchnoi (non certo degli incompetenti!) invece ritenevano che Karpov non avesse possibilità contro Fischer, ed entrambi conoscevano bene sia Fischer che Karpov, a differenza di Porreca.
Aggiungo un altro caso di giocatore d’alto livello rimasto lungamente assente dalle competizioni: Enrique Mecking, che dal 1979 al 1992 aveva del tutto abbandonato i tornei (pare fosse malato di miastenia). E tuttavia, dopo il 1992, si vide che il suo livello di gioco era rimasto praticamente lo stesso di prima, e giocò molte belle partite (vinse anche a Lodi nel 2006).
Ma vorrei riferire un aneddoto che raccontò il GM canadese (d’origine greca) Peter Biyasas, che tra il 1979 e il 1981 giocò parecchie partite d’allenamento con Bobby Fischer a San Francisco. Ebbene, Biyasas disse che in quelle partite Fischer lo aveva letteralmente sempre fatto a pezzi! Non riusciva nemmeno ad arrivare ad un finale decente, veniva sempre surclassato tra l’apertura e il centro partita.
E’ vero che Biyasas era un GM di medio livello, ben al di sotto di Karpov, però sicuramente la sua testimonianza prova che Fischer anche a fine anni ’70 era ancora fortissimo.
E sicuramente nel 1975 Fischer a detta di quasi tutti – con buona pace di Porreca – avrebbe avuto le maggiori chances di vincere il match con Karpov. Tra l’altro Karpov tendeva a perdere colpi dopo le prime 15 partite, come accadde con Korchnoi, quindi Fischer lo avrebbe surclassato atleticamente, col procedere del match.
Il fatto è che Porreca non era molto obiettivo, perché era piuttosto filo-sovietico (per lo meno scacchisticamente), e ciò spiega la sua predilezione per Karpov.
Per carità, ogni opinione è da rispettare. Certo, il Maestro Porreca non era l’oracolo degli scacchi e il suo giudizio era espresso a caldo, quando il match era definitivamente saltato tra lo stupore generale e prima che molte cose sullo stato mentale di Fischer venissero a galla. Ma se hai pazienza vorrei che leggessi il parere di Garry Kasparov espresso trent’anni dopo nel suo bellissimo libro “I Miei Grandi Predecessori Vol 4° – Fischer e le stelle dell’occidente-“: “Fischer non era psicologicamente pronto alla sfida. Il fatto che, dopo aver conquistato la corona, avesse completamente smesso di giocare, è una chiara dimostrazione che i suoi nervi non erano in ordine. Non giocare per 3 anni alla sua età era assurdo! E io non credo alla frottola che sia possibile mantenere la propria forma ai massimi livelli senza partecipare ai tornei.”
In quest’articolo pubblicato nel 2011 l’ex campione del mondo chiarisce le sue idee: “Non sostengo che Karpov sarebbe stato il favorito, o che nel 1975 egli fosse un giocatore più abile di Fischer. Ritengo però che esistano delle convincenti prove circostanziali a favore dell’ipotesi che Fischer avesse dei buoni motivi per provare inquietudine per ciò che aveva scorto nel suo sfidante. Occorre tenere a mente che Fischer non disputava una partita seria da tre anni. Questo spiega la sua insistenza affinché l’incontro avesse una durata illimitata, protraendosi sino a quando uno dei due giocatori non avesse raggiunto dieci vittorie. Considerata la frequenza dei pareggi nelle partite di alto livello, un simile match si sarebbe protratto probabilmente per molti mesi, dando a Fischer il tempo di riprendere la mano e imparare a conoscere Karpov, contro il quale non aveva mai giocato. Karpov era la punta di diamante della nuova generazione, nata sulla scia di Fischer. Giovani di cui Fischer aveva pochissima esperienza, e il cui approccio era diverso da quello di tutti i grandi giocatori che egli aveva sconfitto nella sua corsa verso il titolo del mondo. Nel torneo degli sfidanti, Karpov aveva stracciato Spassky e sconfitto Viktor Korchnoi, altro bastione della vecchia generazione. Posso immaginare come Fischer, nel ripassare le mosse di quegli incontri e in particolare lo stile meticoloso e risoluto esibito da Karpov contro Spassky, iniziasse a provare una certa insicurezza.”
Penso che Kasparov abbia descritto con chiarezza, molti anni dopo, ciò che Porreca ed altri nel 1975 avevano perfettamente intuito dopo l’abbandono di Fischer. Resta un’opinione anche quella di Kasparov, ma io credo che Fischer avesse davvero “paura” di giocare contro Karpov; in fondo aveva tutto da perdere, e Fischer non accettava nemmeno lontanamente la possibilità di una sconfitta, il suo ego ne avrebbe sofferto troppo. Se avessero accettato tutte le sue condizioni forse ne avrebbe tirato fuori altre, oppure si sarebbe ritirato dopo le prime partite con qualche pretesto se le cose all’inizio non si fossero messe bene. Non lo sapremo mai, ma sta di fatto che contro Karpov non giocò, mentre, come ritiene Garry Kasparov, se lo sfidante fosse stato Spassky, Petrosion o Korchnoi, di sicuro avrebbe accettato la sfida, certo di avere la meglio anche dopo 3 anni di inattività.
Mi viene in mente Reuben Fine e il suo libraccio di psicologo della mutua, in cui mostra un astio evidente e malcelato verso Fischer, solo perché Bobby l’aveva battuto in 17 mosse, e aveva pubblicato quella partita.
In realtà Kasparov è molto disonesto, perché evita accuratamente di parlare del vero motivo per cui Fischer non giocò, e cioè il rifiuto della FIDE di concedere il cambio di regole, e cioè di ammettere la vittoria al mondiale a chi avesse per primo ottenuto 10 vittorie, con 2 punti di vantaggio, e senza limite di patte. Con 9-9 il Campione (Fischer) avrebbe conservato il titolo
Gligoric appoggiò la proposta, come tanti altri, anche perché era la stessa regola del match Capablanca – Alekhine, a parte il numero di vittorie: 6-4 nel match del 1927, 10-8 in quello del 1975.
Era anche una proposta equa, perché in effetti venne seguita nel famoso match di Fischer con Spassky del 1992, in tutto vennero giocate 33 partite.
La proposta di Fischer inoltre era utile a movimentare il match: è evidente che ad alti livelli è fin troppo facile pattare molte partite, e se i giocatori non sono costretti a giocare per vincere, è fin troppo probabile che vi sia una lunga serie di patte, con delusione del pubblico.
E tra l’altro la FIDE cambiò le regole nel 1978, e passarono alla regola del 6-5 senza limite di patte.
Quindi avrebbero senz’altro potuto accettare la proposta di Fischer, ma non lo fecero.
Porreca scrive che Fischer aveva rifiutato “tutte le più allettanti proposte”. Allettanti per chi? Per la nonna di Karpov magari. Diciamola tutta la verità, altro che psicologia da 4 soldi!
BUM!!
Non ci arrovelliamo più di tanto a frugare nella mente di Fischer. Ti dico solo: tanti sinceri auguri di un sereno 2025! 
Buon 2025 anche a te! Ma io – a differenza di Kasparov – NON voglio frugare nella mente di Fischer: io mi limito a valutare i FATTI, cioè la proposta di Fischer di vittoria dello sfidante in caso di 10-8, e senza limite di patte. Questi sono i fatti OGGETTIVI, e la proposta che Fischer presentò UFFICIALMENTE alla Fide. Qui tutti dicono che Fischer aveva dato forfeit, che non aveva più voluto giocare, e quasi nessuno riporta ciò che avvenne: Fischer chiese di cambiare le regole, ma la Fide (in cui i sovietici avevano un potere dominante) rifiutò, per aiutare Karpov. Basta con queste solite frescate su Fischer pazzo, Fischer imprevedibile, ecc. La proposta di Fischer del 10-8 era del tutto ragionevole e condivisibile, anche perché il mondiale assegnato col vantaggio di 2 punti dello sfidante era una regola già usata nei matches mondiali di Steinitz, Lasker, ed altri. La realtà è che aveva ragione Korchnoi: nè lui, né Karpov avevano serie possibilità di battere Fischer nel 1975, e Kasparov può dedicarsi alla sua attività preferita: quella del mago di Segrate, che prevede il passato e il presente. Ecco la perla del maghetto di Baku nel 1997:
1.e4 c6 2. d4 d53.Nc3 dxe4 4.Nxe4 Nd7 5.Ng5 Ngf6 6.Bd3 e67.N1f3 h6??? 8.Nxe6 Qe7 9.O-O fxe6 10.Bg6+ Kd8 11 .Bf4 b5 12.a4 Bb7 13.Re1 Nd5 14.Bg3 Kc8 15.axb5 cxb516.Qd3 Bc617.Bf5 exf5 18.Rxe7 Bxe7 19. c4 1-0
“Nessun computer riuscirà mai a battermi”
“Nessun computer riuscirà mai a battermi”
“Nessun computer riuscirà mai a battermi”
Garry Nostradamus Kasparov 1989
sempre interessanti i suoi commenti
dei veri e propri articoli negli articoli
grazie
Purtroppo “le imminenti elezioni federali di dicembre” hanno sancito lo status quo ante (tipo 9 euro di registrazione del risultato per giocatore a ogni torneo disputato: nell’era del digitale un’autentica eresia!) e le risposte che auspica il GM Basso son tutte lì ancora da fornire.
Per capire dove stiamo andando dobbiamo guardare a un paio di episodi del passato:
1) non abbiamo preso lo spunto dal grande match del 1972;
2) anche la presenza di Caruana è sfumata…..
Oltre ai giocatori bravi,che ci sono per fortuna, c’è bisogno di strutture…..ma purtroppo la federazione non è quella del calcio….
La presenza di Caruana è sfumata perché l’Italia non aveva alcuna possibilità di assicurargli un professionismo adeguato ad un top-GM da 2800. Consideriamo che in Italia il vincitore del CIA, il campionato italiano assoluto, vince come premio 2.900 euro, mentre il vincitore del campionato USA (quasi sempre Caruana) là vince 62.000 dollari (circa 60.000 euro). Inoltre, negli USA ci sono sponsor miliardari come Rex Sinquefield, che aveva convinto Caruana nel 2015 a lasciare l’Italia per trasferirsi definitivamente in America. Quanto alle “strutture”, qui in Italia hanno lasciato morire quasi tutti i grossi festival e open (Crespi, Bratto, P.to s. Giorgio, Verona, Saint Vincent, ecc.) che una volta permettevano ai più forti di emergere e realizzare le norme internazionali. Sul grande match del 1972, direi che dopo tutto non si era fatto poco: nel 1975 organizzarono il grande torneo di Milano, con i migliori GM in circolazione, e in pochi anni ci fu un’esplosione di tornei e festival, che per decenni permisero a innumerevoli giocatori di crescere.
Su Caruana allora si sono perse delle risorse, Milano nasce dai finanziamenti per il mancato incontro Fisher Karpov…..poi nel 1978 l’Italia non partecipò alle olimpiadi per mancanza di fondi….
Il grande torneo di Milano del 1975 non venne finanziato dalle risorse per il mancato incontro Fischer – Karpov, ma – si può leggere su l’Italia Scacchistica del settembre 1975, lungo articolo di Capece – venne interamente finanziato dal grande organizzatore Leo Wachter, che era specializzato nell’organizzazione di grandi eventi (tra l’altro aveva portato in Italia i Beatles a metà anni ’60), e si fece carico della parte economica del torneo di Milano (Karpov vinse 12.000 dollari, che rivalutati corrispondono a circa 50.000 euro di oggi!), mentre il presidente Palladino si occupò della parte scacchistica, con gli inviti ai più importanti GM dell’epoca (Karpov, Portisch, Petrosian, Tal, Larsen, Gligoric, Ljubojevic, ecc.). Leo Wachter poi sponsorizzò anche il mondiale del 1981 a Merano, tra Karpov e Korchnoi. Un grande patron di manifestazioni scacchistiche, che purtroppo non c’è più.
Sinceramente non sapevo chi avesse finanziato il torneo, ma avevo letto che Milano concorreva per il match, che poi venne stabilito nelle Filippine, e visto che non si tenne si riparo’ sul pugilato…..magari Capece potrà confermare cosa spinse il finanziatore sul torneo di Milano, con la partecipazione di Sergio Mariotti….
Cosa spinse Leo Wachter a finanziare il torneo di Milano del 1975? Te lo posso dire io: la passione per gli scacchi. Lui era di origine polacca, e amava gli scacchi, anche se non li praticava. Ma se guardi la scheda che lo riguarda su wikipedia, puoi avere altre informazioni su di lui. Wachter era l’organizzatore per eccellenza di grandi eventi a Milano, anche se non solo a Milano.
Quello che volevo dire era che forse inizialmente il finanziamento era per concorrere al mondiale che poi purtroppo non ebbe mai luogo. Sul torneo di Milano la sera la radio dava i risultati…..una vita fa….
Sul mondiale saltato del 1975, la nazione che con ogni probabilità lo avrebbe ospitato erano proprio le Filippine, che avevano messo in palio ben 5 miliardi di lire dell’epoca (in realtà erano franchi svizzeri o dollari, al cambio del periodo con la lira). Era una somma enorme, pari ad oltre 33 milioni di euro di oggi. E all’epoca Fischer era amico del dittatore Marcos (gli aveva anche permesso di pattare in 3 mosse una partita!), e quest’ultimo voleva ad ogni costo organizzare un mondiale di scacchi, per ragioni di prestigio, come fece poi nel 1978, anche se senza Fischer la posta in palio scese notevolmente. Può darsi che Wachter fosse disposto a finanziare il mondiale 1975 in Italia, però si sapeva già a febbraio 1975 che l’Italia non era in grado di assecondare le richieste di denaro di Fischer. Poi fu soprattutto il presidente Nicola Palladino ad insistere per organizzare un grande torneo a Milano, e si vede che sapendo che Wachter aveva mezzi finanziari adeguati, si sia poi rivolto ancora a lui.
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