Rimpalli

Scritto da:  | 25 Gennaio 2025 | 2 Commenti | Categoria: Zibaldone

Paolo era un anarchico sognatore.
Come tutti quelli dotati di una intelligenza viva non si piegava al conformismo delle idee e alle regole del buonismo borghese.
Come tutti quelli che hanno un animo sensibile guardava con tenerezza agli umili, a quelli che si ammucchiano al fondo della scala.
Scriveva le sue poesie, carezzando gli ultimi:

«Vecchia prostituta del lungo Dora mi prostro di fronte alle tue calze smagliate, alle mutande raffazzonate, agli occhi mal truccati: fard interiore a basso prezzo. Aspetta il successivo, di passaggio, lì per caso, e poi quello che viene dopo, il seguente. A piedi scalzi, col freddo, senza vestiti, con la pelle; ora il prossimo: io non vengo perché ti amo troppo».

Oltre che con le parole, lui ci teneva a dare segni tangibili del suo rifiuto di qualsiasi omologazione.
Così ogni tanto faceva qualcosa di originale; solo per sorprendere e provocare il giudizio comune, per staccarsi dalla massa e rivendicare la propria individualità. Niente di eclatante perché era un ragazzo buono, niente di violento o aggressivo perché era un ragazzo mite.
La sua volontà era semplicemente quella di rendere concreta e visibile la sua innocente anarchia, certificare a se stesso e al mondo il valore di ogni singolo uomo contro società e poteri che impongono autorità e massificano individui. Così si radeva il cranio, e ci scriveva sopra una poesia:

In fede io ti dico, magnifico rettore, che sono giovane, in fede ti dico che sono anarchico, in fede ti dico dove sono nato, che numero di telefono ho, dove abito,… insomma tutti i dati che ti occorrono. In fede, spero che tu mi abbia segnalato come sovversivo, che mi abbia schedato, che abbia lanciato occhi pieni di sgomento quando hai visto il mio cranio pelato. In fede so, dopo averti parlato senza cultura, che non capirai l’eremo su cui spira il vento ascetico del Nulla. Basta! È facile comprenderlo. In fede, magnifico rettore, non parlo più.

Si era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza, per dare uno sbocco concreto alla sua ansia di giustizia, e macinava esami.
Aveva scelto un nome d’arte per le sue produzioni poetiche: Francesco Paolo Pe. Anche sul frontespizio del copione di “Piazzetta” c’è scritto questo nome.
“Pe” era la prima sillaba del suo cognome, Pesante, e fin qui tutto chiaro. Ma era il seguito che non capivo: Colui che non può non essere. Colui che non può non essere? E che vuol dire.
Ma eravamo abituati alle stramberie di Paolo e soprattutto eravamo consapevoli che, essendo lui molto al di sopra del nostro livello culturale e cognitivo, non avremmo mai potuto capire fino in fondo tutto ciò che faceva o diceva.
Così anche quella misteriosa definizione, Colui che non può non essere, passò in Piazzetta distrattamente, senza che qualcuno gliene chiedesse il motivo, senza che qualcuno ne volesse approfondire le ragioni.
Fu lasciata sospesa, a galleggiare senza peso in mezzo a noi e venne presto dimenticata. Andava semplicemente ad aggiungersi al già cospicuo numero dei suoi atti originali, da archiviare come gli altri in fondo alle nostre vite, senza doverci stare troppo a pensare.
Quando decisi di farlo, ne rimasi sgomento.

avatar Scritto da: Teodoro Lorenzo (Qui gli altri suoi articoli)


2 Commenti a Rimpalli

  1. avatar
    Martin 25 Gennaio 2025 at 19:35

    Mi sono imbattuto per caso in questo bellissimo libro che si legge tutto d’un fiato. Lo ha scritto un ex calciatore professionista, oggi avvocato, e racconta in modo diverso ed inconsueto non solo le vicende calcistiche dell’autore, dall’oratorio al professionismo, ma anche mille esperienze di vita e ritratti di figure di piccoli-grandi eroi come quella descritta in questo stralcio tratto dal libro. E’ anche la storia di un’adolescenza, con diverse divagazioni storiche e letterarie e acute considerazioni sul calcio di oggi.

    E mi piacerebbe riportare quanto scrive di questo libro Salvatore Amorello nel suo interessantissimo blog Teloracconto:

    Rimpalli di Teodoro Lorenzo è un romanzo che non si limita a raccontare una storia, ma che si insinua nella memoria e nelle emozioni del lettore come un pallone che rimbalza su un terreno irregolare, imprevedibile e familiare al tempo stesso.

    Ambientato nella Torino popolare degli anni ’60 e ’70, il libro ci guida attraverso le esperienze di un ragazzo cresciuto nei cortili di periferia, dove ogni gioco era una fuga e ogni partita di pallone un sogno a occhi aperti. Il protagonista ci porta per mano nel mondo semplice eppure straordinario della sua infanzia: un microcosmo fatto di amicizie genuine, sassi usati come pali per le porte, fughe dai rimproveri degli adulti e discussioni infinite sulle regole improvvisate di un calcio giocato con il cuore prima che con i piedi.

    Lorenzo cattura con precisione malinconica la vita di quegli anni, ma il suo vero talento sta nel trasformare il calcio, tema portante del romanzo, in una metafora universale della vita stessa.

    Il titolo Rimpalli è emblematico: un termine che richiama il caso e l’imprevedibilità, come quegli episodi calcistici in cui la fortuna sembra prendere il sopravvento, decidendo le sorti di una partita e, per estensione, della vita. Attraverso gli occhi del protagonista, il calcio non è solo uno sport, ma un linguaggio universale, un campo simbolico dove i sogni si realizzano o si infrangono, dove ogni giocatore porta con sé la propria storia e il proprio carattere. Lorenzo esplora la dimensione intima dello sport, mostrandoci come il modo di giocare possa rivelare la personalità: il generoso, l’egoista, l’istintivo, il razionale. E in questo intreccio di riflessioni filosofiche e narrazione, emergono momenti di straordinaria potenza evocativa, come il ricordo della corsa di Marco Tardelli dopo il gol nella finale del 1982, simbolo di una felicità così intensa da bruciare, fugace ma indimenticabile.

    La narrazione è resa ancora più viva dalla presenza di Pietro Anastasi, figura che attraversa le pagine come un’icona di coraggio e autenticità. Lorenzo ne fa un ritratto toccante, celebrando non solo il campione, ma anche l’uomo che ha saputo affrontare le difficoltà della vita e della malattia con dignità, fino all’ultimo istante. Questo omaggio non è solo un tributo personale, ma una riflessione universale su ciò che significa vivere e morire con coerenza, accettando la sfida con la stessa tenacia con cui si affrontano gli avversari sul campo.

    La scrittura di Lorenzo è diretta, colloquiale, ma al tempo stesso capace di volare alto, sfiorando la poesia nelle riflessioni sulla felicità, sul tempo e sulla memoria. Ogni pagina è intrisa di nostalgia per un’epoca in cui le piccole cose avevano un valore immenso: le figurine scambiate in piazzetta, le partite infinite nei cortili, i racconti del calcio che diventavano leggenda tra amici.

    Rimpalli è un libro che parla a tutti, non solo agli appassionati di calcio. È un viaggio nei ricordi di chiunque abbia mai corso dietro a un pallone, ma anche un invito a riflettere sul senso della vita, sui suoi momenti magici e sul significato di quei rimbalzi imprevedibili che determinano il nostro destino. Lorenzo ci regala un’opera che è un tributo al passato, un elogio alla resilienza e un inno alla bellezza del vivere, con tutte le sue vittorie e le sue sconfitte. Una lettura che lascia il segno, proprio come i gol indimenticabili che racconta.

  2. avatar
    Paolo Landi 26 Gennaio 2025 at 12:28

    Grazie Martin per questa segnalazione e per le magnifiche parole di commento che hai riportato.

    Mi piace 1

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