Oggi, come allora, bevo pochissimo…

Scritto da:  | 24 Luglio 2013 | 30 Commenti | Categoria: Racconti, Voglia 'e turnà

…particolari insignificanti

Molo

Sono uscito presto dall’ufficio per andare a prendere mio figlio a scuola. Gli ho promesso una lunga camminata: prima sulla passeggiata a mare, a mangiare un gelato, poi sul molo.

A primavera non c’è niente di meglio.

Con i nostri gelati in mano ridiamo parlando, per l’ennesima volta, della mia strana passione per gli scacchi, per lui incomprensibile, e della mia fissazione per il grande campione Petrosjan. E’ l’argomento preferito da Federico quando vuole prendermi in giro e io non mi sottraggo ai suoi sfottò; a me piace così.

Distrattamente mi fermo a leggere il menù del ristorante sul molo, ma poi mi blocco davanti alla lista dei vini.

Sono improvvisamente a disagio. Conosco già questa sensazione. Ripensandoci oggi, dopo dieci anni, mi sembra incredibile e ancora mi accorgo di respirare affannosamente mentre rivivo quegli istanti. Pensieri che oggi non riconosco più e che mi restituiscono il ricordo della mia fretta insensata, di una lucida ferocia verso me stesso e gli altri, di particolari chiarissimi che dovrebbero essere insignificanti. Ricordo tutto con maniacale chiarezza:

““Da un quarto d’ora ho parcheggiato l’auto in garage. Sto lavorando alacremente.

“Certo in televisione sembrava tutto così rapido…”

Il tubo di plastica verde, come quelli che si usano per innaffiare i giardini, non ne vuole sapere di entrare nell’auto dal bagagliaio, attraverso i sedili posteriori. Sono nervoso.

“Ci vuole più forza…Fatto!”

Adesso dieci centimetri di tubo spuntano nell’abitacolo e l’altro metro e quaranta pende all’esterno fuoriuscendo dalla bauliera. Mi accorgo di sudare abbondantemente, malgrado sia la fine di un freddo settembre e indossi una giacca di fresco lana blu, senza giaccone.

“Devo abbassare il portellone…il tubo!…Il tubo…devo stare attento a non schiacciarlo. Non posso rischiare che il flusso di monossido di carbonio si interrompa…”

Il nastro isolante lo sigilla all’interno dello scappamento, dove l’ho appena inserito con cura. Sono soddisfatto della mia opera e una delirante felicità mi pervade: “Ho finito!”

Ora inizia la parte più facile. Dopo aver spento le luci del garage, salgo in auto dal lato di guida. Basteranno pochi secondi della debole luce di cortesia per portare a termine ciò che ho progettato da qualche giorno. Mi sistemo la giacca e la cravatta. Reclino leggermente il sedile, in modo da scongiurare l’eventuale caduta in avanti del mio corpo esanime che potrebbe azionare il clacson, attirando l’inopportuna attenzione di qualche condomino. Dal sacchetto di plastica, che si trova sul sedile a fianco, tiro fuori una bottiglia di grappa italiana che ho acquistato uscendo dal lavoro, prendendola distrattamente dallo scaffale del supermercato. La tengo con la sinistra e penso che basterà ad abbattere le mie ultime, eventuali, resistenze. Rimetto il tappo a vite nel sacchetto. Con la mano libera giro la chiave e accendo finalmente il motore. Attendo di percepire subito l’odore acre dei fumi dello scappamento, come hanno detto in quel film in tv. Niente di tutto questo. La televisione non è la realtà, ti inganna e te ne accorgi quando è troppo tardi. Ora sento solo il rumore del motore. Avidamente bevo il primo sorso, abbondante, infuocato. Istintivamente rivolgo verso di me l’etichetta della bottiglia per leggerla. Solo ora mi accorgo che è grappa di Barbera e mi faccio abbracciare dal sedile avvolgente:

“Già, la Barbera…”

Ho un ricordo nitido, che mi torna sempre in mente nei momenti difficili. Un bambino con i pantaloni corti, una maglietta gialla, leggera, ai piedi dei calzini bianchi di cotone e le ciabatte. E’ seduto in un corridoio buio, il mento appoggiato sulle ginocchia, strette al petto dalle braccia incrociate. Il respiro leggero per non farsi scoprire e godersi cosa fanno i grandi quando non ci sono i piccoli. Davanti a sé l’unica stanza della casa da cui arrivano i rumori della mattina: la cucina. Osserva la possente schiena di un vecchio con i capelli bianchi ed i gomiti appoggiati sul tavolo, seduto su di una sedia di legno laccato bianco. Lungo il corridoio si spande il profumo irresistibile di soffritto. Il vecchio, come richiamato dallo sguardo invisibile del ragazzo nel buio, si volge verso di lui e lo invita ad abbracciarlo. E’ un’immagine da filmino Super8. Per me è la tenerezza. Quell’uomo era mio nonno Giuseppe. Ho vissuto molto con lui e con mia nonna Adele, li ho amati e non passa giorno senza che ripensi a loro.

Quella soggettiva la associo istintivamente al vino, anzi, proprio alla Barbera.

ZenaInizi degli anni ’70 del secolo scorso,  è una mattina d’estate a Genova, avrò avuto cinque o sei anni. La cucina è luminosissima e con un’ampia porta finestra, sempre spalancata, che restituisce nella stanza i suoni mattutini del quartiere popolare. Sul davanzale fanno bella mostra degli splendidi gerani. Un abbraccio al nonno, un bacio alla nonna, con il suo immancabile grembiule a fiori, e poi ancora, come sempre, in ginocchio sulla sedia bianca a fianco al mio vecchio che scruta la sua piccola scacchera in legno, che conservo ancora oggi. Mi sembra di vederlo, lo ricordo come un uomo enorme ed onnipotente. In realtà era robusto ma di bassa statura, come tutti quelli della sua generazione; senz’altro fortissimo e vigoroso, anche alla sua età, lui trentino cresciuto tra le due “grandi” guerre del novecento. Quel giorno diventai grande, o almeno così ho creduto per molti anni, comunque rimane un momento indelebile della mia esistenza.

Lui sta preparandosi al suo rituale quotidiano: il tovagliolo bianco davanti a sé, ben disteso sul tavolo, al centro il bicchiere, a sinistra mezzo panino all’olio, di quelli morbidi e buoni, che si trovano solo in Liguria. A destra, la bottiglia della Barbera, l’unico vino che beveva con molta moderazione. Riempie il bicchiere. Osservo i suoi movimenti che mi sembrano più lenti del solito, quasi solenni. Senza dire nulla spezza il panino e ne intinge una piccola parte nel vino rosso. Lo osservo in silenzio, rapito, come sempre quando esegue quei gesti. Dopo aver risollevato il pane e averlo fatto sapientemente sgocciolare del vino in eccedenza, mentre mi aspetto di leggere la solita soddisfazione sul suo viso una volta gustatolo, accade qualcosa di imprevisto. Mi fissa con i suoi occhi azzurri e sorridendo mi dice “Apri la bocca!”. Rivivo ancora la percezione esatta del terremoto di sentimenti che allora mi pervase. Fisso il nonno per capire se stia scherzando, perché glielo avevo chiesto una infinità di volte ricevendo delicati rifiuti. Ma quando vedo avvicinarsi anche la nonna, facendomi un rassicurante cenno con la testa, asciugandosi al grembiule le mani callose da massaia emiliana, finalmente prendo il boccone. Non ricordo né il sapore del pane né quello del vino, solo la mia felicità. Penso di avere la febbre tanto mi sento accaldato. Ridono e io con loro. Poi, mentre la nonna ritorna alle sue faccende, è la volta del nonno di ripetere il rituale per sé.
Tutto questo ho rivissuto in quei secondi. Mi sorprendo a sorridere nel ricordo.

Spengo il motore e scendo dall’auto.

Come allora

Un attimo e avrei perso tutto. Un attimo e il ricordo della mia infanzia ha difeso quella di mio figlio.

“Papà…papà…che fai? Andiamo, cosa stai leggendo?”

Riemergo dai miei pensieri e distolgo lo sguardo da quel foglio di carta che mi ha ipnotizzato:

“Niente, stavo leggendo la lista dei vini…ho letto che hanno la Barbera…eh…”.

Non importa.

Prendo mio figlio per mano. Voglio farmi prendere in giro ancora un po’:

“Lo sai che Petrosjan, il grande campione russo di scacchi, era goloso di gelato?”

Federico parte all’attacco deridendomi con una improbabile cadenza russa.
Sorridiamo e decidiamo di tornare a casa, anche perché lì mi sta aspettando un altro problema da risolvere, senz’altro più facile.

Oggi, come allora, bevo pochissimo.

Il bianco muove e vince (Petrosjan)

avatar Scritto da: Zenone (Qui gli altri suoi articoli)


30 Commenti a Oggi, come allora, bevo pochissimo…

  1. avatar
    Martin Eden 14 Ottobre 2010 at 09:13

    In circa un anno di vita abbiamo pubblicato più di 700 articoli, tra cui tanti racconti… ritengo questo semplicemente uno dei migliori in assoluto, complimenti! 😛

  2. avatar
    Mongo 14 Ottobre 2010 at 09:20

    Che bei tempi: merende scroccate al nonno di turno, tutte a base di pane, aglio e olio. Il tutto accompagnato da un sorso di buon vino, bevuto senza farsi vedere dalla mamma.
    Beata la nostra gioventù!!! 😉

  3. avatar
    Marramaquìs 14 Ottobre 2010 at 13:39

    Santo cielo, quanto mi è vicino questo racconto ! Sapete, mia nonna materna era genovese e mio nonno abruzzese ma piemontese d’adozione (Pinerolo). Il Barbera me l’ha fatto conoscere lui e mi ricorda sempre lui. Io però, oggi più di allora, ne assaggio qualcosina in più di pochissimo. Pertanto a te e a tutta la redazione propongo volentieri un brindisi con spumante BARBERA DOCG !

    • avatar
      Mongo 14 Ottobre 2010 at 15:14

      Da Piemontese, per la precisione Mandrognaccio, per il brindisi propongo un buon Brachetto di Acqui Termi!!!
      Cin… Cin…
      Prosit!!!
      😉

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    Mezzasalma 14 Ottobre 2010 at 18:12

    Bravo Zenone, bellissimo e intrigante racconto. Mi rimane sono un dubbio sul quel “bevo pochissimo”…

    • avatar
      Martin Eden 14 Ottobre 2010 at 18:58

      Mea culpa! …ho impaginato male l’articolo, vi prego di scusarmi…

      Il testo originale credo che fosse: “bevo pochissima ACQUA!” 😉

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        Zenone 14 Ottobre 2010 at 19:01

        :mrgreen: Anche Martin Eden non scherza…come fate a sapere tante cose personali?!

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    Zenone 14 Ottobre 2010 at 18:57

    :oops: Mezzasalma, mi conosci troppo bene…

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    Bilguer74 14 Ottobre 2010 at 19:27

    Davvero un bellissimo pezzo, complimenti!

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    aurelio f. 14 Ottobre 2010 at 19:42

    bellissimo questo racconto, bravo!!
    alla prossima. 😆

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    Zenone 14 Ottobre 2010 at 20:17

    Grazie Aurelio f., sono contento che tu ci segua.

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    Mongo 14 Ottobre 2010 at 22:21

    Finalmente ci sono arrivato, hic.., alla soluzione del problema: è un’opera d’arte veramente!!! Hic…
    Grazie per avermelo fatto conoscere. 😉
    Posso dare un aiutino ai profani?
    La prima mossa del bianco non è una mossa di pedone!!!!

  10. avatar
    Jazztrain 14 Ottobre 2010 at 22:53

    Per Zenone: la colonna sonora che potrebbe adattarsi al tuo splendido pezzo!

    http://www.youtube.com/watch?v=nVaotTRHExE 😉

  11. avatar
    carla ramos 15 Ottobre 2010 at 08:42

    ragazzi ah,ah,ah! anch’io ieri come oggi,oggi come ieri,oggi come allora, ieri come allora,bevo tantissimo..hic! che dica pochissimo :mrgreen:

  12. avatar
    carla ramos 15 Ottobre 2010 at 08:44

    PD: complimenti all’autore è un bellisimo post

  13. avatar
    carla ramos 15 Ottobre 2010 at 08:55

    vedo che l’argomento piace a molti!! ah,ah,ah…! :mrgreen:
    ragazzi, complementi x il vostro lavoro è un vero piacere leggervi

  14. avatar
    Paolo 15 Ottobre 2010 at 14:35

    Bellissimo racconto! E’ vero, uno dei migliori da voi pubblicato. Continuate così!

  15. avatar
    Zenone 15 Ottobre 2010 at 15:50

    Grazie a tutti! Davvero ❗

  16. avatar
    Marco 16 Ottobre 2010 at 12:18

    Momenti bui e luminosi della propria esistenza che si alternano improvvisi nella memoria del protagonista. Come le caselle di una scacchiera! (tanto per restare in tema).
    Complimenti a Zenone per il racconto. E’ veramente bello, commovente e ben scritto!

    MARCO PIC

    • avatar
      Zenone 19 Ottobre 2010 at 19:14

      Come sempre, in fondo alla galleria c’è la luce…deve esserci!
      Grazie

  17. avatar
    Fabio Lotti 24 Luglio 2013 at 08:56

    Letto solo ora. Dunque, Zenone, non solo poeta… 🙂

  18. avatar
    Luca Monti 24 Luglio 2013 at 10:17

    La serie millesimata Voglia ‘e turnà non poteva che iniziare meglio,con la lettura di
    un autore che dispiace oramai incontrarlo raramente in Soloscacchi.La vena di rilettura è comune in alcune persone che abitualmente occupano il sito,questo prima che la categoria (Voglia ‘e turnà) venisse battezzata.Penso al Mongo ed al suo Illo
    Tempore,alla collana I Re degli Scacchi del Lotti ripresi dalla L’Italia Scacchistica ed altro che neppure ricordo.Sono anche lieto per l’elevato numero di commenti registrati dalla pubblicazione dello scritto di oggi.Numero,qualità e tono degli stessi,indicano la bontà dei pezzi.Questo è per me l’unico metro attendibile. Rinnovo i miei complimenti a Zenone.

    • avatar
      alfredo 24 Luglio 2013 at 13:53

      Caro Luca
      il pezzo è veramente notevole e ho sempre avuto un debole per Zenone , un tipo vissuto un po’ di tempo fa .
      non sono d’accordo con te sul fatto che il numero dei commenti ( e lo dice uno che si diverte molto, e lo si vede , a scriverli
      un po’ di tempo fa è stato pubblicato un racconto tratto da un libro di uno dei piu’ importanti scrittori italiani
      e purtroppo il numero dei commenti ( anche se tutti positivi) era piuttosto esiguo
      un caro saluto a te e a Zenone
      alfredo

      • avatar
        alfredo 24 Luglio 2013 at 13:57

        saltato al solito un pezzo
        ” il numero ” dei commenti non è indicatore sempre della qualità del pezzo
        tono e spessore ovviamente si !

    • avatar
      Luca Monti 24 Luglio 2013 at 15:51

      Solo per non generare incomprensioni. Con ” ..in alcune persone che occupano il
      sito…” con occupare intendevo scrivono,frequentano,collaborano.

      • avatar
        alfredo 24 Luglio 2013 at 16:25

        nesuna incomprensione
        a volte dgli articoli innescano discussioni con molti post che magari non hanno nulla a che fare con l’asunto
        ma è una dele caratteistiche e secondo me anche parte del belllo di questo mezzo !

    • avatar
      Mongo 24 Luglio 2013 at 17:26

      La serie ‘Ilo Tempore’ non è mia, ma dell’amico Marramaquis. 😉

  19. avatar
    Enrico Cecchelli 24 Luglio 2013 at 13:31

    Grazie alla Redazione che mi ha permesso di assaporare
    questo bellissimo racconto che mi ero perso a suo tempo!
    Complimenti !

  20. avatar
    Zenone 27 Luglio 2013 at 17:15

    Un abbraccio a tutti e grazie. Ho visto solo oggi la riproposizione di queste righe e ringrazio chi ha deciso di concedere il bis…
    Grazie anche degli ultimi commenti.

  21. avatar
    Marco "Marchino" Nebuloni 8 Dicembre 2014 at 08:34

    Narrato da favola.Approvo trovandola pienamente giustificata,l’avvenuta pubblicazione nella
    corposa,godibilissima raccolta cartacea.Un Zenone ispirato senza dubbio.

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