La gerla di Ediz

Scritto da:  | 12 Novembre 2010 | 5 Commenti | Categoria: Racconti

Ediz aveva imprecato tutta la vita, la dura vita del contadino, la gerla sulle spalle e l’asino davanti su, senza guardarsi dietro, per i pendii delle sue montagne.


Era stato un inverno duro quell’anno e la strada per Giresun sembrava più impervia e gelida del solito. I ciottoli del selciato ferivano come picche acuminate le loro già consunte suole e l’unico ristoro di quella lunga marcia era la paposcia che Gülçin, sua moglie, aveva preparato la notte prima. Quella pasta di pane sarebba stata il loro unico pasto il viaggio verso la costa, un viaggio di tre giorni.
Lo facevano tutti i mesi, in genere coi prodotti dei campi, per andare a vendere in città gli scarni frutti della loro terra. A seconda della stagione cipolle, pistacchi, ciliegie oppure legna, o anche qualche ninnolo che Ediz, col proprio coltello, al termine delle dure giornate nei campi, si dilettava a intagliare nel legno in quelle fredde serate invernali nell’interno dell’Anatolia mentre Gülçin preparava il desco per la magra cena.
Gülçin lo aiutava come poteva, non avevano figli, e a falciare l’erba, montare i covoni, sistemare gli attrezzi nella stalla sembravano a tutti gli effetti due uomini. Forse Gülçin era più resistente alla fatica e più tenace di Ediz. Non si lamentava mai e le sue braccia abbronzate dal sole e lunghe come due rastrelli parlavano da sole quando la sera si trattava di mettere sul fuoco la marmitta con l’acqua da bollire. Desinavano in silenzio poi Ediz, quando fuori era già buio fondo, s’avvicinava alla panca a ridosso del muro in pietra di quella povera casa di contadini e tirava fuori, con gesto solenne, quasi ieratico, quei pezzettini di legno che aveva intarsiato alla bell’e meglio egli stesso e con essi una vagamente asimmetrica tavola di legno spesso e duro che fungeva loro da scacchiera. Ediz si sistemava sempre i pezzi bianchi di fronte, incurante delle rimostranze di Gülçin, sostendendo con un ghigno che la moglie aveva lavorato di meno durante il giorno e che pertanto era più riposata per affrontare lo sforzo della partita.
L’evidenza della falsità irritava palesemente la donna e sortiva il solo effetto di moltiplicarne le energie per impedire all’uomo qualunque possibile resistenza e vaga speranza di vittoria.
Giocavano tutte le sere, d’estate e d’inverno e una volta all’anno, l’ultima domenica di agosto percorrevano la stessa strada per Giresun, con gli abiti della festa, per prendere parte al torneo organizzato dai commercianti del paese nel giorno della festa dei pescatori. Vincevano sempre loro, Ediz e Gülçin, o meglio vinceva sempre Gülçin ma felice dei trofei che andavano a conquistare ogni volta, solo per evitare i rimbrotti del marito sulla via del ritorno, spesso e volentieri gli lasciava vincere la partita decisiva, illudendolo della propria abilità che immancabilmente costui millantava poi tutto l’anno al termine della consueta sconfitta serale: “Però ad agosto ho vinto io il torneo…” E Gülçin si pentiva dell’ingenuo atto di generosità verso il cocciuto marito.
Quell’anno tuttavia il raccolto era stato ben misero e decisero di tornare a Giresun per rivendere i loro trofei, quelle targhe d’argento che stonavano visibilmente tra gli attrezzi di contadino, riposte con cura nelle loro buste di feltro scuro nella medesima panca di legno della cucina.
Ma la prospettiva del prossimo ricavo evidentemente non allettava troppo Ediz perché anche in quel viaggio ebbe a lamentarsi con la moglie… Si lagnava a ogni passo del carico soverchio di quelle pesanti targhe in argento brunito di cui aveva riempito la propria gerla.
“Ebbene di cosa ti lamenti, Ediz?” sbottò infine Gülçin. “Se solo tu mi dessi una soltanto delle tue targhe, io ne avrei il doppio di te. Deh, smettila di piagnucolare, indolente e pigro che non sei altro… Se io invece ti dessi una delle mie targhe, ne avremmo tante uguali…”

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5 Commenti a La gerla di Ediz

  1. avatar
    carla 12 Novembre 2010 at 09:02

    😀
    bellissimo!!!!

  2. avatar
    Mongo 12 Novembre 2010 at 09:06

    Dico di più: stupendo!!! 😛

  3. avatar
    Martin Eden 12 Novembre 2010 at 09:34

    ma no dai… piccoli morceaux, peraltro scritti anche un po’ di corsa, che semplicemente avrebbero l’ambizione di fare da collante ai bei pezzi degli altri formidabili articolisti di Soloscacchi! 😉

  4. avatar
    Zenone 12 Novembre 2010 at 13:30

    Io amo gli scacchi anche come pretesto per parlare di altro, per esempio di poesia.
    Grazie.

    • avatar
      Jazztrain 12 Novembre 2010 at 14:03

      Io amo gli scacchi, la dama internazionale e il jazz! :mrgreen:

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