del GM Enrico Paoli
(presentazione di Marramaquís)
Quel poco che so sui finali l’ho appreso da ragazzo leggendo “Il finale negli scacchi” di E. Paoli (edizione 1974), una pietra miliare sull’argomento. Personalmente non riuscii mai a mettere bene in pratica i suoi insegnamenti, perché ero solito perdere le partite prima di arrivare ad un qualsiasi finale. Ma questo è un dettaglio che di sicuro non v’interessa.
Nel 1982 ebbi l’opportunità d’intervistare Enrico Paoli (1908-2005). Fu una lunga chiacchierata, della quale spero che avrò occasione di tornare a parlare e che uscì su uno dei pochi numeri della rivistina che insieme ad alcuni amici del DLF Steinitz approntammo a Roma fra il 1982 e il 1983.
Qualche tempo dopo ci vedemmo recapitare una lettera da parte del maestro. Con nostra grande meraviglia, veniva lui a ringraziarci dell’intervista (forse doveva essere il contrario!) e, quasi a sdebitarsi, ci inviava due paginette battute a macchina in stile “Indro Montanelli”.
In questi giorni di dicembre, avvicinandosi il Torneo di Reggio Emilia (una sua creatura), ho voluto cercare e rileggere quel breve lavoro del G.M. Paoli. Mi è parso esemplare e meritevole di ben altra platea. Considerato, pertanto, che la nostra rivistina, all’epoca, era letta da poche decine di persone in quanto al di fuori dei normali circuiti di diffusione e sostenuta unicamente dal passaparola, ritengo giusto approfittare dell’opportunità datami da “Soloscacchi” per ripresentare qui, integralmente, quell’articolo, affinché un pubblico (mi auguro) assai più vasto possa oggi conoscerlo ed apprezzarlo. Ancora il mio e nostro “grazie” ad Enrico Paoli. (Marramaquís)
Minimi percorsi occlusi è il titolo d’un capitolo del mio libro “Il finale negli scacchi – Studio sistematico” (pag. 26) che tratta dei percorsi minimi utilizzabili da un Re per arrivare a fermare la marcia di un Pedone nemico verso la promozione.
Meglio di tante chiacchiere, varrà a chiarire il problema un esempio pratico.
In questo primo diagramma troviamo uno studio splendido del grande compositore russo A.A.Troitzki, dove la teoria dei minimi percorsi viene esemplificata in modo magistrale.
Tralasciamo momentaneamente la soluzione e vediamo i diversi tentativi di vittoria del Bianco fatti senza la necessaria riflessione.
E’ evidente che egli può puntare al successo solamente sfruttando la sua superiorità pedonale ad ovest.
Esaminiamo perciò criticamente tale possibilità, catturando anzitutto il Pg2 altrimenti il Bianco viene mattato dopo 1.a4 ? Rg3 ecc…
1.Rxg2 Rg5 2.a4 bxa3 3.bxa3 Rf6 4.a4 Re7 5.a5 Rd8 ecc…
L’avanzata del pedone “a” è ostacolata dal Re nemico, che arriva giusto in tempo a fermarlo.
Quindi il primo compito del Bianco è quello di porre un ostacolo su questo “percorso minimo” del Re nero, interrompendogli la strada per mezzo di un proprio Pedone.
Tale ragionamento ci porge per intanto almeno la mossa d’apertura.
1.f6!! gxf6
2.Rxg2 Rg4 (o Rg5)
Ora procediamo col secondo atto della soluzione: la marcia del Pedone “a”.
3.a4 bxa3
4.bxa3 Rf5
5.a4 Re5
Adesso ci accorgiamo d’improvviso che se continuassimo meccanicamente con la spinta del Pedone, il Re nemico entrerebbe nel “quadrato” con Rxd5 e Rc6. Qui desidero far notare un particolare interessante: se il Nero non avesse il Pd7, sarebbe ugualmente perduto, poiché il Bianco con Rg3! ecc… catturerebbe ambedue i Pedoni ad est. Ma nel nostro caso il Nero si impone con d7-d6 oppure anche d7-d5 (si veda la teoria del “quadrato di promozione”, a pag. 122 del libro suddetto).
Eccoci ora al terzo atto: il Bianco ancora una volta riuscirà a interrompere il “percorso minimo” del Re avversario.
6.d6! cxd6
7.c6! dxc6
Rieccoci al titolo di questo articolo “minimi percorsi occlusi”: abbiamo trovato due esempi evidenti nello stesso studio.
8. a5 e vince
Ora passiamo allo “stretto cugino” dello studio: il finale di partita.
Questo secondo diagramma ci offre anche un pizzico di psicologia. La situazione è suppergiù pari, tuttavia il Nero può contare su un minimo vantaggio grazie al suo notevole centro pedonale.
Il Nero, che si trovava piuttosto a corto di tempo, fece in fretta una spinta che poteva essere considerata un errore (si veda un esempio ove, in un caso simile, anch’io sono riuscito a salvarmi in un finale perduto: Paoli – Mihaljcisin, Debrecen 1968, “Strategia e tattica”, pag. 360).
38 …. h4 (!)
39.Rg4 e5
40.Rxh4?
La convinzione che la spinta del Pedone fosse assolutamente una “svista” ha rovinato il Bianco: se così non fosse stato, avrebbe ancora potuto invertire la rotta con 40.Rf5.
40…. Txd4+
41.Txd4 exd4
42.Rg4 d3
43.Rf3
Il Re bianco è entrato nel quadrato del Pedone “d3”, quindi tutto pare a posto ….
43….. d4!
44. il Bianco abbandona, il minimo percorso è occluso!
(E. Paoli, 1982)
Paoli non ci ha detto (probabilmente se n’è dimenticato e all’epoca non osammo chiederlo) chi furono i protagonisti di questa partita. Se qualcuno dei lettori lo sa, sarò lieto d’esserne informato.
Articolo oltremodo d’attualità, sia perché Paoli è stato il “padre spirituale” per quasi mezzo secolo del Torneo di Reggio Emilia, sia perché tra pochi giorni, il 13 di gennaio per l’esattezza, ricorre l’anniversario della nascita. Complimenti quindi al bravissimo Marramaquís.
al link seguente si trova una breve intervista di Paoli su RAI 1
http://www.scacchiemiliaromagna.it/notiziedagliscacchi/album/img_17112009/fotowolf/Paoli040716.WMV
Il mio database dice che si tratta della partita Vogt Karner (Tallinn 1983). Veramente interessante ma soprattutto estremamente chiaro l’articolo su un argomento (i finali di pedone) così complesso.
I casi sono due, o la scritta (E.Paoli 1982) al termine dell’articolo è stata riportata dall’autore e non è quella effettiva di Paoli oppure non si tratta della partita da te citata che essendo stata giocata nel 1983 non poteva essere stata riportata da Paoli nel 1982 😉
Vi ringrazio entrambi, mi avete aiutato nella soluzione.
La scritta “(E.Paoli 1982)” è effettivamente la mia.
L’articolo ci fu inviato da Enrico Paoli nei primi mesi del 1982 e fu pubblicato nel numero 5 di “Zeitnot”, stampato nel giugno del 1982.
Ho appena scoperto, però, che la partita è proprio quella di Tallinn citata dal lettore Peterpn, tra Lothar Vogt ed Hillar Karner, senonché fu giocata nel 1981 e non nel 1983.