Incontri in bianco e nero (II)

Scritto da:  | 29 Ottobre 2011 | 4 Commenti | Categoria: C'era una volta, Italiani, Nazionale, Personaggi, Profili, Stranieri

Ho conosciuto la “ banda dei lucchesi “ capeggiata da Luigi e Riccardo Del Dotto attraverso “ Caissa “, il notiziario di Lucca che pian piano è cresciuto e si è fatto largo, fino a diventare l’organo ufficiale degli scacchi della Toscana. L’ho sostenuto, vi ho collaborato e vi collaboro ancora meritandomi, così pare , una bella targa di riconoscenza che ho piazzato bene in vista nel salotto di casa. Luigi, ottimo Maestro nel gioco per corrispondenza e Candidato Maestro a tavolino, sembra all’aspetto uno di quei filosofi dell’antichità classica dal capello argentato e dai tratti regolari del volto. Parlandoci ci si accorge che non ha il capo fra le nuvole, ma è ben realista e concreto, desideroso di fare e di bene operare. Un bel carattere forte e risoluto. Tignoso anche nel gioco. L’ho incontrato una volta nel campionato a squadre di serie B. Non si è staccato per un attimo dalla sedia ( se non per motivi pressanti ) come se ci fosse incollato. Ed è riuscito a beccarsi mezzo punto in una situazione difficile, lasciandomi ad imprecare inutilmente.

Suo figlio Riccardo sembra che abbia l’argento vivo addosso. Sempre pronto a ideare, organizzare, a darsi da fare per gli scacchi. Soprattutto con i giovani che tira su come Dio comanda ( in senso scacchistico, s’intende ). Allegro e pieno di buonumore, è dotato di un’abile penna che gli ha permesso di sfornare un libro sull’apertura del Centro, a mio parere eccellente da ogni punto di vista.

Della banda dei lucchesi fa parte anche il fiorentino Pietro Mola con il quale ho avuto il piacere di intrattenermi più volte. Un signore in tutti i sensi, pur essendo molto giovane. Colto, garbato e gentile nei modi, ferratissimo nella preparazione teorica. Ha vinto, tra l’altro fior di giocatori ed un campionato italiano. Bravo Pietro!

Il Grande Maestro Lexy Ortega mi ha fatto subito un’ottima impressione. Viso aperto, simpatico su un corpo scattante. Una parlantina spagnolesca che ben si adatta ad un atteggiamento istintivamente spavaldo. Come il suo giuoco pungente, aggressivo, ricco di novità e di idee personali. Credo che sia uno dei pochi Grandi Maestri che riescono a battere con relativa facilità i giocatori di livello inferiore. L’ho visto infliggere pesanti sconfitte a pur bravi Maestri nostrani , attraverso un repertorio di aperture tutto particolare che deve comunque costare ore ed ore di studio e di analisi. Perché spesso si tratta di linee di gioco minori che in mano di qualche altro potrebbero portare a situazioni oltremodo spiacevoli. Ma lui sa farle fruttare ugualmente con le opportune “ modifiche “. D’altra parte sembra non prendersela nemmeno troppo quando perde. Diverso tempo fa tirò fuori un cappellone michelangiolesco contro la Elena Sedina a Montecatini Terme senza batter ciglio. Sorrise, e strinse la mano alla sua avversaria, lasciando da parte le solite litanie. E’ venuto un paio di volte al nostro circolo di Siena a tenere lezioni sul nobile giuoco. Ho perso sfortunatamente la prima, ma ho assistito alla seconda. Ascoltare Lexy Ortega è un vero piacere. Per la sua immediatezza, la sua spontaneità, la sua indiscussa competenza.

Flavio Guido di Genova ha la faccia del buon samaritano, un portamento distinto e un modo di parlare sottotono che te lo rendono ingannevolmente morbidone. L’ho conosciuto a Verona ( non chiedetemi l’anno ) insieme al suo concittadino Luciano Guglielmone. Ero in vena di battute per cui ci siamo fatti un sacco di risate. Flavio Guido dapprima mi ha osservato con un fare timidamente curioso, ma poi si è sciolto e si è unito alla mia ironia dissacratoria da toscanaccio. Il giorno seguente me lo sono ritrovato di fronte come avversario. Questa volta non c’è stato nulla da ridere. Un’idea sballata ( la mia ) in apertura, e la festa è subito finita. L’ho visto poi impegnato contro Rossi in una posizione folleggiante dalla quale è uscito vincitore. Mi ha lasciato l’impressione di un giocatore serio, attento e preparato. Non può che migliorare.

Il torneo di San Martino di Castrozza del 2002 resterà indelebilmente impresso nella mia memoria. Ottimo luogo sulle Dolomiti, ottimo hotel, ottima organizzazione. Pessimo stato di salute del sottoscritto. Salito imprudentemente sulla cabinovia per ammirare il panorama sono stato colto da malore il giorno precedente l’inizio del torneo. La pressione è schizzata in alto come nemmeno mi capitava da ragazzo quando sfogliavo di nascosto i numeri di “Playboy”. E’ arrivato perfino l’elicottero per portarmi in ospedale. Ho resistito, ho messo in moto tutte le mie difese, mi sono chiuso a riccio come nel mio Dragone e ce l’ho fatta. Il giorno dopo e gli altri seguenti ho giocato con la testa che mi pulsava e l’occhio in trasferta racimolando tre punti su sette e sfornando alcune rare idiozie che hanno rallegrato i miei avversari. “Credevo che tu giocassi meglio” mi ha confidato il G.M. Naumkin con il suo rubicondo faccione per essere andato in netto vantaggio dopo sole cinque mosse in una variante della Francese che conosco a menadito. “Anch’io” ho risposto debolmente con un filo di voce tale da fare intenerire il cuore più peloso. Ma non tutto è stato negativo. Un paio di partite mi sono piaciute ed ho vinto un finale di Re e due Torri veramente istruttivo contro un forte Candidato Maestro. Soprattutto ho osservato e conosciuto, come è mia abitudine, alcuni personaggi del mondo scacchistico. In primis il mai troppo compianto Alvise Zichichi. Me lo sono ritrovato a fianco della terrazza della mia camera a fare ginnastica la mattina in mutandoni. Un vero spettacolo. Mi ha dato l’impressione di un gran signore. Come ce n’erano una volta. Gentile, educato, rispettoso. Ci ha invitato a brindare al suo compleanno ed ha avuto un sorriso per tutti. Di persone come lui ce ne sono poche in giro.

Bruno Belotti mi ha subito colpito per la sua straordinaria timidezza. O forse si tratta solo di riservatezza. Ha l’aria del buon samaritano che aiuti chiunque si trovi in difficoltà. Magari mi sbaglio come è successo con Ausmins che parlandomi del suo paese mi aveva fatto venire il groppo alla gola e poi si è rivelata una birba di tre cotte. Mi sono presentato velocemente. Gli ho stretto la mano congratulandomi per quello che ha fatto per gli scacchi nostrani. Mi ha sorriso con l’occhio imbambolato e mi ha risposto che non era in gran forma. In effetti non è stato per lui un bel torneo. Ma sono cose che capitano anche ai più forti.

Al torneo internazionale di Chiaravalle del 2003, ottimamente organizzato e diretto, ho conosciuto, finalmente, due ragazze. Voglio dire due giocatrici di scacchi: la G.M. russa Olga Zimina e la campionessa italiana Maria De Rosa di Napoli con le quali ho scambiato qualche battuta. La prima 20 anni, capelli biondi, occhi azzurri, limpidi, sorriso aperto, disponibilissima al colloquio; la seconda 16 anni, mora, timida, sguardo dolce e tenero . Due ragazze semplici tutte prese dall’amore per gli scacchi e dai loro obiettivi, anche se diversi. Olga ha una caratura superiore, e lo ha dimostrato piazzandosi seconda dietro al grande Efimov, ma anche Maria si fa rispettare ( ha ottenuto un buon decimo posto ) e dietro quella sua aria da napoletana paciosa e sorridente si nasconde un bel carattere forte e risoluto. Avranno tante soddisfazioni. Ne sono sicuro.

Non mi sono presentato ad Efimov ma l’ho visto aggirarsi tra i tavoli come un nibbio. L’ impressione è quella di un killer scacchistico freddo e glaciale. Quando non muove Re e Regine si mette a lanciare dadi. Non so se gioca con poste in palio ma la grinta è quella di un giocatore di football americano.

Sempre in questo torneo ho conosciuto il Maestro Saverio Farina di Roma che insieme alla moglie Simonetta costituiscono davvero una bella coppia. Saverio è uno gnoccolone alto e sottile con la barba. A prima vista sembra essere la reincarnazione di uno di quei predicatori alla Savonarola che terrorizzarono le plebi del medioevo. Invece è un concentrato di amabilità e fine ironia. Tutto preso dal nostro nobile gioco. Preparatissimo dal punto di vista teorico, incrollabile davanti alla scacchiera. Trovandomi di fronte a lui sono riuscito a stento a portare via una sudata patta in un finale con un pedone in meno.

Non lasciatevi ingannare dal volto teneramente angelico e dalla corporatura di gigante buono del toscano Maurizio Caposciutti di Grosseto. E nemmeno dal suo modo di relazionare con gli altri. Sempre educato e gentile, ma fornito di quella ironia tipicamente toscana che lo salva da un buonismo esagerato. Se provate a giocarci contro vi accorgerete di che pasta è fatto. Grintoso, deciso, dotato di un fine talento che lo porta a destreggiarsi con sicurezza sia nelle posizioni più scialbe che in quelle velenose. Un talento, a mio avviso, sfruttato solo in parte.

Grande simpatia mi ispira la figura di Roberto Mogranzini di Perugina. Fisico asciutto, scattante, occhio furbetto, scilinguagnolo pronto alla battuta. Con lui una risata è sicura. Quando si scherza, naturalmente. Se invece si gioca a scacchi non viene tanta voglia di ridere, perché il giovanotto è dotato di uno stile fantasioso e brillante tale da mandare all’aria il tuo impulsivo buonumore. Da tenere d’occhio.

Valerio Luciani te lo ritrovi dappertutto. Rimbalza di torneo in torneo con la sua faccia facciosa aperta al sorriso, sempre pronto a consigliarti dei buoni testi da leggere. Aperto, dinamico, ora anche editore, è un concentrato di ottimismo e buona volontà. Quando lo vedo mi sento meglio.

avatar Scritto da: Fabio Lotti (Qui gli altri suoi articoli)


4 Commenti a Incontri in bianco e nero (II)

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    Fritzcarraldo 29 Ottobre 2011 at 08:06

    complimenti, veramente una buona trovata!
    Simpatiche queste mini-schede

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    Fabio Lotti 29 Ottobre 2011 at 09:16

    Denghiu, come direbbe un giornalista sportivo dai capelli rossi… :)

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    Mongo 4 Novembre 2011 at 15:38

    Auguro a Lexy un pronto rientro nel club dei 2500; questo vorrà dire per i suoi prossimi avversari di tenersi pronti ad abbandonare la partita non appena il nostro pronuncerà la fatidica frase: “Siamo agli ultimi giorni di Pompei!”. 😉

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    Fabio Lotti 7 Dicembre 2011 at 11:32

    Naturalmente Roberto Mogranzini è di Perugia e non di “Perugina”, anche se così ci verrebbe l’acquolina in bocca… :)

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