Sulle orme di San Carlos

Scritto da:  | 5 Marzo 2012 | 6 Commenti | Categoria: Cultura e dintorni, Zibaldone

Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza.” – San Carlos

Da alcune lettere di Ernesto Guevara de la Serna ai propri genitori.

…  Da molto tempo l’uomo cerca di liberarsi dall’alienazione mediante la cultura e l’arte. Muore quotidianamente durante le otto e più ore in cui funge da merce, per rinascere poi attraverso la sua creatività spirituale. Ma questo rimedio ha in sé i germi della stessa malattia: è un essere solitario che cerca la comunicazione con la natura. Difende la propria individualità oppressa dall’ambiente e reagisce di fronte alle idee estetiche come un essere isolato, la cui aspirazione è rimanere immacolato. Si tratta solo di un tentativo di fuga… Permettetemi di dirvi, a rischio di sembrarvi ridicolo, che il vero rivoluzionario è guidato da grandi sentimenti d’amore. E’ impossibile concepire un rivoluzionario autentico privo di tale qualità… Tra poco tempo diventerò una personalità della scienza medica, se non come scienziato o professore, per lo meno come divulgatore della dottrina di San Carlos dagli alti seggi universitari. Perché mi sono reso conto che la fisiologia non è il mio forte, ma l’altro si. Abbracci caldi e bagnati, perché qui piove tutto il giorno (finché dura il mate, molto romantico). Il viaggiatore.

San Carlos, al secolo Karl Heinrich Marx, nasce il 5 maggio del 1818 a Treviri, la più antica città della Germania; con il padre, affermato avvocato (sarebbe poi diventato Consigliere di Giustizia e decano) e la madre viveva in una bella casa in stile barocco in uno dei quartieri più eleganti. Il cognome Marx era, a quei tempi, una forma moderna ed abbreviata dell’ebraico Mordechai, modificato prima in Markus, poi in fine in Marx. Anche sua madre era di ebraica, mentre i nonni di entrambe le famiglie erano rabbini. Karl, che veniva soprannominato ‘il moro’, per via dei capelli e degli occhi scurissimi, visse nelle serenità famigliare un’infanzia dorata, tiranneggiando le sorelle che guidava ‘come cavalli giù dalla collina di San Marco’ ed alle quali raccontava storie fantastiche e struggenti. Al liceo-ginnasio, dal 1830,  Karl si dedicò con notevole passione sopattutto agli studi classici e letterari mentre, pare, trascurasse proprio la storia. Nel 1835, per volontà del padre, si reca all’università di Bonn a studiare diritto. Studia letteratura e filosofia, dimostrando una certa passione per la vita grottesca e bohémienne. Condannato per ubriachezza e schiamazzi notturni, trascorre un giorno in prigione. L’anno seguente proseguì gli studi universitari a Berlino, iscrivendosi in un ateneo dove sino al 1831, anno della sua morte, aveva insegnato Hegel. Nel maggio del 1838, la morte del padre costringe il nostro ad abbandonare la sua vita di studente, disordinata e spendacciona; grazie ad una malattia agli occhi verrà esonerato dal servizio militare. Incomincia fare politica con un gruppo di giovani intellettuali della sinistra hegeliana, impegnandosi su posizioni radicali. Riesce a riprendere gli studi, laurenadosi a Jena nel 1841. Rinuncia all’attività accademica per contrasti politici dedicandosi al gionalismo, scrivendo articoli sulla libertà di stampa, sulla caccia di frodo, sul problema dei furti della legna e sulla divisione della terra. Nel 1842 si trasferisce a Colonia e proprio qui incontrerà per la prima volta, fra i collaboratori saltuari del giornale per cui lavorava, Friedrich Engels. L’anno seguente la gazzetta renana, quotidiano nel quale Marx era capo redattore, viene interdetta e costretta all chiusura per ragioni di censura. Il direttore, che era emigrato in Francia, lo invita a raggiungerlo a Parigi per dirigere una nuova rivista “Annali franco-tedeschi” con uno stipendio di ‘inquecento talleri’; Karl ne se lo fa ripetere due volte, sposa Jenny e subito dopo il viaggio di nozze i coniugi Marx raggiungono Parigi, la soglia di un nuovo mondo che vive già dei loro sogni.

Dopo la pubblicazione di due suoi articoli, Sulla questione ebraica e Sullo stato e sulla religione, anche gli “Annali franco-tedeschi” sono costretti a chiudere e gli viene interdetto il rientro in Germania. Il 1 maggio nasce la figlia Jenny, ritrova Engels con il quale inizia un rapportro di amicizia, collaborazione e sintonia di studi e di impegno militante destinato a durare una vita. Scrive i cosiddetti Manoscritti parigini, in cui denuncia l’alienazione del lavoro industrializzato. Collabora con un giornale comunista, ma nel 1845 viene espulso dalla Francia; si trasferirà nella più tollerante Bruxelles, rinunciando alla cittadinanza prussiana. Tra la pubblicazioni di alcuni testi con Engels e varie polemiche con diversi esponenti della cultura di quel tempo, Marx trova il tempo di far mettere al mondo dalla propria compagna altri due figli, Laura ed Edgard. Alla fine del 1846 arriva l’enciclica di Pio IX che condanna il comunismo.

Nel 1848 l’Europa è scossa da una grande ondata rivoluzionaria; insorgono Parigi, Vienna, Berlino, Milano. Dopo l’uscita a Londra de il Manifesto del partito comunista scritto da Marx con Engels, nel febbraio di quello stesso anno, Karl riceve l’ordine di lasciare immediatamente il Belgio. Vane le sue proteste contro questa decisione del governo e, dopo l’arresto per un giorno della moglie Jenny, decide di rientrare in Germania, approfittando del nuovo ‘clima’ meno ostile nei confronti dei fuoriusciti, stabilendosi a Colonia dove fonda un nuovo giornale. Il giornale, molto sovversivo, viene soppresso e Marx viene espulso dalla Prussia. Tornato a Parigi, viene messo sotto sorveglianza dalla gendarmeria e costretto a vivere lontano dalla citta; viste le non buone condizioni economiche, la famiglia Marx decide di andare a stabilirsi a Londra, dove nel 1849 nascerà il quarto figlio, Guido.

A Londra la famiglia Marx, nonostante gli aiuti economici di Engels, vive in condizioni molto critiche. Il nostro prosegue gli studi i economia frequentando assiduamente le sale di lettura del British Museum. Nel marzo del 1851 nasce la figlia Frlanziska, mentre nel giugno dello stesso hanno nasce Freddy da una relazione fedifraga con la governante. Freddy, per evitare scandali, verrà spacciato come figlio di Engels e mai riconosciuto. Le condizioni finanziarie peggiorano di giorno in giorno e Marx: “Non posso più uscire di casa avendo gli abiti impegnati” . Karl inizia a collaborare con un giornale americano di orientamento liberare che, con disprezzo, lui stesso chiamava ‘straccio pidocchioso’. Per i Marx, tra figli che muoino e nuovi arrivi (peggio dei conigli), il Monte dei Pegni di Londra diviene un’istituzione indispensabile. La morte del figlio Edgard è per il nostro un dolore terribile; nonostante fosse convinto che per un rivoluzionario la cosa peggiore fosse sposarsi e dover badare alle piccole miserie quotidiane, lui era un padre molto affettuoso.

Il 1857 è l’anno della grave crisi economica che dagli Stati Uniti dilaga in tutta Europa. Marx ed Engels l’avevano prevista sin dal 1850. Il giornale americano per il quale Karl lavorava gli dimezzò lo stipendio. Nel 1861 Marx contrae il vaiolo, ma riesce a superare la malattia. Licenziato dall’editore americano, per sopravvire Marx fa domanda di assunzione nelle ferrovie dello stato, ma la richiesta verrà respinta a causa della sua calligrafia illeggibile. Nel 1863, mentre Engels rimaneva vedovo, il nostro inizia a lavorare su Il Capitale; il primo volume uscirà nel 1867 in 1.000 copie presso un editore di Amburgo. Nel 1872 esce la prima edizione russa del Capitale che in Francia viene pubblicato a fascicoli. Marx desideroso di concludere la sua più importante opera, nel 1875 ne scrive il III volume, si dimette dalla direzione dell’Internazionale.

Nel 1881 muore sua moglie e lui, già ammalatosi ai bronchi da qualche tempo, parte per l’isola di Wigth a cercar sollievo dagli accessi di tosse. Alla bronchite si affianca un ulcera polmonare e così il 14 marzo del 1883 Marx muore. “L’avevamo lasciato solo da appena un paio di minuti – scriverà Engels – ed al nostro ritorno l’abbiamo trovato tranquillamente addormentato nella sua poltrona, ma addormentato per sempre”.

Beh, torniamo indietro di qualche anno e più precisamente al 1867 quando Karl, nel corso di un viaggio in Germania, partecipò ad un ricevimento dato dal maestro di scacchi Gustav R. L. Neuman. Quella sera Marx attendeva l’arrivo delle bozze del Capitale e nell’attesa decise di partecipare ad un torneo di scacchi organizzato per l’occasione. Quella sera il nostro giocò solo una partita, contro un certo Meyer. Marx aveva i bianchi ed optò per un gambetto di re, che venne accettato dal suo avversario. Forse perché in ansia per il ritardo del corriere Karl giocò maluccio per le prime 22 mosse, poi dopo che Meyer giocò la propria mossa, i due vennero interrotti per consentire ad uno dei camerieri di poter consegnare il pacco tanto atteso dal signor Marx che, come se avesse fatto una bella doccia, all’improvviso si mise a giocare bene, recuperando lo svantaggio ed andando poi a vincere.

Ecco la posizione all’arrivo delle attesissime bozze:

Il nero qui ha appena giocato 22) ..., a5;

23) Ce6+!!, Axe6; 24) Txf8+, Dxf8; 25) Dxe6, Ta6; 26) Tf 1, Dg7; 27) Ag4, Ccb8;

Il colpo di grazia: il bianco muove e vince.

28) Tf7 !!, 1 – 0.

Rivediamoci, con i potenti mezzi moderni, l’intera partita:

avatar Scritto da: Mongo (Qui gli altri suoi articoli)


6 Commenti a Sulle orme di San Carlos

  1. avatar
    Eugenio Castellotti 6 Marzo 2012 at 08:33

    Complimenti Mongo! La fusione tra scacchi, storia ed idee è sempre stimolante, soprattutto quando è fatta con mano leggera. Eugenio

  2. avatar
    Luca Monti 6 Marzo 2012 at 09:41

    Più volte citato nel bel pezzo,vorrei chiedere al Mongo se in futuro
    avremo occasione di leggere un suo lavoro su Friedrich Engels.Grazie
    per l’impegno e la passione che rendono sempre istruttive le sue
    letture.Luca Monti.

    • avatar
      Mongo 6 Marzo 2012 at 22:56

      Può essere un’idea… 😉
      Grazie.

  3. avatar
    Giangiuseppe Pili 8 Marzo 2012 at 00:54

    Bell’articolo che, data la sua natura, non poteva che piacermi!

    Alcune osservazioni:
    “Karl si dedicò con notevole passione sopattutto agli studi classici e letterari mentre, pare, trascurasse proprio la storia”
    Non vorrei dire, ma come osserva il grande atropologo Jack Goody, il buon vecchio Karl non aveva una visione particolarmente dettagliata della storia (dal punto di vista dei fatti). Egli era molto più filosofo della storia che, come nella maggioranza dei casi, non conoscono la storia! Sembra un paradosso, ma è la normalità (purtroppo). D’altra parte, quest’errore era stato ereditato in blocco dall’altrettanto buon Hegel…

    2) Sullo sposarsi… be’, mi sono sempre chiesto quanto questa forma di unione sia “di valore” e non sono giunto ad una chiara conclusione. Quello che, però, è il punto, secondo me, è questo: che esso fa parte delle “cose della vita”. Già Platone ne aveva criticato la correttezza sul piano sociale, squalificandolo perché la base della famiglia e, con una certa visione (coerente ma maschilista), della proprietà privata. Il problema è: quanto una teoria sociale utopica possa fare a meno di tener presente che gli uomini, nella loro concretezza, hanno delle esigenze insopprimibili e pratiche alle quali NON possono non tener fede? Una teoria virtuosa, in questo senso, ne deve tener conto. Infatti, non è un caso che molti seguaci di Marx e Marx stesso, finiscono per descrivere la verità (condizioni fattuali) ma tendono a darne anche una connotazione morale… che non fa parte dei fatti! Così, non sorprendono simili apparenti contrasti. Il che non inficia la teoria di Marx, ma c’è da chiedersi sulla sua applicabilità.

    Sapevo di questa partita, ma avevo letto da qualche parte che essa era stata costruita! Ma, forse, la mia fonte non è corretta (mi pare che avessi letto in Scaccopoli di Mario Leoncini, ma mi potrei sbagliare. Nel quale caso, l’errore sarebbe solo mio).

    Grazie del bell’articolo!

    • avatar
      Mongo 9 Marzo 2012 at 21:40

      Dimenticavo un aneddoto interessante: Marx si comportava, talvolta, come un giocatore di scacchi che progetta con 6 o più mosse d’anticipo un attacco a tenaglia fatale al re nemico, senza rendersi conto che nel frattempo l’avversario può anticiparlo dandogli scacco matto. Strategia brillante e tattica fragile, così sono i giocatori di scacchi e per Marx era la medesima cosa; imbattibile a dama, mancava però dell’astuta pazienza richiesta dalle infinite complessità della scacchiera. Giocava in modo rumoroso, polemico, quasi collerico. Dopo il 1850, stabilitosi a Londra, era abitudine che terminasse molte serate in preda all’ira dopo che qualche altro esule tedesco aveva costretto in un angolo il suo re. Scrisse Wilhelm Liebknecht: “Un giorno Marx annunciò trionfante di avere scoperto una nuova mossa, con la quale ci avrebbe sbaragliati tutti quanti. Accettammo la sfida e, detto fatto, ci mise fuori combattimento uno dopo l’altro. Ma, a poco a poco, la disfatta divenne maestra della vittoria, e riuscii a dargli scacco matto. Era già molto tardi e allora Marx chiese la rivincita per l’indomani, a casa sua”.
      La mattina dopo Liebknecht si presentò, come convenuto, all’appuntamento e scoprì che Marx era rimasto alzato tutta la notte per rifinire e perfezionare la sua ‘nuova mossa’. I due iniziarono a giocare e, come già successo in precedenza, all’inizio questa sembrò funzionare a meraviglia e Marx volle celebrare la vittoria ordinando da bere e da mangiare. Nel pomeriggio i due continuarono a sfidarsi sino quando a notte fonda Liebknecht riuscì a dare scacco matto all’avversario in due partite consecutive. Marx voleva la rivincita ed era disposto a giocare sino all’alba del giorno dopo, ma l’inflessibile governate ordinò ai due di smettere di giocare. Il giorno dopo Liebknecht ricevette questo messaggio dalla signora Marx: “La prego di non giocare più a scacchi con mio marito di sera. Il Moro se perde, diventa insopportabile”.
      Quando giocava a scacchi Marx cercava di sopperire alla propria mancanza di abilità con la foga, l’impeto dell’attacco e la sorpresa; questa tecnica marxiana può ben essere applicata anche al ‘‘Manifesto del partito comunista’, dove re, regine, alfieri e cavalli prima o poi sarebbero stati costretti a capitolare di fronte alla tenace determinazione degli sfidanti.
      Sulla partita hai proprio ragione (come anche Leoncini nel suo ecezionale ‘Scaccopoli’;).
      La veridicità di questa partita è stata più volte messa in dubbio perché agli esperti appare giocata troppo bene per un semplice amatore quale era Karl Marx. Come per altri casi c’è sicuramente lo zampino dei servizi segreti russi del 1926, anno della sua prima pubblicazione.
      Una ricerca più approfondita ha portato alla scoperta che i bianchi erano mossi da Edward Marks o Mark Marks; l’errore nel ritenerla dai più come veramente giocata da San Carlos, può essere dovuto al fatto che in cirillico Marx e Marks si scrivono allo stesso modo.

  4. avatar
    Mongo 16 Marzo 2012 at 14:14

    Rimescolando un po’ le carte, lo stesso articolo è da oggi reperibile anche qui: http://utopiarossa.blogspot.com/.
    Un grazie agli amici rossi per la stima dimostratami. :mrgreen:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


CLICCA QUI PER MOSTRARE LE FACCINE DA INSERIRE NEL COMMENTO Locco.Ro

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

La Palestra dei Finali

Chess Lessons from a Champion Coach

Torre & Cavallo - Scacco!

Strategia di avamposti

I racconti del Grifo

57 Storie di Scacchi
2700chess.com for more details and full list

Ultimi commenti

Problema di oggi