Lu megghiu jocu

Scritto da:  | 16 Marzo 2012 | 10 Commenti | Categoria: Racconti

Aspano era seduto sul molo, insieme ai suoi vent’anni, guardando la macchia d’olio iridescente che lentamente si allontanava dal riflesso tremolante della luna, spinta dalla leggera marea. A Napoli era arrivato il giorno prima, lui ragazzo di Sicilia con la speranza di vincere la miseria da sempre compagna della sua famiglia. Aveva già provato più volte a partire da Palermo ma senza riuscirci, poi aveva saputo che da Napoli tutto sarebbe stato più facile.


Un giorno avrebbe portato tutti in America, anche la sua Maria, glielo aveva promesso, ma ora toccava a lui u cchiu nicareddu. La fame non la sentiva, era abituato e poi sapeva che da lì a qualche ora sarebbe partito a bordo del piroscafo Algeria e l’emozione, con sua sorpresa, gli stava chiudendo lo stomaco.
Aspano, comu l’autri intorno a lui, in quella primavera del 1905, possedeva solo una valigia, neanche molto grande, con un pantalone, una camicia e la foto di Maria che le aveva fatto fare in cambio di alcuni lavori a casa del fotografo. Un oggetto solo portava con sé che lo rendeva diverso da tutti: una piccola scacchiera di legno. I pezzi erano intagliati a mano e la cassetta che li conteneva, con il bordo rosso e foderata da raso dello stesso colore, una volta aperta faceva da scacchiera. Era un oggetto che stonava con la sua persona, questo lo aveva imparato a sue spese ad Alcamo, quando gli altri ragazzi lo sfottevano e suo padre si vergognava di lui quando lo vedeva giocare con quegli oggetti da fimmina.
Quella scacchiera era il regalo di uno scrittore americano, che tutti chiamavano Ed u Prufissuri, che aveva conosciuto nella casa di nobili trapanesi che lo avevano ospitato per alcuni mesi e dove Aspano dava una mano nella grande stalla.
U Prufissuri gli sembrò subito simpatico, forse perché era l’unico che gli rivolgesse la parola senza offenderlo o forse per quel sorriso così raro in quella terra di stenti e di soprusi du patruni. Gli disse che durante il suo soggiorno nella tenuta doveva trovare l’ispirazione. Ed parlava così bene l’italiano che lui spesso non lo capiva e anche quella parola gli era sconosciuta.
Sì, ad Aspano quell’uomo sempre vestito di bianco e con quell’ampio cappello gli piaceva proprio e quindi lo accompagnava volentieri nelle sue lunghe passeggiate a cavallo nella tenuta, e non gli pesava preparare l’animale e farci acchianare U Prufissuri, malgrado fosse un uomo robusto. Anche al professore Aspano era simpatico, forse perché, diversamente dagli altri ragazzi che lavoravano nella masseria, era silenzioso ed educato. Proprio durante una delle cavalcate mattutine Ed gli mostrò quella cassetta con i piccoli pezzi in legno. Preparò la scacchiera e gli insegnò il movimento dei pezzi. Passarono intere giornate a giocare sotto il grande sicomoro. Il giorno prima della sua partenza U Prufissuri gli regalò la scacchiera dicendogli che quello era lu mugghiu jocu. Quell’uomo gli aveva fatto il primo vero regalo della sua vita e da lui aveva imparato la sola cosa che non richiedesse il sudore della fronte e i calli alle mani. La sera mostrò con orgoglio quel regalo al padre e in cambiò ricevette uno schiaffo. U Prufissuri t’ha a dari i picciuli…t’ha a dari!

Seduto con le gambe a penzoloni lungo la banchina del porto trasse dalla valigia la scacchiera e iniziò a muovere i pezzi sotto gli occhi curiosi dei bambini e sentendo, come sempre, gli sfottò degli adulti. Partì con il piroscafo a vapore Algeria, lo videro salire.
Maria, la sua Maria, ebbe una figlia, frutto del loro ultimo saluto dopo il frettoloso matrimonio, che non vide mai suo padre ma che passò tutta la sua vita a cercarlo. Il risultato fu solo la lettera ricevuta da un vecchio conoscente che riuscì a rintracciare a Boston, nel 1960:
Tuo padre l’ho visto durante il viaggio e ho scambiato con lui poche parole. Lo ricordo perché stava sempre da solo e giocava a scacchi, ma non ricordo di averlo visto a Ellis Island al nostro arrivo a New York. Qualche giorno dopo vidi due poliziotti giocare con i piccoli pezzi intarsiati su quella scacchiera di legno con il bordo rosso. Mi dispiace ma non so dirti di più”.

Spesso le promesse non le sappiamo mantenere altre volte il destino ci impedisce di farlo.

avatar Scritto da: Zenone (Qui gli altri suoi articoli)


10 Commenti a Lu megghiu jocu

  1. avatar
    Martin Eden 16 Marzo 2012 at 00:08

    …con le pennellate dell’artista appaiono i colori dell’emozione e della poesia…

  2. avatar
    Luca Monti 16 Marzo 2012 at 08:52

    Un gioiellino;Zenone sa’ regalarci questi momenti.

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    Fabio Lotti 16 Marzo 2012 at 10:25

    Clap, clap!

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    Marco Pic 16 Marzo 2012 at 11:57

    Complimenti vivissimi a Zenone che continua a confermarsi una delle penne di punta del sito di Soloscacchi!

    Marco Pic

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    Stefano Lupini 16 Marzo 2012 at 17:42

    Bravo! Leggendo il racconto non potevo fare a meno di pensare a quanto sarebbe bello se tu sviluppassi questa trama in un romanzo…

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    Mezzasalma 16 Marzo 2012 at 19:07

    Sotto… sotto c’è sempre un giallo: mi piacerebbe scoprire il colpevole. Bravo Zenone: u megghiu che trovate in circolazione.

  7. avatar
    Zenone 16 Marzo 2012 at 19:19

    Forse pensare ad un romanzo sarebbe eccessivo, ma per un seguito…ci penserò.
    Grazie a tutti

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      fds 16 Marzo 2012 at 21:33

      Allora aspettiamo il seguito!

  8. avatar
    Marramaquìs 16 Marzo 2012 at 21:18

    Magnifico!

  9. avatar
    Leporello 14 Aprile 2012 at 21:44

    Emozionante e scritto benissimo…

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