L’ultimo volo

Scritto da:  | 26 Settembre 2019 | 9 Commenti | Categoria: Libri, Recensioni

Si era alzato presto quella mattina. Fuori piovigginava e c’era una certa foschia che dava alle luci dei lampioni un sapore di lontananza, quasi d’irrealtà. Lontananza da casa, ma quella lontananza sarebbe durata poco perchè il Torneo era arrivato all’ultimo turno e la sera, dopo la partita del pomeriggio, sarebbe salito su un aeroplano per tornare verso casa. Era tutta la vita che saliva e scendeva dagli aerei ma aveva incominciato tardi a usare quel mezzo. Da ragazzo si svegliava presto per incamminarsi dal suo villaggio, Narva, verso la vicina scuola, a piedi era un tragitto lungo, spesso nevicava ed il sentiero costeggiato da alti filari di brulli alberi era ghiacciato e scivoloso, eppure arrivar presto poteva significare avere mezz’ora di tempo per consultare qualche libro prima che iniziassero le lezioni. Qualche libro di scacchi ovviamente, non ce n’erano tanti in circolazione e quei pochi dalle pagine consunte e ingiallite, il giovane Paul Keres li divorava letteralmente con famelica ingordigia.

Ma quella domenica mattina all’albeggiare tornò presto ad accostare le tende di quella camera d’albergo perchè desiderava prepararsi ancora un poco per l’ultima decisiva partita. Il torneo era già saldamente nelle sue mani, una patta sarebbe stata sufficiente per la vittoria finale, ma quella partita rappresentava qualcoasa di ben più importante, di molto più importante per l’establishment del suo paese. Era il periodo in cui l’astro nascente dello scacchismo sovietico Tolja Karpov stava per ereditare, forse politicamente prima che  sulla scacchiera, lo scettro che era appartenuto a Bobby Fischer, il genio americano che dopo decenni di strapotere sovietico, come un fulmine a ciel sereno, aveva di colpo riazzerato tutte le gerarchie scacchistiche. Negli anni della guerra fredda era stato un colpo durissimo per i vertici, scacchistici e non solo, dell’Unione Sovietica. Improvvisamente era tornato tutto in discussione ed ogni occasione di sfida tra un americano ed un russo si trascinava l’eco della sfida Reykjavík, quella che Occidente era stata definita “Il match del secolo” mentre a Mosca e dintorni era un’onta da lavare a tutti i costi.

Keres aveva vissuto un po’ in disparte gli avvenimenti, ultimamente era stato poco bene di salute, e a dispetto dei risultati agonistici ancora lusinghieri, la sua Federazione lo aveva da tempo confinato a ribalte ben meno prestigiose di quelle che aveva calcato negli anni d’oro. Quelli delle sfide con Capablanca e Alekhine prima, e con Botvinnik, Smyslov, Petrosian e Spassky successivamente. Un segno che il prestigio di cui godeva il grande estone forse non era più lo stesso lo notava egli stesso nel modo in cui la Federazione sovietica gestiva gli inviti per i grandi tornei internazionali: sempre più rare erano le occasioni per lui di esser chiamato a prender un aeroplano e a difendere i colori della bandiera del suo paese in tornei di primo piano. Lo stesso era avvenuto al pur altrettanto celebre Spassky reo di aver perduto la sfida memorabile con Fischer. Al Torneo di Milano di agosto, il supertorneo di quel travagliato 1975 (anche se allora il termine non era così in voga come ai nostri giorni) tra i sovietici invitati non c’erano né lui né Spassky, la Federazione sovietica chiamò invece Tal, Petrosian e appunto Karpov.

Ma a Keres tutto questo importava relativamente, in fondo la sua ultima apparizione in un Ciclo dei Candidati risaliva a dieci anni prima e davvero poco ci mancò che Spassky, allora in grande ascesa, non dovesse fermarsi nella sua corsa al titolo di Campione del Mondo: decisiva fu l’ultima partita, la decima, in cui in un’epica Ruy Lopez forse solo la baldanza e l’energia giovanile della promettente stella di Leningrado ebbe la meglio sull’esperienza del “vecchio” gladiatore.

A Vancouver il clima era abbastanza simile a quello della natia Tallinn e questo sembrava rassicurarlo, eppure era nervoso, forse conscio dell’importanza “mediatica” di quell’incontro. Walter Browne, australiano “naturalizzato” statunitense era il campione nazionale, un giocatore avvezzo ad ogni malizia che potesse assicurargli la vittoria ad ogni costo, espertissimo nel gioco lampo, era soprannominato “the fighter” per la fame di vittoria che gli sprizzava da ogni poro appena si sedeva alla scacchiera.

Il Torneo si disputava nell’aula magna della University of British Columbia e Keres arrivò puntuale come d’abitudine, nella sua eleganza inappuntabile da gentiluomo d’altri tempi. Browne fece invece un ingresso alla Bobby Fischer: trafelato e di corsa si sedette alla scacchiera con il suo inimitabile ondeggiare dei capelli lunghi stile “beat generation”, compilò con uno scarabocchio illeggibile il formulario, mosse rapido il suo Pedone di Re, schiacciò l’orologio a tese la mano di scatto al suo più composto avversario. La sfida ebbe inizio.

La tensione fin dall’avvio fu subito altissima, Browne, pieno di tic nervosi, quasi si dimenava sulla sedia, doveva vincere a tutti i costi per rincorrere un piazzamento sul podio che alla vigilia sembrava ampiamente alla sua portata. Un paio di passi falsi nelle fasi iniziali del torneo sembravano avergli compromesso il successo finale ma, con un briciolo di quella fortuna che “the figher” riusciva a rimorchiare con frequente successo, tutto era ancora possibile. Il Grande Maestro ungherese Gyozo Forintos ed il suo connazionale Istvan Bilek erano due degli altri favoriti della vigilia ma uno strano scherzo del destino li aveva messi uno contro l’altro in un “derby” fratricida nell’ultimo turno. Il Grande Maestro locale Duncan Suttles, forse non in forma smagliante, aveva invece condotto un torneo non all’altezza delle aspettative ma era anch’egli pronto a dar la zampata vincente. Sorprese del torneo si erano invece rivelati il Maestro canadese Elod Macskasy ed il futuro teorico e autore di bestsellers scacchistici di notorietà mondiale John Watson.

A Keres quell’ultima decisiva Ruy Lopez della sfida con Spassky non era proprio andata giù, non aveva meritato la sconfitta e decise di ripetere la stessa scelta di apertura anche contro Browne, era questione d’orgoglio, più che il risultato, a contare per lui. E della Partita Spagnola scelse una variante allora non così di moda come oggi: la Difesa Berlinese, il cui trattamento richiede una sensibilità strategica non comune, tale probabilmente da disorientare la foga d’attacco del giovane avversario nordamericano.

Passati i fumi del suo assalto apparve chiaro che tutto era perduto, Keres ebbe la sua rivincita, al termine di un’epica battaglia sconfisse Browne ed il fantasma di Spassky. Fu il canto del cigno di quel grande poeta della scacchiera… si chiamava Paul Keres, salì su un aereo, l’ultimo volo, come quello di un altro poeta, Antoine de Saint-Exupéry, Piccolo Grande Principe…

[il 5 giugno 1975, undici giorni dopo quella memorabile partita, Paul Keres, sulla via del ritorno verso Tallin, muore di un attacco di cuore]

Keres amava i libri, li adorava, io li amo e li adoro… e oggi vorrei presentarvene uno davvero speciale. L’ha scritto, con amore e passione non comune un’altra leggenda degli scacchi, quel Lajos Portisch che con Keres, sulla scacchiera si è scontrato mille volte. È tutto sulla Spagnola, arma preferita e prediletta da entrambi i campioni, e tra la partite magistralmente commentate dal fuoriclasse ungherese non poteva certamente mancare questa, l’ultima giocata e vinta da Keres. Portisch con acume da par suo ci illustra magistralmente dove, per esempio, Browne, nel momento critico ha fallito l’ultima occasione per rimanere in partita quando ha giocato 26.Df3 piuttosto che 26.Te3. Ma il libro è pieno di gemme come questa. En passant vorrei non passare sotto silenzio altri tre splendidi volumi che la Gambit Publications ha edito di recente. Sono quelli in queste immagini. Uno è un’altra eccellente monografia che il Grande Maestro ucraino Mikhail Golubev ha dedicato all’apertura di una vita, la Siciliana. Il titolo già riassume tutto: “Understanding the Sicilian”. Si tratta di un testo, e sento di dirlo assolutamente senza retorica o esagerazione alcuna, assolutamente fantastico, 120 partite egregiamente commentate che racchiudono una summa di questa che, come la Spagnola, è una delle aperture per antonomasia. 240 pagine dense di spiegazioni, concetti e principi illustrati con semplicità, dovizia di esempi in una forma affascinante e coinvolgente. Anche questo, direi assolutamente da non perdere.
Degli ultimi due testi, sempre della casa inglese, che mi fa piacere qui presentare uno è solo apparentemente dedicato alle aperture, non vi lasciate fuorviare dal titolo: A Simple Opening Repertoire for White, perché sì, l’asse conduttore è un reperterio per il Bianco facile da digerire e recepire, basato su 1.e4, ma il vero valore aggiungo è il filo strategico su cui esso si basa, ovvero la comprensione del gioco col Pedone di Donna isolato, un asset indispensabile per il processo di maturazione agonistica indispensabile ad ogni giocatore di qualunque livello.

In ultimo una vera chicca: “Chess Tactics Workbook for Kids”, frutto di quella penna magica e geniale che risponde al nome di John Nunn. Sosteneva il grande Mikhail Tal che quando aveva bisogno di ripartire, di considerare gli scacchi da un altro punto di vista, più creativo, più originale, più innovativo, la via migliore era di fare come i bambini, di partire dalla tattica, da problemi basilari, affrontati come fosse la prima volta. E questo è il principio da cui parte l’apprezzato GM inglese: (ri)guardare tutto da una nuova ottica. In breve un testo che ha tutte le carte in regola per diventare rapidamente un nuovo classico.

il Bianco muove e vince

avatar Scritto da: Martin (Qui gli altri suoi articoli)


9 Commenti a L’ultimo volo

  1. avatar
    e4d6 26 Settembre 2019 at 00:50

    curioso torneo dove forti GM come Browne, Bilek, Forintos e Suttles sono finiti dietro a dei 2100……

  2. avatar
    Giuseppe Lettieri 26 Settembre 2019 at 08:59

    Sarà stata anche la presenza de “Il Piccolo Principe†di Antoine de Saint-Exupéry – uno dei miei libri preferiti in assoluto -, comunque gran bell’articolo, piacevole da leggere. Complimenti!

    Mi piace 1
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    Fabio Lotti 26 Settembre 2019 at 09:09

    Bella lettura!

  4. avatar
    The dark side of the moon 26 Settembre 2019 at 15:10

    Ciao Martin!
    Grazie per le letture consigliate e per il bell’articolo.
    Riguardo la soluzione del test sembrerebbe semplice ma è facile sbagliarla se si invertono le prime due mosse esatte…

  5. avatar
    Enrico Cecchelli 26 Settembre 2019 at 17:25

    Grazie Martin! Bell’articolo!

  6. avatar
    Martin 26 Settembre 2019 at 18:33

    Grazie carissimi amici, troppo buoni come sempre… se non sembro troppo immodesto avrei piacere a riprendere una rubrica di suggerimenti per così dire letterari, i libri di scacchi che più amo e che mi sento di suggerire… ditemi voi, ok? :)

    Mi piace 7
  7. avatar
    Enrico Cecchelli 27 Settembre 2019 at 11:04

    Super ok

    • avatar
      Martin 6 Ottobre 2019 at 08:49

      Bene, allora siamo in procinto di allestire una rubrica fissa di recensioni a libri di scacchi che sarà tenuta da un noto GM che tuttavia, data la sua modestia e -sostiene lui- per non alimentare discussioni di sorta in merito a possibili preferenze editoriali, preferisce rimanere in incognito. Rimanete sintonizzati per le novità, grazie. :p

  8. avatar
    Mongo 29 Settembre 2019 at 10:39

    Gran bel pezzo, caro Martin.
    Così a rima vista il bianco vince con 1. e7+, Ke8; 2. Nd6+, Kxe7; 3. Nc8+ e ciao all’alfiere.

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