‘Na tazzulella ‘e café

Scritto da:  | 16 Giugno 2012 | 6 Commenti | Categoria: Racconti

ovvero: Catello ‘O Bianco e il motore Ca.Ca.


Accidenti, come facevi a sapere che ieri ero andato a Napoli ad acquistare l’ultimo super-evoluto motore di ricerca di scacchi? E che per questo motivo ti avevo chiesto il “taimmeautte”? Sei un indovino? Si chiama SuperChessChessCa.Ca., ed è stato una vera e propria irripetibile occasione.

Ca.Ca. sta per Catello Capone, l’importatore napoletano, sai…..”

Iniziava così una mia mail dello scorso novembre all’amico Brunov, col quale stavo giocando un match “per corrispondenza” di cui avevo chiesto, qualche giorno prima, una breve sospensione, un time-out. Sembra una storiella inventata come tante, invece la mail esiste davvero e qualcos’altro pure… per fortuna non tutto. Ma andiamo per ordine.

Al mio vicino di casa Giacomino, compagno di periodiche scriteriate giocate al Lotto e pescivendolo in pensione di Castellammare di Stabia, avevo confessato che sarei voluto tornare “alla grande” agli scacchi attivi e che avevo bisogno, a tale scopo, di mettere le mani su un programma, un motore di ultima generazione, però qualcosa di superiore, di altissimo livello.

Siccome Giacomino è uno che non si fa mai i fatti suoi, ma è tanto bravo e aiuterebbe anche il diavolo e le diavolesse, di ritorno da un fine settimana in terra natia mi citofonò per avvisarmi che probabilmente aveva trovato ciò che faceva al caso mio.

Glielo aveva consigliato il suo compare di nozze Vincenzo ‘o muorto (fu letteralmente riportato in vita da un infarto), che aveva un amico, Peppino ‘o scartellato (il gobbo) al Bar Centrale, dove certe dritte arrivavano prima di qualunque altro posto. E tutte dritte “certe”…

Giacomì, sicuro che vado sicuro, eh?”

Beh, Marr, devi sapere che Catello Capone, soprannominato “ ‘o Bianco ”, è ‘o cchiù gruosso commerciante di Pozzuoli, conosce un sacco di gente che conta a Nuova Yorke. E poi è lui che ha rimediato quella famosa barca a mio nipote Tonino, ti ricordi? Ho qui il telefono della segretaria, Gigia, tieni, eccolo, poi vedi un po’ tu ….. io, che ne sacc’io di motori a scacchi?”

Seguirono alcune chiamate, nelle quali qualcuno (Gigia, poi Cataldo, figlio di Catello) mi magnificò le meraviglie del mega-computer SuperChessChess”Ca.Ca.”, che era un’ anteprima per l’Europa, insuperabile per almeno dieci anni, e che solo ‘o Bianco poteva (e solo per gli amici più fidati) far avere ad un prezzo di assoluto favore, 4.000 euro anziché 8.000.

Però mi misero una terribile fretta.

Dovevo, se volevo concludere l’imperdibile affare, pagarlo in contanti, il motore e il magnifico PC, ritirarlo a Napoli direttamente da ‘o Bianco, presso il quale mi sarei dovuto recare senza essere assolutamente accompagnato da chicchessia, neppure da mia moglie. Ed entro tre giorni.

Un problema, quello di reperire rapidamente i contanti. Ma fu risolto, con qualche rimorso, grazie al materasso di mamma.

Così, appena due giorni dopo, in un grigio e “sciroccoso” mattino di fine novembre, scesi da solo nel Golfo, in treno. A Napoli mi sembra di stare un po’ a casa mia, non c’è in Italia città più simpatica, viva, eterogenea, umana e affascinante di questa, anche in pieno autunno, anche senza ‘o sole mio, cioè nostro.

Seguii le articolate istruzioni sull’ubicazione dell’ufficio di Catello Capone, nei meandri più profondi dei Quartieri Spagnoli. Giunto in Vico Lungo Teatro Nuovo, trovai al numero 103 la nota “Trattoria Nennella”. Lì fui, più o meno, prelevato da due ragazzetti in motorino che m’invitarono senza fronzoli a salire sopra e mi scortarono fino a destinazione (sì, in tre su uno scassato motorino, per loro una roba normale).

Mi si presentò un omone sui sessant’anni, completamente vestito di bianco, luccicanti scarpe bianche comprese, lisci capelli bianchi. Dalla sua camicia bianca mezza aperta faticava a non esplodere una gran pancia pelosa.

Al suo fianco era seduta una truccatissima mora (la Gigia, forse?) dalla spettacolosa scollatura, che abbozzava continui sorrisi ma che non profferì parola per tutto il tempo.

Come pure silenzioso rimase un segaligno figuro dalla faccia impenetrabile che, un paio di metri alle loro spalle, in piedi e un po’ in ombra, masticava nervosamente chewing gum e teneva costantemente le mani nascoste nelle tasche dei suoi assurdi pantaloni color verde “pisello”.

L’ufficio sembrava, più che un ufficio, un disordinato altare, tra decine di fotografie (le più, di Totò), immagini sacre, lumini, vasetti di fiori di plastica e cornetti rossi. E un paio di bottiglie di whisky mezze vuote. Era freddo, oscuro ed umido. Il mio sguardo cadde su una larga macchia di umidità nel soffitto dall’intonaco sporco e screpolato e poi su un gatto (anche lui tutto bianco!) tranquillamente accovacciato su una vecchia poltrona damascata.

Guagliò, come ti chiami? Marramaquis? Strano nome, eh? Origini sarde? Tu si’ fortunato, Marramaquis, chisto è Oro ‘e Napule, saje? Oro di zio Catello, guagliò. Guarda ccà quanto conta zio Catello a Boston! E pienza che Maicrosoffe pe’ mme e solo pe’ mme ha fatto istruzzioni bilingua: americano e napoletano! Ah, nun c’è la garanzia, naturalmente, e sai pecché? … Ma pecché la garanzia sono io, guagliò, io! Io! Capone Catello in persona!”.

E qui ‘o Bianco scoppiò in una irrefrenabile risata, mostrando l’unica cosa che non aveva di bianco: i denti.

Ancora ridendo, allungò verso di me un vassoio di cristallo con delle caramelle “a bastoncino”, quelle che una volta si trovavano nei bar, tutte al gusto di anice, il mio gusto preferito: “Pija, guagliò”.

Insomma, mi disse che il computer e motore Ca.Ca. (o S.C.C.C.C.) era appena arrivato per lui, via nave dagli USA, in non più di cinque preziosi pezzi e che tutti erano stati subito prenotati, che io ero uno dei cinque fortunati, anzi, per la precisione, uno dei “raccomandati”, anzi, di più, io ero un raccomandato “speciale”.

Lo provammo. Mi parve bellissimo, sfavillante, velocissimo, fenomenale, con un grande schermo e mille straordinarie funzioni, una meraviglia della tecnologia più avanzata.

L’affare si concluse in pochi minuti, anche perché cominciavo già a sentire una specie di disagio, non so dire il motivo… ma la scollatura della truccatissima e sorridente mora era sempre più profonda e il figuro alle loro spalle sempre più triste e inquietante, le mani ancora in tasca. E poi tutta quell’umidità non andava bene per il mio eterno mal di gola ….

Prima che me ne andassi, Catello ‘o Bianco prese una busta gialla, chiusa con della ceralacca, me la consegnò e mi disse di conservarla insieme alle istruzioni.

Ma aggiunse che avrei dovuto aprirla soltanto in caso di estrema, ma veramente estrema, necessità, meglio ancora se dopo “un buon consiglio”.

Non diedi eccessiva importanza alla cosa, lì per lì, o ebbi timore di dargliela, piegai la busta e la misi automaticamente in un taschino interno dell’impermeabile.

Salutai. Avevo soltanto fretta di sparire, di tornare a casa.

Una volta fuori, fui colpito da uno scirocco quasi caldo, che intanto era parecchio aumentato d’intensità e che a tratti innaffiava le mie narici con improvvisi odori di suffritti, zuppe e “maccaruncielle lardiate”.

Il Vesuvio era stato inghiottito da gonfi cumulonembi, pareva quasi esser notte e le donne stavano ritirando, con atavici e calmi gesti, le fila di panni stesi sulle vie tra una finestra e l’altra frontaliera.

Una calza mi sfiorò la fronte, mulinelli di polvere fra gli occhi.

Accelerai il passo e raggiunsi la stazione ferroviaria appena prima dello scatenarsi di un forte temporale. L’interregionale Napoli-Roma era annunciato dall’altoparlante con circa 55 minuti di ritardo, colpa del temporale o di uno sciopero a sorpresa dei casellanti locali: nessuno pareva saperlo, ma nessuno ne era troppo preoccupato, forse per l’abitudine.

Seduto sul treno, ultima carrozza, seconda classe, stringevo il pacco sulle ginocchia e riflettevo, fissando le ultime gocce di pioggia scivolare lente lungo il finestrino impolverato e appannato.

Mi sentivo agitato e stanco. Quattromila euro non erano pochi per me, erano i miei risparmi di quattro anni… erano un’enormità, o una pazzia.

Ma avevo fra le mani un pezzo straordinario, unico…sì, unico. Anche se senza ricevuta e senza garanzia… Però con l’aggiunta di due biglietti gratuiti per una partita precampionato del Napoli e di un blocchetto di biglietti nuovi per le funicolari di Chiaia e di Montesanto… e anche una batteria di ricambio in omaggio.

Ma cosa racconterò a mia moglie, adesso? Che saremo costretti a rinviare quel viaggio in Patagonia che era il suo sogno? Beh, ci arrangeremo, lei comprenderà. Forse. Più probabilmente no.

Eccomi a casa, finalmente, con il mio nuovo e ambìto SuperChessChessCa.Ca. Certo che è proprio bello, l’unica cosa di valore che c’è nel nostro appartamento (a parte Mosè, il micio).

S.C.C.C.C. rimase acceso ininterrottamente per 48 ore, gli sottoposi centinaia e centinaia di varianti che attendevano da anni una risposta definitiva. Straordinario, mitico.

Dopo i primi giorni di uso apparve, però, qualche anomalia. Maledizione.

In pratica accadeva che in certe posizioni, apparentemente del tutto equilibrate, Ca.Ca. segnalasse “+4,00 vantaggio a ‘o Bianco, +4,00 vantaggio a ‘o Bianco”.

Provai per qualche giorno a telefonare a quei numeri di Napoli che mi erano stati dati o che avevo: nessun segnale, tutti irraggiungibili, irrintracciabile la Gigia, latitante figlio Cataldo.

Ma poi, qualora anche mi avessero risposto, cosa potevo aspettarmi che mi dicessero? Senza dubbio che il giudizio di Ca.Ca., l’infallibile, era quello giusto, non il mio.

Ma “+4,00 vantaggio a ‘o Bianco” stava ormai diventando un ritornello impossibile da digerire.

E stava pure sopraggiungendomi, puntuale ogni sera, un fastidioso cerchio alla testa.

“Tutta colpa di Giacomino”, m’accorsi di pensare (“ma nun te potevi sta’ zitto e fatte i fatti tuoi, Giacomì?”).

E ora? Di colpo mi ricordai della busta gialla con la ceralacca. Ultima speranza.

La presi, era rimasta lì nell’impermeabile. Stavo per aprirla, ma mi sovvennero le parole di Catello Capone ‘o Bianco ( .. estrema necessità … un buon consiglio ..).

Allora, prima di ogni altro passo, di un errore decisivo, di una mossa definitivamente perdente, decisi, come al solito in simili circostanze, di telefonare al mio vecchio amico Brunov.

So’ sempre io, Bru’ … come dici? Ah, no, le mosse non ce l’ho, anzi mi sa che abbandono”.

Stavolta gli raccontai bene tutta la storia, dall’inizio e, come dicevano una volta imbianchini e falegnami a Napoli, e non soltanto a Napoli, “per filo e per segno”…..

(Seguirà prima o poi la seconda parte, se anche a SoloScacchi piacerà. Ma io qui devo ritirarmi, davvero devo abbandonare. Forse sarà Brunov a parlarvene …;)

avatar Scritto da: Marramaquís (Qui gli altri suoi articoli)


6 Commenti a ‘Na tazzulella ‘e café

  1. avatar
    Mongo 16 Giugno 2012 at 00:23

    Troppo bello!! :mrgreen:

  2. avatar
    gino 16 Giugno 2012 at 10:16

    Descrizione dei luoghi, degli eventi e dei personaggi in grado di trasmettere vere emozioni! Una rarità oggi….

  3. avatar
    Zenone 16 Giugno 2012 at 12:52

    Leggendo questo racconto mi sono sentito come uno degli spettatori che, nelle sere d’estate, stanno alle spalle dei pittori sui lungo mare, in attesa dei colpi sapienti di pennello. Ecco, ora sto attendendo che si completi questo acquerello iniziato con queste righe. Compliementi.
    Mi tornano alla mente questi passaggi di una nota canzone di P. Daniele, parole dolci e amare, dedicate a questa città magica:

    “(…;)
    Napule è nu sole amaro
    Napule è addore e’ mare
    Napule è na’ carta sporca e nisciuno
    se ne importa e
    ognuno aspetta a’ sciorta (…;)
    (…;)
    Napule è tutto nu suonno e a’ sape tutto o’ munno ma
    nun sanno a’ verità”.

  4. avatar
    Pantagreul 20 Giugno 2012 at 14:20

    Perché non ricordare il monologo “del caffé” nell’opera teatrale “Questi fantasmi” di Eduardo?
    Bravo!

  5. avatar
    franco 25 Giugno 2012 at 17:54

    aspetto anche io con ansia la seconda parte…ma davvero hai fatto questo?

    • avatar
      Marramaquis 25 Giugno 2012 at 18:03

      Sei Franco del Sassabanek, vero? La seconda parte la trovi nel “Glossario Scacchistico Napoletano”, uscito dopo qualche giorno. Ciao!

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