Una nuvola chiamata Peresipkin

Scritto da:  | 28 Settembre 2013 | 29 Commenti | Categoria: C'era una volta, Curiosità, Personaggi, Stranieri, Voglia 'e turnà

Scelsi d’ imparare gli scacchi (e ancora sto cercando d’imparare) per un motivo semplice.

Perché quando ti alzi dal tavolo e lasci la scacchiera non ci sono scusanti: hai perso e basta, oppure hai vinto e basta. Se hai pareggiato? Basta lo stesso.

Altrimenti avrei giocato a bowling, o a calciobalilla, o a poker, o a dadi, o a briscola, o a “gratta e vinci”. O al superenalotto. Così pensavo.

Ecco, al superenalotto (e affini) ci gioca Irene, sessantatreenne donna ciociara che per quarant’anni ha lavorato alle casse e al banco di un “alimentari” della città. Irene prova (e per solito riesce) a dimostrare come ogni volta lei punti sui numeri migliori, quelli che, indiscutibilmente, “dovrebbero” uscire stando alla cabala, ai ritardi, ai segni astronomici, ai sogni, agli eventi della settimana, ai voti di laurea dei familiari dei parlamentari e ad altro ancora, tutto perfettamente analizzato e catalogato in circa due milioni di files che il figlio Leonardo le aggiorna e custodisce gelosamente.

Irene è studiosa e tenace, ed è paziente e fiduciosa. Ma ha anche già disgraziatamente sciupato, con questa diabolica mania, una buona fetta della sua liquidazione.

Naturalmente i suoi numeri non escono quasi mai, questo è vero, ma Irene è certa di aver giocato sempre quelli giusti, perché lei in questo è infallibile, e così per molti lei rimane ugualmente “la mejo de tutti”, come dicono (s’intuisce il perché) al bar ricevitoria “Pepe” in Piazza Monte Baldo, davanti all’orticello di profumati pomodorini del commendator Eugenio.

Quei “suoi” numeri non escono perché in campo piomba sempre qualcosa d’imponderabile, d’imprevisto. Questo si chiama jella, e contro la jella, è noto a chiunque, non c’è niente da fare.

Ad esempio, tutti sanno che la “Roma” e, ma un po’ meno, la “Lazio” avrebbero potuto vincere almeno sette degli ultimi otto campionati di calcio, era evidente come fossero tra le squadre migliori, ma la jella (leggi: arbitri, allenatori, giornalisti, zolle erbose, vento contrario, luna calante, “parrocchetti monaci”, discarica di Malagrotta o altre, piena del Tevere) non l’ha permesso.

Una Roma diversa: La Casina delle Civette in Villa Torlonia

Similmente, tutti sappiamo che il PIL dell’Italia sarebbe dovuto crescere almeno del 6 o 7 per cento all’anno negli ultimi 15 o 20 anni, visto che abbiamo avuto a governarci i più abili, amati e competenti uomini politici del continente, ma la jella (leggi: speculazione internazionale, prezzo dell’oro, perturbazioni atlantiche, pubblici ministeri, batteriosi del kiwi, ancora “parrocchetti monaci”, spread, scioglimento del ghiacciaio del Calderone ecc..) non ce lo ha permesso.

Orbene, negli scacchi potreste affermare che Carlsen è il numero uno ELO al mondo solo perché Morozevich o Ivanchuk sono più jellati di lui? Oppure come fate a dire che Bobby Fischer sia stato (o che non sia stato) il campione di tutti i tempi? Quali sono i parametri? Aronian è meno forte oppure meno fortunato di Gelfand?

Ecco, vedete, mi sa che da una finestrella s’insinuano anche negli scacchi il fattore TEMPO e il fattore DESTINO, che in fondo sono l’equivalente del “non avere o avere jella”.

Kasimdzhanov è stato, con un pizzico di buona sorte, campione del mondo (è come se la Roma o la Lazio avessero vinto il campionato di calcio), come lo è stato il rosso Khalifman.

Entrambi hanno colto le loro occasioni, bravi (e mica non sono stati bravi), Carlsen probabilmente le avrà, altri però certe occasioni non le hanno mai potute avere. E chi lo stabilì? O lo stabilirà? E perché? Quindi?

David Bronstejn l’occasione l’ha avuta ma non fu, purtroppo, campione del mondo per un soffio, come il buon Schlechter. Loro, sì, sarebbero stati molto diversi da Lasker e Capablanca, che si mostrarono indecorosamente attaccati ad un titolo mondiale che pareva, un secolo fa, quasi una proprietà privata. E con loro sarebbe cambiata la storia scritta dei mondiali, come tentai di dimostrare per Sultan Khan.

Come pure sarebbe cambiata la storia con quel famigerato pugno di voti, probabilmente mal conteggiati in Florida, che decretò il successo di George W. Bush su Al Gore nel 2000. E Al Gore poteva essere il più grande Presidente americano del dopoguerra. Forse. Ma questo che c’entra? Questo è un altro sport, scusatemi, ogni tanto esco dal tema come un ciclista in rottura matta.

Fischer ha strapazzato tutti i suoi avversari, ma non, ad esempio, Capablanca, Morphy, Kasparov. Chi di loro prevarrebbe, oggi, in un quadrangolare? Come dite? Prevarrebbe Alekhine? Difficile, ma non impossibile, perché tutto è possibile.

E, se non ci fosse stata la seconda guerra mondiale, non poteva essere forse il tedesco-peruviano Klaus Junge il più grande degli anni 50 e oltre? Gli mancava qualcosa a Klaus? No davvero, ma i suoi occhi guardavano altrove e il destino lo attendeva implacabile.

Sì, c’è poi un’altra pre-condizione fortunata ad aver consentito a un Fischer o a un Capablanca o altri di diventare “grandi”: hanno imparato il gioco da bimbi. Se la dea Caìssa li avesse sfiorati 5 o 10 anni più tardi forse sarebbero diventati soltanto dei buoni giocatori, o forse sarebbero stati campioni di qualche altra cosa, e qui staremmo a parlare di altra gente.

Ma allora? Allora perfino negli scacchi contano le epoche, gli eventi accidentali, le differenti regole, l’interpretazione, la visione personale delle cose e degli uomini, la simpatia o l’antipatia, le sensazioni, le prepotenze, l’inganno, lo spread, le guerre, le bandiere, gli amori, i soldi, i mali, i presidenti, gli allenatori, gli tsunami e i terremoti che cambiano il destino di popoli, di famiglie e di singole persone.

A.Schopenhauer

Arthur Schopenhauer scriveva (Parerga und Paralipomena, 1851 ) “La vita è come un gioco di scacchi: noi tracciamo una linea di condotta, ma questa rimane condizionata da ciò che piacerà di fare all’avversario, nel gioco degli scacchi, e dal destino, nella vita”.

Insomma, nella vita come negli scacchi, giocano un ruolo fondamentale, in ogni momento, il caso e la fortuna. E noi commentatori e spettatori ci facciamo, troppo spesso, banalmente condizionare, in ogni settore, dalla fama e dai risultati. E ciò è quasi inevitabile, perché è nella natura umana trovare certezze ed eroi nei primi, nei “grandi” o presunti tali, perfino quando costoro siano moralmente discutibili, insomma è nella natura umana “saltare sul carro dei vincitori”.

Ancor oggi, guardate bene, in ogni paese qualche presunto ex “campione” di ciclismo viene osannato e venerato pur avendo fatto del doping la propria religione e la propria vita.

Purtroppo molte persone non sanno, o preferiscono non sapere, che “la dignità non consiste nel possedere onori, ma nella coscienza di meritarli” (Aristotele).

Un giorno ho assistito, fra numerosi altri spettatori e davanti a un maxischermo, ad una partita di calcio di Coppa Rimet. Una delle due squadre aveva giocato penosamente, e di ciò tutti gli spettatori erano consapevoli, ma al 90° minuto segnò il gol del pareggio, 1 a 1, qualificandosi poi, ai rigori, per la semifinale. In pochi attimi, dopo i rigori, sentii cambiare radicalmente il giudizio sulla partita, sia del telecronista sia dei presenti in sala.

Tipico, inevitabile, opportunistico atteggiamento: non è mai conveniente porsi dalla parte del perdente. Chi ha vinto è più forte e ha meritato di vincere, chi ha perso non meritava di perdere e ha perso per colpa di qualcuno che ha sbagliato (costui, nello sport, è l’allenatore, per solito).

Accade negli scacchi che ottimi giocatori, di prima ma non di primissima fascia, quali Staunton, Mieses o Tartakower o Najdorf, siano presenti capillarmente (“come il prezzemolo” avrebbe detto mia nonna), su decine di ribalte, ed abbiano raggiunto, non certo ingiustamente ma talora in seguito anche a circostanze e scelte favorevoli, notorietà e fama.

Viceversa, alcuni straordinari, sfortunati talenti come il lituano Arved Heinrichsen (sconfitto nell’estate del 1900, a soli 23 anni, dalla tubercolosi e dalla malaria) e il tedesco Rudolf Swiderski (suicida il 9 agosto 1909 all’età di 31 anni) non le hanno mai potute avere tutte queste possibilità e restano nomi sconosciuti ai più.

E’ come se i loro numeri non fossero mai usciti, eppure erano ottimi, eccezionali e pronosticabili numeri. Anche Irene li avrebbe senz’altro individuati, e avrebbe così, per l’ennesima volta, perduto.

R. Swiderski

Dal Torneo di Coburg 1904. In piedi (da sinistra a destra): C. Schlechter, H. Ranneforth, R. Swiderski, C. Schröder, A. Schott, F. Tausch, W. John, H. Süchting, C. Teller, L. Fleischmann. Seduti: J. Mieses, H. Wolf, H. von Gottschall, P. Schellenberg, R. Gebhardt, J. Berger, G. Marco, O. Bernstein, C. von Bardeleben, H. Caro.

Penso che Irene abbia ragione, che tutti abbiamo un po’ di ragione, anche quando abbiamo torto. Mi va allora di credere che quando si legge che certe cose siano andate oggi, qui, in un certo modo, esistano parallelamente cento altre realtà con cento situazioni e risultati diversi, con gli stessi o altri protagonisti, e che in qualcuna di queste altre realtà i numeri di Irene (che sono quelli di Heinrichsen e di Swiderski) siano usciti, se una giustizia universale esiste.

(Questo è’ un po’ l’immaginario che guidava il mio vecchio pezzo su Sultan Khan “campione del mondo in un mondo parallelo”, vi è capitato di leggerlo? No? Meglio così, non vi siete persi niente, perché, come dicono i realisti da qualche parte, “se mio nonno avesse le ruote sarebbe una carriola”).

E in queste altre realtà e universi è lecito e comprensibile augurarsi che i primi della nostra ingrata attuale storia si siano trasfigurati in ultimi, che là sui voli di Stato e sulle auto blu salgano emigranti e terremotati e che dentro le baraccopoli e le tendopoli giacciano i corruttori e i corrotti di qui. Ma questa è di nuovo un’altra storia, diavolo, perdonatemi ancora.

A proposito di ultimi, e pensando al campione indiano appena menzionato, si deve aggiungere un’altra discriminante, lapalissiana e spesso decisiva: se il tuo papà ti sostiene economicamente per tutta la vita, stai pur certo che le strade del successo e del piacere saranno molto più percorribili per te e che potrai entrare presto nella lista dei numeri preferiti da Irene.

Ma ora, qui giunti, vorrei stendere la mia personalissima classifica dei cinque giocatori “teoricamente” più forti di tutti i tempi fra i “non campioni del mondo” (e qualcosa di più).

Potrete, alla fine, naturalmente inorridire e dire la vostra, ma non azzardatevi a sconfessarmi troppo, perché nessun giudice vorrebbe sentenziare che io sia in errore, mancherebbero certezza e un contesto conforme e plausibile.

E poi si sa che, come affermava Bertolt Brecht, “di tutte le cose sicure, la più certa resta il dubbio”.

In effetti la realtà può essere spesso un’altra, non quella che ogni giorno ci appare e che è, anche quando scritta, un riflesso della nostra personalità e dei nostri convincimenti del momento o, peggio, dei convincimenti di altri, ovvero un prodotto di regole provvisorie o della consuetudine.

Porto un esempio. “Oggi è bel tempo” dissi in un estivo, torrido giorno di sole (come quelli di adesso) ad un saggio contadino di Maccarese. “E perché?” rispose lui, “Per me è bel tempo quando piove”. Avevamo ragione entrambi, ma io avevo detto una fesseria.

Ecco, allora, questa è la mia personale classifica.

  • Al primo posto l’ungherese, ma nato a Praga, Rudolf (Rezso) Charousek (1873-1900),
  • al secondo lo statunitense Harry Nelson Pillsbury (1872-1906),
  • al terzo un altro ungherese, Lajos Portisch (nato nel 1937, vivente),
  • al quarto il già citato indiano Malik Sultan Khan (1905-1966),
  • al quinto l’ucraino Vladimir Fedorovich Peresipkin (1953-1994)

Di Charousek parlerò, spero, in un prossimo articolo. Lui è stato un fenomeno irripetibile, un genio. In una ipotetica classifica assoluta, campioni mondiali inclusi, forse ugualmente sarebbe al vertice.

Charousek

Il secondo, Pillsbury, è stato una spanna su tutti (escluso Charousek) quando il fisico lo sorreggeva; ne sapevano qualcosa Lasker e Steinitz, e Lasker non sarebbe mai stato capace di superarlo in un match, quasi per sua stessa ammissione.

Le sue partite,” scrisse Richard Reti, “sgombre da ogni boriosa profondità di analisi e semplici come schema, mostrano nel loro svolgimento dei motivi base ricorrenti in modo sorprendente e colpiscono chi le analizza per l’energia con cui sono trattate”.

Hastings 1895, Pillsbury è il quarto seduto da destra

Il terzo, il GM ungherese Portisch, dovremmo conoscerlo meglio in quanto più vicino ai nostri giorni: a Lajos sono mancati soltanto, nei momenti cruciali, un pizzico in più di cattiveria, di sangue freddo, di fiducia in se stesso e di “killer instinct”, ma le sue raffinate strategie e i suoi impianti erano quasi insuperabili. Con quegli ingredienti in più in campo (che possedeva, ma che faticava a far emergere) non avrebbe mai perso con nessuno al mondo.

Il leggendario “Botvinnik d’Ungheria” si qualificò ben 5 volte per il “Torneo dei Candidati” e partecipò a 20 edizioni delle Olimpiadi.

Lajos Portisch

Le varianti a doppio taglio non sono gradite a Portisch”, mi sovviene ogni tanto questa frase di Fischer, che era uno dei pochi a conoscere profondamente ogni punto di forza e ogni punto debole dei suoi principali avversari.

Nell’aprile 2012 la Federazione Ungherese ha organizzato a Budapest, in onore dei suoi 75 anni, un torneo “rapido”, il “Portisch 75”. Lajos, con 4 punti in 6 partite, imbattuto ancora una volta, ha saputo mettere in fila i suoi amici-rivali, i ragazzetti Ljubojevic (61 anni), Hort (68) e Csom (62).

Del quarto della mia classifica, l’incredibile meteora semi-analfabeta indiana Malik Sultan Khan, ho scritto qui un paio d’anni fa. Lui è stato un fenomeno più unico che raro, quasi uno scherzo beffardo per l’intero movimento.

Non era lui a muovere i pezzi, erano i pezzi a muovere lui e ad abbandonarlo d’incanto quando, troppo presto, se ne stancarono. Anand, ottimo e garbato indiano di tre quarti di secolo dopo, ne rappresenta, in un certo senso, la reincarnazione e la vendetta.

Sultan Khan

L’ultimo, l’ucraino o sovietico Vladimir Peresipkin, è infinitamente meno noto degli altri quattro, anzi è quasi sconosciuto ai più, pertanto ne parlerò qui un tantino più a lungo, anzi, molto più a lungo.

Aggiungo però, per la precisione e a scanso di equivoci, che mi piace immaginarlo su questo quinto gradino, sì, ma in un piccolo e simbolico spazio, un angolino, a fianco dei vari Chigorin, Schlechter, Heinrichsen, Swiderski, Rubinstein, Teichmann, Breyer, Duras, Bronstejn, Keres, Junge, Stejn, Fuderer, Mecking e di altri giocatori (cielo, chi avrò dimenticato di citare?).

Vladimir Fedorovich Peresipkin nasce a Kiev, Ucraina, il 10 marzo del 1953. A 17 anni è maestro dello Sport sovietico, e per quei tempi non è poco.

Nei momenti di nervoso fervore e ricerca di rinnovamento che in URSS hanno fatto seguito alla perdita del titolo mondiale di Spassky ad opera di Fischer, cioè negli anni 1972-74, Vladimir prende parte a numerosi tornei giovanili. Inizialmente, in questi confronti con i vari Sveshnikov, Georgadze, Panchenko, Arshak Petrosjan, tutti giocatori che sapranno raggiungere con gli anni il massimo titolo internazionale, il nostro Vladimir non brilla molto.

Brilla invece a Odessa, nel maggio 1972, al 41° campionato Ucraino. Vince Lev Alburt con p. 11,5 su 17, ma Vladimir è buon 5°-6°, con 10 punti e con significative vittorie su Romanishin e Beljavsky. Nel 1973 ottiene un modesto 10° posto al torneo per giovani maestri di Kiev, vinto da Sveshnikov, ma se alle sue spalle ritroviamo Kupreichik, A.Petrosjan, Romanishin e Beljavsky, possiamo immaginare di che livello sia stata questa manifestazione.

Nel 1974 a Lvov agguanta finalmente, nel campionato nazionale ucraino, un’eccellente seconda piazza, con punti 9,5 su 13, alla pari con Lerner e solo mezzo punto dietro il solito Alburt.

Nello stesso anno è chiamato a far parte della celebre “Avangard”, squadra della repubblica Ucraina, quasi sempre finalista del campionato sovietico a squadre e all’epoca guidata, sulle prime tre scacchiere, da Kuzmin, Beljavsky e Romanishin.

Le sue apparizioni, tuttavia, già si fanno rare, non so dire per quali motivi, certamente il 1975 lo vede quasi assente dalla scacchiera, a parte il campionato URSS per giovani maestri svoltosi a Lvov, dove finisce appena a metà classifica.

Nell’aprile 1976, sulla quarta scacchiera dell’Avangard, Peresipkin ottiene però il secondo miglior risultato della fase finale, dietro Tukmakov.

A Rostov sul Don, due mesi dopo, nella semifinale del Campionato sovietico, con 64 giocatori, parte male (0 su 2), poi reagisce vigorosamente con 8,5 punti nei successivi 11 turni, agguantando un ottimo, ma per lui non sufficiente, 3° posto pari merito, a mezzo punto dai vincitori Zakharov e Karasev.

A gennaio 1977 tocca il suo miglior ranking Elo (2606), ma a febbraio, al campionato dei giovani maestri tenutosi ad Alma Ata, vinto da Mikhalchischin, fa un brutto, inatteso e forse determinante, passo indietro: è ultimo (p.3 su 15).

Vladimir reagisce e nel forte campionato sovietico “Prima Lega” del 1977, a Baku (primo Kuzmin su Tukmakov), mostra a tratti un bel gioco, sconfiggendo campioni del calibro di Beljavsky, Taimanov e Tseshkovsky, ma distrazioni imperdonabili contro giocatori minori, quali Gutman e Petrushin, gli precludono un risultato di rilievo e chiude con 7,5 su 14, il che gli non gli basta per riguadagnare l’attenzione da parte degli addetti ai lavori.

E, a quel tempo, in Unione Sovietica, se non c’erano tangibili ed eclatanti risultati non si avevano i migliori allenatori né si aveva la possibilità di fare esperienza all’estero, passaggio che a Peresipkin è stato quasi sempre precluso.

Scacchista eclettico e vario, Vladimir alterna di Bianco apertura di Re (su tutte), Donna e minori, Siciliana e Caro Kann di Nero, uscendo con naturalezza dalle vie più battute, in ciò probabilmente risentendo dell’influenza del suo più famoso corregionale Romanishin.

Ma ciò che è più caratteristico di questo maestro è la rapidità di gioco. Nel giugno 1978, ad esempio, nel fortissimo torneo internazionale di Kiev, vinto da Beljavsky, ottiene un buon sesto posto (8 su 15) e una norma di Maestro Internazionale con l’incredibile tempo medio di riflessione di 45 minuti a partita.

notte a Kiev

Un’altra sua tendenza tipica è quella di non giocare mai per il pareggio, tanto che a fine carriera totalizzerà appena un 32% di partite patte.

Queste due particolarità, velocità di esecuzione fino a sfiorare l’impazienza e atteggiamento provocatorio senza compromessi, al severo occhio sovietico degli anni Settanta appaiono troppo eterodossi e probabilmente non gli garantiscono simpatie né appoggio né opportunità di accedere a qualche torneo di rilievo in più, magari all’estero.

Vladimir ne è insofferente, si dedica per qualche tempo al gioco per corrispondenza ma non ne è affatto tagliato, torna al tavolino senza grande convinzione. Sente che le strade di vertice gli si chiudono davanti e sempre nel 1978, dopo un risultato deludente (5,5 su 13, con sole 4 patte) al torneo di selezione per il Campionato Sovietico svoltosi a Daugavpils, decide praticamente, a soli 25 anni, di lasciar perdere per sempre il tentativo di realizzare una grande carriera scacchistica.

Eppure a Daugavpils (torneo a sistema svizzero con 64 partecipanti e successo finale di Kasparov) era partito assai bene (3,5 su 5 con vittorie su Gufeld e Vaisser), ma ha avuto un crollo inopinato nelle successive 5, raccogliendo appena mezzo punto.

Non basta a fargli cambia idea l’unica occasione che avrà, finalmente, di affacciarsi in Europa, nel novembre dello stesso anno: a Strbske Pleso, in Cecoslovacchia, nella “Tatran Cup” ottiene un ragguardevole 3° posto con 7,5 su 12, dietro i GM padroni di casa Ftacnik e Plachetka.

Ma penso che lui si aspettasse ormai nient’altro che un’importante vittoria, vittoria che non era ancora arrivata, che anche lì non arriva e che non sarebbe mai più arrivata.

Peccato, perché c’erano le qualità perché Peresipkin divenisse un campione: egli non ebbe, credo, tutte le possibilità di maturare, forse gli nocque una forza di volontà non adeguata, pagò oltremodo il suo temperamento bizzarro, nervoso e non incline a patteggiamenti e pagò pure la sua terribile, spesso autolesionistica, fretta di finire ogni partita.

Lui è stato, insomma, come un potenziale campione di “Formula Uno” che ha potuto correre pochi Gran Premi, e per di più con macchine non competitive e senza sponsor.

Se possiamo paragonarlo ad un giocatore russo di oggi, ecco, direi che Nepomniachtchi gli si potrebbe accostare un pochino.

Ma un’impronta indelebile Vladimir l’ha in ogni modo lasciata, è il “Sacrificio Peresipkin” nella variante Sveshnikov della Lasker-Pelikan, questo qua:

1.e4 c5 2.Nf3 Nc6 3.d4 cxd4 4.Nxd4 Nf6 5.Nc3 e5 6.Ndb5 d6 7.Bg5 a6 8.Na3 b5 9.Bxf6 gxf6 10.Nd5 f5 11.Bxb5!?, un tratto coraggioso che Vladimir ha provato un paio di volte nel 1973 proprio contro Evgeny Sveshnikov (perdendo tuttavia ambedue le partite) e che troverà poi non pochi imitatori, quali Nunn, Shirov, Sulskis, lo stesso Sveshnikov e la scuola ungherese (T.Horvath, V.Varadi).

Non so nulla, purtroppo, della vita privata di Peresipkin, né della sua salute, e non so, quindi, se fattori o circostanze particolari abbiano inciso nei suoi atteggiamenti e nelle sue scelte di scacchista. Meglio così, forse, così rimane il mistero sul personaggio.

A meno che qualche lettore, magari da Kiev, non ci sappia dire qualcosa di più.

Vladimir giocherà, dopo il 1978, molto raramente, e le ultime sue esibizioni risalgono al 1989, quando partecipa ad una manifestazione riservata ai militari, e poi al 1991, quando, senza più punteggio Elo e in rappresentanza solo di se stesso, lo leggiamo tristemente in fondo alle classifiche dell’Open di Oberwart, in Austria.

Morirà nel 1994, ad appena 41 anni.

Ed ecco, qui di seguito, alcune partite di Vladimir Peresipkin, al quale non so se, prima o durante l’epoca internet, qualcun altro abbia mai dedicato, fuori o dentro i confini dell’ex Unione Sovietica, un qualsiasi straccio di articolo. Consentitemi di aver tentato di colmare questa piccola lacuna, e di dedicare perciò questo spazio, che generosamente SoloScacchi mi mette a disposizione, non solo a lui ma a tutti i Peresipkin del mondo.

Peresipkin-Taimanov, semif ch.Urss, Baku 1977

1. e4 c5 2. Cf3 Cc6 3. Ab5 e6 4. Axc6 bxc6 5. O-O d5 6. De2 c4 7. Ce5 Dc7 8. exd5 cxd5 9. Cc3 Cf6 10. b3 cxb3 11. axb3 Ae7 12. Aa3 Axa3 13. Txa3 O-O 14. De3 Ab7 15. Ta2 a6 16. d4 Ce4 17. Ca4 Ac6 18. f3 Axa4 19. fxe4 Ab5 20. c4 dxc4 21. bxc4 f6 22. cxb5 fxe5 23. Tfa1 exd4 24. Dxd4 Tac8 25. bxa6 Dc1+ 26. Dd1 De3+ 27. Rh1 Dxe4 28. a7 h6 29. h3 Ta8 30. Td2 Rh7 31. Td4 Df5 32. Td7 De5 33. Tb1 Rh8 34. Tdb7 Rh7 35. Dd3+ Tf5 36. Td7 Tc8 37. Td8 Txd8 38. Dxd8 De4 39. Ta1 Tf3 40. Dd2 Txh3+ 41. Rg1 Td3 42. a8=D Dd4+ 43. Df2 Td1+ 1-0

Beljavsky-Peresipkin, Baku 1977

1. d4 d5 2. c4 c6 3. Cc3 Cf6 4. Cf3 dxc4 5. a4 Af5 6. Ce5 e6 7. f3 Ab4 8. e4 Axe4 9. Cxf7 Rxf7 10. fxe4 Cxe4 11. Dh5+ g6 12. Df3+ Cf6 13. Ad2 Axc3 14. bxc3 Dd5 15. Dg3 Cbd7 16. Ae2 Ce4 17. O-O+ Rg8 18. De3 Cxd2 19. Dxd2 Rg7 20. Df4 e5 21. Dg5 Tae8 22. Ag4 h6 23. Dh4 g5 24. Dg3 exd4 25. Dc7 Te7 26. Tae1 The8 27. Txe7+ Txe7 28. Dd8 Dd6 29. h4 gxh4 30. cxd4 c3 31. Rh1 c2 32. Axd7 Txd7 33. De8 De7 34. Dh5 0-1

Gufeld-Peresipkin, Daugavpils 1978

1.e4 Cf6 2. e5 Cd5 3. d4 d6 4. Cf3 Ag4 5. Ae2 c6 6. Cg5 Axe2 7. Dxe2 dxe5 8. dxe5 e6 9. O-O Ae7 10. Ce4 O-O 11. c4 Cb4 12. Td1 Dc7 13. Ag5 Axg5 14. Cxg5 Cd7 15. a3 h6 16. Cf3 Ca6 17. Cc3 Tfd8 18. b4 Cf8 19. Ce4 Txd1+ 20. Txd1 Cb8 21. h4 a5 22. b5 Cbd7 23. Cd6 cxb5 24. cxb5 Dc3 25. De4 Dxa3 26. Dxb7 Db3 27. Ta1 Dd5 28. Dxd5 exd5 29. Cd4 a4 30. f4 Ce6 31. Cxe6 fxe6 32. Rf2 a3 33. Re3 Ta4 34. g3 a2 35. Rd2 Cc5 36. b6 Cb3+ 37. Rc3 Cxa1 38. b7 Cb3 39. b8=D+ Rh7 40. Rxb3 a1=D 41. Db5 Da2+ 42. Rc3 Ta3+ 43. Rd4 Dd2+ 44. Rc5 Ta5 0-1

Kupreichik-Peresipkin, Rostov sul Don 1976

1. e4 c6 2. d4 d5 3. e5 Af5 4. Cc3 e6 5. g4 Ag6 6. Cge2 f6 7. Cf4 fxe5 8. Cxg6 hxg6 9. dxe5 Cd7 10. Af4 Db6 11. Dd3 O-O-O 12. O-O-O Ab4 13. Dxg6 Dxf2 14. Ce2 Tf8 15. Ag5 Txh2 16. Txh2 Dxh2 17. Cf4 Ae7 18. Cxe6 Dxe5 19. Ah4 Axh4 20. Cxf8 Df4+ 0-1

Insomma, mi piace considerare Peresipkin un campione, anche se in parte virtuale.

Per essere grandi, a volte, non necessariamente occorre che si primeggi in qualche scienza, arte, sport o attività umana. E’ anche importante, ad esempio, considerare se, come, per quanto tempo e quanto di queste scienze, arti, sport, capacità e altro convivano in una persona, nella sua testa e nei suoi muscoli, anche se poi non sempre emergono o non si concretizzano completamente. Ed è anche importante valutare i motivi che hanno impedito di primeggiare a uomini e donne dalle speciali ed evidentissime potenzialità.

Rimanendo nello sport, Usain Bolt e la strepitosa Yelena Isinbayeva sono dei grandi? Senz’altro sì, ma non tanto quanto, ad esempio, lo siano stati Roman Sebrle o Daley Thompson, decatleti.

Ecco allora che si può dire che un grande è Simen Agdestein, lo ricordate il Grande Maestro norvegese che è stato anche allenatore di Magnus Carlsen e che fu ala sinistra della sua nazionale di calcio nel 1988 e 1989?

Anche per gli scacchi, inoltre, come in altri campi, dedicare e sacrificare la propria vita in maniera ossessiva e monotematica (si veda Fischer) è un limite ed un pericolo, prima di tutto per se stessi. Recitava San Tommaso D’Aquino: “Timeo lectorem unius libri”.

Non di rado, poi, accade che per posizionarsi ai vertici mondiali non contino soltanto le doti tecniche, ma anche alcuni particolari da “furbetti” che possono sfuggire alla comune attenzione.

Apro, a mo’ di esempio, una parentesi tennistica, scusandomi con chi non sia cultore di tale sport.

Djokovic e Nadal sono tra i primi tennisti delle classifiche mondiali maschili, Sharapova e Serena Williams di quelle femminili. Bene. Questi quattro personaggi, che comunque sarebbero bravissimi, quasi imbattibili, hanno una curiosa caratteristica in comune: quella di sfidare i nervi degli avversari di turno prendendosi tantissimo tempo prima di ogni loro battuta.

Nadal si tocca da ogni parte per una ventina di volte, Djokovic fa rimbalzare la palla una quarantina di volte, la Williams finge che la pallina gli sia spostata dal vento (anche quando vento non c’è) e ferma il gesto, Maria Sharapova si fa una passeggiata fino a fondo campo, dove può sostare a guardare il muro e a pensare per parecchi secondi senza rischiare di calpestare le linee….. Ci avete mai fatto caso?

Naturalmente, spero che non prendiate del tutto sul serio ogni passaggio di questo articolo e la stessa mia immaginaria classifica, perché vi sarete accorti di come stiamo ondeggiando allegramente a metà via tra un’accozzaglia di dati e considerazioni semi-serie, una chiacchierata da “Bar Pepe” e la fantasy di J.G.Ballard (e stavolta debbo scusarmi con Ballard).

Ricordate, a proposito, il racconto (1967) del maestro inglese Gli scultori di nuvole di Coral D? Erano fenomenali scultori, i piloti di quegli aerei, ma la prova della loro bravura, della loro arte, rimaneva tra loro, e rimaneva per pochi minuti, perché scolpivano soltanto nuvole.

Scriveva l’insuperabile James Graham Ballard, immenso poeta dell’interiore: Credo nel potere che ha l’immaginazione di plasmare il mondo, di liberare la verità dentro di noi, di cacciare la notte, di trascendere la morte, di incantare le autostrade, di propiziarci gli uccelli, di assicurarsi la fiducia dei folli”. Rieccoci, appunto: l’immaginazione.

Ed ora che siamo tornati all’immaginazione e che abbiamo molto rimescolato le carte mi sorge un dubbio: Peresipkin è stato lo scultore oppure è stato la nuvola?

Invece io penso che siano proprio gli scacchi, come poco tempo fa altri sosteneva su questo sito (Bagnoli, forse?), a non dover essere presi troppo sul serio …. perché anche gli scacchi, in fondo, possono essere un inganno, un’immaginazione, un sogno …. una nuvola.

Guardate il mondiale appena terminato. Qualcuno, da qualche parte, giustamente ha scritto che quella fra Anand e Gelfand è parsa una sfida fra Rybka e Houdini.

Ma allora: uno scherzo del destino, di regolamenti strani o dell’enorme progresso scientifico?

Rybka? Anand? Carlsen? Caruana? Chi, che cosa, c’è più d’ammirare, o forse da temere, oggi?

Di Caruana, aprendo un’altra parentesi (ma almeno questa è più attinente), più ancora che il bel gioco espresso al supertorneo di Mosca di qualche mese fa, è stato molto ammirevole il suo atteggiamento eccezionalmente educato, sereno, composto ed umile che ha mantenuto, dopo l’ultima e decisiva partita, quella purtroppo persa con Aronian, in sede di analisi della stessa.

Fabiano dunque è un grande, anche, o soprattutto, per queste sue caratteristiche, tutt’altro che comuni in parecchi giocatori che navigano più in basso di lui di 600 o 700 o 800 punti Elo.

A qualcuno di costoro sarà mai venuto in mente che se stanno 600 o 700 o 800 punti sotto Fabiano, uno dei motivi è, in parte, anche questo?

Ma qual è, a questo punto, il futuro del nostro gioco? E ci sarà un futuro? Non lo sappiamo.

Gli scacchi (come ogni altra cosa) esistono per una casualità. Se nessuno li avesse inventati, se non esistessero, probabilmente la storia dell’umanità non sarebbe cambiata granché, nella sostanza. E neppure, fondamentalmente, la nostra storia. Infatti non potremmo mai percepire la mancanza, e di conseguenza soffrirne, di ciò che non esiste o che non abbiamo mai conosciuto.

(Viceversa è terribile la mancanza di ciò che desideriamo e che abbiamo conosciuto e avuto).

L’unica differenza è che avremmo occupato in modo diverso il tempo della nostra vita; probabilmente io oggi, anziché scrivere qui queste interminabili sciocchezze ospitate con magnanimità da un sito serio, sarei altrove a spiegare a qualcuno la differenza fra deficit e debito pubblico, o più probabilmente ad imparare da qualcuno la differenza fra deficit e debito pubblico, o forse ancora sarei ad aiutare mio cognato nel suo negozietto di libri usati.

Ma forse potevo già essere stato ucciso nella battaglia di Lèpanto. O forse ancora, pur essendo convinto di essere oggi qui, SONO DAVVERO stato ucciso nella battaglia di Lèpanto, altrimenti Lèpanto, Dragut e Urugh Alì non irromperebbero nei miei sogni una notte sì ed una no, e con tanta nitidezza e rumore. Perché tempo e realtà sono a volte un terribile inganno, un’allucinazione, entità senza confine o materia.

A.Van Eertvelt, 1622, La battaglia di Lepanto

Adesso vi lascio, c’è un SMS in arrivo sul mio cellulare. E’ Leonardo. Devo fare un salto al bar prima di cena, prima che chiuda la ricevitoria. Mi aspetta sua madre, l’amica di ogni giocata, Irene.

Ma stavolta ho anch’io degli ottimi numeri sui quali puntare.

E buona fortuna anche a voi.

Post Scriptum

Sono appena sceso qui in Piazza Monte Baldo, al bar Pepe. Ma il bar stasera non c’è, e non c’è più nemmeno il palazzo all’angolo. Deve essere stato abbattuto, come le altre due costruzioni a fianco, con il negozio di “vini e oli”, la cartoleria e la scuola elementare, come la collina di fronte, come il giardinetto centrale con i suoi due verdi e rassicuranti cedri.

E non ci sono più le solite automobili parcheggiate sul marciapiedi e i soliti bambini a giocare con i nonni intorno alla fontana. E non c’è più la fontana. E non ho trovato Irene, che nemmeno risponde al cellulare. E dov’è finito il dolce profumo delle piante di pomodorino dell’orticello del commendator Eugenio?

Piazza Monte Baldo è stata ampliata, interamente ricostruita, forse in poche ore, non so, o in pochi minuti, forse da un potentissimo Rybka o da un diabolico Houdini. E senza alcun rumore: nessuno ha sentito nulla, nessuno sapeva nulla.

Ora la piazza è immensa, immensa quasi come Piazza Navona, è pulita, semivuota, silenziosa, e largamente rivestita di marmi di color arancio e nero, che luccicano riflettendo gli ultimi raggi di sole in un tramonto insolitamente limpido e calmo, con l’azzurro del cielo solcato dalla sola scia di un aereo.

Al centro della nuova piazza c’è un monumento alto, molto alto, una sorta di coppa di cristallo rovesciata, sorvegliato da due persone in divisa, due giovani ragazze, immobili e pallidissime, che mi paiono quasi due soldatesse.

Mi avvicino a loro, perché ho osservato una massiccia targa bronzea posta alla base del monumento.

E’ scritta in una lingua e con caratteri assolutamente sconosciuti.

Ma più in piccolo, più in basso, c’è quella che mi sembra una traduzione, a me più comprensibile:

Vladimir Peresipkin Platz, Bildhauer von Wolken, sieben mal Continental Champion”.

Sì, ancora una volta il destino ha mescolato i numeri e scompigliato i pezzi, e io qui continuo, vanamente, ancora a illudermi di giocare e a scrivere.

O a credere di farlo.

ah… una foto di Peresipkin?!? Disperavo davvero di trovarne una… su internet nulla di nulla ma questo mio modesto pezzo non poteva uscire senza, ed il mio caro amico Martin ne ha fatto una ragione di vita… finalmente è riuscito a trovare, grazie ai suoi contatti ucraini, un link ad un rarissimo filmato sovietico del 1979 in cui, precisamente al minuto 8:46, scorrono pochi secondi di immagini relative ad una simultanea in Africa di Peresipkin… Ecco il video ed un paio di fotogrammi che Martin è riuscito ad estrarre dal filmato…

ZD YouTube FLV Player

line1Articolo pubblicato originariamente il 19 luglio 2012 e riproposto nell’ambito della serie “Voglia ‘e turnà”

avatar Scritto da: Marramaquís (Qui gli altri suoi articoli)


29 Commenti a Una nuvola chiamata Peresipkin

  1. avatar
    Ivano E. Pollini 19 Luglio 2012 at 08:34

    Ma quante cose sa Marramaquìs!

    Un articolo originale e interessante, con aperture e suggestioni in varie direzioni. Vi aleggia una certa ironia bonaria e un certo pessimismo che non esclude tuttavia un’aspettativa di speranza…che dopo tutto le cose possano anche andare bene una volta o l’altra…

    La parte relativa agli scacchi, e particolarmente ai campioni di scacchi, mi è parsa notevole. Intanto rende giustizia a parecchi “quasi-campioni”, che per varie ragioni storiche non hanno potuto accedere al massimo titolo, e poi ci ha fatto conoscere, o ripensare, a molte figure interessanti che ogni tanto compaiono nei libri di scacchi o nelle raccolte dei maestri che noi dilettanti leggiamo con fervore.

    Se Riccardo me lo consente, vorrei sottolineare alcune cose che ha così bene esposte, con garbo e auto-ironia, esponendo due ricordi che mi sono istantaneamente venuti in mente.

    Il primo riguarda la notevole figura di Sultan Khan, ex-champion of Great Britain, che Capablanca ricorda nell’Introduzione delle sue Last Lectures del 1942.Il fatto che Capablanca lo ricordi ancora dopo tanti anni è significativo: Sulthan Khan era arrivato terzo, dopo lo stesso Capablanca, ad Hastings, 1930-31, a mezzo punto di distanza, avendolo sconfitto nello scontro individuale. E, come per Keres ad Avro 1938, anche per l’Indu Sulthan Khan, Capablanca questo lo accetta, ma non lo dimentica!

    Il secondo ricordo riguarda la figura di un giocatore quasi dimenticato, Cecil De Vere, il primo British Chess Champion,che nel bel libro di Owen Hindle & Bob Jones (Keverel Chess Books)è presentato col glorioso titolo “The English Morphy?”.

    Ricordo tuttavia, per amor di completezza, che questo stesso titolo onorifico era stato anche applicato a Steinitz, detto il “Morphy austriaco”.

    Bravo Marramaquis, un notevole contibuto che mi ha allietato la mattinata.

    Complimenti!

    IEP

  2. avatar
    cserica 19 Luglio 2012 at 08:48

    Questo splendido articolo stimola la creazione di una personale lista dei cinque giocatori che “avrebbero” potuto essere i più forti al mondo e non lo sono stati.
    Parto da una considerazione sui nomi di Marramaquis: Lajos Portisch, che lui inserisce tra i cinque, Keres, Bronstein, Chigorin e altri inseriti al 5° posto ex-aequo, hanno avuto una vita per cercare di raggiungere il titolo mondiale, e se non vi sono riusciti, a parte un pò di sfortuna (Keres stoppato dalla guerra, Rubinstein che mai potè sfidare Lasker, Schlechter vittima di un regolamento ingiusto), sono stati fermati spesso dal loro carattere non vincente oppure dall’obiettivo fatto di non essere i numeri uno (Chigorin, Portisch).
    Diverso il discorso per lo sfortunato Charousek, e per Pillsbury, che dopo aver vinto Hastings, ed essere stato nettamente in testa al superquadrangolare di San Pietroburgo 1895/96, era a tutti gli effetti il più forte giocatore del mondo, con buona pace di Lasker. Poi sappiamo come andò, Pillsbury prese la sifilide, e nella seconda parte di quel torneo accusò terribili mal di testa. Nei pochi anni che gli rimasero da vivere non fu più lo stesso, nonostante i grandi successi comunque raggiunti ed il punteggio positivo contro Lasker (forse l’unico tra tutti i maestri pre-Capablanca).
    Tra i maestri che non poterono esprimere appieno il loro potenziale per motivi di salute, e morirono giovani, indubbiamente i più interessanti furono Cecil de Vere (il Morphy scozzese), Karl Walbrodt, Gyula Breyer e perchè no l’italiano Martinolich.
    Poi abbiamo il fenomeno messicano Carlos Torre, dalla carriera simile a Morphy (e curiosamente vinse il primo torneo a New Orleans). Dopo aver fatto una trionfale (o quasi) tournee in Europa (appena ventenne giunse nei primi posti in tre grandi tornei internazionali), tornò in patria e si ritirò dalle scene, come Morphy, a 23 anni.
    Anche Sultan Khan merita un posto al sole.
    Ma due nomi nuovi io inserisco, il primo è Gersz Rotlewi, che colse a 22 anni uno splendido 4° posto nel super torneo di Karlsbad 1911, dove condusse la classifica fino al 22° turno (sconfisse tra gli altri Schlechter, Marshall, Nimzowitsch, Tartakower e Spielmann, tutti in un torneo….). Subito dopo dovette ritirarsi dalle scene per problemi nervosi che lo portarono alla prematura morte.
    Poi abbiamo il mio numero uno (ex-aequo): Klaus Junge
    A 17 anni vinse il campionato tedesco assoluto, a 18 anni sconfisse Alekhine e Bogoljubow nel torneo di Salisburgo 1942, e vinse a Praga a pari punti col campione del mondo! Dopo quest’ultimo torneo smise di giocare, si arruolò e morì negli ultimi giorni di guerra a 21 anni.
    Quindi la mia classifica è la seguente:

    1°-3°Charousek, Pillsbury e Junge
    4°Rotlewi
    5°ex aequo: Sultan Khan, De Vere, Breyer, Torre Carlos, Walbrodt

  3. avatar
    Jas Fasola 19 Luglio 2012 at 10:30

    Molto interessante. Ricordo Peresypkin per avere visto le sue partite su SHAKMATNY BULLETIN. Mi sembra di avere anche visto qualche suo articolo ma posso sbagliarmi.
    Bravissimi Marramaquis e Martin a trovare l’introvabile…

  4. avatar
    Mongo 19 Luglio 2012 at 11:37

    Grande Marramaquis!!
    Tra i giocatori arrivati al titolo di campione del mondo quasi per caso o per volere supremo, hai dimenticato di citare Ponomariov; bravino, ma non super!
    Una sola domanda: dove hai visto su maxi-schermo una partita della coppa Rimet? Questa coppa fu assegnata a titolo definito al Brasile, vincitore per tre volte della stessa, nel 1970 dopo la finale ‘spareggio’ con l’Italia.
    Il gioco da te proposto, mi ricorda molto un gioco fatto dalla RAI in radio nei primi anni ’80 durante un giro d’Italia: chi è stato il ciclista più forte di tutti i tempi? Risultò vincitore Coppi seguito da Merckx, Bartali, Binda, Anquetil e Gimondi.
    I miei 5 sono: Bronstejn, Korchnoj, Keres, Sultan Khan, Rubinstein. Una menzione particolare la merita Mongo, che mai sarà campione del mondo, neanche nei suoi sogni.
    Grazie per avermi fatto perdere tra le nuvole più volte durante la lettura di questo tuo meraviglioso ‘affresco’. Altro che Pinturicchio. 😉

  5. avatar
    Fabio Lotti 19 Luglio 2012 at 15:24

    Letto con molto piacere.

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    Luca Monti 19 Luglio 2012 at 21:08

    Al pari dei giocatori ricordati da Mongo,Cserica e Signor Pollini,
    Marramaquis non ha bisogno di diventare Campione del Mondo o numero
    uno del pianeta per essere apprezzato.

  7. avatar
    Brunov 20 Luglio 2012 at 14:53

    Ricordo che quando ero un piccolo bambino (erano i primi anni Cinquanta) ascoltavo alla radio (la TV ancora non si era imposta) i racconti letti da quelle voci così suadenti, così rilassanti dei nostri magnifici speaker che oggi sono sempre più rari. Il piacere di ascoltare era tale che da allora non ho più smesso di apprezzare la radio, in contrapposizione al volgare “trash” televisivo. Ebbene la lettura degli articoli di Marramaquis stimola in me le stesse emozioni. Come quei programmi radiofonici, tutte le volte, i racconti dell’amico Marramaquis evocano immagini su immagini su immagini…..

  8. avatar
    Zenone 21 Luglio 2012 at 09:11

    Se io fossi Irene punterei senza dubbio su Marramaquis, vincerei senz’altro!
    Un articolo interessante e ricco di spunti, uno su tutti, per me così legato ai ricordi (non alla nostalgia, intendiamoci):
    “Gli scacchi (come ogni altra cosa) esistono per una casualità. Se nessuno li avesse inventati, se non esistessero, probabilmente la storia dell’umanità non sarebbe cambiata granché, nella sostanza. E neppure, fondamentalmente, la nostra storia. Infatti non potremmo mai percepire la mancanza, e di conseguenza soffrirne, di ciò che non esiste o che non abbiamo mai conosciuto.”

    Al di là delle parole del Bontempelli ne “La donna del Nadir”, più volte da me citate (“Il gioco degli scacchi preesisteva probabilmente alla apparizione dell’uomo e forse anche alla creazione del mondo. E se il mondo ripiomberà nel caos e il caos si dissolverà nel nulla, il gioco degli scacchi rimarrà, fuori dello spazio e del tempo, partecipe dell’eternità delle idee.”;), credo che la civiltà dell’uomo senza scacchi non sarebbe stata la stessa, forse a nostra insaputa, ma non sarebbe stata la stessa. Ecco perché è importante continuare a giocare e a interessarsi al nostro gioco.
    La mia cinquina (per rimanere in tema) di nomi…ma, non sono all’altezza, cert è che ho visto giocare Portish negli anni ’90 a Reggio Emilia ed era uno spettacolo sulla scacchiera e fuori.
    Grazie

  9. avatar
    Marramaquis 21 Luglio 2012 at 13:39

    Zenone, diamine, diccela la tua cinquina, non è vero che non sei all’altezza: se lo sono io, lo siete anche voi.
    E poi non puoi deludere cserica, lui (come me) aspetta i tuoi 5, e non solo i tuoi.
    Vedrai che ce la dirà anche Martin Eden, la sua classifica.
    Ma Martin ha un po’ da fare in questi giorni …..
    Approfitto anche per ringraziarvi tutti: vuol dire che per adesso non smetterò di scrivere.

    • avatar
      Zenone 22 Luglio 2012 at 09:28

      Beh, visto che mi obblighi moralmente a farlo…
      Senz’altro Portish e Bronstein, poi Keres, Korchnoj e forse Bogoliubov.
      Mah,chissà.

  10. avatar
    paolo bagnoli 22 Luglio 2012 at 11:40

    Innanzitutto grazie per la deliziosa lettura! Sei grande! Se posso permettermi di aggiungere qualche nome alla tua lista (tutt’altro che criticabile) vorrei citare Nezhmedtinov, Rjumin (che per alcuni anni, fino alla morte prematura, molti sovietici considerarono l’ “unico” capace di contrastare Botvinnik). De Vère (già citato) ed Atkins.
    Sono i primi che mi vengono in mente…..
    Di nuovo, complimenti!

  11. avatar
    paolo bagnoli 23 Luglio 2012 at 18:51

    P.S. Blackburne, Kolisch, Kashdan …..

  12. avatar
    alfredo 28 Settembre 2013 at 10:34

    uno dei miei pezzi preferiti dell’amico Marramaquis che a suo tempo avevo anche stampato
    in effetti non occorre diventare capione del mondo per essere tra i piu’ grandi
    Roger de Vlaeminck non vinse mai un mondiale ( a proposito domani mondiale .Lotta tra Sagan e Cancellara ma secondo me sbuchrà un Mister X ) ma no si puo’ negare che sia stato immensamente piu’ grande di Ottembros , Leblanc, Brochard , Astarloa .

    • avatar
      Mongo 28 Settembre 2013 at 13:09

      E se Mister X fosse un certo Moser jr.

  13. avatar
    alfredo 28 Settembre 2013 at 13:14

    non ho visto bene tutta la squadra
    ci fosse si , anche se le salite che ho visto ieri nel mondiale dominato dal dicottenne ( un potenziale fuoriclase) non mi sembrano facciano per lui
    certo la sparata ce l’ha . potrebbe essere come Balla a Varese
    ma penso che sarà una gara molto tattica
    l’unica cosa è che per vincere fabian deve staccare tutti .
    sagan puo’ arrrivare in una volata a venti e vincere
    certo strano che gilbet da campione del mondo non abbia vinto neppure una corsa
    non succedeva dai tempi di leblanc che vinse a agrigento nel 94

  14. avatar
    Jas Fasola 28 Settembre 2013 at 18:55

    Scusa Marramaquis, ho riletto un’altra volta il tuo bellissimo articolo ma mi e’ venuto un dubbio. Puoi controllare l’Elo di Peresipkin? Su internet mi sembra veleggiasse sui 2400

    • avatar
      Marramaquis 28 Settembre 2013 at 20:36

      Ciao, Jas. Eh, eh! Ma no, no, questo può farlo chiunque di voi, in pochi secondi. Io no. L’Elo io non lo guardo quasi mai, per me non conta nulla ai fini delle mie teorie. Ti faccio un esempio: io oggi sono certo di valere almeno 600 o 700 punti in meno del mio Elo.
      Viceversa, uno come Albin Planinc, ai suoi tempi, valeva almeno 300 punti in più del suo Elo. Hai letto il mio ultimo articolo su Planinc?
      Per Alfredo: spero che il mondiale di ciclismo (io non potrò vederlo, domani pomeriggio mia moglie mi conduce a teatro a vedere Pirandello, e fa bene) lo vinca Peresipkin. Può farcela.

      • avatar
        Martin Eden 28 Settembre 2013 at 20:42

        Planinc?? …scusa Marramaquís, ma come fa ad averlo letto se non è stato ancora pubblicato? 😯

        Dai, esce in settimana, promesso!

        • avatar
          Marramaquis 28 Settembre 2013 at 20:55

          Non è stato ancora pubblicato? Ma allora io dove l’ho letto?
          No, Martin, se Planinc non è uscito ancora, allora non dovrà assolutamente più uscire. Fermati in tempo! Potrebbero guardarlo i nostri nemici: i poteri occulti e i poteri forti. Capirebbero tutto e ci farebbero chiudere il Blog!

          • avatar
            Enrico Cecchelli 29 Settembre 2013 at 00:40

            Marramaquís mi metti in difficoltà: ho finito gli aggettivi per i tuoi splendidi articoli, interessantissimi e mai banali. Un bravo anche alla redazione che li ripropone. Attendo Planinc con impazienza. Un altro giocatore affascinante.

            • avatar
              alfredo 29 Settembre 2013 at 10:47

              l’elo del nostro eroe nella seconda metà del 77 era 2395
              dovrei fare delle ricerche per vedere quale è stato il suo massimo
              Ma parafrasando De gregori direi che non si giudica un giocatore solo dal suo Elo
              mi sono permesso di segnalare sul sito http://www.chessgames.com questo articolo
              purtroppo su di lui poche partite e nessun post 😥

  15. avatar
    Jas Fasola 28 Settembre 2013 at 20:00

    per curiosita’, chissa’, forse un giorno qualcuno potrebbe recuperare questo libro stampato a Mosca di Mikhalcisin, prefazione di Karpov, sul “backstage di un impero scacchistico”. C’e’ un capitolo sul nostro: Пересыпкин, Володя (in ucraino ma nel libro dovrebbe essere in russo)

    Михальчишин, Адриан.
    За кулисами шахматной империи. Свидетельства очевидца [Текст] / Адриан Михальчишин ; предисл. Анатолия Карпова. – М. : Астрель : АСТ, 2008. – 436,[1] с. : а-ил. – (Сер. “Мемуары шахматиста”;). – ISBN 978-5-17-048123-1. – ISBN 978-5-271-18652-3 : 59.00 грн.

  16. avatar
    Marramaquis 28 Settembre 2013 at 20:38

    Jas, se mi trovi quel libro, vengo a Varsavia a prenderlo, costi permettendolo.

    • avatar
      Jas Fasola 28 Settembre 2013 at 23:02

      Temo giri solo in Russia, ma non si sa mai. Avresti “lavoro” per anni, ci sono tra l’altro una quarantina di ritratti di giocatori sovietici 🙂

      • avatar
        alfredo 29 Settembre 2013 at 13:34

        nessuno conosce la causa della precoce morte di questo giocatore ?

  17. avatar
    lordste 1 Ottobre 2013 at 10:58

    C’è una lunga serie di giocatori che “avrebbero potuto” (? forse…;) diventare coampioni del mondo ma che non lo sono mai stati. La maggior parte, però, non si è mai veramente avvicinata alla possibilità di giocarsi il titolo, e non basta qualche buon piazzamento (penso a Rotlewi citato da cserica) per assurgere al ruolo di potenziale campione (by the way, Rotlewi è ricordato molto di più per la “massacrata” presa da Rubinstein con 4 pezzi in presa).
    Quindi, direi che i miei 5 sono quelli che il titolo l’hanno sfiorato e che l’avrebbere pure meritato se non fosse stato per circostanze sfavorevoli spesso extrascacchistiche: Korchnoj (che probabilmente a Bagujo avrebbe vinto se avesse giocato in condizioni psicologiche “normali”;), Keres (fermato dalla guerra quando avrebbe dovuto sfidare Alekhine), Bronstein (fermato… dal Bot, ma forse anche dalla federazione sovietica), Schlechter (con il “mistero” della sua ultima partita “suicida” contro Lasker – che pare NON avesse incluso la clausola capestro delle due vittorie in più per lo sfidante) e RUbinstein (come Keres, anche lui fu fermato dagli eventi esterni quando era in procinto di giocarsi il titolo).

  18. avatar
    Marramaquis 2 Ottobre 2013 at 07:16

    Lordste, ho visto quel tuo punto interrogativo e ho temuto per un attimo che ci fosse un errore nel mio testo (può accadere). Poi ho capito che ti riferivi al commento di cserica dello scorso anno.
    Non fraintendermi ora, ti prego. Non desidero (né potrei) insegnare niente a nessuno. Soltanto mi piace, di fronte a legittimi dubbi, miei per primi, andare ad approfondire e a chiarire (a me anzitutto).
    Dunque: si dice “sarebbero potuti diventare” e “avrebbero potuto essere”, come correttamente aveva scritto cserica.
    Per questo secondo caso riporto qui quanto recita la mia fonte (Treccani):
    “La scelta del verbo ausiliare per i tempi composti del verbo servile seguito dall’infinito essere è semplice: si deve usare avere. Dunque, avrebbero potuto essere.
    Se vi fosse anche la presenza di un pronome personale o riflessivo atono (mi, ti, gli/le, ci, vi, si) o di particelle atone come ci/vi (locative, presentative, fraseologiche), la situazione, almeno in parte, cambierebbe: si userebbe l’ausiliare essere in caso di anticipazione del pronome (gli sarebbe potuto essere utile; ci saremmo dovuti essere tutti), avere in caso di posticipazione del pronome (avrebbe potuto essergli utile; avremmo dovuto esserci tutti)”. Grazie, ciao.

  19. avatar
    Alfredo 6 Gennaio 2015 at 11:53

    un po’ di Italia
    PERESIPKIN – PULIERI
    Corrispondenza 72 – 73
    Italia Ucraina 6 scacchiera
    1)e4 e6
    2)d4 d5
    3)Cd2 Cf6
    4)e5 Cd7
    5)Ad3 c5
    6)c3 Cc6
    7)Ce2 Db6
    8)Cf3 cxd4
    9)cxd4 f6
    10) ex f6 Cxf6
    11)O-0 AD6
    12)cC3 0-0
    13)aG5 Ad7
    14)Te1 Tae8
    15)Tc1 a6
    16)Ca4 Dd8
    17)Cc5 Ac8
    18)Ab1 e5 ?!
    19) dx e5 Cxe5
    20)Cxe5 Ax e5
    21)Cd3 Ad6
    22)Af4 Txe1 +
    23)Dx e1 Ax f4
    24)Cxf4 Cg4 ??
    25 Ce6 1-0

  20. avatar
    alfredo 6 Gennaio 2015 at 12:36

    Tra gli amici ci sono fior di giocatori per corrispondenza (vero Mauro ?)
    Sarebbe interessante sapere qualcosa di più dell’attività per corrispondenza della nostra nuvola che come abbiamo visto ha lambito ache l’Italia.

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