i Re degli scacchi: Emanuel Lasker

Scritto da:  | 17 Novembre 2012 | 10 Commenti | Categoria: C'era una volta, Personaggi, Stranieri

Ma sì, diciamolo subito, mi ha fatto un gran piacere trovare tra i santoni della scacchiera, tra gli artisti supremi del nobile giuoco questo Baffetto-Lasker che mi immagino fare versacci e pernacchie a tutte le sacre regole e gli intoccabili principi su cui si fondava la forza dei giocatori del suo tempo. Uno spiritello irriverente, uno gnomo dispettoso delle sessantaquattro caselle, pronto a fissarti negli occhi, a buttare all’aria il tuo fragile inconscio, a scoprire le tue naturali debolezze per sorprenderti e fregarti. In barba all’Assoluto egli era un convinto, pervicace assertore del “particulare” da ottenere in contropiede ed il marcamento ad uomo alla Bearzot e non certo a zona, soprattutto quella dell’ormai patetico Sacchi.

Già l’acutissimo Reti fu il primo ad osservare lo “strano” gioco di Lasker. Egli spesso non effettuava di proposito la mossa più forte ma quella più fastidiosa per chi gli stava di fronte, quella che creava più problemi all’avversario, a quel “tipo” di avversario. Un fulgido esempio lo abbiamo nella partita decisiva giocata al torneo di Pietroburgo del 1914 contro Capablanca. Con grande sorpresa di tutti Lasker sfodera la variante di Cambio della Spagnola, considerata piatta e senza prospettive per il Bianco e al dodicesimo tratto tira fuori una mossa così atipica e antiposizionale da mandare in tilt il mitico cervello di Capa. Egli stesso, comunque, nel primo capitolo di “Common sense in chess” del 1895 osserva, riferendosi naturalmente agli scacchi, che “La loro caratteristica principale, quella che viene incontro alla loro natura umana, è la lotta”. Lotta, dunque lotta, fortissimamente lotta, a dispetto di tutte le pacifiche, tranquille e placide astrazioni di questo mondo.

Il Combattente per antonomasia nasce il 24 dicembre del 1868 nella piccola cittadina di Berlinchen in Germania e la sua vita è un vero tonico corroborante per tutti coloro che credono nella Predestinazione. State un po’ a sentire. Adolf Lasker, suo padre, è cantore nella locale sinagoga, canta molto ma “becca” poco. Nel senso del vile denaro e, come tutti quelli che non se la passano troppo bene dal punto di vista economico, sogna un avvenire diverso, insieme alla moglie, per i suoi figli: Berthold, il maggiore, ed Emanuel, il minore. Insomma li vuole far studiare, e con i sacrifici e l’aiuto del nonno riesce a spedire Berthold a Berlino. Egli, oltre a vivere spartanamente, raggranella anche qualche spicciolo in un piccolo caffè giocando a scacchi. Vista la buona riuscita del primo, i genitori decidono di mandare pure il secondo che viene ammesso in una classe di due anni superiore a quella, per così dire, naturale, data la sua particolare attitudine per la matematica. Tutto bene fino a quando il classico virus non fa ammalare Berthold che a sua volta “infetta” il fratello con quello degli scacchi e il piccolo caffè vede presto la presenza continua di un altro Lasker. Il padre, venuta a sapere la “cosa”, come tutti i padri che si fanno un mazzo così per i figli e non vogliono farlo senza sugo di nulla, lo trasferisce difilato in un’altra scuola, situata dalla parte opposta di Berlino. Ma la ninfa Caissa non può restare inerte di fronte alla possibile perdita di uno dei suoi discepoli più cari ed è così che il Direttore della nuova scuola, lo stimatissimo prof. Kevitz, si rivela essere anche presidente del locale circolo scacchistico, con quel che segue…

Non la faccio lunga sui primi allori scacchistici. Mi piace qui ricordare che in poco tempo riesce a mettere in riga i più importanti campioni con i “faccia a faccia” che allora andavano tanto di moda: Kurt von Bardeleben, Jacques Mieses, Henry Bird e, soprattutto, il leader indiscusso dello scacchismo inglese Josef Blackburne, che su dieci partite non ne vince nemmeno una!

Rifiuta la sfida dal grande Siegbert Tarrasch, che lo considera ancora giovincello, e fatta un po’ di pratica con successo, nell’agosto del 1893 lancia di nuovo il guanto al campione del mondo Wilhelm Steinitz ed il guanto è raccolto. Il match ha inizio a New York il 5 marzo 1894. Per molti fu una passeggiata del “nipote” con il “nonno”, visti gli anni di differenza che passavano fra di loro e Lasker cinge la corona di allora con un chiaro +10-5=4 che non ammette discussioni. Nell’incontro di rivincita del 1896 infila definitivamente a letto caldo, caldo il vecchio Steinitz con un ancor più poderoso +10-2=7.

La vittoria gli dà la carica, Partecipa ai più prestigiosi tornei del tempo- Hastings, Pietroburgo, Norimberga, Londra, Parigi ecc..- vincendoli o, comunque, piazzandosi sempre fra i primi. Gli avversari sono distrutti da lente battaglie posizionali o da micidiali bordate combinative come quelle che in tempi precedenti avevano affondato la corazzata Bauer. Se si arriva al finale suona la campana a morto per tutti. In questo campo non ha rivali.

Dopo essersi sposato con la vedova Marta Meyerbeer, figlia del presidente di una grande società bancaria, ed avere fatto una puntatina negli Stati Uniti per promuovere la rivista Lasker’s chess magazine che gli dà più grattacapi che soddisfazioni, (partecipa anche al torneo di Cambridge Springs del 1904 dividendo il secondo-terzo posto con Janowski, dietro allo scatenato Marshall) inizia l’era dei grandi incontri.

Nel 1907 strapazza letteralmente il funambolico Marshall, già strizzato in precedenza da Tarrasch, non lasciandogli nemmeno la soddisfazione di una vittoria, Poi si dedica alla “cottura” del dottore di Norimberga già vista in un precedente profilo. Aggiungo solo che il “Dogmatico” se la prese così tanto che ai volenterosi amici tendenti a ristabilire un buon rapporto tra i due rispose con il solito tono da generale di corpo d’armata “Per Lasker ho solamente tre parole: scacco e matto”.

Si arriva quindi alla lotta con il globtrotter degli scacchi David Markelovic Janovski che in vita sua, per stare dietro all’adorata Caissa, avrà fatto più chilometri di Marco Polo. Il “Re degli Alfieri”, russo di nascita e parigino di adozione, è anticonvenzionale, aperto, con l’argento vivo addosso, pronto alla “zuffa” soprattutto quando si tratta di manovrare i suoi temibili Alfieri. Ma non è uno stratega all’altezza di Lasker e viene “sistemato” con un eloquente +7-1=2.

Di tutt’altra pasta si rivela l’austriaco Carl Schletcher, chiuso, diffidente sia nella vita che nel gioco, un cavaliere di vecchio stampo da prendersi con le molle. Insomma un avversario di tutto rispetto, un tipetto “rognoso”, si direbbe oggi. Viene perciò “ammorbidito” con un contratto capestro: l’austriaco diventa campione del mondo se è bravo a conseguire due punti di vantaggio in sole dieci partite! Come dire a Bertinotti di togliere le pensioni o a Berlusconi di scrivere un panegirico in onore di Antonio Di Pietro. Schletcher ce la mette tutta, fa vedere i cosiddetti sorci verdi al nostro inossidabile Baffetto e chiude dignitosamente alla pari.

Ricordo i due tornei di Pietroburgo del 1909 e del 1914 che danno lustro e fama al campione del mondo, sia per il proprio fascino personale che per lo splendido gioco messo in vetrina. Lasker è all’apice della forma, al culmine della gloria. Che non dura in eterno. Nel marzo 1921, dopo una lunga, stressante tiritera, si arriva allo scontro con il fascinoso Capablanca a l’Avana. Questa volta il Destino preferisce L’Artista al Combattente e Lasker lascia la corona dopo un regno difficilmente superabile. E’ un giocatore anziano ma non domo, ancora tenace e nodoso come una vecchia quercia. Nel torneo di Mosca del 1935 che illumina la sua vita “con luce non abbagliante ma tiepida del sole che tramonta” nessuno riesce a sconfiggerlo “né Flohr con i suoi passi felpati da tigre, né Botvinnik rigoroso come un programma per computer, né i disperati ragazzi della giovane “brigata” sovietica, né infine i teorici stranieri” (B.Vajnstein).

Lasker era stato nella sua gioventù, e lo era in quel momento, non solo un fine indagatore dell’animo umano, ma anche “un avversario duro e pesante come un incubo. Vedersi davanti, per delle ore, tra dense nuvole di fumo, quel viso di avvoltoio scolpito a pugni nel granito da diavoli iracondi, faceva venire il mal di mare anche ai più forti” (E.Canal). Non c’è ritratto più vero e centrato in così poche righe e io mi immagino il Nostro che, scaraventato all’inferno in quel gelido 13 gennaio 1941 dalla spasmodica New York, con il puzzo devastante del suo sigaro e una mossa psicologica alla “desperado”, riesce a mettere in crisi perfino Belzebù.

Il solito sentito e doveroso ringraziamento alla prestigiosa rivista L’Italia Scacchistica!

avatar Scritto da: Fabio Lotti (Qui gli altri suoi articoli)


10 Commenti a i Re degli scacchi: Emanuel Lasker

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    Fabio Lotti 17 Novembre 2012 at 13:29

    Belle icone e formidabile filmato.
    Grazie.

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    paolo bagnoli 17 Novembre 2012 at 16:46

    Lasker fu, innanzitutto, un pragmatico. La sua famosa frase: “Datemi tre varianti di apertura e vi dimostrerò che almeno due sono scorrette” è sintomatica di tale approccio al gioco. Quanto, poi, alla sua formidabile capacità di incanalare il gioco verso posizioni “scomode” per l’avversario, la partita contro Capablanca citata da Fabio ne è un eccezionale esempio: fa che l’avversario si rilassi, poi, anche se si chiama Capablanca, strangolamento…
    Quanto al match per il titolo mondiale del ’21. Lasker non avrebbe voluto giocarlo (aveva addirittura “abdicato” in favore del cubano), ma fu convinto a farlo grazie ad un non trascurabile gruzzolo sbattuto sul tavolo dai ricchi cubani…

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    Marramaquis 17 Novembre 2012 at 20:23

    Ennesimo bel gol di Lotti, con assist illuminante di Martin Eden.

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    Mongo 17 Novembre 2012 at 22:17

    Che sia proprio il nostro Lotti il nuovo bomber che la Juve sta cercando… 😛

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    Fabio Lotti 17 Novembre 2012 at 23:26

    Ormai sono in pensione… 🙂

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    Fabio Lotti 17 Novembre 2012 at 23:28

    Dimenticavo! Per gli amanti del giallo, con qualche spunto sugli scacchi, sono anche qui http://blog.librimondadori.it/blogs/ilgiallomondadori/
    Praticamente come il prezzemolo.

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    Andrea 18 Novembre 2012 at 01:37

    Non da dimenticare che tra un campionato del mondo e l’altro Lasker ottenne anche un dottorato in matematica. Nella sua tesi di dottorato dimostrò un teorema che generalizza per certe strutture algebriche astratte che si andavano formalizzando in quegli anni il cosiddetto teorema fondamentale dell’aritmetica. Ancora oggi certe strutture algebriche che rientrano tra quelle oggetto del suo studio sono dette “anelli laskeriani”.

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    Filologo 19 Novembre 2012 at 10:54

    Sembra che ci sia bisogno di ricordare, ancora una volta, che la famosa storiella dei due punti di vantaggio nel match con Schlechter è una leggenda metropolitana. Forse la clausola era inserita in una precedente bozza dell’accordo fra i due giocatori, quando sembrava che si potesse organizzare un match sulle trenta partite. L’interesse di sponsor e mecenati fu invece molto tiepido e bisognò accontentarsi di dieci (ma oggi Anand e Gelfand ne giocano dodici e nessuno protesta. Siamo sicuri che stiamo messi meglio che nel 1910?). A quel punto, ovviamente, la norma non aveva nessun senso e non fu applicata. Ricordo che Lasker, che teneva una corrispondenza del match per un giornale americano, accennò sulla stampa al fatto che c’era il concreto rischio che non riuscisse a pareggiare, aggiungendo “in tal caso, un uomo buono sarà il nuovo Campione del Mondo”. I lettori americani non furono però in grado di apprezzare il gioco di parole che esiste in tedesco, perché Schlechter vuol dire in questa lingua “cattivo”, e Lasker omaggiava l’avversario sbugiardando il significato del suo cognome.

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      Raul Montanari 4 Dicembre 2012 at 00:15

      Che giocatore affascinante!
      Durante una delle interminabili discussioni su Chessgames, che credo conosciate tutti, ho visto un paio di blogger molto agguerriti sostenere, risultati incrociati alla mano, che non sarebbe illogico considerare Lasker il più grande giocatore di tutti i tempi, certamente superiore ai quasi contemporanei Capablanca e Alechin.
      Chicco e Porreca lo definiscono un filosofo (Il libro completo degli scacchi), il buon vecchio Enrico Paoli lo reputa “un grande della difesa attiva” (Strategia e tattica nel gioco degli scacchi), Fine lo mette a capo della nobile categoria degli antieroi della scacchiera, ossia delle intelligenze che rifiutano di dedicarsi ossessivamente e unicamente al gioco (La psicologia del giocatore di scacchi). Un uomo invidiabile, nell’insieme.
      Il match con Capablanca rientra purtroppo nel novero di quei campionati mondiali a cui il detentore del titolo non arriva nel pieno delle proprie forze, come Spassky contro Fischer e Steinitz contro lo stesso Lasker.
      Bell’articolo, molto bel scritto.

  9. avatar
    Fabio Lotti 4 Dicembre 2012 at 15:43

    Strane cose, oggi… 🙂

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