Monticelli e Capablanca

Scritto da:  | 14 Dicembre 2012 | 2 Commenti | Categoria: C'era una volta, Italiani, Personaggi, Stranieri

 

La quarta puntata della nostra rubrica “illo tempore” ha due protagonisti niente male: Monticelli e Capablanca.

Mario Monticelli (Venezia 1902-Milano 1995) è stato a lungo tenutario di una rubrica, assai curata e preziosa, sulle pagine del Corriere della Sera, successivamente al 1972, fatidica data per tanti studiosi e appassionati (non fanatici, come ben sottolinea l’amico Ivano Pollini).

Mario Monticelli

Leggere Monticelli è un piacere. Non dimentichiamo che qui si trovava completamente sul suo terreno, visto che è stato, oltre che scacchista, giornalista di professione: lavorò infatti al “Gazzettino” di Venezia, a “Il Popolo” di Milano, e fu poi capo servizi esteri del “Corriere della Sera”.

Una breve nota su di lui, è obbligo, per quei lettori giovanissimi che non lo conoscono bene o, peggio, che lo hanno appena sentito nominare.

Monticelli è stato probabilmente tra i più forti giocatori italiani del 20° secolo, se non il più forte.

Soltanto il lavoro e la guerra non gli consentirono di dar seguito allo spettacoloso risultato che ottenne, a 24 anni, a Venezia nel 1926, quando vinse il grande torneo alla pari con Gruenfeld e lasciandosi alle spalle giocatori del calibro di Rubinstein, Colle, Reti, Tartakower, Steiner, Znosko Borovsky ecc…,

Ha scritto qui (10 agosto 2010) il nostro “cserica” ne “I luoghi degli Scacchi: Budapest”: “Questo successo è rimasto per moltissimi anni, fino agli odierni di Caruana, come il più importante alloro colto da un giocatore italiano”.

Alle Olimpiadi fra le due guerre fu sempre presente e con notevoli risultati che gli sarebbero valsi poi, tanti anni dopo, il titolo di Grande Maestro “emerito”, anche grazie all’interessamento di Nicola Palladino e poi di Alvise Zichichi.

Al torneo di Sanremo del 1930 vinse il premio di bellezza una sua grande partita, di nero, contro Bogoljubov.

 

Budapest 1926, Monticelli è il 5° seduto, da sinistra

 

Fu campione italiano nel 1929-30, nel 1934 e dal 1939 al 1942, mentre nel 1938 giunse primo, a pari merito con Eliskases, nel “Memorial Crespi” a Milano.

Nel 1940 scriveva così sul Gazzettino di Venezia: “… I templi degli scacchi sono, di solito, i caffè fumosi, i circoli raccolti, dove la voce e il passo rumoroso del profano sollevano un coro di proteste. E a Venezia tutti conoscono, almeno di vista, il lungo e stretto locale in Riva del Carbon dove, dalle dieci del mattino alla mezzanotte, c’è sempre qualche coppia di giocatori accaniti”.

In queste righe sul Corriere della Sera, invece, Monticelli si occupa di colui che definisce nel titolo “il campionissimo di tutti i tempi”, Capablanca. E il nostro salto nel passato è dunque, come al solito, doppio: dell’aprile 1973 è questo suo interessante articolo, del 1936 la partita del cubano.

Bando alle chiacchiere e lasciamo la parola al mitico Mario.

“Fra i grandi giocatori della prima metà del secolo il più ammirato fu senza dubbio Josè Raoul Capablanca. Nato a Cuba nel 1888, appena dodicenne era già campione dell’isola.

La sua precocità si era rivelata casualmente: a 5 anni, guardando giocare il padre, dal quale non aveva appreso alcun elemento degli scacchi, gli aveva fatto notare che era stata eseguita una mossa irregolare.

(Il tema dello spettatore che impara il gioco vedendo battersi gli altri sarà sfruttato da Stefan Zweig nella sua ultima opera, il breve e amaro romanzo “Schachnovelle”, pubblicato postumo nel 1943).

Nel 1911 Capablanca vinceva il suo primo grande torneo: nel 1921 diventava campione del mondo, titolo che doveva perdere sei anni dopo, in una drammatica sfida con Alekhine.

Proprio alcuni mesi prima di soccombere in quell’incontro sensazionale, Capablanca era stato proclamato dalla stampa “Champion of all times” dopo una schiacciante vittoria in un torneo a Nuova York (imbattuto, con due punti e mezzo sul secondo classificato). Il “campionissimo” esaltava soprattutto per la qualità del suo gioco: un’apparente semplicità e naturalezza brillava in ogni mossa.

J.R.Capablanca (left) vs. J.R.Capablanca (right), una sfida appassionante: finì patta.

Aveva (per principio) un ristretto repertorio di aperture, che nelle sfide individuali limitava ancor più.

Non accadeva mai che nella fase iniziale della partita fosse sorpreso dall’avversario con una variante preparata a tavolino: sapeva sempre reagire nella maniera più efficace, specialmente con la semplificazione, in cui era veramente insuperabile.

Anche nel centro della partita non amava gli attacchi complicati, ma era assai raro che gli sfuggisse la possibilità di andare in vantaggio con una “piccola combinazione”, come usava dire.

Ma il punto debole di Capablanca era stato assai bene individuato dal rivale sin dal 1924, dopo una partita finita patta. Alekhine commentò:

“Il Cubano mi aveva sopraffatto (uberspielt, egli scrive, usando un termine tedesco intraducibile) nell’apertura: aveva ottenuto nel centro di partita una posizione vincente, e mantenuto nel finale di Torri gran parte del suo vantaggio; ma poi anche qui l’arma gli era caduta di mano ed egli si era dovuto contentare della patta …. Ero persuaso che io, al posto di Capablanca, avrei sicuramente vinto la partita. Finalmente avevo scoperto una piccola debolezza nel mio futuro avversario: di fronte ad un’accanita resistenza, una incertezza crescente”.

Ma lasciamo andare questa polemica lontana su due dei più grandi giocatori che il mondo abbia mai visto. In Capablanca una qualità eccezionale ed innegabile era la rapidità nell’analisi. Ben difficilmente si trovava a corto di tempo per riflettere.

Alekhine- Capablanca, Buenos Aires 1927 (18,5 a 15,5)

La brillante e poco nota partita che segue è stata da lui giocata a Barcellona nel 1936 in una seduta di “simultanee”.

Capablanca-Ribera, 1936

1.e4,c6 2.Cc3,d5 3.Cf3,dxe4 4.Cxe4,Cd7 5.d4,Cf6 6.Cg3,e6 7.Ad3,Ae7 8.0-0,0-0 9.De2,c5 10.Tfd1,Dc7 11.Ag5,Db6 12.d5!,Cfxd5

(il male minore era accettare la sfida del Bianco con 12…exd5, 13.Dxe7,Te8 14.Axf6,Txe7 15.Axe7 e il Bianco ha tre pezzi per la Donna, ma non è in grado ancora di coordinare la loro azione: era qui il punto debole della combinazione?)

13.Axe7,Cdxe7

Posizione dopo 13…Cdxe7

14.Axh7+,Rxh7 15.Cg5+,Rg8 (se …Rg6?? 16.Dh5+,Rf6 17.Cge4 matto)

16.Txd7!,Dxd7 (l’eliminazione del Cavallo ha privato il re Nero della sua più efficace difesa. Dopo ….Axd7, il Nero soccombeva con uguale rapidità: 17.Dh5,Te8 18.Dxf7+,Rh8 19.Ch5,Tg8 20.Cf6,Cf5 21.Dh5+ e poi matto di Cavallo)

17.Dh5,Td8 18.Dxf7+,Rh8 19.h4,De8 20.Ch5,Df8 (meglio rassegnarsi a restituire la Torre con …Dxf7 21.Cxf7+,Rg8 22.Cxd8,Ad7 23.cb7 e poi Cd6)

21.Cf6!,Cg8 22.Dh5+, abbandona

(a 22…Cg6 si risponde con Dg6!)”.

Facile come bere una gassosa in compagnia di Olga, vero?

avatar Scritto da: Marramaquís (Qui gli altri suoi articoli)


2 Commenti a Monticelli e Capablanca

  1. avatar
    Ivano E. Pollini 14 Dicembre 2012 at 10:18

    Caro Marramaquìs,

    il tuo notevole articolo mi ha fatto battere il cuore per i ricordi tumultuosi che di colpo si sono accavallati nella mia mente. ❗

    Un mio ricordo del grande Maestro Internazionale Monticelli.

    1) Mi vedo ancora ragazzino, 12-13 anni circa, che con i soldi per lo yogurt che ogni mattina non comperavo, e che accuratamente nascondevo a mia madre (e lo yogurt? mangiato per strada – chissà se mi credeva ? -), mi avviavo a piedi da Viale Argonne (Città Studi di Milano) fino a Porta Romana, verso la casa del M° Ferrantes per acquistare coi miei magri risparmi il piccolo libro di Giuseppe Stalda: “La sfida ROSSELLI-MONTICELLI pel Campionato italiano di Scacchi”, 7-28 Marzo 1929-VII, L’Italia Scacchistica Firenze. (Prezzo L.5)!

    2) Poi il mio “incontro” con Monticelli alla Società Scacchistica Milanese. Ho spesso ricordato questa mia esperienza, che ora racconto anche a SoloScacchi.

    Un pomeriggio intorno agli anni ’70, dopo aver giocato per varie ore partite rapide (5-10-15 minuti)avevo appena vinto un finale di Pezzi Minori che avevo trasformato in un “finale vincente” di Pedoni! E presuntuosamente, contestando il mio avversario, proclamavo che il finale non solo era assolutamente vincente, ma che lo avrei anche vinto con un Maestro.
    Monticelli (che non avevo riconosciuto), che da un tavolo vicino aveva seguito la partita, mi aveva obiettato che “il finale era patto, non vinto” ! Al mio stupore aveva risposto dicendomi di rimettere la posizione sulla scacchiera e di giocare con lui! Figuriamoci! Una, due, tre tentativi… ma il finale non riuscivo più a vincerlo e ogni tanto cortesemente Monticelli mi invitava a rifare la mossa perchè era perdente! “Vede giovanotto gli Scacchi richiedono studio e accuratezza. Prima bisogna sapere poi si può parlare”. Lezione indimenticabile per me.

    Alla mia uscita sconsolata:”Già come dice Capablanca” aveva sorriso e poi aveva raccontato a me ed a una piccola folla di curiosi che si era riunita attorno al nostro tavolo di aver giocato e fatto anche una patta con Capablanca. Di colpo l’avevo riconosciuto e forse ero anche arrossito. :oops:
    Poi ci aveva piacevolmente intrattenuto coi suoi ricordi su Capa, raccontandoci tanti aneddoti e in particolare dello shock mondiale alla sconfitta di Capa a Buenos Aires nel 1927. 😀

    La descrizione fatta da Monticelli del mitico Capablanca, da te così ❗ bene riportata, con bellissime foto d’epoca, mi ha fatto risuonare nella mente quelle sue parole dette in un lontano pomeriggio…

    Bravo Riccardo! Complimenti per questo tuo eccellente pezzo. ❗ ❗

    Cari saluti

    Ivano

  2. avatar
    Luca Monti 14 Dicembre 2012 at 17:29

    Nei commenti di Capablanca, nel libro di Edward Winter “CAPABLANCA. A compendium…”,
    il cubano segnala la partita con Angel Ribera Arnal, giocata nel dicembre 1935 e non nel 1936 come scritto da Mario Monticelli. Qui in allegato la fonte.
    Da

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