Ilie il guitto

Scritto da:  | 2 Marzo 2013 | 15 Commenti | Categoria: Personaggi, Stranieri

“Il pubblico pagava il biglietto. Aveva diritto allo show”
(Ilie Nastase)

Parigi, 1 Giugno 1978. Ilie Nastase durante il Roland Garros

Parigi, 1 Giugno 1978. Ilie Nastase durante il Roland Garros

Secondo i resoconti del giornalista esperto di tennis Gianni Clerici, verso la seconda metà degli anni sessanta una coppia di amici romeni piuttosto male in arnese si aggirava per la Versilia tirandosi dietro una valigia di cartone legata con una corda. All’interno di questo bagaglio di fortuna, i due conservavano i loro ferri del mestiere, nella forma di un paio di racchette e di divise da tennis. Anche se dall’apparenza non lo si sarebbe detto, questi personaggi erano degli aspiranti campioni: il primo più esperto e prudente, si chiamava Ion Tiriac e si avvicinava ai trent’anni, mentre il secondo, più giovane e rampante, rispondeva al nome di Ilie Nastase, e di anni ne aveva venti o poco più. Durante le loro partite di doppio i due compari non facevano sconti a nessuno, e pur di vincere, non si creavano problemi nel far perdere la concentrazione e nell’insultare gli avversari. Quando poi ritenevano fosse il caso, arrivavano a prendere di mira persino gli arbitri.

Si sarebbe potuto prevedere un futuro quantomeno precario per questi giovani eredi del gatto e la volpe in versione stracciona. Ma la storia dello sport è spesso costellata di impensabili sorprese. E infatti, se riportiamo il corso dell’azione ai giorni nostri, possiamo tranquillamente immaginare questi due stessi amici, appesantiti dall’età, ma elegantemente vestiti con abiti griffati, sfrecciare per le strade di Parigi o di New York a bordo di un’automobile di lusso con tanto di stuolo di collaboratori al seguito.

Ma seguiamo gli eventi dal loro inizio, e occupiamoci in particolare del più giovane dei due, Ilie Nastase, che nasce nel 1946 a Bucarest, sesto figlio di una guardia giurata della banca nazionale romena e di una casalinga, appena trasferitisi nella capitale dall’attuale Moldavia, con la vana speranza di eludere i teatri della seconda guerra mondiale.

Nell’immediato dopoguerra, a Gheorghe Nastase, ovvero Nastase padre, ed alla sua famiglia, la banca nazionale assegna per una decina d’anni un’abitazione nell’area dei campi da tennis reali, appena ribattezzati con il nome di Tennis Club Progresul dal neonato regime comunista. Ma inizialmente il piccolo Ilie sembra essere più attratto dal circostante campo di calcio, e sarà l’influenza del suo fratello maggiore, Constantin, che già faceva parte della selezione romena di Coppa Davis, a spingerlo verso il tennis.

Lo sport si rivela la sua attrazione fatale durante l’infanzia e l’adolescenza, anche perché è ancora piuttosto impacciato con le ragazze, e a scuola si dimostra il contrario d’uno studente modello. Nella sua gustosa autobiografia, scritta insieme alla giornalista inglese Debbie Beckerman, e pubblicata nel 2004, lui stesso ammette di essere stato spesso e volentieri una valvola di sfogo per l’ira dei suoi insegnanti. E anche se nel suo libro aggira l’argomento, negli anni novanta i suoi avversari politici (si immolerà nel tritacarne della politica per un breve, ma tormentatissimo periodo) disseppelliranno dagli archivi il suo dossier scolastico. E da questo risulterà non avere mai conseguito la licenza media.

Ma se come studente presenta un curriculum decisamente opaco, come atleta può trovare la propria rivincita. Infatti, diversamente dagli insegnanti di ruolo, gli istruttori del Tennis Club Steaua, la formazione dell’esercito romeno, dove milita, cominciano ad apprezzare sempre più le sue notevoli capacità. E, proprio durante i suoi primi anni allo Steaua, Ilie svilupperà le caratteristiche tecniche che lo accompagneranno per tutto il corso della carriera. Il suo tennis è dinamico, imprevedibile e votato all’attacco, con frequenti discese a rete, giocato a un ritmo indiavolato e dotato di uno stile istintivo, anche se mai sgraziato. Non per niente, molti anni dopo lo stesso Gianni Clerici lo dipingerà così:
“Se Tiriac usa la sua racchetta come la clava di un cavernicolo, Nastase pare Aramis.”
Dalla squadra militarizzata dello Steaua ad arrivare all’esercito il passo è breve. Così, a diciassette anni Ilie decide di arruolarsi, prestando un servizio sotto le armi, che teoricamente sarebbe durato tutta una vita, senza grandi sacrifici, limitandosi a posare per qualche scatto di fotografia in divisa e a presenziare a qualche parata. Ma, se l’imboscatissimo soldato Nastase non imbraccerà mai un fucile, darà invece un contributo inestimabile ai colori della sua formazione, brandendo, come arma, la racchetta da tennis.

Dopo qualche torneo negli altri paesi del Patto di Varsavia, nel 1966 viene selezionato per la prima volta nella squadra romena sia come singolarista titolare che come doppista, insieme a Ion Tiriac, per l’incontro di Coppa Davis contro la Francia. Nonostante come debutto non sia dei più brillanti (perderà tutti e tre gli incontri), durante il mese di giugno di quell’anno farà la sua prima fugace apparizione ad una competizione del Grande Slam, al Roland Garros di Parigi, per poi approdare finalmente all’erba di Wimbledon.

Parigi, Giugno 1966. Un giovanissimo Ilie Nastase durante il Roland Garros

Parigi, Giugno 1966. Un giovanissimo Ilie Nastase durante il Roland Garros

Il ghiaccio è rotto. E anche grazie ai buoni uffici del suo amico Ion, gli viene elargita una borsa di 100 dollari a titolo di invito. La cifra di per sé non è proprio da capogiro, ma basterà allo squattrinatissimo Ilie per sopravvivere al caro vita di Londra almeno per i pochi giorni che durerà il suo torneo (verrà infatti eliminato al primo turno dal brasiliano Thomas Koch con un deprimente 6-2 6-0 6-0).

La federazione di tennis romena prende atto che il giovane Nastase ha bisogno di impratichirsi sul terreno erboso, e lo spedisce, sempre con il massimo risparmio dei costi, ad allenarsi in India per un paio di mesi. La terapia indiana produce i suoi frutti, e cominciano a fioccare le prime vittorie contro tennisti di primo livello, come quella in Coppa Davis nel 1967 contro lo spagnolo Juan Gisbert e contro il cecoslovacco Jan Kodeš al Roland Garros.

Nel frattempo, nella sua Romania il nuovo leader Nicolae Ceausescu inaugura una politica di autonomia rispetto al resto del blocco sovietico, aprendo all’occidente ed introducendo anche alcune incoraggianti (quanto effimere) liberalizzazioni. In campo tennistico, comunque, permette agli atleti, prima considerati tassativamente dilettanti, di entrare nel circuito professionistico, e di incassare in proprio i premi dei tornei, esentandoli dall’obbligo di devolverli allo stato.

Per Ilie Nastase, educato fin dalla nascita, alle austere ristrettezze del sistema socialista, questo significa la possibilità di abbozzare l’avvio un nuovo stile di vita. Come primo passo, corre ad acquistarsi un’automobile nuova, una Fiat 125, con la quale rientra orgogliosamente a Bucarest, e nel 1969 compie la sua prima tournée negli Stati Uniti. Ma, nonostante i progressi, continua a girare con pochissimi soldi contati, e basta una piccola deviazione di un taxi, per lasciarlo nell’imbarazzo di non potere arrivare a pagarsi la corsa. Comunque, l’accorto Ilie ha già cominciato a tessersi una ragnatela di amicizie, pronte a toglierlo dai guai e, soprattutto, a pagare in sua vece nei casi di emergenza.

Le vere luci della ribalta si accendono per lui nel mese di settembre del 1969, quando insieme all’omnipresente Tiriac, trascina la sua Romania alla finale di Coppa Davis contro gli Stati Uniti. E sul campo in cemento di Cleveland nell’Ohio, deve affrontare due campioni del calibro di Arthur Ashe e Stan Smith. Ilie è ancora acerbo, e perde tutti gli incontri, compreso quello di doppio.

Per la dolce vita, invece, la maturità si sta rapidamente avvicinando. E, come confessa nella propria autobiografia, dopo essersi sgravato del fardello dell’illibatezza presso una casa d’appuntamenti di Parigi, con la complicità dell’inseparabile Tiriac, contemporaneamente nei panni di serpente tentatore e maestro di vita, comincia a frequentare il jet set e le discoteche più esclusive delle grandi città dell’occidente d’Europa e del Nordamerica. Come per una reazione a catena, dalla pioggia di vittorie sui campi di tennis, arrivano gli incassi dei premi in valuta pregiata, la sua immagine diventa quella di un campione solare e istrionico, la sua già latente disinvoltura si cementifica, e le conquiste femminili entrano a far parte della sua routine quotidiana.

Dopo essersi aggiudicato gli internazionali d’Italia al Foro Italico di Roma nell’aprile del 1970, l’anno successivo vince anche i tornei di Monte Carlo e Nizza, prima di presentarsi in maggio al Roland Garros come testa di serie numero tre, preceduto solo da Arthur Ashe e Jan Kodeš. Quest’ultimo lo sconfiggerà in finale dopo quattro set e quasi tre ore di gioco, ma sarà il tennis spumeggiante di Nastase ad incantare sia il pubblico che i giornalisti sportivi.

In patria, intanto, Ilie è già diventato un’icona. Il principale quotidiano sportivo dell’era comunista, Sportul, gli dedica una serie di titoli e foto in prima pagina, e il giornalista Ioan Chirilă gli dedica un libro agiografico di 280 pagine, “Ar Fi Fast Prea Frumos…” (“Sarebbe stato bello…“), che arriva a vendere oltre centomila copie. Anche il regime, dopo averlo promosso al grado di tenente, gli concede un’altro privilegio: quello di stipulare in proprio i contratti pubblicitari e di incassarne esentasse gli introiti.

Ma sarà nel 1972 che Nastase vivrà la sua vera epoca d’oro. Dopo avere bissato i tornei di Nizza e Monte Carlo, incassa il primo premio anche a Barcellona, Montreal e Forest Hills, e viene battuto a Wimbledon solo in una serratissima finale ai cinque set da Stan Smith. Nel mese di ottobre sfiora l’apoteosi, quando, insieme a Tiriac, trascina la sua Romania alla finale della Coppa Davis, persa 3-2 contro gli Stati Uniti in una Bucarest blindata più che mai per il timore di attentati da parte dei terroristi palestinesi di Settembre Nero.

Londra, Giugno 1972. Ilie Nastase durante il torneo di Wimbledon

Londra, Giugno 1972. Ilie Nastase durante il torneo di Wimbledon

Ed è proprio in quell’anno che i giornalisti cominciano a soprannominarlo NastyIl Cattivo. Infatti, le sue gesta dissacranti e le sue intemperanze verbali, sempre al limite tra la polemica viscerale e la gag, si sprecano davanti al grande pubblico televisivo di mezzo mondo. A lui questo genere di show riesce perfettamente naturale, e senza dubbio fa parte sia della sua indole che del suo modo di caricare e scaricare la tensione. Ma soprattutto, gli spettatori ne apprezzano lo spirito, ridendo di gusto alle sue battute, e come effetto collaterale (voluto), la maggior parte degli avversari si innervosisce e si deconcentra.

Per fare qualche esempio, durante il torneo di Richmond in Virginia decide di entrare in sciopero per un quarto d’ora contro una decisione del giudice di linea. E, quando, a furor di popolo, acconsente a rientrare in campo, sfoderando un sorriso beffardo, il suo avversario, il portoricano Charlie Pasarell, è già gonfio di rabbia: perde la necessaria continuità agonistica e di conseguenza, anche l’incontro. Al Roland Garros, dopo avere, tra le risate generali, richiesto all’arbitro di venire chiamato con l’appellativo di “Mister Nastase”, prende di mira il suo avversario di turno, lo statunitense Cliff Richey, dandogli dell’animale, e supportando l’insulto con la mimica del gorilla. Un’altra volta però, contro l’altro americano Clark Graebner questo giochetto non gli riesce altrettanto bene. E quando si esibisce nella parodia dell’avversario, questo non sta allo scherzo. Scavalca la rete, lo afferra per la collottola,e gli grida tra il raggelante silenzio del pubblico:
“Tu non farai a me quello che hai fatto a Richey a Parigi, bastardo! Se non la pianti, ti spacco la testa!”
Il provocatorio Ilie comprende che non è il caso di insistere. Passatogli il buonumore, riprende a giocare in modo più compassato, perdendo il match.

A Nizza invece, durante un incontro di doppio misto, non risparmia neppure una fanciulla, la tennista australiana Gail Chanfreau. Prendendo bene la mira, la colpisce due volte provocatoriamente nelle terga, causandole una crisi isterica.

Durante la finale del Masters di Stoccolma del 1975, la vittima sacrificale dei suoi lazzi è l’imperturbabile (almeno fino a quel momento) Arthur Ashe, che, nonostante sia sul punto di vincere, perde il suo caratteristico aplomb, abbandonando il campo infuriato. Sempre contro lo stesso Ashe poi, al torneo delle Hawaii del 1976, facendosi prendere un po’ troppo la mano, lo chiama “Negroni“, creando uno scandalo tra la comunità di colore statunitense. Ma Ashe, che lo conosceva bene, questa volta non serba rancore, e riferisce alla stampa di non avere intravisto alcun segno di razzismo in quella battuta infelice, ma soltanto un eccesso di confidenza nei suoi confronti. E, come prova della sua buona fede, ricorda che solo un personaggio indistintamente provocatorio con tutti come Nastase può arrivare contemporaneamente a chiamare lui “Negroni”, e ad insultare i tennisti sudafricani con l’appellativo di “razzisti“.

Il punto più alto (o più basso, a seconda dei punti di vista) delle sue performance da “cattivo” lo raggiunge al secondo turno degli US Open di Forest Hills del settembre 1976, contro il tedesco occidentale Hans Pohmann, che nel corso del terzo e decisivo set si accascia improvvisamente sul terreno, vittima di crampi. Invocato dall’arbitro, accorre un dottore a prestare soccorso, tra l’evidente irritazione del campione romeno. Il gioco riprende. Ma alla seconda crisi di crampi del tedesco, e al secondo conseguente intervento medico, Ilie mastica ancora più amaro. Nuova ripresa della partita, match point per Nastase, terzo improvviso attacco di crampi per Pohmann, e terza richiesta di soccorso da parte del giudice di sedia. La furia che il nostro cattivissimo eroe era riuscito a trattenere a stento fino a quel punto, straripa ora come uno tsunami. Strepita come un ossesso nei confronti dell’arbitro e dell’avversario, e dopo avere vinto la partita al tie break, rincorre quest’ultimo nello spogliatoio, gridando:
“Sei proprio un bastardo. Ti comporti da nazista!”
Da più parti viene richiesta per lui la squalifica a vita. Ma, come lui sente la necessità di fare spettacolo, anche lo spettacolo ha sempre più bisogno di un personaggio come lui. E riesce a cavarsela con una multa di mille dollari.

Sono gli anni in cui il giro d’affari nel tennis professionistico compie il suo grande balzo in avanti, e i premi per i tornei, sempre più massicciamente supportati dagli sponsor, moltiplicano il loro valore. L’ormai affermato campione Nastase, insieme ad altri colleghi, come Jimmy Connors, Bjorn Borg, John Newcombe e Guillermo Vilas, diventa una macchina da soldi (il New York Times ha calcolato che nella sua carriera di tennista sia arrivato a guadagnare più di due milioni di dollari di soli premi). Comincia a vincere sempre di meno, ma le sue gag in campo sono ormai diventate oggetti di culto. E nel 1978 appare sugli scaffali delle librerie un altro volume sulla sua vita sportiva, Nasty: Ilie Nastase vs. tennis, scritto dal giornalista britannico Richard Evans.

Wimbledon, Giugno 1974. Ilie Nastase si esibisce nello show dell'ombrello

Wimbledon, Giugno 1974. Ilie Nastase si esibisce nello show dell’ombrello

Ilie si rende conto che la sua carriera di campione sta per concludersi. E tra la fine degli anni settanta e l’inzio degli ottanta, a trent’anni abbondantemente suonati, le sue partite si trasformano in autentiche esibizioni di cabaret. Nasty, il cattivo, viene retrocesso a Il buffone di Bucarest. Le sue polemiche contro arbitri, spettatori ed avversari perdono la genuinità e la spontaneità di un tempo, e appaiono create ad arte, come fossero diventate un’esigenza della coreografia.

Quando all’inizio del 1984 decide di ritirarsi (provvisoriamente) a vita privata presso la sua villa di New York, insieme alla seconda delle sue tre mogli, l’attrice e modella americana Alexandra King, si cimenta in nuove attività alternative. Dopo avere inciso, senza serie ambizioni e quasi per scherzo, un 45 giri pop in francese dal titolo “Globetrotter lover“, che riscuoterà anche un inaspettato successo nella stessa Francia, si butta a capofitto nella letteratura. Tra il 1986 e il 1987 pubblica due romanzi, Break point e The net, entrambi ambientati tra i campi da tennis, e con velleità esistenzialiste, ma repentinamente annientati dalla critica, e snobbati dai lettori.

Le delusioni letterarie lo riportano al tennis giocato, prima nel ruolo di capitano non giocatore della Romania in Coppa Davis, e poi tra i tornei seniores, insieme ad altre vecchie glorie, come Jimmy Connors e Vitas Gerulaitis, suo compagno di baldorie e, come lui fedelissimo habitué della discoteca glamour newyorkese Studio 54.

E proprio in Romania, da dove la sua storia era cominciata, decide di tornare nel 1996, candidandosi alle elezioni per il sindaco di Bucarest sotto l’ombrello del partito al potere, quello socialdemocratico di Ion Iliescu, il presidente dell’epoca. Per la campagna elettorale spende tantissimo, sia in termini di soldi (lui stesso dichiara di averci investito un milione di dollari), che di energie, e si rende conto sulla propria pelle di come la politica possa essere ancora più spossante di una partita di tennis. Oltre alla già citata soffiata sulla sua mancata licenza media, vengono dati in pasto alla stampa dei dossier velenosi che lo accusano di aver servito per anni la famigerata Securitate, la polizia segreta di Ceausescu.

Ma soprattutto, viene rimproverato di essersi dedicato alla bella vita, tra Parigi, New York e Monte Carlo, mentre il resto della popolazione romena sopravviveva a stento sotto il giogo della dittatura. Gli viene rinfacciato che proprio nei confronti di quest’ultima, diversamente che con gli arbitri di tennis, ha sempre sfoderato la virtù di saper misurare le parole. Viene rispolverata anche la sua fuga verso la Francia con l’ultimo aereo disponibile, mentre scoppiava la rivolta che portava alla fine del comunismo nel dicembre 1989.

Ilie Nastase nel 1976

Ilie Nastase nel 1976

Per Nastase la partita, alla quale si era presentato come favorito, diventa di colpo troppo pesante per le sue forze e la sua esperienza. Al turno di ballottaggio viene trombato dagli elettori, dovendosi accontentare del 43% dei voti. La sua amarezza si taglia col bisturi, e lo stress da politica lo porterà a dichiarare:
“Hanno scritto di tutto su di me, anche che sono omosessuale, che non sono neppure romeno perché sono stato molto all’estero. Ora, passi per omosessuale, ma l’accusa di non essere romeno mi offende davvero.”
Ma nonostante chiuda questa parentesi, non demorde dalle sfide più impegnative.  Tra il 1999 e il 2002 viene nominato presidente della ITF, la Federazione Internazionale di Tennis, ed è al vertice di quella romena fino al febbraio 2008, quando si dimette (polemicamente), dopo una serie di accuse di frode apparse sulla stampa locale e dopo la bocciatura del suo grande sogno di aprire un’accademia tennistica. Dirà infuriato:
Visto che nessuno ha bisogno di me, lascerò il paese.
É sempre Nastase.

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15 Commenti a Ilie il guitto

  1. avatar
    alfredo 3 Marzo 2013 at 13:45

    Bellissimo articolo su uno dei miei tennisti preferiti.
    Non voglio dilungarmi, ma voglio ricordare che la classifica dei tennisti viene stilata con lo stesso sistema della classifica degli scacchisti (il famoso sistema elaborato dal prof Arpad ELO).
    Ebbene la prime due liste scacchi e tennis comparvero in pratica in contemporanea, mi sembra a fine 197. Numero 1 negli scacchi naturalmente Fischer, numero 1 del tennis Nastase. Due tipi in fondo un po’ simili. Come scrive Fine nel suo libro, che non apprezzo affatto, paragonando appunto Fischer a Nastase li definisce un “impasto di genialità e di cattive maniere”. Ma le cattive maniere di Bobby erano assolutamente, se c’erano, fuori dal gioco.

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      lordste 4 Marzo 2013 at 13:56

      Alfredo, mi spiace contraddire la sua solita onniscenza, ma la comparazione tra la lista Elo scacchistica e il punteggio di forza del tennis è completamente toppata.
      Nel tennis, i punteggi sono calcolati per ogni torneo indistintamente dall’avversario incontrato, e soprattutto hanno validità *annuale* (cioè, man mano che si rigioca un torneo l’anno successivo, i vari giocatori “perdono” i punteggi acquisiti in quel torneo l’anno precedente), prendendo i risultati migliori dell’ultimo anno.
      Quindi, con il sistema Elo, pochissima attinenza…

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        alfredo 4 Marzo 2013 at 14:40

        Mi scuso. Non sono onnisciente. Ho sbagliato e ti ringrazio di avermi fatto notare l’errore. Ho avuto forse una informazione sbagliata tempo fa e me la sono portata indietro. Vero è che comunque le prime liste uscirono in contemporanea e e primi due furono Fischer e Nastase.
        Andrò a vedere bene come si compilano le liste tennistiche anche se sei stato già assolutamente chiaro.
        Mi scuso con i lettori e gli amici del sito.

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    Mongo 4 Marzo 2013 at 14:55

    Da Wikipedia: “Il sistema si differenzia notevolmente dal sistema Elo usato nel mondo degli scacchi ed è stato alla base dell’elaborazione per il sistema FIVB world ranking. Il sistema Elo prevede il crescere o il diminuire del punteggio di un giocatore in base agli scontri diretti con gli altri giocatori, il giocatore acquista o perde punti a seconda del risultato della partita e della differenza di punteggio tra lui e l’avversario. Nel mondo del tennis il sistema è completamente differente e si basa sui risultati ottenuti nei tornei a cui si prende parte. Per esempio aggiudicarsi un determinato torneo comporta un determinato numero di punti (a seconda dell’importanza del torneo), il finalista perdente riceverà un punteggio leggermente inferiore del vincitore, i semifinalisti riceveranno un punteggio inferiore a quello del finalista perdente e così via. Ogni punteggio conquistato rimane in classifica per 52 settimane (1 anno), passate queste viene tolto al giocatore. Questa regola è indispensabile se si vuole che la classifica sia mobile e risponda all’effettivo valore attuale dei giocatori. La classifica è aggiornata settimanalmente. “

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      alfredo 4 Marzo 2013 at 14:58

      Visto. In effetti mi portavo dietro una convinzione sbagliata. In psicologia si chiama “ancoraggio e adattamento”. E’ importante che un errore venga fatto notare proprio per questo. Io avevo avuto una informazione sbagliata e mi ero “adattato”. Ora so una cosa in più (e una sbagliata in meno). 😡

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    Marramaquis 4 Marzo 2013 at 15:09

    Sì, Nastase fu il primo della lista maschile nel 1973, e a lui seguirono, nei vent’anni successivi, campioni come Newcombe, Connors, Borg, McEnroe, Lendl, Wilander, Edberg, Becker, Courier e Sampras (forse Courier non è stato un campione alla pari degli altri).
    Mi piacerebbe che qualcuno mi spiegasse perché alle classifiche ATP (tennis) non si possa applicare, esattamente come negli scacchi, il sistema Elo, che ritengo di gran lunga superiore.
    Faccio un esempio, sul tennis: lo scorso anno sono andato in finale ad Acapulco e ho guadagnato (diciamo) 100 punti, magari senza aver incontrato nessuna testa di serie, quindi, presumibilmente, nessuno dei top 50.
    Quest’anno non gioco ad Acapulco e, senza giocare, mi spariscono quei 100 punti. Oppure, ancor peggio, quest’anno gioco di nuovo ad Acapulco e vengo eliminato al primo turno: mi tolgono quasi tutti quei 100 punti, indipendentemente dal fatto che io abbia perduto contro il numero uno del torneo e n. 10 al mondo o contro un giocatore proveniente dalle qualificazioni.
    Lo ritenete giusto? Io no.

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      fds 5 Marzo 2013 at 09:42

      Non la metterei sul piano della giustizia, ma della finalità che si desidera perseguire.

      Negli scacchi si è scelto, con il sistema Elo, di attibuire ad un agonista un numero che tiene conto della storia sportiva sua e degli avversri, e per come è costruito il sistema risultano “ammortizzati” exploit casuali, positi o negativi che siano.

      Nel tennis, disciplina decisamente più commerciale e vendibile, si è desiderato avere una fotografia, quindi un’istantanea, dei risultati sportivi ottenuti nel breve periodo. I motivi sono intuibili.

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        alfredo 5 Marzo 2013 at 09:56

        devo dire che pur condividendo le osservazioni di Marramaquis il ragionamento di fds non fa una grinza . da un certo punto di vista scacchi e tennis hanno dei punti in comune ( come diceva Fischer si tratta nel rimandare nell’altro campo la pallina finchè l’altro sbaglia) ma da un punto di vista commerciale e della visibilità sono due sport completamente diversi . per molti scacchisti il tennis , almeno una vota , era considerato la migliore preparazione fisica per gli scacchi e alcuni grandi giocatori di scacchi erano anche discreti tennisti .

  4. avatar
    alfredo 4 Marzo 2013 at 15:35

    in effetti ….. se avro’ l’occasione lo chiedero’ a una persona competente in tennis . comunque lo sport che amo di piu ora , dopo tutte le delusioni che mi ha dato il ciclismo .

  5. avatar
    alfredo 4 Marzo 2013 at 15:57

    Ilie il guitto era considerato un po’ ‘matto’, ma non lo era. Nell’ospedale psichiatrico in cui ho lavorato, ormai molti anni fa, fu per anni ricoverato un ex campione italiano (che Clerici definì il più bel rovescio dell’Italia fascista). Sembra che il motivo del ricovero fu che dopo una partita vinta invece di fare il saluto fascista… Si calò improvvisamente i pantaloni di fronte all’avversario e al pubblico.
    Ilie faceva il matto, quello lo era veramente. Peccato perché sembra, sempre a quel che dice Clerici, che fosse uno dei più grandi talenti mai espressi dal tennis italiano. Ovviamente non posso fare il nome, ma l’autore di questo articolo sicuramente può saperlo (o chiedere a Clerici); io vidi la cartella clinica. Da visite effettuate risultava che aveva un soffio al cuore molto importante, espressione di una patologia valvolare cardiaca. Oggi sicuramente non avrebbe potuto giocare, ma non penso che vi fossero controlli medici particolari negli anni 40.
    (Caro Lordste non sono omnisciente ma questa è una cosa che ricordo bene. D’altra parte nell’Ospedale in cui lavoravo passarono personaggi di ogni genere, tra cui un figlio non riconosciuto dal duce. In quel caso sembra che i miei colleghi predecessori lo portarono volutamente alla morte con le tecniche in uso all’epoca. La vicenda ha dato spunto a Bellocchio per il film “Vincere” ed è stata trattata più volte in tv).

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      lordste 4 Marzo 2013 at 16:11

      tranquillo Alfredo, volevo solo prenderti un po’ in giro per averti “colto in fallo” per una volta :mrgreen: 😉

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        alfredo 4 Marzo 2013 at 16:26

        No sbaglio molto spesso. Anche in un altro caso (ma lì penso sia stato un lapsus) ho scambiato lo storico negazionista Dave Irving con lo storico molto piu’ serio per quanto controverso Ernst Nolte. Mi è stato fatto notare e ne ho preso atto, ringraziando. Forse devo prendere atto che anche la mia memoria no è più quella di un tempo e magari controllare prima, ma ti assicuro che questa storia dell’Elo applicato al tennis era per me “una certezza” (o quasi). Un’utile lezione.

    • avatar
      Jas Fasola 4 Marzo 2013 at 17:53

      al Paolo Pini magari? Ti ricordi allora di Montuoro che giocava sempre la Francese Rubinstein? Che bei tempi quelli (anni ’70) :mrgreen: , poi arrivo’ Basaglia e ci fece uscire 🙁

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        alfredo 4 Marzo 2013 at 20:58

        no . era un altro ospedale psichiatrico .
        la legge basaglia è stata solamente un atto di civiltà

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    alfredo 4 Marzo 2013 at 16:01

    Scusate la mia graforrea accentuata in questi giorni, ma sono a casa con un piede rotto e intervenire su questo sito tenuto da amici che stimo mi fa passare un po’ di tempo…. Grazie :o

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