il linguaggio degli scacchi

Scritto da:  | 7 Aprile 2013 | 19 Commenti | Categoria: Cultura e dintorni, Scacchi e arte

Caro Mongo,

ho trovato, per caso, tra mille pagine ingiallite dal tempo, una rivista (Harta) di poesia e arte e nella curiosità di sfogliarla mi sono accorto che una pagina parlava anche di scacchi e così mi sono ricordato di te.

Un abbraccio,

Antonio

il linguaggio degli scacchi 3

E’ abbastanza noto che esiste nel gioco degli scacchi una ricchezza nascosta che ne fa il gioco più intelligente per eccellenza.

Le spiegazioni che si danno a questa ricchezza solitamente sono ‘conseguenti’ alla diretta pratica del gioco e quindi non si pongono necessariamente il quesito dell’origine di tale ricchezza, ricevendo anzi nel non disvelamento di essa una ulteriore ricchezza.

Senza voler del tutto (il che sarebbe forse impossibile) affrontare la capacita di questa ricchezza in fondo di autoevidenziarsi, non è impossibile cercarne alcune tracce che pervengono sino a noi, e che si pongono in qualche modo ‘prima’ di quanto sarebbe desumibile attraverso il semplice giocare.

Per quanti non conoscono il gioco e sufficiente rilevare che in esso esistono dei generi di ‘pezzi’ animati da movimenti diversi. Tali pezzi, ad eccezione del re e della donna (Regina) che sono unici, e dei pedoni che sono otto, sono in coppia: torri, cavalli, alfieri.

Sorvolando sull’antropologico ‘mangiare i pezzi’, il gioco consiste nel porre il re avversario nella impossibilità di muoversi da dove si trova e nell’impossibilità di stare dove si trova, il che viene chiamato ‘scacco matto’.

Il ‘tratto’, ossia la mossa, è  dato alternativamente al Bianco e al Nero. Il luogo dello scontro è una scacchiera di 64 caselle alternativamente bianche e nere (come i pezzi).

La spiegazione che cercheremo di dare dovrebbe riuscire gradita a tutti perché, curiosamente, quando la vita non ha fascino in qualche modo gli scacchi ci permettono di capire perché non ha fascino.

La chiave è nella loro animazione e nell’idea che sovrintende al gioco che essendo ‘una’, ossia unitaria, la precede ma anche l’accompagna senza abbandonarla mai.

L’animazione del re è di un passo in tutte le direzioni. Ossia gli altri pezzi pur avendo animazione diversa portano avanti le dimensione animativa  del loro re nel ‘modo’ che è loro assegnato dalle regole del gioco. Gli alfieri solcano la scacchiera diagonalmente, le torri orizzontalmente e verticalmente, la donna ha in sé l’animazione della torre e dell’alfiere. Il cavallo si discosta dalla animazione umana del re ‘saltando’ realisticamente sulla scacchiera.

Marginalmente si può osservare che è dalla percezione della unitarietà di tali connessioni in profondità che si regge la cosiddetta bravura dei campioni. Ma queste percezioni vanno nella direzione dell’idea originaria del gioco la quale si ancora profondamente nella realtà.

La figura del re è fondamentale per cogliere lo spirito dell’idea che sovrintende al gioco.

Il Re, come ogni altro pezzo, occupa una casella della scacchiera. Quello bianco una casella nera e quello nero una casella bianca.

Il primo passo che l’idea originaria compie è quello di trasportare il re dalla realtà nella scacchiera e ciò ottiene trasportando il re dalla scacchiera nella realtà. Se immaginiamo di dilatare la casella in cui è il re in modo da coprire tutte le 64 caselle avremo dipinto il re nella situazione in cui si trova nella realtà, la realtà essendo costituita dallo Spazio che circonda la scacchiera, ossia avremo dipinto realisticamente il re circondato dall’insidia dello Spazio.

Se, in aggiunta a ciò, consideriamo la situazione precaria in cui ogni re è nel proprio presente, avremo anche che egli occupa uno spazio dell’insidia.

E il re circondato dall’insidia dello Spazio e occupante uno spazio dell’insidia è proprio il concetto di scacco matto che costituisce l’ultima mossa nello spirito del gioco.

In altri termini nell’idea del gioco lo Spazio (= la Realtà) sembrerebbe ancorare il Re al concetto di ‘matto’.

Ma anche il concetto di ‘matto’ allo Spazio e a un senso dello Spazio. Situazione in cui, giocando, è peraltro ogni giocatore.

Il secondo passo che compie l’idea originaria è quello di ancorare i pezzi alla situazione del re e ciò avviene nel porli ciascheduno su una casella. Con lo starvi sopra, prima ancora di ricevere una animazione, siccome ogni casella rappresenta la situazione del re, essi sono indotti a ricordarla, e in questo ricordo l’Idea li ancora al re.

La cosa vale anche, sia pure più simbolicamente, per il cavallo.

il linguaggio degli scacchi 2

Ossia, dalla prigione statica del ‘matto’ da cui rifuggire scaturisce un vero e proprio ‘invito’ al movimento che si esplica nell’ estrinsecazione animativa dei pezzi.

E’ un’induzione, questa, la cui portata e difficilmente valutabile. Potrebbe avere a che fare, addirittura, con la difesa del senso dello spazio che viene sospinto dall’idea stessa di ‘matto’.

Proiettata nella temporalità del gioco tale induzione si accresce di molte sfumature, avvicinando con la tema la ‘opportunità della potenzialità dei pezzi e la sempre maggiore sudditanza all’idea originaria.

La quale non manca di nascondersi nell’umanizzazione del gioco (il gioco contempla anche la antropologica ‘distanza di rispetto’ nel divieto ai re di avvicinarsi l’uno all’altro).

Tuttavia quanto più un giocatore diventa bravo, tanto più avverte di giocare non contro il proprio avversario, ma contro l’idea originaria.

E il paradosso è che si accorge di combattere ciò da cui riceve il piacere di essere asservito.

Ci avviciniamo al concetto di fascino. O meglio, siamo indotti ad avvicinarci al concetto di fascino.

separator4

Un capitolo ‘lontano’ sembrerebbe suggerire il senso dello spazio che abbiamo in precedenza ancorato al concetto di matto.

L’esistere, notoriamente, non può prescindere dallo spazio, tanto è vero che ogni qualvolta l’esistere è messo in forse, il nesso esistere-spazio riceve una sottolineatura.

Questa sottolineatura è il senso dello spazio; ossia la sottile facoltà che ci è data, di percepire lo spazio.

Il concetto di matto – come abbiamo visto – mette in forse l’esistere del re e in tal modo il concetto di matto si vincola a tale sottolineatura.

L’idea originaria che abbia operato questa connessione è dunque partita necessariamente da un senso dello spazio, ossia solo un senso dello spazio può aver suggerito l’idea del matto e del gioco – non potendo peraltro liberarsene.

Con questa idea ha portato il senso dello spazio a poter essere ‘toccato’, ‘visualizzato’ pur non staccandolo (e come potrebbe) dal suo alveo istintuale .

Ma soprattutto ha collegato il senso dello spazio all’Idea (mi riferisco all’ idea che va a spasso col pensiero), in una situazione peraltro convenzionale.

Idea che fa muovere i pezzi.

Se prima il senso dello spazio si accompagnava all’esistere, qui si accompagna all’esistere visibile dei pezzi.

Inoltre, derivando l’idea originaria l’idea del gioco dalla Realtà, è come se la situazione di gioco fosse già  accaduta! Per cui è come se i pezzi si trovassero nei loro movimenti in una situazione che non dovrebbe troppo meravigliarli.

(Si osservi, qui, il ricomporsi del senso dello spazio. Un ricomporsi che avviene a insaputa del giocatore ma che l’idea originaria mette in atto. Tutto ciò naturalmente avviene ‘prima’ che la scelta di movimento si metta in atto e che da tale tranquillanza originaria trae animazione interessando ormai un nuovo senso dello spazio).

Naturalmente, c’è anche dell’altro.

Dato che, come abbiamo visto, l’idea di movimento è ancorata al senso dello spazio, e la strada che ha percorso l’idea nel suo realizzarsi non può non essere stata accompagnata da un dialogo longevo con lo Spazio (essendo l’idea derivata dalla realtà) il giocatore, in qualche modo, pur essendo l’idea di movimento presente nella sua mente, è costretto a ripetere tale dialogo.

(La mente non può ‘assumere’ un’idea se non ne coglie le dinamiche interne. E ciò a maggior ragione se la pone alla base del proprio prodursi nel gioco che scaturisce da tale idea).

Tale ‘fatto’ avviene nella temporalità del gioco perché il giocatore in quel ‘dialogo’  si immette attraverso il senso della lotta che l’idea originaria è costretta a ripartire nel ‘tratto’ che i due giocatori si alternano (in effetti quando un giocatore non ha il tratto attiva un senso dello spazio che dipende da quanto sta per accadere, senso dello spazio che è sollecitato in modo diverso quando ha il tratto) (1) e tale duplicazione non riguarda altro che quelle che sono le ‘sequenze’ che hanno accompagnato il dialogo longevo con lo spazio da parte dell’idea.

Possiamo vedere in questi trascorsi un’idea che combatte contro se stessa, e l’ emergere di una struttura della realtà conflittuale.

Si isola, qui, il concetto di ‘accadibilità’, che verrà dall’idea originaria imprigionata nella potenzialità dei pezzi e collocata nello spazio della scacchiera e delle regole del gioco.

E’ attraverso questa porta (l’accadibilità) che l’antico esercito indiano è entrato negli scacchi con i suoi 4 raggruppamenti (fanteria, cavalleria, elefanti e carri da guerra), ed è solo apparentemente che per loro tramite gli scacchi sono pervenuti sino a noi, interessando il loro esistere ormai un linguaggio.

Si tratta di un linguaggio la cui pensabilità, essendo gestuale, sospinge il fascino. (Si pensi al concetto di matto nella diluizione spaziale della scacchiera e al suo rifiuto che da mentale è costretto a divenire spaziale e quindi gestuale).

(Carlo Sliepcevic)

(1) Il ricordo delle ‘situazioni’ scacchistiche è reso possibile dalla vivibilità della combinazione dei due sensi dello spazio rispetto alle situazioni stesse. Combinazione che è presente anche nelle linee di intendimento offensivo dato che l’esecuzione mentale delle mosse passa attraverso la contemplazione di altre scelte e relative risposte.

 


avatar Scritto da: Mongo (Qui gli altri suoi articoli)


19 Commenti a il linguaggio degli scacchi

  1. avatar
    Luca Monti 7 Aprile 2013 at 10:35

    Non abbiamo raggiunto ancora i primi cento giorni dell’anno ed il grande Mongo ha
    raggiunto quota dieci articoli pubblicati e chissà quanti altri ne ha in cantiere.
    Il tutto senza che la pregevole fattura degli stessi scadesse.Per la dedizione a
    SoloScacchi che mostra, un mio forte abbraccio ed incoraggiamento a ben proseguire
    per la strada che si è tracciato;bravo.

    • avatar
      Mongo 7 Aprile 2013 at 16:34

      Grazie Luca.
      Noi della redazione ci facciamo in quattro, con onore e piacere, anche se c’è qualcuno, vero Martin, che vuole che noi ci facessimo in otto!!! 😉
      Il prossimo ‘pezzo’ che ho in programma, a parte la palestra, è un bel tuffo nel passato: una storia tragica e piena di goliardia al tempo stesso, assolutamente autentica.

  2. avatar
    alfredo 7 Aprile 2013 at 11:04

    Veramente pregevole Mongo.
    L’immagine fu usata anche per una copertina dell’IS, penso 40 anni fa, qundo il direttore era Ferrantes (a dire di Ado stesso insuperabile)
    La hai presa da lì?
    buona domenica
    tuo Fuser

    • avatar
      Joe Dawson 7 Aprile 2013 at 11:23

      Buona domenica a entrambi… e, ovviamente, a tutti i lettori di SoloScacchi!
      …la copertina??
      Veramente il buon Mongo, come immagine di copertina, aveva scelto la celebre foto di Marcel Duchamp impegnato e concentrato in una sfida con una modella di cui si vedevano… ehmmm, per così dire, solo le curve… ma probabilmente quel bacchettone del vecchio Martin gli ha fatto il solito pistolotto del tipo che è un sito letto anche da ragazzi di buona famiglia ecce ecce e, nottetempo, l’immagine originale è stata sostituita da questa di Carlo Bolmida del 1973, cose che capitano… 😉

  3. avatar
    Mongo 7 Aprile 2013 at 12:56

    Vero, il Martin mi ha telefonato alle 3 di notte… Avevo messo l’immagine di Duchamp che gioca a scacchi con una modella vestita in costume adamitico, senza però la foglia di fico, perché su Harta l’articolo qui riproposto era corredato da quell’immagine. Ma per il ‘vecchio’ bacchettone del Martin non c’è stata ragione…
    Io penso che il nudo faccia scandalo solo perché è vero, non nasconde niente.
    Ma comunque l’immagine sostitutiva, anche senza nudi (ahimé), vale e forse supera l’originale. 😛

  4. avatar
    alfredo 7 Aprile 2013 at 13:51

    Quella foto di Duchamp con la sua modella, Eva Mobitz, è molto bella e non ha nulla, proprio nulla di volgare.
    La biografia ufficiale di Duchamp si intitola “La sposa messa a nudo in marcel Duchamp, anche” di Arturo Scwartz, un suo amico e il più grande collezionista mondiale di Duchamp e altro.
    Contiene un capitolo su Duchamp scacchista curato da Guido Cappello che conobbe Duchamp al Ci del 69, poco prima che Duchamp morisse (si soffermarono a commentare una partita).
    Oramai Scwartz è quasi centenario e aveva espresso il desiderio di donare la sua meravigliosa collezione a Milano, ma a Milano di ciò a nessuno frega. Per cui le opere di uno dei più grandi artisti del 900 (che ho avuto l’enorme onore di poter vedere a casa di Scwartz) andranno in Israele… SE NON E’ UNA VERGOGNA QUESTA!!!!

  5. avatar
    Enrico Cecchelli 7 Aprile 2013 at 15:56

    E’ SICURAMENTE UNA VERGOGNA, ma temo, e questo probabilmente è ancora più grave,
    che sia essenzialmente per ignoranza!Al di fuori di alcuni critici ( che spesso non vengono neppure interpellati), coloro che prendono decisioni o sono preposti a farlo
    in virtù del loro ruolo e dei posti che occupano stanno all’arte come i famosi Alfieri di colore contrario con cui Spasskj definì i suoi rapporti con la moglie in occasione del divorzio. Ovviamente è un mio personalissimo parere.

    • avatar
      alfredo 8 Aprile 2013 at 20:43

      caro Enrico
      l’Italia ha una sola grande ricchezza: il nostro enorme patrimonio culturale, unico al mondo.
      La collezione di Scwhartz, unica al mondo non solo in quanto la più ricca di opere di Duchamp ma anche di opere dadaiste surrealiste etc è una cosa meravigliosa. Più volte anche attraverso lettere scritte ai giornali aveva chiesto a Milano di trovarvi degna collocazione. Risposta: nessuna.
      Milano è la capitale mondiale del design. Anzi è dove è nato il design con nomi come quelli di Magistretti, Ponti, Zanuso, Aulenti, Viganò e altri.
      Al di là di alcuni tentativi alla triennale (uno che parte in questi giorni in occasione del salone del mobile) Milano non ha un vero museo del design e sta facendo andare in malora capolavori dell’architettura mondiale come l’istituto Marchiondi di Baggio (opera che compare in più di 1000 libri di architettura in tutto il mondo) e tutti a parlare dell’Expo che nessuno sa ancora cosa sarà…
      Hanno fatto dei grattacieli senza anima che non hanno nulla a che fare con Milano.
      Dimenticandosi che Milano aveva già il più bel grattacielo del mondo. Il Pirellone di Gio’ Ponti.
      Milano ha avuto scrittori straordinari che ha allegramente dimenticato. Uno per tutti: Luciano Bianciardi, l’autore de La vita agra. Per quanto grossetano di origine visse a Milano per moltissimi anni e forse come nessuno ha interpretato “lo spirito dei tempi” , l’Italia del boom, il passaggio degli anni 50 – 60 e tanti altri esempi si potrebbero fare…
      e ora ci ha lasciato anche un altro pezzetto: Jannacci.
      Milano è sempre più povera di intelligenza e sempre più ricca di arroganza e cafoneria.

      • avatar
        alfredo 9 Aprile 2013 at 19:48

        comunque mi correggo
        schwarz ha ” solo ” 88 anni e sta bene .
        si è appena sposato una molto piu’ giovane di lui .
        per cui israele dovrà aspettare e io spero che nel frattempo Milano abbia un assessore alla cultura ( dopo la delusione Boeri) che sappia trovare spazio a questa meravigliosa collezione .

  6. avatar
    Marramaquis 7 Aprile 2013 at 19:59

    Mmmmh…una leccornìa preparataci da Mongo, dolce e delicata come una Giacometta…

  7. avatar
    Marramaquis 8 Aprile 2013 at 19:49

    Carissimo Mongo, fammiti segnalare la partita del giorno (se già non l’hai vista).
    E’ la Jobava-Karjakin, una italiana, in cui il buon Jobava strapazza in 28 mosse e nel suo miglior stile romantico il più illustre (e di solito … solido) avversario.
    Ti rubo uno spazietto ancora per un poco di cronaca: spettacolare e complicata la Morozevich-Jakovenko (1-0). E vedo che nel campionato russo a squadre c’è anche il nostro Caruana, oggi però battuto da Sutovsky. Ciao.

    • avatar
      alfredo 8 Aprile 2013 at 20:31

      Ancora per quanto ” nostro” ? 😐
      Speriamo bene …

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        Mongo 9 Aprile 2013 at 01:18

        Già… Nel turno odierno era citato come F. Karuana, infatti ho faticato un po’ prima di raccapezzarmi. 😉

        • avatar
          alfredo 9 Aprile 2013 at 17:50

          Caro Mongo mi sembra fossi tu a essere interessato alla lettura dell’opera letteraria in latino DE BELLO DERYCO DE REDITU RONALDI
          il problema che ora l’ho trovato, ma fane una scansione è un po troppo lungo.
          Non abbiamo più la versione elettronica, comunque fu edita da Francesco Rossi editore, Marina di Carrara (MS).
          Magari puoi rivolgerti a loro, ne vale veramente la pena 😉

          • avatar
            Mongo 9 Aprile 2013 at 18:45

            Yes, ti avevo mandato una e-mail al tuo indirizzo privato.
            Grazie dell’informazione, ci proverò…
            Buona serata.

            • avatar
              alfredo 9 Aprile 2013 at 19:45

              caro mongo
              sai che non mi è arrivata ?
              prova a guardare bene che l’indirizzo mail sia giusto .
              comunque al limite assoldo uno schiavetto per lo scanner .
              comunque la cosa piu’ bella fu la premiazione da parte del
              cardinale Bertone ( ateo come sono ho occultato la foto )
              juventino accanito .
              tuo fuser
              buona serata anche la te
              la mia non sarà purtroppo bella

              • avatar
                Mongo 10 Aprile 2013 at 19:29

                @Alfredo: inviata e-mail alle ore 19:27 al tuo indirizzo e-mail utilizzato quando ti logghi a SoloScacchi per fare dei commenti.

                • avatar
                  alfredo 10 Aprile 2013 at 20:01

                  ok …ora guardo
                  tuo Fuser 😉

                • avatar
                  alfredo 10 Aprile 2013 at 20:05

                  caro Mongo non mi è arrivata.
                  Strano perché mi arrvano tutte quelle degli amici che mi contattano in privato, in primis Martin Eden. Chiedi a Martin il mio cellulare senza problemi e ci sentiamo.
                  Ok?

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