Colloquio in bianco e nero

Scritto da:  | 15 Aprile 2013 | 6 Commenti | Categoria: Racconti

Colloquio in bianco e nero 1

Un lieve profumo di lavanda si insinuava lottando con i mozziconi di sigaretta spenti irregolarmente in un posacenere di marmo verde.

– La faccio accomodare qui, prego – aveva detto un’impiegata con fare sorridente.

– Intanto avviso che è arrivato.

Una sala per le riunioni abbastanza ampia, con un lungo tavolo ovale bianco, sedie dello stesso colore, carpette di pelle marron scuro disposte ordinatamente in corrispondenza di ogni sedia e un grosso portacenere nero al centro. Tutto era curato nei minimi particolari, con la sola eccezione di una serie di tende verdastre, pesanti e consunte, che riempivano quasi completamente la parete di fronte alla porta.

Immaginò servissero per oscurare la sala in caso di proiezioni o qualcosa del genere, ma non vide schermi od altri accessori utili ad una simile evenienza.

In fondo alla sala, un divano in pelle beige, con una poltrona dello stesso colore a completare l’angolo; davanti, un basso tavolinetto rettangolare con in cima una scacchiera di onice dove alle case bianche si alternavano degli splendidi riquadri amaranto. I pezzi in legno di altezza moderata davano all’insieme un aspetto dignitoso e cordiale. Il suo sguardo si soffermò a lungo sulla posizione, fissando la quale provò un leggero senso di disagio.

Immerso nei suoi pensieri non si accorse della persona che era appena entrata.

– Buongiorno – fece questi andandosi a sedere a capo tavola, adagiandosi con

disinvoltura ed appoggiando sul tavolone una carpetta con la copertina trasparente.

Ricambiò il saluto con aria leggermente imbarazzata.

– Mi dica, cosa possiamo fare per lei?

– Beh, forse dovreste chiedervi quello che io posso fare per voi – ammiccando.

– Se vuole dirmelo lei… la ascolto volentieri.

Indicò con un cenno della testa la carpetta posta davanti al suo interlocutore.

– Non penserà mica che io abbia tempo di leggere tutti i curriculum che riceviamo

qui in azienda – sbottò questi con un’espressione a metà tra il supponente e il divertito. Poi aggiunse – I curricola, certo.

Guardò il suo interlocutore con una leggera aria di sfida.

– Immagino faccia parte dei compiti di un selezionatore del personale; anche perché se sono qui, qualcuno quel Curriculum dovrà pure averlo letto.

Seguì una lunga pausa di silenzio. I due si guardarono intensamente; gli venne in mente che la persona davanti a lui non fosse il selezionatore del personale.

– In effetti – continuò – non avevo valutato l’ipotesi che lei non lo fosse.

– Cioè? – chiese con aria svogliata.

– Che lei non sia l’addetto alla selezione del personale.

L’uomo si alzò e si avvicinò al divano in fondo alla sala.

– Venga, accomodiamoci qua…

Si alzò, guardandosi intorno lentamente.

– La vedo esitante… qualcosa la preoccupa? – insinuò.

– No, nulla di particolare…

Colloquio in bianco e nero 2Lo fece accomodare sul divano, mentre lui si sedeva nella poltroncina alla sua destra.

– Lei gioca a scacchi, vero?

– Di tanto in tanto.

– Da come guardava la scacchiera quando sono entrato, si direbbe che lei sia più di un semplice giocatore della domenica.

Trasalì leggermente; la situazione era inconsueta ma quella sorta di brivido frastagliato che stava iniziando a procurargli non gli dispiaceva affatto.

– Inquadrare le persone in pochi attimi… una dote che aveva anche mia nonna – fece sorridendo.

– Son rimasto più di trenta secondi a guardarla e son sicuro che non si sarebbe accorto della mia presenza ancora per un bel po’ se non l’avessi salutata.

Arrossì leggermente e sentì una vampata di calore.

– E così, lei è entrato qui, si aspettava di trovare un inquisitore spietato che avrebbe rivoltato da cima a fondo il suo curriculum… ed invece si ritrova seduto davanti ad una scacchiera.

– Già.. oltretutto, con lei seduto sulla poltrona che guarda fuori dalla finestra… mi ricorda la scena di un film.

– Non mi starà mica dando del maniaco?!?

– No, certo.. né tantomeno mi aspetto che lei si impicchi di qui a qualche giorno.

Ristette in silenzio, sforzandosi di non sorridere; era comunque chiaro che il veloce botta e risposta aveva colto nel segno.

– Sta cercando di impressionarmi?

– Non vi sarebbe nulla di strano no, visto il contesto… comunque no, no…

– Ha ricevuto un’educazione religiosa?

– No… ossia… la trafila normale…

– Dunque è cattolico.

– Lo sono stato.

– Buddista?

– Se avesse letto il Curriculum forse…

– Ah, già… lei parla svariate lingue tra cui anche arabo e turco…

– Barba di qualche settimana…

Seguì un’altra lunga pausa; poi, indicando la scacchiera:

– Che gliene sembra?

Colloquio in bianco e nero 8

– Una Est-Indiana condotta maldestramente dal nero…

– E non le è venuto il dubbio che il giocatore col nero potrei essere io?

– Anzi, ne ho l’assoluta certezza!

– Addirittura…

– Beh, la scacchiera è troppo pesante per essere girata ogni volta e questa ‘A’ incisa nel bordo in ottone che tiene fermo il tutto mi fa pensare che il Bianco giochi sempre da questa parte…

– E quindi, cosa mi vieterebbe di giocare da quella parte…?

– Il giocatore di fronte… non gioca sulla poltrona in pelle, ma su una delle sedie del tavolo… lo si capisce dai segni delle rotelline sulla moquette…

Lo sguardo si fece intenso.

– Continui…

– La sedia è più alta del divano di almeno 15-20 centimetri…; lei può benissimo concedere al suo avversario i bianchi, ma dubito fortemente che giocherebbe seduto più in basso, ed in maniera così evidente poi…

– Vedo che le piacciono le citazioni cinematografiche – sorridendo.

– Mmhh.. ah sì.. no, no.. era casuale.. del tutto casuale…

– Interessante, e cosa avrebbe di maldestro la posizione del nero?

– Beh, innanzitutto la torre in e8 dopo l’arrocco… prima o poi dovrà pur spingere in f5, e quella torre servirebbe più lì a sostegno che non altrove…

– Mmhh… e del bianco che mi dice?

– In realtà non è che conosca la Est-Indiana così bene da poter dare giudizi precisi… ha molto potenziale sull’ala di donna ma forse si prepara a spingere in h4… non so, forse ha paura…

– Lei chi vorrebbe essere?

– Non credo di avere molte alternative…

– Non mi riferivo a questa partita, che tra l’altro non posso nemmeno toccare…

– Credo allora di non aver capito…

– In azienda, se lei potesse scegliere di essere un pezzo…

Si tirò indietro sul divano, prendendosi il ginocchio destro tra le mani.

– Un alfiere… senza dubbio un alfiere…

Colloquio in bianco e nero 9– Un alfiere…

– Naturalmente non ho detto un pedone perché non sono più tanto giovane da pensare di poter entrare in azienda e fare tutta la trafila delle promozioni…

– Quindi dirigente subito…

– L’alfiere dà profondità, sa starsene in disparte ma può intervenire in caso di bisogno… In più adoro i congiuntivi…

– E con ciò?

– Scrivere in italiano senza usare i congiuntivi è come giocare a scacchi senza gli alfieri…

– E chi l’avrebbe detto?

– Un povero architetto in cerca di lavoro…

Si alzò e tornò verso il tavolone al centro della sala…

– Vede, dottor… dottor Martinotti… il punto è proprio questo: al momento non ci servono architetti in azienda.

Chinò il capo verso sinistra, cercando di riprendere un’espressione decisa.

– Certo, ma dubito che il titolare di un’azienda come la sua abbia due ore da

perdere con uno dei tanti laureati che senza dubbio intaseranno la vostra casella di posta elettronica in cerca di occupazione.

– Ah, già… il progetto di Dubai… lei avrebbe contatti nel marmo giù a Carrara e spedizionieri di fiducia… Ma tanto a questo ci pensano già in loco… E poi si tratta di un lavoro di 18-20 mesi al massimo.

– Oh beh, se è per questo nemmeno il cavallo del bianco starà in eterno in b5… però intanto entra…

– Ma il bianco perde…

– Infatti, questo è l’aspetto più triste dell’intera vicenda…

– Se tutti i colloqui andassero a buon fine…

– No, non mi riferivo a questo…; per come la vedo io, Lei in azienda gioca col bianco; ancor di più.. lei è il bianco… e al tempo stesso anche l’arbitro… E siccome è stanco di specchiarsi negli occhi di un personale subalterno oltremodo ossequioso, si prende il gusto di giocarsi contro, in maniera diciamo, un po’ naïf…

Siccome vince regolarmente è convinto di aver fatto una seduta di psicoanalisi liberatoria, mentre invece non sta facendo altro che alimentare il suo profondo disprezzo per quanto la circonda..

Tanto le dovevamo, etc…

Si alzò in piedi per dirigersi verso la porta, ma un gesto lo invitò a trattenersi.

– Perché ha scelto la Facoltà di Architettura?

– Son cresciuto con le opere di De Chirico, da giovane mi piaceva giocare a biliardo…

Lo guardò con aria assente..

– Arrivederci… e buona fortuna.

– Altrettanto.

Colloquio in bianco e nero 6

avatar Scritto da: Abu Yasin (Qui gli altri suoi articoli)


6 Commenti a Colloquio in bianco e nero

  1. avatar
    Jas Fasola 15 Aprile 2013 at 21:34

    Molto realistico. Se l’architetto avesse preferito un gioco di squadra forse sarebbe stato preso in considerazione per entrare in un “team”.

  2. avatar
    Luca Monti 16 Aprile 2013 at 18:55

    Un dialogo e situazione a tratti surreale con un accenno che trovo non casuale a G. De Chirico.
    A rileggerla nuovamente signor Abu Yasin.

  3. avatar
    alfredo 16 Aprile 2013 at 20:29

    Un architetto …De Chirico …Da pensare ad Aldo Rossi la cui architettura fu chiamata proprio metafisica e aveva chiarissimi riferimenti a De Chirico, uno dei due italiani a vinceree il Pritzker (il Nobel dell’architettura).
    L’altro è stato Renzo Piano.
    Bel racconto davvero, e poi un mio quasi omonimo.
    Mi incuriosisce assai.

  4. avatar
    Luca Monti 16 Aprile 2013 at 20:41

    Citando architettura e De Chirico, il pensiero è andato alle Piazza d’Italia ed a quel senso di solitudine che ho colto anche nel racconto del signor Abu Yasin.

  5. avatar
    alfredo 16 Aprile 2013 at 21:38

    La prima scacchiera ricorda ovviamente Piranesi.
    La seconda, il tavolino non i pezzi, Jean Prouvé.
    Ciò che dici, caro Luca, è vero.
    L’architetto che hai citato, Aldo Rossi, è forse stato l’architetto più “triste” d’Italia.
    Osteologia architettonica.
    Non per niente la sua opera più riuscita è il cimitero di Modena.

  6. avatar
    Abu Yasin 16 Aprile 2013 at 22:28

    Beh, che dire… intanto grazie per i commenti…

    Le immagini, bellissime, credo siano imputabili alla consueta cura e sensibilità di Martin Eden, che tra le altre cose ha pure sopportato con estrema signorilità le petulanti richieste di correzioni e le infinite “versioni definitive” con cui ho intasato la sua casella di posta elettronica…

    Quanto al racconto, scritto di getto una mattina della settimana scorsa,è un pallido tentativo di ricreare l’atmosfera e i tempi di una partita di scacchi tra due giocatori che non si conoscono ( ma che hanno studiato lo stile dell’avversario).

    Alcuni elementi sono vagamente autobiografici ( ad esempio il riferimento alla “capitale del Marmo”, un discreto poliglottismo… ) mentre la professione del protagonista mi è estranea [ pur amando l’opera di De Chirico e adorando i congiuntivi :mrgreen: ]..

    Curioso, per finire, che lo stesso racconto venga definito, a stretto giro di commento, “molto realistico” e “a tratti surreale”; propenderei per la seconda ma in effetti la considerazione di Jas Fasola, cui non avevo minimamente pensato per essere estranea agli intenti dello scrivente, è estremamente sensata.

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