il caso Morphy (secondo finale)

Scritto da:  | 11 Maggio 2013 | 3 Commenti | Categoria: Racconti
Caso Morphy il secondo finale 1
Il finale di Fabrizio
 
“All’inizio dell’estate del 1884” esordì Steinitz “dopo aver tenuto una serie di sedute simultanee , dichiarai pubblicamente che intendevo prendermi qualche settimana di riposo, ma si verificò un fatto che mi sconvolse terribilmente.” Emise un profondo sospiro: “Venni contattato da una persona della quale avevo sentito parlare, ma che mai avevo incontrato.”
            Mi rizzai a sedere. Il racconto iniziava a mettermi a disagio, ma mantenni un’aria imperturbata e lo invitai a proseguire, cosa che lui fece dopo una lieve esitazione che non fece che aumentare il mio imbarazzo.
            “Signor Lasker, ha mai sentito il nome di Edward Pindar?”
            Scavai nella memoria. “Vagamente, credo sia morto. Inglese, mi pare… Non ha giocato molto, e non credo che il suo livello di gioco fosse particolarmente elevato”.
            “Non esattamente” fu la sua replica “Verso la metà di questo secolo venne considerato il miglior giocatore britannico non londinese, visto che in quegli anni viveva a Manchester,fino a quando la sua fama venne offuscata da un astro nascente che entrambi conosciamo molto bene: Blackburne”.
            “Sì, forse Blackburne me ne ha parlato, ricordo qualcosa del genere, anche se non ero ancora nato quando i due si affrontarono in match””
            “Già, è vero” proseguì Steinitz con un sorrisetto “Edward Pindar, se è ancora vivo, dovrebbe avere poco più di settant’anni. E’ nato in Estonia da famiglia britannica ed è ricordato come insegnante di lingua russa, anche se potrebbe essere descritto come un autentico poliglotta. Poco prima della vittoria di Morphy a New York ha visitato gli Stati Uniti d’America per poi rientrare in Gran Bretagna e stabilirsi a Manchester. Mi segue, signor Lasker?”
            “Sì, certamente, ma non capiso dove…”
           Caso Morphy il secondo finale 5 “Le ho già detto che capirà” mi interruppe Steinitz con un gesto di impazienza “Dopo le sconfitte subite da Blackburne decise di tornare negli Stati Uniti, ma poco meno di una trentina d’anni fa fece ritorno in Gran Bretagna, fino a quando,  circa vent’anni fa – non ricordo la data esatta, ma credo fosse il 1877 – venne processato per aver aggredito ed accoltellato una signora che lo aveva respinto. La donna non morì, e Pindar fu condannato a cinque anni di carcere”
            Ero completamente frastornato dalla stranissima narrazione del mio interlocutore, il quale dovette accorgersi del mio stato d’animo visto che volle tranquillizzarmi: “Signor Lasker, non sto inventando alcunché. Continui a seguirmi, la prego, e capirà perché ho desiderato questa sua visita”
Assentii con un cenno del capo e Steinitz, dopo essersi meglio assestato sulla poltrona, proseguì nella narrazione. “Scarcerato, Pindar tornò nell’Est ed Amelung… Conosce Friedrich Amelung signor Lasker?”
“Non personalmente, ma certamente di fama”
            “Amelung, dicevo, vide Pindar in Estonia nel febbraio del 1884, parlando di questo fugace incontro in una sua lettera ad una rivista scacchistica. A dire di Amelung, Pindar era un uomo fisicamente e psicologicamente distrutto, perdippiù dedito all’alcool e senza il becco di un quattrino. Credo che Amelung lo abbia fornito di denaro. Dopo questo contatto, di Pindar si perdono le tracce”
            Rimasi in silenzio, in attesa del seguito. Il silenzio venne bruscamente interrotto dallo stesso Steinitz con una domanda che non mancò di stupirmi: “Quando è morto Paul Morphy, signor Lasker?”
            “Morphy? Che c’entra Morphy in tutto questo?”
            “Lei ricorda la data di morte di Paul Morphy?” mi incalzò Steinitz.
            “La data esatta… be’, non saprei, comunque nell’estate dell’ ottantaquattro”
            “Già, estate dell’ottantaquattro” confermò Steinitz “quando improvvisamente Pindar si presentò a New York, a casa mia”
            “Pindar? A casa sua, signor Steinitz?” Ero sbalordito, e gli avvenimenti appena narratimi si accavallavano nella mia mente senza lasciarmi la possibilità di dare ad essi una sequenza logica.
            “Ora mi ascolti attentamente, signor Lasker” proseguì Steinitz sporgendosi verso di me “Molto attentamente
            Trasse un profondo sospiro: “Pindar, che all’epoca del nostro incontro non aveva ancora sessant’anni, ne dimostrava almeno venti di più: barba lunga ed incolta, capelli arruffati, abiti lisi e segnati da macchie di ogni genere, occhi… Dio, quello sguardo! Si presentò e lo feci entrare, anche se con una certa riluttanza. Teneva stretto al petto un grosso involucro legato sommariamente con un pezzo di spago. Lo stringeva come se da esso dipendesse la sua stessa vita, si lasciò cadere su una sedia ed iniziò a parlare. Ora riassumerò, signor Lasker, ciò che quel relitto umano, senza una casa, senza una famiglia, oberato dall’infamia di un tentato omicidio, dominato dall’alcool, mi narrò in quell’estete del 1884”.
            Sedevo, impietrito, davanti a Steinitz, che non smetteva un solo istante di fissarmi con quello sguardo penetrante che ben conoscevo. Poi, dopo una lieve esitazione, proseguì:
            “Farfugliando scuse per la sua improvvisa irruzione, Pindar mi descrisse confusamente il viaggio da lui compiuto, più o meno clandestinamente, oppure pagandosi il passaggio con lavori di bordo, dai Paesi Baltici alla Gran Bretagna e da qui in America. Da quello che ho capito, aveva intenzione di cercare un’occupazione di qualunque genere a New York, dove in passato aveva trascorso qualche tempo, o in altri luoghi degli Stati Uniti. Una volta sbarcato, tuttavia, viaggiando in condizioni precarie, prese la direzione del Sud, giungendo finalmente a New Orleans.”
            “La città dove viveva Morphy” commentai, nel tentativo di collegare tra loro gli elementi del racconto.
            “Esattamente. Probabilmente la sua mente ottenebrata aveva… ma… mi lasci continuare, la prego. Giunto a New Orleans, Pindar, affamato e senza un centesimo, non ebbe difficoltà a farsi indicare l’indirizzo di casa Morphy, e là si diresse, con la fumosa intenzione di chiedere al padrone di casa un aiuto di qualsiasi genere. Non visto, entrò nella grande casa da un cancelletto laterale socchiuso, raggiunse il primo piano ed entrò in quella che, all’epoca, era la biblioteca di famiglia, che costituiva anche una specie di anticamera delle stanze di Paul Morphy.”
            “Quindi” lo interruppi “riuscì ad incontrare Morphy?”
            “Signor Lasker, se lei vuol definire ‘incontro’ quanto sto per descriverle, la avviso fin d’ora che tale vocabolo è del tutto inappropriato”
            “Non capisco…”
           Caso Morphy il secondo finale 4 “Come le ho detto, capirà. Pindar, dicevo, iniziò ad aprire cassetti e a frugare negli scaffali, quando si imbattè in un grosso volume che non era altro che il Chess-Player’s Companion di Staunton. Tra le pagine del volume spuntavano parecchi fogli di analisi che Pindar dedusse essere di pugno di Morphy, ed anche questi fogli scomparvero nelle tasche di Pindar a far compagnia ad alcune monete e banconote trovate in un cassetto della scrivania. Fu a quel punto che Pindar avvertì alcuni rumori provenienti dalle stanze vicine. Venne colto dal terrore di essere sorpreso e varcò la soglia della camera da letto, in quel momento deserta, ma il suo terrore aumentò quando udì provenire dal bagno attiguo un debole sciacquìo d’acqua smossa. In bagno c’era qualcuno, e quel qualcuno poteva essere soltanto Paul Morphy.”
            “Signor Steinitz, mi scusi se la interrompo. Il suo racconto, il racconto di Pindar, insomma, è indubbiamente romanzesco ma mi perdoni se lo giudico ai limiti del credibile!”
            “Signor Lasker, ciò che segue le sembrerà ancora più incredibile” ribattè Steinitz scuotendo la testa “ma lei è libero di non prestare fede a quanto le sto dicendo, sebbene… ma mi lasci concludere”
            Mi sistemai meglio sulla poltrona e, con un gesto della mano, invitai Steinitz a proseguire.
            “Pindar era terrorizzato dall’idea di essere sorpreso a rubare. Avendo già trascorso alcuni anni in prigione, non sopportava l’idea di dover ripercorrere tale esperienza che, questa volta, sarebbe durata fino alla fine dei suoi giorni. Confuso e spaventato, spalancò la porta del bagno forse per chiedere pietà, forse con altri intenti, il suo racconto a questo punto si fece abbastanza confuso; l’unica cosa che riuscìì a capire è che sorprese Morphy, nudo, immerso nella vasca da bagno. Da questo momento in poi, quanto narratomi da Pindar è difficilmente decifrabile ma, secondo quanto poi ho ricostruito riflettendo sulle parole di quello sciagurato, Morphy scattò in piedi, scivolò sul fondo della vasca battendo violentemente la testa sul bordo e perdendo i sensi e, probabilmente, la vita”
            Incredulo, ribattei: “Morphy è morto per un collasso cardiaco, signor Steinitz, è una notizia di pubblico dominio, e quanto lei mi ha appena narrato è assolutamente privo di senso”
            “Sì, già, collasso cardiaco, questo è quanto dichiarò all’epoca il medico accorso sul posto, ma non è detto che sia la verità” obiettò Steinitz.
            “Le prove!” esclamai “Un racconto di un alcolizzato, un vaneggiamento di una mente sconvolta, tutto qui! Con tutto il rispetto, signor Steinitz, ritengo che questo Pindar le abbia ammannito queste fantasticherie nella speranza di ottenere da lei…”
            Steinitz alzò una mano ad interrompere la mia protesta: “Ottenere da me che cosa? Denaro? Qualche altro tipo di aiuto?”
            “Certamente, sì, qualcosa del genere. Dove sono le prove di quanto Pindar le raccontò? Le prove!”
            Steinitz scosse la testa, si alzò e prelevò dalla valigia, già pronta per l’imminente partenza, una grossa busta. Tornato di fronte a me, senza sedersi e senza dire una parola, mi porse la busta, invitandomi con un gesto della mano ad esaminarne il contenuto. Estrassi dall’involucro una moltitudine di fogli manoscritti, alcuni in francese ma, per la maggior parte, in inglese. Riconobbi immediatamente quanto annotato su questi fogli: si trattava di dettagliate analisi scacchistiche, e non mancai di notare che esse erano rivolte soprattutto a difese contro la Partita di Donna.
            Alzai gli occhi verso Steinitz, che mi stava fissando e che, a bassa voce e scandendo le parole, disse: “Questo è quanto Pindar mi consegnò, per poi scattare in piedi, precipitarsi verso la porta e fuggire in strada. Quando a mia volta raggiunsi la porta egli si era già confuso tra i passanti”.
            Indicai la massa di fogli che tenevo in grembo: “Che cosa…?”
            “Queste note” proseguì Steinitz “sono certamente le analisi che Morphy aveva preparato per affrontare Staunton. Probabilmente Pindar aveva avuto l’intenzione di venderle a chissà chi, oppure… mah!, non saprei. Quell’uomo aveva una mente ottenebrata, questa è l’unica certezza, ed era terrorizzato dall’idea di poter essere accusato della morte di Morphy, da quel poco che riuscii a capire dalle frasi smozzicate che borbottò nel corso del breve tempo di presenza in casa mia”
            Tra di noi cadde un silenzio che durò diversi minuti. Rifiutavo l’idea che Morphy fosse stato – come dire? – “ucciso” da Pindar, anche se involontariamente, pur se i fatti che mi erano stati appena descritti da Steinitz non escludevano una evidente colpa dello stesso Pindar, violatore di domicilio, ladro ed “assassino”.
            Ruppi tale silenzio con una domanda: “Che fine ha fatto Pindar?”
            Steinitz agitò una mano alzando gli occhi al soffitto: “Non riesco ad immaginare altra fine che una squallida morte in qualche stamberga di New York o di chissà dove. Quando fuggì da casa mia era chiaramente in uno stato confusionale terribile, oserei dire ad un passo dalla follia”
            Appoggiandosi alla stampella, Steinitz si alzò, mentre io rimasi immobile, con i fogli appoggiati sulle ginocchia. Estrasse un piccolo orologio dal taschino del gilet e dichiarò: “Sto facendo tardi e devo ancora terminare di sistemare la valigia”
            Mi alzai a mia volta, porgendogli i fogli, ma egli li respinse con un gesto imperioso della mano: “No, signor Lasker, quei fogli ora sono di sua proprietà, ne faccia ciò che vuole. Ed ora, se vuole scusarmi…”
            Ci stringemmo la mano in silenzio, e mi ritrovai nel corridoio deserto. Scesi le scale mentre mille pensieri si accavallavano confusamente nella mia mente.
            Non ci furono altre occasioni di incontro tra Steinitz e me. Morì l’anno seguente a Ward Island, il manicomio nel quale era stato ricoverato. Mi aveva letteralmente costretto a portare con me gli appunti di Morphy, e negli oltre trent’anni passati dal nostro ultimo incontro non rivelai ad anima viva di possedere quei fogli.
            Spero di poterli portare con me quando lascerò la Germania.
            Dr. Emanuel Lasker
Caso Morphy il secondo finale 6

avatar Scritto da: Paolo Bagnoli (Qui gli altri suoi articoli)


3 Commenti a il caso Morphy (secondo finale)

  1. avatar
    Mongo 11 Maggio 2013 at 19:08

    Più che ‘la fine’ questo è un racconto nel racconto.
    Preferisco la prima fine, anche se questa ha un suo perché.
    Ottimo lavoro, caro Paolo.

  2. avatar
    paolo bagnoli 12 Maggio 2013 at 09:41

    Mi rendo perfettamente conto del fatto che questo “secondo finale” (“il finale di Fabrizio”;) è un anticlimax, se confrontato col primo, ma a questo punto è necessaria una spiegazione.
    Fabrizio Zavatarelli è la seconda persona alla quale feci leggere la stesura definitiva del racconto, che contemplava il “primo finale” (“il finale di Enzo”;). Gli piacque, ma inorridì all’idea di uno Steinitz ladro e involontario assassino; in effetti, il comportamento di Steinitz da me descritto non corrisponde affatto all’alta statura morale dell’ ex campione mondiale.
    “Perchè non Pindar?” mi suggerì Fabrizio, facendomi notare che esisteva una coincidenza di date e luoghi, e che il personaggio Pindar era molto più conciliabile con il furto e le sue conseguenze. Pindar, inoltre, rimane una figura decisamente misteriosa: esistono grandi vuoti nella storia della sua vita, e non si è nemmeno sicuri di quando e dove sia morto.
    Mentre scrivevo il “secondo finale” incominciò a maturarmi nel cranio l’idea di poter “prolungare” la vicenda, sfruttando, appunto, il mistero che avvolge la figura di Pindar. Lo sto (faticosamente) portando avanti questo “prolungamento”, e non è detto che esso non preluda ad un ulteriore strascico…..

  3. avatar
    Abu Yasin 14 Maggio 2013 at 11:26

    Utinam illum diem videam […]

    Confidando che l’attesa non sia eccessivamente lunga….

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