Isaac Kashdan, il piccolo Capablanca

Scritto da:  | 9 Maggio 2013 | 22 Commenti | Categoria: C'era una volta, Personaggi, Stranieri

Isaac Kashdan il piccolo Capablanca 3

Per chi come me ha formato le sue conoscenze scacchistiche nei primi anni 70, dopo il mitico match Spassky-Fischer, i libri del Maestro Internazionale Giorgio Porreca e Adriano Chicco restano ammantati di un’aura di impareggiabile irripetibilità. Testi come il “Manuale teorico pratico delle aperture” oppure il “Libro Completo degli Scacchi”, rappresentarono un “vangelo” che impronterà per lunghi anni la formazione tecnica ma anche culturale della mia carriera (lo so è un parolone…) scacchistica. Il grande dono di quei testi era quello di essere estremamente divulgativi pur restando nell’ambito di un livello tecnico medio-alto. Mentre si studiavano le principali linee teoriche della Siciliana, spiegando in modo esauriente gli obiettivi e le idee strategiche sottostanti, gli autori proponevano anche una selezione di ben 400 partite che spaziavano da Morphy a Fischer abbracciando epoche e stili diversi. Ma la cosa che solo più tardi realizzai in modo cosciente è che con la propria immensa passione e competenza l’autore commentava le partite riuscendo a farmi arrivare la grandezza e la classe dei protagonisti attraverso l’ammirazione per i piani congegnati, resi semplici e comprensibili anche ai miei occhi. Era un concentrato di storia, conoscenza, passione, tecnica nei finali e comprensione del medio gioco. Bastava un’unica scintilla di genio svelata e spiegata in quella partita, per imprimere nella mia memoria il nome di quel “titano” ancor più della variante del dragone che stavo studiando. E’ stato così che il nome di Isaac Kashdan si è per la prima volta fatto strada nel “data base” dei miei ricordi e lì è rimasto per diversi anni prima di incrociare nuovamente la sua strada… ma dentro di me ormai sapevo che Isaac era “un grande”!

La partita che me lo fece conoscere è quella estesamente commentata giocata contro Flohr alle Olimpiadi di Amburgo del 1930 sul “Libro completo degli scacchi”. Scrivendo queste righe con davanti la partita, ho deciso di non ripeterla alla scacchiera nel puerile timore che le sensazioni che ho descritto possano ridimensionarsi rileggendola ai giorni nostri, ma sono contento di verificare che, esattamente come mi ricordavo, è un piccolo concentrato di teoria, medio gioco e finale che ci prende per mano lungo tutto il percorso creativo dei protagonisti come solo pochi grandi autori sanno fare ai giorni nostri (mi vengono in mente Nunn e Marin). Ora andiamo a conoscere un po’ meglio il nostro eroe.

Isaac Kashdan negli Stati Uniti è molto conosciuto ed apprezzato essendo stato uno dei più forti giocatori americani di sempre per le molte e determinanti partecipazioni al Torneo per Nazioni.

In Europa è meno noto perché tutto sommato non vinse mai tornei importanti e non giunse ammantato della prestigiosa carica di campione americano. Inoltre nel vecchio continente disputò relativamente pochi tornei e non partecipò mai al ciclo di qualificazione per il campionato del mondo o anche semplicemente ad un Torneo Interzonale come capitò invece a suoi meno quotati connazionali (pensiamo ai pur forti Rossolimo nel 1947 e Steiner H. nel 1952). Lo squadrone americano in quegli anni potè contare su autentici campioni come Kashdan, Fine, Reshevsky, H.Steiner e curiosamente essi si passarono simbolicamente il testimone come più forte rappresentante degli Stati Uniti a livello internazionale iniziando Kashdan dal 1928 al 1933-34 seguito da Fine nella seconda metà degli anni 30 fino ai primi anni del’40 per poi passare definitivamente al mitico Reshevsky sino all’avvento di Fischer.

Isaac Kashdan, di origini ebree, nasce a New York il 19.11.1905 e morirà a Los Angeles il 20.02.1985. In Europa fu soprannominato “il piccolo Capablanca” per l’abilità di trasformare in vittoria nel finale piccoli vantaggi come il grande cubano.

Isaac Kashdan il piccolo Capablanca 1(Questa foto potrebbe provenire dal torneo di Pasadena poiché si riconoscono Alekhine, Reshevsky in piedi dietro Kashdan e sembra Araiza quello dietro Alekhine !?!?)

Negli anni dal 1929 al 1933-34 fu senza dubbio uno dei più forti giocatori in circolazione, tanto che lo stesso Alekhine si espresse in modo lusinghiero nei confronti del suo gioco e lo annoverava tra i suoi possibili successori. La sua forza è testimoniata dall’ Elo stimato ai nostri giorni da “Chessmetrics” (2740 circa, 2° al mondo dietro al solo Alekhine dalla metà del 1932 alla metà del 1934 e tra i primi 5 in assoluto dal 1930 ai primi mesi del 1935) e dai risultati nei tornei cui prese parte in quel periodo. In seguito la mancanza di allenamento a causa delle difficoltà economiche che lo tennero lontano dai tornei e l’ascesa di Fine e Reshevsky lo relegarono più indietro nel ranking internazionale.

Ricordiamo i piazzamenti più significativi di quegli anni. Arriva 2° dopo Nimzowitsch a Francoforte 1930, vince nello stesso anno a Stoccolma davanti a Bogoljubov, Steiner e Speelmann, è ancora 1° a Gyor 1930 con 8 ½ su 9 e vince un match contro L. Steyner nello stesso anno. Nel 1931 arriva 2° a New York dietro a Capablanca con 8 ½ su 11, 4°-7° a Bled nell’altro torneo dei records di Alekhine che si salvò miracolosamente in una partita persa e sconfiggendo Nimzowitsch in tutte e due le partite, 2° dietro a Flohr ad Hastings 1930/31 con 7 ½ su 9. Nel 1932 condivide il 1° posto con Alekhine a Mexico City con 8 ½ su 9 mentre arriva 2° dopo il russo a Pasadena ,è 3°-4° a Londra nel torneo vinto ancora da Alekhine che in quegli anni era “di un altro pianeta”, e infine 2° dopo Reshevsky a Syracuse 1934 (dove partecipava anche Monticelli).

Da allora la sua forza di gioco ed i risultati ebbero una flessione e pur avendo mostrato le proprie potenzialità, partecipò sempre più raramente a competizioni internazionali limitandosi in genere a prendere parte ai pur forti Campionati nazionali ed agli U.S Open. In alcuni incontri a squadre tra U.S.A e U.R.S.S. sconfisse giocatori del calibro di Kotov e Taimanov. Abbandonerà definitivamente il gioco attivo nel 1955 pur continuando ad occuparsi di scacchi al punto di impegnarsi anche con ruoli dirigenziali all’interno della federazione americana.

Grande Maestro dal 1954, si interessò di scacchi a 360 gradi: Arbitro Internazionale (diresse le due edizioni della Piatigorsky Cup a Los Angeles 1963 e S. Monica 1966), scrittore (curò il libro del torneo della Piatigorskyi cup del 1966), giornalista (assieme ad Horowitz fondò e diresse la rivista Chess Review e curò per molti anni la rubrica di scacchi sul Los Angeles Times), organizzatore (i famosi tornei di Lone Pine degli anni ‘70). Pur essendo un forte tattico la sua specialità erano i finali e le posizioni con la coppia degli Alfieri.

Isaac Kashdan il piccolo Capablanca 6

Tra le curiosità è da ricordare la sua partecipazione televisiva al programma di Groucho Marx “You Bet Your Life” nel quale il grande comico ne storpiò il nome in Mr Ashcan che credo in inglese significhi “vasetto di cenere” sfidandolo a scacchi in un match solo a condizione di poter barare. Kashdan, la cui somiglianza col conduttore dello show era in effetti impressionante, giocò assieme alla mamma dell’attore cinematografico Tony Curtis, Helen Schwartz e vinse la somma di 175 dollari. Qui questo importante filmato storico.

Isaac Kashdan il piccolo Capablanca 2La squadra americana che vinse la medaglia d’oro al Torneo delle Nazioni di Praga del 1931 (Dake, Kashdan, Marshall, Steiner e Horowitz)

La classe di Kashdan è testimoniata dalle sue grandi prestazioni alle Olimpiadi che lo videro vero e proprio punto di forza della squadra statunitense con ben 6 partecipazioni dal 1928 al 1937. Giocò spesso in prima scacchiera con una stratosferica performance totale del 79,9% (52+ 5= 22-). Il suo miglior risultato fu a Stoccolma 1937: 14 su 16 con la miglior prestazione individuale e oro di squadra. Impressionanti i piazzamenti ottenuti: 3 medaglie d’oro di squadra e 1 d’argento e 5 medaglie individuali (2 ori, 1 argento e 2 bronzi) . Pochi giocatori, in particolare non del gruppo sovietico, possono vantare un tale “palmares”! Non pago di ciò capitanò la squadra americana alle Olimpiadi di Lipsia del 1960 guidandola alla medaglia d’argento. In quell’anno in 1° scacchiera giocava il giovane Fischer.

Isaac Kashdan il piccolo Capablanca 5Brady nel suo magnifico libro su Bobby Fischer “Finale di Partita”, racconta che l’anziano campione era stato avvertito del difficile carattere di Bobby e temeva per la coesione e l’armonia della squadra. Tuttavia Fischer non appena lo vide, già nella hall dell’Albergo, iniziò a ricordare assieme al protagonista la carriera scacchistica del capitano dimostrando di conoscere bene fatti e partite. Questo approccio colpì favorevolmente il suo capitano che a distanza di tempo ricordò: “Non ho avuto problemi con lui. Tutto quello che vuole è giocare a scacchi. E’ un giocatore eccezionale”. Kashdan divenne addirittura uno dei pochi amici di Fischer ed il rapporto si mantenne per diversi anni.

Brady sostiene che l’elemento più importante di quella squadra fu proprio un “non giocatore”, Isaac Kashdan con la sua conoscenza ed esperienza di tutte le sottigliezze di una competizione internazionale a squadre della quale era già stato al centro e protagonista negli anni trenta garantendo alla squadra americana un lungo periodo di successi.

Nell’ambito di tale formidabile carriera il grosso cruccio del campione furono le prestazioni nel campionato americano. Gli riuscì di affermarsi due volte agli U.S. Open : a Boston nel 1938 a pari merito con Horowitz (dove anche il match di spareggio si concluse sul 5:5) e a Corpus Christi in Texas nel 1947. Arriverà ancora 2°-4° a Baltimora nel 1948 nel torneo vinto da Evans e 2° a ½ punto dal vincitore a Fort Worth nel 1951 ma non riuscì mai a vincere il campionato americano assoluto.

Parr e Denker scrivono che questo fu il vero punto di svolta della carriera di questo grande campione. Infatti se avesse vinto il titolo di campione americano avrebbe potuto reperire gli stimoli e le risorse economiche per dedicarsi completamente al professionismo. Invece le ristrettezze economiche in quegli anni di recessione lo costrinsero a cercarsi un impiego stabile per poter mantenere la famiglia e lavorò come amministratore e per una agenzia di assicurazioni. Nel 1940 a causa dei gravi problemi di salute di uno dei figli fu anche costretto a trasferirsi in California per la miglior qualità del clima.

Già dal 1928 Kashdan era sicuramente il miglior giocatore americano ma l’anziano campione F. Marshall si teneva ben stretto il titolo e quando finalmente per la prima volta lo mise in palio, nel 1936, Reuben Fine e Samuel Reshevsky avevano già superato Kashdan.

Non mancò una buona dose di sfortuna (se questa esiste a scacchi) poiché arrivò 3° nel 1938 e nel 1940 in edizioni vinte da Reshevsky, 1°-2° nel 1942 ma perse allo spareggio contro Reshevsky, ancora 2° dietro al forte collega nel 1946 e 1°-2° a pari merito con H. Steiner nel 1948 a South Fallsburg ma battuto ai play -off anche in quell’occasione.

I risultati di Kashdan nel campionato assoluto americano ricordano il destino del suo forte connazionale, Reuben Fine. Fine ottenne il primo posto agli U.S. Open ma non riuscì mai a vincere il campionato assoluto, sempre preceduto dal suo eterno rivale Reshevsky, nonostante ne fosse sicuramente meritevole e probabilmente per diversi anni addirittura più forte e maturo scacchisticamente . Tra l’altro Reshevsky era molto fiero di aver sempre “rotto le uova nel paniere” al suo rivale ed era solito affermare: “Sapete perché Fine non ha mai vinto un Campionato Americano Assoluto? Semplice, perché in tutte quelle edizioni partecipavo anche io!”

 Campionato US 1942

Vorrei concludere con un episodio che ebbe grande risonanza all’epoca e che è stato poi lo spunto per scrivere del grande campione americano. La vicenda si svolse in occasione del Campionato Americano del 1942 al quale Kashdan partecipò ancora una volta speranzoso di poter affermare la propria indubbia classe. La storia documenta che Kashdan arriverà primo a pari merito con Reshevsky ma perse il match di spareggio.

Il direttore tecnico e arbitro del torneo era Walter Stephens che alcune fonti descrivono come un insegnante di scuola superiore che aveva un trascorso ecclesiatico, non particolarmente intelligente né competente (il giocatore americano Carl Pilnick ed altri non esitano a definirlo letteralmente :un asino borioso, una capra, pomposo, arrogante, incompetente, ecc. ecc.). Tuttavia pare che egli disponesse di discrete risorse economiche, al punto di organizzare e finanziare diverse manifestazioni scacchistiche pretendendo però la “visibilità” di poterne assumere la direzione. Per un certo periodo ricoprì la carica vice presidente della USCF.

Al sesto turno la partita Reshevsky-Denker vede il Bianco in vantaggio ma in grande zeitnot tanto che le ultime mosse prima del controllo del tempo si svolgono “lampo” per entrambi i giocatori. Reshevsky con la sua ultima mossa pregiudica definitivamente la posizione che diventa irrimediabilmente patta ma nella concitazione del gioco blitz cade la bandierina. Per fortuna è presente l’arbitro!! Qui accade l’incredibile per una competizione di tale importanza: il Sig. Stephens, che è posizionato dietro l’orologio dei due giocatori, e quindi non può vederne i quadranti, afferra l’orologio, lo solleva, lo gira per poterlo osservare e… appurato che in tale posizione la bandierina caduta rimane dalla parte opposta, assegna immediatamente partita persa a… Denker!

Posizione dopo 45...Tb4

Posizione dopo 45…Tb4

Questi i fatti, che descrivono una vicenda paradossale e denunciano quanto meno una grossa leggerezza ed incompetenza da parte del Sig. Stephens. Certamente ben diverso avrebbe potuto essere il decorso e l’esito del torneo anche se la competizione era ancora lunga (14 o 15 turni). Sottolineiamo, perché non è una sottigliezza di poco conto, che in molti bollettini e rendiconti si legge ancora oggi: “L’arbitro assegnò partita persa a Denker anziché a Reshevsky”

Qui inizia la giungla delle interpretazioni, interrogativi e diatribe che per lungo tempo riempirono le pagine delle riviste specializzate (come Chess Revue) e le bocche degli addetti ai lavori. Citiamone alcune con diversi spunti di riflessione e risvolti grotteschi e/o umoristici.

  1. Reshevsky interpellato a caldo rispose molto ….signorilmente “It’s not my decision” e lasciò rapidamente la sala di gioco. Qualcuno fece ironicamente notare che era la prima volta che un giocatore riteneva di non essere affar suo una decisione che riguardava la propria partita.
  2. Alle proteste di Denker unitamente ai fischi e alle beffe dei testimoni presenti il Sig. Stephens pensò bene di non essersi ancora reso abbastanza ridicolo e a discolpa del proprio operato e della caparbietà nel non ammettere alcuna responsabilità rivedendo le sue decisioni disse : “Does Kennesaw Mountain Lendis ever reverse himself?” che può essere tradotto “Il giudice Kennesaw Mountain Lendis è forse mai ritornato sulle sue decisioni?” (ci si riferisce al giudice Landis che quale alto commissario del baseball prese controverse e impopolari decisioni in uno scandalo che coinvolse i Black Sox senza mai mutare il proprio orientamento).
  3. Qualcuno mise addirittura in dubbio che gli orologi fossero dotati di bandierina! (citando un articolo apparso su “Chess Review” che sembrerebbe scritto dal direttore Horowitz in quanto non altrimenti firmato).
  4. All’epoca come erano le regole? Era prerogativa dei soli giocatori chiedere partita vinta per la caduta della bandierina o poteva farlo anche l’arbitro? (A proposito, pare che in altra occasione la moglie stessa di Reshevsky, seduta nelle prime file del pubblico, si sia arrogata il diritto di denunciare la caduta della bandierina!)
  5. Qualcuno sostiene, a mio parere giustamente, che è comunque errato dire “l’arbitro diede partita persa a Denker anziché a Reshevsky” in quanto nessuno avrebbe dovuto avere partita persa e la stessa si sarebbe presto conclusa con la patta. Reshevsky stava pensando sulla prima mossa dopo il controllo del tempo pertanto la bandierina in teoria poteva anche essere abbassata. L’arbitro, e solo nel caso che fosse nelle sue prerogative assegnare partita persa al cadere della bandierina, avrebbe potuto/dovuto denunciare il superamento dei limiti di tempo solo prima che il 45° tratto fosse completato anche da Denker e solo se fosse stato dalla parte giusta rispetto all’orologio in modo da poter vedere cosa accadeva.
  6. Perché Denker non si ritirò dal torneo dopo tale ingiustizia?

Nel lasciarvi con questi amletici dubbi spero di non risvegliare sopite polemiche e vi lascio un caloroso saluto con la speranza di aver riscoperto un grande campione e magari avervi strappato un sorriso.

Isaac Kashdan il piccolo Capablanca 4Folkestone 1933: Kashdan accanto alla moglie e agli altri componenti del team olimpico statunitense: Dake, Simonson, Marshall e Fine.

avatar Scritto da: Enrico Cecchelli (Qui gli altri suoi articoli)


22 Commenti a Isaac Kashdan, il piccolo Capablanca

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    paolo bagnoli 9 Maggio 2013 at 22:16

    Eccellente ricostruzione della carriera di un grandissimo giocatore, anche per quanto riguarda la divertente aneddotica.
    Grazie

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    alfredo 9 Maggio 2013 at 22:48

    meravigliosa ricostruzione davvero .
    dopo aver letto il pezzo su Sanremo 30 e questo non vedo l’ora di poter leggere il prossimo del collega .
    complimenti sinceri

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    Enrico Cecchelli 9 Maggio 2013 at 23:53

    Grazie ad entrambi per gli elogi ed il solito doveroso ringraziamento a Martin per gli “effetti speciali”

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    enrico cecchelli 10 Maggio 2013 at 08:38

    Errata Corrige: vista la grande somiglianza ho probabilmente invertito
    l’ordine degli ultimi due protagonisti della quarta foto che andrebbe
    rivisto in: Kashdan, Marshall, Hotowitz e Steiner… scusate!

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    enrico cecchelli 10 Maggio 2013 at 08:41

    Ehmmm…. naturalmente Horowitz … foto stregata!

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    Mongo 10 Maggio 2013 at 11:43

    Si può dire che nel campionato americano del 1942 Reshevsky rivestiva i panni di un ‘Moggi’ degli scacchi!!! 😉

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    enrico cecchelli 10 Maggio 2013 at 12:33

    Diciamo che quanto meno era abbastanza tutelato e doveva avere delle buone
    relazioni personali come si intuisce da alcune fonti che lamentavano un
    occhio di riguardo negi arbitraggi verso quelli che erano i più forti giocatori
    che partecipavano al campionato americano.

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      Mongo 10 Maggio 2013 at 15:08

      La così detta ‘sudditanza psicologica’ degli arbitri! 😉

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    Marramaquis 10 Maggio 2013 at 16:09

    Eccellente e divertente, mi unisco ai complimenti. Grazie, Cecchelli!
    Penso che questo nostro mondo (ma non vorrei essere frainteso: non intendo riferirmi al mondo degli scacchi) non guarirà dai suoi mali finché non avrà eliminato i tanti “Signor Stephens” che vi scorazzano. Purtroppo negli ultimi anni tale tipologia di personaggi sembra essere in aumento.

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    blade 10 Maggio 2013 at 16:13

    Nella foto da Pasadena, il giocatore a fianco di Reshevsky mi sembra sia Rueben Fine.

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    enrico cecchelli 10 Maggio 2013 at 16:32

    Caro Blade, a ben guardare il naso ed il taglio della bocca potrebbero anche esserci,anche se normalmente conosciamo le foto dell’A.V.R.O del 1938 dove Fine ha per così dire una faccia “più facciosa” e paffutella…però sei anni sono tanti.

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        blade 10 Maggio 2013 at 17:32

        Grazie Jas, ne approfitto per sistemare l’ortografia del mio post precedente: Reuben Fine.

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      alfredo 10 Maggio 2013 at 18:55

      si’ , nella foto Fine iniziava ad avere la faccia da psicanalista ….
      poveretto che brutta fine che ha fatto
      era uno dei migliori giocatori al mondo e abbandonò questa meravigliosa avventura per spalmare miti greci sulle parti intime , per dirla con le parole di un grandissimo , Vladimir Nabokov ( scacchista anche lui )
      il suo trattato di psicanalisi , tradotto disgraziatamente anche in italiano da bollati boringhieri , è un vero e proprio crimine contro l’umanità .
      come giocatore nulla da dire
      anche kasparov lo mette tra i suoi great predecessor .
      per un motivo molto semplice .
      aveva uno score positivo con quasi tutti i grandi suoi coevi .
      veramente un peccato
      avesse continuato a giocare forse un match tra un russo e un americano per il titolo di campione del mondo sarebbe avvenuto molto prima.

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        enrico cecchelli 10 Maggio 2013 at 19:59

        Sono perfettamente daccordo con te circa le capacità professionali di Fine, magari prossimamente in occasione di un ritratto di Pillsbury ti svelerò in quali interpretazioni psicodinamiche si era lanciato nei suoi confronti. Come scacchista invece inizialmente era molto forte e non ancora contraddistinto diciamo così dalla sua “propensione alla patta” che lo accomunerà all’altro grande campione: Salo Flohr

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          alfredo 10 Maggio 2013 at 20:29

          Sono molto curioso .
          attendo quindi il tuo ritratto di Pillsbury, personaggio assai interessante
          per avere una idea di Fine basta aver letto la sua “psicologia del giocatore di scacchi”
          una accozzaglia di autentiche fesserie.
          e questo mio giudizio non è sicuramente dettata dalla mia personalissima avversione per la psicanalisi .
          la considero semplicemente una impostura, la più grande turlupinatura intellettuale del 900.
          e sposo in pieno le tesi sostenute dal filosofo francese Michel Onfray nel suo “Crepuscolo di un idolo”.
          comunque alla sua uscita ( mi sembra 1985) nella traduzione italiana il trattato di Fine fu stroncato da tutte le riviste del settore e non (totalmente negativo fu il giudizio che venne fatto su “Le scienze”;)
          Stimo molto di piu’ Robert Byrne che era uno stimatissimo professore universitario
          ma a 40 annni prese scacchiera e sigarette e si diede totalmente agli scacchi
          Disse che quella fu la scelta più felice della sua vita
          Gli permise di vivere una vita piena, libera e felice.

  11. avatar
    paolo bagnoli 10 Maggio 2013 at 20:59

    Di Fine ricordo vagamente un giudizio emesso (credo) da Dake: “L’abbandono del gioco da parte di Fine fu una grande sconfitta per gli scacchi e, al massimo, una patta per la psichiatria”

  12. avatar
    enrico cecchelli 10 Maggio 2013 at 21:03

    Sono nuovamente d’accordo con te sulla psicanalisi. Per quanto in un certo senso addetto ai lavori in quanto medico, ho sempre vissuto con molti sensi di colpa il mio innato sospetto per questa branca della medicina.

  13. avatar
    paolo bagnoli 11 Maggio 2013 at 15:20

    Piccolo aneddoto personale sulla ginecologia.
    Dopo cinque anni di matrimonio “superconsumato”, un ginecologo predisse a mia moglie una irrimediabile sterilità; abbiamo quattro figli ed il nostro medico di famiglia commentò: “Quelli (i ginecologi) col loro ditino credono di sapere tutto…” (eravamo negli Anni Settanta). Questo commento potrebbe essere adattabile alla psichiatria o psicologia che dir si voglia. Questa branca della medicina preferirei chiamarla “buonsensologia”……..

    • avatar
      enrico cecchelli 11 Maggio 2013 at 18:45

      In questo campo “vale tutto”. Ho sentito personaggi che danno i consigli più strani, altri che dicono ” noi non diamo ricette, ti aiutiamo a capirti per darti modo di aiutarti da solo, altri ancora suggeriscono di mentire ai propri cari ( ho sentito io!)perchè “in questo momento la cosa più importante è il tuo equilibrio psicofisico”…ma la frase più gettonata resta sempre :” in questo momento devi solo pensare a te stesso/a,fai quello che ti va e ti fa star bene”…un bel lascipassare per il nostro egoismo. Gli altri ci sono e non possiamo prescinderne o usarli/invocarli solo quando ci fa comodo. Mi sento nuovamente in colpa per queste affermazioni che sicuramente rimpiangerò un giorno di fronte a Freud o quache suo accolita. Qualcosa di buono e fondato ci sarà anche ….ma quanto ciarpame, leggerezza e incompetenza gravitano attorno ad esso.
      Scusate, d’ora in poi “SOLOSCACCHI” lo giuro.

  14. avatar
    lordste 13 Maggio 2013 at 11:09

    piccola battuta sugli psichiatri.

    I sognatori costruiscono castelli in aria.
    I matti li abitano.
    Gli psichiatri riscuotono l’affitto.
    :mrgreen:

    • avatar
      enrico cecchelli 13 Maggio 2013 at 13:41

      Bella! Mi piace.

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