Ancora un tentativo disperato di allungare la catena degli elogi. Legga solo chi è forte di stomaco…
Intanto bisogna sfatare il luogo comune che le sconfitte siano sempre male accette. Soprattutto da parte di chi è abituato a vincere sempre. Napoleone Bonaparte, per esempio, non ne poteva più delle vittorie (gli costarono un’ulcera allo stomaco) e le ultime ricerche d’archivio hanno dimostrato che, dopo la disfatta di Waterloo, abbia esclamato Finalement!, abbracciando e baciando i suoi nemici (vedi un po’ come viene manipolata la storia). Lo stesso dicasi per altri numerosi condottieri che andarono proprio a cercarsela in modo da dare un taglio netto alla litania di demoralizzanti successi (dopo un po’ vengono a noia).
D’accordo, ho scherzato, le sconfitte fanno solo girare le palle. Però ce ne sono alcune, almeno in campo scacchistico, che riescono a tirare su gli animi più cupi. Parlo delle sconfitte degli altri che rendono meno dolorose le nostre sconfitte. Se ha perso lui così bravo… Soprattutto se gli “altri” risultano essere quei tizi che hanno a lungo sbeffeggiato il nostro stupido gioco. Allora vederli impalliditi e sudati durante l’ultima fase della partita funesta, le labbra tremolanti, il naso rosso, il sorrisetto da ebete stampato sul volto con l’ultima flaccida stretta di mano a sancire l’amara capitolazione, costituiscono per noi fonte di gaudioso risarcimento.
E allora… W le sconfitte!
P.S. Per terminare in modo un pochettino più serio “In occidente non esiste la cultura del perdente, solo l’esaltazione del vincitore. Ma è nella sconfitta che si manifesta la gloria dell’uomo” (Leonard Cohen).
Sarà così?…
Caro Fabio fallo leggere a Eddy Merckx questo pezzo e vediamo se è d’accordo 😆
comunque grazie per lo splendido contributo musicale .
Leonard Cohen è al di’ là di ogni dubbio il piu’ grande poeta vivente e speriamo che l’accademia di Svezia quest’anno se lo ricordi tributandogli il Nobel
sul grande poeta canadese mi sento di suggerire agli amici la bella bografia tradutta e dita da un amico di soloscacchi ( anche se da un po’ di tempo non lo vedo piu’ intervenire )
A me per esempio ha sempre incuriosito il “fenomeno” Bjorn Borg: una sorta di Merckx del tennis. A 26 abituato a vincere sempre e ovunque, alla prima finale di Wimbledon persa contro quel “genio” di McEnroe ha lasciato il suo sport… non è incredibile, vero?
Borg a 26 anni era già un tossico strafatto , purtroppo .
Comunque la piu’ bella partita McEnroe – Borg penso sia stata la finale degli american open di Flushing Meadows 80
Bjorn tossico? Davvero?!? Rimango esterrefatto… che delusione, ti giuro che non sapevo nulla… sembra un modello anche in quanto a comportamento fuori dal campo.
Gran begli anni però per il tennis: Vilas, Gerulaitis, Connors, il nostro Panatta… il mitico Nastase!
Guarda te che faccia…
O davvero si era appena fatto un cannone della madonna oppure aveva appena visto la Loredana… 😉
Falsità evidente
Pensavo che avesse finito la sua vena
ma’l senese scrive ancor in tutta lena:
Mi tocca quindi por rimedio avanti cena
sennò mi riman dentro una gran pena.
La disfatta tu hai detto, fa un gran bene,
rende più forti e aumenta ‘l sangue nelle vene.
Vuoi convincer quindi che le partite amene
sarebbe meglio si concludesser con sconfitte piene.
Non credo a questo tuo parlar o Gran Scrittore,
sai meglio di me che lo scacchista è attore:
può finger e nella perdita dimostrar buonumore
ma vorrebbe tanto mostrar al nemico il suo livore.
Quindi ascolta bene, mitico giallista, astuto e lesto,
hai condotto i pezzi tra tornei, mai perdento presto,
perché sai che la sconfitta rendere il cuor mesto
dovrai rifarti, battendo lo nemico e dandogli del resto.
Zenone
Però se fate così, insieme all’abilità dell’iconicatore, questi elogi non finiranno mai. Uomo avvisato… 🙂
UMBERTO SABA : GOAL
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GOAL
Il portiere caduto alla difesa
ultima vana, contro terra cela
la faccia, a non veder l’amara luce.
Il compagno in ginocchio che l’induce
con parole e con mano, a rilevarsi,
scopre pieni di lacrime i suoi occhi.
La folla- unita ebrezza – per trabocchi
nel campo. Intorno al vincitore stanno,
al suo collo si gettano i fratelli.
Pochi momenti come questo belli,
a quanti l’odio consuma e l’amore,
è dato, sotto il cielo, di vedere.
Presso la rete inviolata il portiere
– l’altro – è rimasto. Ma non la sua anima,
con la persona vi è rimasta sola.
La sua gioia si fa una capriola,
si fa baci che manda di lontano.
Della festa – egli dice – anch’io son parte.
——————————
non male
…paradossalmente è più facile gestire una sconfitta che una vittoria.Per rimanere in argomento sport a me, invece, sono rimaste ben impresse le parole pronunciate da Andrea Lucchetta subito dopo l’ultima palla-punto che sanciva la vittoria dei Mondiali del’90 in Brasile. Il capitano azzurro descriveva l’enorme senso di vuoto e il più totale scoramento che aveva provato al termine della partita…eppure era sul tetto del Mondo! Racconto questo perchè da ex-atleta agonista ho provato spessissimo le medesime sensazioni dopo il raggiungimento di un obiettivo tanto agognato e, vi posso assicurare, che si tratta di una situazione interiore devastante perchè inspiegabile.Nel leggere il libro di Brady ” Finale di partita” ho rivisto il medesimo percorso interiore descritto da Lucchetta( e provato da molti atleti), ma amplificato enne volte per ovvi motivi, in Bobby Fischer. Per questo continuo a sorprendermi del perchè il mondo degli scacchi perseveri nel classificare come “inspiegabile” il comportamento di Bobby dopo la conquista del Mondiale…da ex-atleta e da scacchista per me è spiegabilissimo. Saluti e grazie all’autore del post ( e di riflesso a Soloscacchi) per l’opportunità che viene offerta ai tanti lettori di riflettere sui molti aspetti degli scacchi e della vita.
Non credo che questo senso di vuoto dipenda dal risultato, ma dal fatto che qualcosa in cui tanto ci siamo impegnati sia finito.
Quoto.
Dice il saggio: “ciò che conta in un viaggio è il viaggiare, non l’arrivare”
P.S. dimentico sistematicamente le parole dei saggi, sicché anche questa volta mi è toccato parafrasare con parole mie.
ricordate il motto degli hidalgos? “la sconfitta è il blasone dell’anima ben nata”. Alla fine si dovrà essere giudicati non dalle vittorie, ma dalla causa che avremo servito.
PS
vivi complimenti per il contenuto del sito, che è il primo in cui intervengo dal 1993.
…Mi dispiace ma non Quoto.Spiegazione troppo semplicistica e superficiale la sua.Il mio è un ragionamento molto più complesso.Mi scuso per la mia poca chiarezza…ho dato per scontato molte cose.Il mio post si riferiva ad una sorta di BURNOUT che colpisce molti soggetti al conseguimento di un risultato molto agognato e che non ha nulla a che vedere con il semplicistico ” qualcosa in cui tanto si siamo impegnati sia finito”.Nulla di patologico, intendiamoci, ma è un qualcosa che ho riscontrato essere molto presente in svariati campi non solo nello sport.
Credo che ci sia del vero nel semplice “qualcosa in cui tanto ci siamo impegnati sia finito” ma indubbiamente c’è dell’altro, in modo e misura soggettivamente variabile. Restando negli scacchi, ricordo sempre la teoria di Bruno Belotti riguardo ai suoi titoli di campione italiano: diceva di sentirsi sempre peggio di volta che ne vinceva uno, perché “non servono a niente, non ti cambiano niente”. Forse ha a che vedere con l’eterna illusione che raggiunto un obiettivo, soddisfatto un desiderio, saremo finalmente felici e il riverbero illuminerà ogni aspetto della nostra esistenza.
In ambiti totalmente diversi, mi viene da pensare alla depressione che colpisce molte madri dopo il parto (una patologia così contronatura in quel momento così alto della vita di una donna, tanto più che dopo il parto una donna tutto deve fare meno che ritirarsi dall’agone) o il solo apparentemente triviale motto latino “post coitum omne animal triste est”.
Corre l’obbligo di precisare che Belotti si riferiva alla mancanza di esiti pratici, alla sua delusione anche economica come scacchista professionista, ma di certo queste fondate motivazioni concrete nascondono qualcosa d’altro, altrimenti il raggiungimento di un traguardo dovrebbe essere vissuto solo in chiave positiva, come un trampolino verso il traguardo successivo…
…Lei signor MESSA,credo abbia colto il senso del mio ragionamento forse, perchè, ha provato certe sensazioni.Poi, come si suol dire…”Trahit sua quemque voluptas”.Saluti.
INSALA’, io forse non faccio ragionamenti complessi e profondi come i tuoi, però fammi, ora e per sempre, la beneamata cortesia di non mettere in discussione non un’opinione, che sarebbe legittimo, ma il mio sentire personale frutto di sensazioni e emozioni provate, e che non ti debbo dimostrare.
Il tuo stile mi ricorda un tizio che …
…il suo “Quoto”, egregio FDS, non è stato da meno!!! Buona giornata e mi scuso con i forumisti e con la Redazione per questa mia risposta “stilosa”…era dovuta!!!
è piu’ o meno la stessa sensazione che provo’, dopo l’immensa gioia , il matematico inglese Andrew Wiles dopo aver risolto la congetttura di Fermat ( ora teorema di Wiles)
dopo anni di ” studio matto e disperatissimo, dopo aver raggiunto un risultato cercato da 300 anni si senti’ quasi ” vuoto ” . Dopo aver scalato l’Eerest che altro poteva fare
è il motivo per cui molti scienziati dopo avere fatto scoperte straordinarie non producono piu’ nulla di significativo . La storia della scienza ne è piena ( ad esempio il matematico Perelman che si è comltamente ritirato) o nelle lettere Salinger che si ritirò a vita privata dopo Il giovane Holden ( anche se sembra abbia continuato a scrivere e che nei prossimi anni salteranno fuori questi suoi scritti)
Per gli scacchisti-giallisti uscito uora uora http://theblogaroundthecorner.it/2013/10/letture-al-gabinetto-di-fabio-lotti-ottobre-2/
Le prime sconfitte le prendevo male. Ora prendo male le vittorie… 🙂