i Re degli scacchi: Tigran Vartanovic Petrossiàn

Scritto da:  | 26 Ottobre 2013 | 13 Commenti | Categoria: C'era una volta, Personaggi, Stranieri

Tigran Petrosian 5

Sono stato sempre colpito dalle corporature tozze e massicce. Nei miei ricordi di ragazzino esile i compagni più robusti e cicciottelli mi suscitavano simpatia e sicurezza insieme, anche perché potevano venirmi meravigliosamente in soccorso quando c’era da menar le mani fra le bande rivali. Dunque la “stazza” di Tigran Petrossiàn si presentò per la prima volta ai miei occhi in tutta la sua gradevole possanza.

Tigran Vartanovic Petrossiàn nasce il 17 giugno 1929 a Tblisi, capitale della Georgia, ma i suoi genitori sono armeni ed egli per tutta la vita si sentirà orgoglioso di essere cresciuto in una famiglia operaia. Conosce il gioco degli scacchi a undici anni in maniera del tutto occasionale, comune a molti campioni, in una colonia estiva da un amico che gli spiega il movimento dei pezzi. La cosa gli piace ma la spinta decisiva arriva, come attesta lui stesso nel primo capitolo del suo gioiello Lezioni di strategia, pubblicato lodevolmente dalla Prisma, nel vedere al Palazzo dei pionieri a Tblisi una simultanea di un adulto contro tanti bambini. Il fatto lo colpisce e da quel momento non si stacca più dagli scacchi.

Tigran Petrosian 4

La famiglia è in apprensione, il padre mugugna e scuote la testa. In questo modo suo figlio non riuscirà a guadagnarsi il becco di un quattrino. Ma Tigran è robusto e testardo allo stesso tempo, e poi i voti a scuola sono pur sempre ottimi. Il suo primo maestro, un certo Ebralidze, è un accanito sostenitore del gioco posizionale, capace di rimanere intere ore a cercare la confutazione di un attacco o di una combinazione. E questo imprinting per Petrossiàn sarà duro a morire.

Il nuovo discepolo di Caissa progredisce rapidamente e nel 1946 riesce a conquistare il titolo di Campione di Armenia. Le porte per Mosca sono spalancate. Dopo alcuni piazzamenti del tutto onorevoli al campionato sovietico, riesce a svettare su tutti in quello del 1959. Due anni dopo si apre di nuovo il ciclo di selezione mondiale che dura anche l’anno successivo. Con una tattica accorta, alla Petrossiàn direbbe malignamente qualcuno, cioè attraverso qualche patta “sistemata” al punto giusto, precede di mezzo punto Keres e Geller.

Tigran Petrosian 8

Il 23 marzo 1963 si apre il match con Botvinnik. La preparazione è accuratissima. Aiutato da Boleslavskij il gioco di Botvinnik viene messo al setaccio come i conti della Fininvest da parte della Procura di Milano. Si nota una stupefacente bravura nelle fasi di apertura ma una certa carenza (si fa per dire) nella visione combinativa. Occorre affrontarlo in modo energico cercando di creare complicazioni. Nascono i dubbi, le perplessità. Dopotutto Botvinnik era stato l’autore di magistrali combinazioni contro Rauzer, Alekhine, Vidmar e Capablanca, tanto per citare i più noti. Non è azzardato cercare di forzare il gioco? Petrossiàn esprime queste incertezze al suo “secondo”, gli dice di voler giocare seguendo il suo stile “senza cercare le combinazioni a tutti i costi, ma neppure senza evitarle per principio qualora l’avversario avesse lanciato la sfida… senza scoraggiarmi di fronte alla prospettiva di una semplificazione della posizione… senza perdermi d’animo una volta finito in posizione difficile”. E’ la giusta strategia, quella insegnata Da madre Natura. E la sua scelta gli dà ragione. Diviene Re degli scacchi con dodici punti e mezzo a nove e mezzo.

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Botvinnik spiegò così le ragioni della sua sconfitta “Il nuovo Campione del mondo ha uno stile di gioco sorprendente: la sua prima preoccupazione è tutelare la propria sicurezza e privare l’avversario della capacità di attaccare. Lo fa in modo naturale senza particolare tensione, si potrebbe dire in maniera artistica. Non sono riuscito a prendergli le misure e ad attirarlo lontano dagli impianti di apertura e dalle posizioni che gli sono congeniali”. Un bel complimento ma non tutti la pensavano così, come vedremo in seguito. Nel 1966 deve respingere l’assalto di Spassky che aveva fatto fuori dei tipetti come Keres, Geller e Tal, tanto per gradire. Il nuovo candidato al trono è sicuro di se stesso forse anche troppo. A Bernard Cafferty che lo intervista prima dell’incontro dichiara “Personalmente non mi importa molto di perdere; se vengo sconfitto in questo incontro avrò ancora delle possibilità di incontrare Petrossiàn un’altra volta”. Previsione azzeccata, azzeccatissima. Viene battuto ma tre anni dopo è un’altra storia: si sbarazza di Geller, Larsen e Kortchnoj e si ripresenta davanti alla “tigre”. Che addomestica con un bel dodici e mezzo a dieci e mezzo.

Tigran Petrosian 3

Petrossiàn in seguito perde il suo smalto, viene fermato alle selezioni per il mondiale ma si afferma comunque in numerosi tornei. Straordinaria la sua abilità nel gioco alla cieca e nel gioco lampo, notevole il suo contributo alla teoria delle aperture (basti pensare ad una celebre variante dell’Est-indiana che porta il suo nome). L’armeno è un uomo tranquillo e gioviale in perfetta armonia con la moglie Rona che si occupa di tutte le questioni pratiche, lasciandolo libero di coltivare la passione per le sessantaquattro caselle. Amante della musica con il passare degli anni diventa un po’ sordo e questo ce lo rende più vicino a noi, ci rammenta certi zii bonaccioni e duri d’orecchio che rimangono impressi nella memoria dei nipoti per la loro istintiva simpatia accresciuta proprio da questo difetto. Ma non tutto il male viene per nuocere. Ecco cosa ci racconta Svetozar Gligoric “Una volta durante una partita di torneo Petrossiàn mi propose la patta. Non avevo nessuna possibilità di vincere ma per qualche ragione rifiutai. Immediatamente me ne pentii ed ero sul punto di annullare il mio rifiuto quando mi accorsi che Tigran aveva ormai riposto l’apparecchio acustico e non era più in condizione di sentirmi. Continuai la partita e dopo appena cinque mosse mi trovai in una posizione disperata: la sconfitta mi costò una delle prime posizioni nella classifica finale”. Morale, qualche volta è bene non sentire.

Tigran Petrosian 7

Il Nostro è stato spesso criticato per il gioco pattoso, troppo difensivista, poco portato all’attacco. La profonda capacità di penetrare e capire ogni tipo di posizione gli impediva di forzare gli eventi, di azzardare. Egli ricercava la pura e semplice “verità”, rispettava quello che di concreto maturava sulla scacchiera. Sarebbe stato un peccato sciupare con una mossa inopportuna, e bella solo in apparenza, tutto il lavoro portato avanti fino a quel momento con tanto sudore. Molti non lo sopportavano, anzi lo detestavano apertamente: un giocatore privo di coraggio e di originalità, una sanguisuga attendista. Divenne lo zimbello di Grandi Maestri e di tutti quelli che con le loro mossette mosce e flosce cercavano di imitare i geniali interpreti del gioco combinativo.

Tigran Petrosian 2

Fu visto come il simbolo dell’eterna incertezza, della paura atavica che si cela in ognuno di noi. Sbagliavano e, tra i pochi estimatori che allora riuscirono a capire la grandezza di Petrosiàan, vi fu un certo Kasparov divenuto quello che è sotto gli occhi di tutti. Nella introduzione a “Lezioni di strategia” di Tigran dichiara di essere stato fortunato ad avere conosciuto questo campione che lo ha aiutato ad ottenere un “atteggiamento attivo verso la vita” e di avere imparato molto dalle due sconfitte iniziali in quanto “…non solo non avrei vinto le rimanenti partite ma non avrei conseguito tutti i successi che vennero in seguito”. E, scritto da un tipo pochissimo incline ai complimenti, è un bel riconoscimento. A parte il fatto che Allevi e Temi hanno scagionato il Nostro da questa accusa con il bel libro 115 partite di Tigran Petrossiàn, Mursia, Milano 1993, ma poi che c’è di male nell’impostare il gioco su un’accorta difesa? Esistono le bellezze e i piaceri dell’attacco ma anche altri piaceri. Vi immaginate la gioia perversa di fermare al momento giusto un tiro incrociato di vari pezzi con il semplice movimento di un pedone, o di sgattaiolare con il vostro Re tra le maglie di un esercito assetato di sangue per cogliere una insperata (per gli altri) vittoria, o vedere il viso del vostro avversario tronfio di sicumera assumere via via i colori dell’arcobaleno quando ha finito di sparare i suoi colpi senza sugo di nulla? E volendo si potrebbe fare l’elogio della patta, così come è stato scritto quello della pazzia, della razionalità, della fedeltà, dell’inganno e di tutte le più o meno strampalate esternazioni dell’animo umano. La patta rassicura, conforta, e può venire sempre comoda per il punteggio finale.

Tigran Petrosian 6

Tigran Vartanovic Petrossiàn è stato un grande stratega, un grande giocatore di scacchi, un grande campione. E’ scomparso prematuramente il 13 agosto 1984 minato da un male incurabile.

Questo è l’unico attacco a cui nessuno può resistere.

Tigran Petrosian 1

Il solito sentito e doveroso ringraziamento alla prestigiosa rivista L’Italia Scacchistica

avatar Scritto da: Fabio Lotti (Qui gli altri suoi articoli)


13 Commenti a i Re degli scacchi: Tigran Vartanovic Petrossiàn

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    Enrico Cecchelli 26 Ottobre 2013 at 15:45

    Felice di essere il primo a complimentarmi.
    Come hai ricordato, anche dopo la perdita
    del titolo vinse ancora molti ed importantissimi
    tornei internazionali ( come è facile appurare
    sui database )ed anche questo non si ottiene per caso!

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    Mongo 26 Ottobre 2013 at 16:46

    A proposito della sordità di Petrossiàn, vai a leggere l’intervista rilasciata da Michele Visco (http://www.worldchess-disabled.com/en/) qui a Dresda, dove tra l’altro sul sito ufficiale dei mondiali per disabili c’è pure una foto dello squadrone italiano.

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    INSALA' 26 Ottobre 2013 at 21:17

    …Petrosjan era tutt’altro che un volgare pattaiolo.Giocava per vincere, sempre! Analizzando le sue partite non si può non restare impressionati:ogni qual volta raggiungeva una buona posizione manovrava in modo da ottenerne una migliore.E, poi, a quanto ne so era anche un grande giocatore combinativo.Le sue partite sono vere perle.Saluti e bell’articolo.

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    paolo bagnoli 26 Ottobre 2013 at 22:52

    Uno dei più grandi del secolo scorso. Anch’io, sbagliando, lo ritenevo una “cassaforte”; poi, analizzando più a fondo, e rileggendo i suoi commenti nella sua stupenda autobiografia, capii di quale profondità strategica fosse capace.
    “Capiva le minacce dell’avversario prima che quest’ultimo le potesse concepire”; non ricordo chi l’ha detto, ma è la verità.
    E poi, chi l’ha detto che la bellezza degli scacchi sta nell’attacco e basta?

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      Filologo 27 Ottobre 2013 at 09:11

      È il giudizio di Fischer, il quale ha detto anche «Petrosjan è prima di tutto un fortissimo tattico». Uno dei pochissimi giocatori di cui Bobby avesse stima incondizionata.

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        INSALA' 27 Ottobre 2013 at 16:04

        …è vero, Bobby nutriva una sincera stima per Petrosjan anche se non è stato sempre così.La prima sfida che si ricordi tra Fischer e Petrosjan avvenne durante il viaggio a Mosca fatto da Bobby ancora quindicenne. Qui al circolo Central’nij Sachmatnyj Klub, sfidò Tigran in forma semi-ufficiale in partite rapide la maggior parte delle quali furono vinte dal Gran Maestro Russo.Molti anni dopo, Fischer dichiarò che la ragione di quelle sconfitte era dovuta al fatto che lo stile di gioco di Petrosjan lo aveva annoiato “a morte”…grande Bobby!!!

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    Zenone 27 Ottobre 2013 at 07:57

    Credo che Petrosijan fosse un ricercatore della perfezione. Come tale, al di là del gioco di squadra dei giocatori URSS nei vari tornei, penso che avesse come unico fine il giocare “correttamente”, nel senso di senza errori, con profondità e precisione di calcolo. Questa sua enorme comprensione del gioco lo portava spesso a prevenire e comprendere i piani dell’avversario. Molte sono le partite che fanno emergere la grande capacità tattico-combinativa di Petrosijan, per non parlare della sua forza nel gioco lampo.

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    INSALA' 27 Ottobre 2013 at 16:27

    …se si vuol capire come vincere quando si è in posizioni vinte (la famosa frase abusata…”e il resto è questione di tecnica”;) occorre analizzare le partite di Petrosjan.Personalmente mi si è spalancato un mondo quando tanti anni fa mi capitò sottomano una partita del 1958 tra Petrosjan e Bannik…compresi finalmente come la tecnica non sia un fatto meccanico bensì un atto puramente creativo…meraviglioso!

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      Riccardo Musso 27 Ottobre 2013 at 17:07

      Buongiorno a tutti. La partita tra Petrosjan e Bannik è citata anche in una videolezione del Maestro Tarascio! 😉

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        INSALA' 27 Ottobre 2013 at 18:01

        ..qualche anno fa la Gazzetta dello Sport allegava con Sportweek una serie di videogiochi per Pc tra cui Fritz8 a soli 20 euro (se non ricordo male).In realtà si trattava del motore scacchistico Fritz5 con grafica di Fritz8. Ad ogni modo questo “regalo” è dotato (perchè lo conservo ancora) di un limitato database di partite tra cui ci sono 45 partite di Petrosjan e tra queste anche quella contro Bannik. Per sottolineare il fatto che si tratta di una partita conosciuta a tal punto che persino un database di un Fritz mezzo farlocco come quello offerto dalla Gazzetta dello Sport ne era in possesso…e poi…non sapevo che in giro ci fossero maestri che avessero l’esclusiva delle partite di Tigran! Buon proseguimento di giornata a Lei e al suo Maestro. 😉

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    Giangiuseppe Pili 27 Ottobre 2013 at 20:38

    Per quanto può valere, Petrosjan è senza dubbio il mio giocatore preferito. Fu un vero pensatore della scacchiera. E il suo libro “Lezioni di strategia”, purtroppo incompiuto, è senza dubbio perlomeno da avere.

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    Marramaquìs 29 Ottobre 2013 at 18:55

    A proposito di ex campioni mondiali. Letto ora su Chess News e quasi stento a crederci:
    Karpov in testa dopo 8 turni a Cap d’Agde (Francia), con 7 punti e ben due di vantaggio sul secondo (Bacrot). Complimenti.

  9. avatar
    Alessandro Venturini 7 Giugno 2019 at 15:49

    Bellissimo articolo su un grande campione.

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