il tragico naufragio del vapore Sirio

Scritto da:  | 19 Ottobre 2013 | 13 Commenti | Categoria: Zibaldone

il tragico naufragio del vapore Sirio 8

Il piroscafo italiano Sirio scese in mare dal Cantiere Napier di Glasgow il 24 marzo 1883. Lo scafo era in ferro, stazzava 3.635 tonn. ed aveva una macchina alternativa da 3.900 cav. capace d’imprimergli una velocità di 15 nodi. La sua linea snella e affilata rappresentava uno stile innovativo nell’architettura navale del tempo, quando sugli oceani andava in scena lo scontro duro tra due epopee: quella della tradizione velica giunta al suo apice, e quella nascente del vapore.

La posizione del naufragio del Sirio

La posizione del naufragio del Sirio

I due fumaioli sottili e ravvicinati esprimevano la nuova potenza meccanica, i tre alberi a goletta ricordavano le attrezzature dei velieri e in qualche modo rassicuravano i passeggeri dalle eventuali avarie della macchina alternativa. Il Sirio disponeva a poppa di 48 posti di prima classe, un ampio salone da pranzo, un auditorio e sala per signore con fumatoio. La seconda classe era situata a proravia del ponte di comando e disponeva di 80 posti. Gli altri, la suburra della terza classe, i poveri che avevano venduto tutto per pagarsi il viaggio, erano invece sistemati in grandi cameroni ricavati nei corridoi delle stive per un totale di 1290 posti.

Il Sirio in posizione di navigazione

Il Sirio in posizione di navigazione

Il Sirio lasciò Glasgow il 19 giugno 1883, comandato dal cap. Sebastiano Rosasco, arrivò a Genova il 27 giugno e ripartì il 15 luglio 1883 per il suo viaggio inaugurale al Plata. Quel maiden voyage fu il primo di una lunghissima serie di viaggi legati per lo più alla storia della nostra emigrazione, che terminarono, purtroppo, su quella famigerata scogliera di Capo Palos.

Quanto segue, è la deposizione rilasciata all’Autorità competente dall’unico testimone della sciagura, il Cap. Vranich, comandante del piroscafo austro-ungarico Buda che si trovava a poca distanza dal Sirio:

“Alle 16.00 del 4 agosto 1906, al traverso delle Grandi Hormigas, (presso Capo Palos-Spagna Mediterranea) avvistai il Sirio e giudicai subito che passasse troppo vicino alla costa. Poco dopo, incrociatesi le rotte, vidi sollevarsi la prora del Sirio fortemente sull’acqua, sbandarsi a sinistra ed abbassarsi di poppa…Lo giudicai incagliato e feci rotta verso di lui ordinando le lance in mare. Il Sirio camminava a tutta forza e l’urto fu così violento che le lance di sottovento, smosse, furono poste fuori servizio. La parte poppiera era tutta allagata e sommersa. Di conseguenza molti passeggeri non ebbero il tempo di risalire in coperta. Il locale macchine fu allagato e parte del personale vi perì. Calammo due lance che effettuarono molti salvataggi….”
Il Sirio incagliato e semiaffondato

Il Sirio incagliato e semiaffondato

Il naufragio ebbe dell’incredibile e le critiche furono a dir poco aspre, perché la giornata era bella, il mare in bonaccia e buona la visibilità. La nave, proveniente da Genova e diretta verso lo Stretto di Gibilterra, correva a tutta velocità quando andò a schiantarsi su una delle secche più note del Mediterraneo.

Il Sirio era rimasto come un cavallo mentre salta l’ostacolo, con la prua che guarda il cielo e la poppa poggiata sugli scogli a tre metri di profondità. Aveva a bordo 120 passeggeri di prima e seconda classe e oltre 1200 emigranti che durante il giorno prendevano il sole a proravia. Gran parte di loro, a causa dell’urto improvviso, fu scagliata in mare e morì annegata.

All’epoca si disse: “Avrebbero potuto salvarsi quasi tutti, perchè il Sirio non andò subito a fondo, ma rimase in agonia ben sedici giorni, prima di spaccarsi in due ed affondare. Purtroppo le operazioni di salvataggio furono così caotiche e disperate che ci furono 293 morti, (riconosciuti ufficialmente secondo i Registri del Lloyd’s di Londra) ma secondo la stampa, e non fu mai smentita, le vittime superarono le 500 unità, gran parte delle quali fu pietosamente composta lungo il molo del porto di Cartagena e poi tumulata nei cimiteri della zona. Le lapidi sono ancora leggibili e portano nomi e cognomi italiani“.

I naufraghi superstiti abbandonano il Sirio

I naufraghi superstiti abbandonano il Sirio

Nel piccolo museo di Capo Palos dedicato al Sirio, sono tuttora conservati i volantini che pubblicizzavano anche le soste “fuori programma” per caricare i clandestini. La questione non fu mai chiarita, ma si vociferò che senza quelle tappe sottocosta, la nave sarebbe passata al largo della micidiale scogliera denominata Bajo de Fuera.

Fu chiaramente un errore di rotta e siccome furono tante le vittime, tra cui il Vescovo di San Paolo del Brasile, la marineria italiana si fece in quella disavventura una cattiva propaganda che fu subito sfruttata dall’accesa concorrenza straniera.

Si aprirono le inchieste di rito, ma emerse, contrariamente alle tante accuse rivolte contro lo stato maggiore della nave, che il comandante del Sirio Giuseppe Piccone, insieme ai suoi ufficiali, diresse con calma le operazioni d’abbandono nave e fu l’ultimo a porsi in salvo. Fu stabilito, tuttavia, che l’erronea valutazione della posizione della nave e della distanza dalle secche fu causa del grave incidente e delle tragiche conseguenze che ne derivarono.

Il capitano Giuseppe Piccone che aveva 62 anni ed era al comando del Sirio da 27 anni, fu rinviato a giudizio, ma chiuso nel suo dolore, morì a Genova due mesi dopo l’evento descritto.

Un tragico precedente

La nave passeggeri Nord America della Soc. genovese “Veloce” era naufragata su quelle secche ventitrè anni prima. Purtroppo quella pagina nera , scritta col sangue di tanta gente, fu troppo presto dimenticata!

A cavallo del ‘900, con la corsa alla “Merica”, ebbe inizio il secondo esodo di massa e con esso nacquero le prime vere canzoni della nostalgia del paese natio: Ma se ghe pensu, Santa Lucia luntana, Partono ‘e bastimenti, Quando saremo in Merica, Mamma mia dammi cento lire.

La famiglia Serafini, di Arzignano, provincia di Vicenza, nella foto scattata pochi giorni prima di imbarcarsi sul Sirio per il Brasile: dietro, da sinistra Isidoro (12 anni), Umberto (14), il capofamiglia Felice (43), la moglie Amalia (41) che era in attesa del nono figlio, Silvio (11). In prima fila Ottavia (7), Silvia (9), Giuseppe (2), Lucia (3) e Ottavio (6). Nel disastro morirono tutti meno Felice, Isidoro e Ottavio

La famiglia Serafini, di Arzignano, provincia di Vicenza, nella foto scattata pochi giorni prima di imbarcarsi sul Sirio per il Brasile: dietro, da sinistra Isidoro (12 anni), Umberto (14), il capofamiglia Felice (43), la moglie Amalia (41) che era in attesa del nono figlio, Silvio (11). In prima fila Ottavia (7), Silvia (9), Giuseppe (2), Lucia (3) e Ottavio (6). Nel disastro morirono tutti meno Felice, Isidoro e Ottavio

Edmondo De amicis, a seguito dell’esperienza “sofferta” durante una traversata a bordo del Sirio, affrontò il tema dell’emigrazione con la sua opera letteraria Sull’oceano.

Il tragico naufragio della nave Sirio colpì molto la fantasia popolare che ispirò una stupenda e drammatica canzone, tratta dal repertorio dei cantastorie.

Nel 2001 il cantautore Francesco De Gregori inserì nel suo album “Il fischio del vapore” questa ballata che era conosciuta soltanto nel nord Italia, tra quelle vallate da cui partirono gli sfortunati emigranti del Sirio in cerca di fortuna.

Alla domanda di un giornalista: “Concorda che ci sia una similitudine drammatica con la situazione attuale dove le bagnarole affondano?”

Il cantautore rispose: “Questo è proprio il motivo per cui noi la cantiamo, perché la nave Sirio, questa Titanic della povera gente, era una bagnarola di 23 anni, piena di disperati alla ricerca di una nuova vita.”

I corpi di alcuni emigranti italiani sulla spiaggia di Cartagena. Secondo il Lloyd i morti furono 292 ma il bilancio fu contestato dalle controparti che, accusando gli armatori d'aver caricato più persone di quante dichiarate, stimarono le vittime tra le 440 e le 500.

I corpi di alcuni emigranti italiani sulla spiaggia di Cartagena. Secondo il Lloyd i morti furono 292 ma il bilancio fu contestato dalle controparti che, accusando gli armatori d’aver caricato più persone di quante dichiarate, stimarono le vittime tra le 440 e le 500

Per la verità, il Sirio non era una pericolosa carretta dei mari. La sua fama di vecchio transatlantico, adattato al trasporto degli emigranti e destinato ad operare su una rotta piuttosto agevole come quella del Sud America, non ha nulla a che vedere con il tragico incaglio sulle Hormigas.

Il Sirio apparteneva ad una grande Società: la Navigazione Generale Italiana (N.G.I), nata nel 1881 all’atto della fusione delle Società Riunite Florio-Rubattino. La gloriosa N.G.I. risultò composta di 81 vapori e detenne il monopolio (quasi incontrastato) del trasporto passeggeri e merci della nostra Marina sino al 1936 quando nacque, per volontà di Mussolini, il gruppo FINMARE.

Storie che si ripetono oggi in direzione opposta…

A cento anni di distanza, purtroppo, la tragedia del Sirio è terribilmente attuale, se pensiamo al traghetto Al Salam-Boccaccio (ex Tirrenia) che affondò il 3 febbraio 2006 nel Mar Rosso, trascinando con sé un migliaio di pellegrini islamici diretti alla Mecca.

A questo punto, possiamo chiudere la rievocazione del Sirio con un’amara riflessione: ogni epoca è una pagina di storia dove l’uomo riesce a risolvere tanti problemi tecnologici, ma spesso ripete gli stessi errori del passato perché, nel frattempo, il concetto di sicurezza è stato violato. Tanti enfatizzano la sicurezza, ma nessuno vuole pagarla; tutti parlano dei nuovi “allarmi” del secolo: terrorismo, inquinamento, ecosistema, che tuttavia, per chi conta, non sono ancora motivi d’insonnia.

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avatar Scritto da: Carlo Gatti (Qui gli altri suoi articoli)


13 Commenti a il tragico naufragio del vapore Sirio

  1. avatar
    Ivano E. Pollini 20 Ottobre 2013 at 01:47

    Gentile Signor Carlo Gatti,

    è difficile esprimere un’opinione, come pure un sentimento, su quanto lei descrive in questo suo scritto.

    Ci provo, ma ne sento la difficoltà.

    Quando si leggono queste tragedie del mare a distanza di tempo, e al caldo della propria nicchia, l’essere umano non può che essere colto da sgomento.

    Tutto appare così incomprensibile ❗

    Nei naufragi in mare, compresi i più recenti, c’è qualcosa che sfugge al comune buon senso ❗

    Rimane solo un’immensa pietà per i morti e un’assoluta incomprensione per le lunghe e tortuose ricostruzioni, e difese, fatte a posteriori.

    Lo smarrimento (e talvolta l’indignazione) sale al massimo livello, come pure l’impotenza di fronte a simili tragedie.

    In alcuni casi non vengono neppure accertate le relative responsabilità, che pure al senso comune appaiono evidenti.

    Nel caso in questione sembra tuttavia che il capitano si fosse fatto carico dell’incidente e avesse accolto la sentenza con immenso dolore, pur avendo fatto il possibile per minimizzare i danni.

    Sono immense tragedie su cui è difficile pronunciarsi.

    Tuttavia le tragedie del mare e della montagna sembrano avvertire che la sfida dell’uomo con qualcosa di molto più grande di lui, anche se può apparire eroica, e in numerosi casi lo è (per esempio la conquista del K2), non è tuttavia sempre all’altezza della situazione e deve fare i conti con le possibili circostanze sfavorevoli.

    Sono cose che avvengono, e non possiamo ignorare, ma che recano immenso dolore.

    Stavolta “Soloscacchi” mi pare essere veramente “Nonsoloscacchi”… ❗

    IEP

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      Doroteo Arango 20 Ottobre 2013 at 09:21

      Giusto un paio di precisazioni in calce alle pur interessanti osservazioni del Professor Pollini:

      in questo caso purtroppo il comportamento del Capitano Piccone è ben lungi da quel che si può definire come integerrimo (cfr. qui);

      il K2?!? eroico dove? cosa è stato eroico in quel caso?? l’esser arrivati in vetta con le bombole dell’ossigeno e aver artatamente cercato di occultare la cosa oppure l’ignobile trattamento riservato nell’occasione e, per tanti lunghissimi anni in seguito, nei confronti di Walter Bonatti??

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    Ricardo Soares 20 Ottobre 2013 at 11:16

    Complimenti al sito per la interessante scelta del tema e per la bella cancao di Francesco De Gregori.

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    Roberto Messa 20 Ottobre 2013 at 11:32

    Non so se siano più attendibili le fonti a cui si è ispirato l’autore di questo toccante articolo o quelle del Wikipedia in inglese a cui rimanda il commento di Doroteo Arango. In ogni caso va dato atto al capitano di aver emendato le sue colpe accettando su di sé tutto il peso del disonore fino a morirne di lì a poco. Sembra verosimile che questo pericoloso avvicinamento alla costa non sia stato casuale, sarebbe interessante sapere se veniva fatto per iniziativa e profitto del capitano e degli ufficiali di bordo o se erano gli armatori a organizzare gli imbarchi clandestini (il che ovviamente non assolve del tutto il capitano, che per debolezza o sottovalutazione del rischio si prestava ad eseguire questi imbarchi su un tratto di costa notoriamente infido). In ogni epoca gli uomini si macchiano di gravi colpe per fellonia o per cupidigia, ma almeno in passato non veniva meno quel briciolo di dignità nell’accettare le punizioni e la censura sociale. Oggi invece sembra che nessuno provi vergogna di nulla, negando anche le responsabilità più evidenti. La stessa società civile non deve essere poi così civile dato che spesso e volentieri solidarizza con i colpevoli, anziché censurarli.
    Tornando alla marina italiana, civile e militare, sono certo comunque che ci siano anche pagine più alte e nobili della sua storia, mi auguro di leggerne un giorno anche qui su Solocacchi.

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      Roberto Messa 20 Ottobre 2013 at 11:34

      DImenticavo di sottolineare la forza di suggestione e la bellezza della copertina della Domenica del Corriere.

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    Jas Fasola 20 Ottobre 2013 at 12:49

    Non capisco tutti questi (sia pur interessanti) articoli catastrofici – la ginnasta che finisce sulla sedia a rotelle, lo spadista che muore infilzato, adesso pure un naufragio 🙁

    Di articoli e notizie del genere ne troviamo dappertutto ogni giorno, se poi vogliamo darci aiutomatto e diventare il sito di riferimento per gli over …anta direi che ci stiamo riuscendo davvero bene 😥

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      Mongo 20 Ottobre 2013 at 17:17

      Jas è solo studiando il passato che si arriva a capire il presente per dare scacco matto al futuro!!! 😎

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      Joe Dawson 20 Ottobre 2013 at 21:20

      Jas, è un’anticipazione ma spero che la cosa non ti costi un’ulteriore delusione: uno dei nostri prossimi servizi riguarda la mensa di SoloScacchi…

      La mensa di SoloScacchi

      Comunque per le letture liete sul mio comodino troneggia sempre una collezione patinata di Famiglia Cristiana 😉

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        Jas Fasola 20 Ottobre 2013 at 22:14

        😆 Ecco proprio questo e’ Soloscacchi che piace a me ❗
        Forse ci si puo’ arrivare senza catastrofi e Famiglia Cristiana ❓

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    Ivano E. Pollini 20 Ottobre 2013 at 21:35

    Risposta al Signor Doroteo Arango

    La ringrazio per le sue osservazioni che mi danno la possibilità di precisare alcuni aspetti riguardanti sia il naufragio della Sirio che l’impresa alpinistica del K2 del 1954. Conoscendo i fatti solo in modo approssimativo, non posso che riportare le poche informazioni che possiedo, alcune delle quali sono peraltro contraddittorie.

    Tuttavia vorrei sottolineare che il mio commento all’articolo del Signor Gatti non mirava ad accertare la verità storica sul naufragio della Sirio, ma esprimeva una riflessione simile a quella riportata dall’autore dell’articolo: “A questo punto, possiamo chiudere la rievocazione del Sirio con un’amara riflessione: ogni epoca è una pagina di storia dove l’uomo riesce a risolvere tanti problemi tecnologici, ma spesso ripete gli stessi errori del passato perché, nel frattempo, il concetto di sicurezza è stato violato”.

    Il commento centrale del mio intervento: “Lo smarrimento (e talvolta l’indignazione) sale al massimo livello, come pure l’impotenza di fronte a simili tragedie. In alcuni casi non vengono neppure accertate le relative responsabilità, che pure al senso comune appaiono evidenti” è anche in linea l’intervento di Roberto Messa:“In ogni epoca gli uomini si macchiano di gravi colpe per fellonia o per cupidigia, ma almeno in passato non veniva meno quel briciolo di dignità nell’accettare le punizioni e la censura sociale. Oggi invece sembra che nessuno provi vergogna di nulla, negando anche le responsabilità più evidenti. La stessa società civile non deve essere poi così civile dato che spesso e volentieri solidarizza con i colpevoli, anziché censurarli.”

    1.“Il tragico naufragio del vapore Sirio”

    “Si aprirono le inchieste di rito, ma emerse, contrariamente alle tante accuse rivolte contro lo stato maggiore della nave, che il comandante del Sirio Giuseppe Piccone, insieme ai suoi ufficiali, diresse con calma le operazioni d’abbandono nave e fu l’ultimo a porsi in salvo. Fu stabilito, tuttavia, che l’erronea valutazione della posizione della nave e della distanza dalle secche fu causa del grave incidente e delle tragiche conseguenze che ne derivarono.” (Carlo Gatti)

    La tragedia della Sirio

    La Sirio era una nave italiana costruita a Glasgow, atta al trasporto di emigranti italiani, inaugurata nel 1883 e che naufragò nel 1906 di fronte a Cartagena. Furono subito aperte le inchieste sull’incidente che appurarono che il capitano Giuseppe Piccone diresse con buon senso e giudizio le operazioni di salvataggio e fu l’ultimo a salvarsi. Le prime notizie riportate dai giornali dell’epoca indicavano invece nel capitano e nell’equipaggio un comportamento non appropriato che aveva portato al naufragio della nave. (Wikipedia)

    2. Spedizione del 1954 al K2

    La spedizione alpinistica al K2 patrocinata dal Club Alpino Italiano (CAI), dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e dall’Istituto Geografico Militare e guidata da Ardito Desio, aveva portato, per la prima volta nella storia, alla conquista della vetta del K2, la seconda montagna più alta del mondo. La cima era stata raggiunta da Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, il 31 luglio 1954 col fondamentale supporto dell’intero gruppo. Un contributo fondamentale era stato fornito in particolare da Walter Bonatti e Amir Mahdi che, con un’impresa senza precedenti, e affrontando il rischio della morte in un forzato bivacco notturno a oltre 8100 metri, avevano portato a Compagnoni e Lacedelli le bombole d’ossigeno essenziali per il compimento della missione.

    Il Caso K: la revisione finale

    Il caso K2 si riferisce a una serie di polemiche riguardanti gli eventi svoltisi tra il 30 e il 31 luglio 1954 nella zona compresa tra l’ottavo campo della spedizione e la vetta del K2. Subito dopo il ritorno degli alpinisti dalla spedizione al K2 fu presentato al CAI un resoconto degli eventi scritto da Desio, diventato poi la relazione ufficiale della spedizione. Il resoconto fu anche pubblicato in forma di libro col titolo “La conquista del K2”. In questa relazione la narrazione degli eventi svoltisi nei campi avanzati era affidata ad Achille Compagnoni. Bonatti notò alcune discrepanze tra gli eventi e il racconto e ne rimase amareggiato. La polemica si era concentrata su alcune importanti discrepanze esistenti tra la relazione ufficiale e la versione dei fatti raccontata da Walter Bonatti nella sua autobiografia. Un particolare poco chiaro riguardava l’uso dell’ossigeno. Infatti Compagnoni sosteneva che questo si era esaurito verso le ore 16.00, quando i due alpinisti (a loro dire) si trovavano a quota 8400, circa 200 metri sotto la vetta.

    A seguito di queste polemiche, nel 2004, in occasione del cinquantesimo anniversario della spedizione, un gruppo di giornalisti e di alpinisti aveva lanciato al CAI un appello affinché si raggiungesse un chiarimento definitivo su alcuni punti oscuri rimasti in sospeso.
    Una commissione formata da “tre saggi” col compito di fare un’analisi storica e storiografica dei fatti in questione era così stata formata dal CAI: Fosco Maraini, alpinista con esperienza in spedizioni himalayane; Alberto Monticone: storico, docente presso la LUMSA e politico; Luigi Zanzi: docente presso l’università di Pavia ed esperto di storia e cultura montana.

    Nella loro relazione i tre saggi erano giunti alla conclusione che l’ossigeno era stato utilizzato fino in vetta. Le testimonianze e i documenti confermavano le indicazioni di Bonatti sui luoghi del campo IX, del bivacco e sugli orari. Compagnoni e Lacedelli erano partiti dal campo IX verso le 6.30 e avevano raggiunto il bivacco di Bonatti-Mahdi per recuperare le bombole di ossigeno lasciate dagli stessi Bonatti e Mahdi. Tra le 8.00 e le 8.30 avevano iniziato quindi l’ascensione alla vetta facendo uso di ossigeno per tutta la salita. La Commissione riteneva impossibile che, dopo aver impiegato sette ore e mezza per percorrere 300 metri di dislivello utilizzando l’ossigeno, Compagnoni e Lacedelli avessero potuto percorrere ulteriori 200 metri, a quota più elevata e senza ossigeno, in sole due ore, anche se l’ultimissima parte del percorso era più facile.
    Bonatti non era soddisfatto dalle risultanze della Commissione, poiché aveva ancora riscontrato delle discrepanze con la versione da lui sostenuta. Ma un nuovo resoconto della spedizione del 1954, scritto dallo storico della montagna Roberto Mantovani (incluso poi nel libro “K2-Una storia finita”;), e la completa accettazione della versione dei fatti di Bonatti, da parte del CAI, ratificata ufficialmente dalla Società Geografica nel 2008 a Roma, avevano finalmente chiarito la controversa situazione.

  6. avatar
    Casimiro 24 Ottobre 2013 at 07:41

    Grazie bellissimo, e in particolare l’immensa, unica, inimitabile Giovanna Marini.

  7. avatar
    MOACIR S DAL CASTEL 6 Agosto 2017 at 15:05

    La Canzone IL SIRIO, cantatta nel dialeto/lengua TALIAN:

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