Clamoroso al Cibali!

Scritto da:  | 10 Gennaio 2010 | Nessun Commento | Categoria: Zibaldone

E sì, proprio clamoroso… la Grande Inter di Jair, Mazzola, Facchetti, Corso e Suarez, quell’Inter Campione d’Europa, stava subendo le ire di uno scatenato Catania, neopromosso in Serie A, in una partita sulla carta senza storia e dal risultato scontato… Il Catania era ormai tranquillamente assestato a metà classifica e non aveva più nulla da chiedere al campionato. Era l’ultima giornata del girone di ritorno ma l’Inter doveva ancora recuperare una partita contro la Juventus (rimandata per invasione di campo), ed era ancora in corsa per lo Scudetto. I giocatori del Catania non avevano tuttavia dimenticato la partita di andata, conclusasi sullo 0-5 con quattro autoreti dei giocatori etnei, e in particolare le frasi di scherno rivolte nei loro confronti dal “Mago” Herrera che nelle interviste post-partita li aveva definiti “una squadra di postelegrafonici”. La partita si svolse in un clima infuocato, ed il Catania portò a casa una splendida vittoria grazie alle reti di Castellazzi al 25° e Calvanese al 70° vanificando così le speranze dell’Inter di agganciare la Juventus che si laureò Campione d’Italia 1961 proprio grazie al successo dei catanesi sui rivali neroazzurri e rendendo di fatto inutile il recupero con l’Inter.

“Clamoroso al Cibali” tre semplici evocative parole entrate di prepotenza nell’immaginario collettivo a sinonimo di una trasmissione che ha fatto storia, per esser più precisi la storia della Radio in Italia. Proprio oggi ricorre infatti il cinquantesimo anniversario della prima puntata di “Tutto il Calcio minuto per minuto” che per decenni ha rappresentato un appuntamento fisso e immancabile, la domenica pomeriggio, nelle case di milioni di italiani. Quando ancora pochissimi avevano la fortuna di possedere un apparecchio televisivo la radio era invece un vero e proprio oggetto vivente presente in tutte le case degli italiani, quasi una persona di famiglia più che un oggetto. E trasmissioni seguitissime, radiocronache e radiogiornali entravano automaticamente per così dire nella nostra sfera affettiva per rimanerci per sempre. Tra queste appunto “Tutto il Calcio minuto per minuto” con le voci inconfondibili di Roberto Bortoluzzi dalla redazione centrale, di Enrico Ameri, di Nicolò Carosio e di Sandro Ciotti. Chi di noi, ad una di quelle celeberrime interruzioni dall’esordio “scusa Ameri…”, non ha mai sentito battere il cuore di soprassalto nella speranza (spesso non disattesa) di un goal della propria squadra?!?

Ricordo mio padre che, quasi di soppiatto, nel timore di esser “risucchiato” in qualche uscita imprevista di tutta la famiglia causa bel tempo, si chiudeva nel suo studio, con Ezio Luzzi e Alfredo Provenzali, gente mai vista in faccia, ma evidentemente amici carissimi la cui voce usciva da quella Brionvega rossa a cubo che ha irradiato tutti i meglio gol di Savoldi e Boninsegna, le parate di Zoff, Albertosi e Carmignani, quelle di Carmignani in verità molte meno… e ci ha tenuto compagnia per innumerevoli domeniche di tutta una vita radiofonica e non solo. Erano i mitici anni in cui la Serie A era a 16 squadre, in panchina andavano solo in tre, in genere un attaccante ed un altro dalla cui scelta poteva dipendere il successo o meno della squadra, e, ovviamente il portiere. Una sola la possibile sostituzione. Erano gli anni delle domeniche con l’austerity, della mitica “Cinquecento”, delle basette tipo “beat generation” e della televisione in bianco e nero. Eppure era facile fantasticare, era sufficiente già solo il tono di voce di quei mitici radicronisti per presagire lo stato di forma della nostra squadra del cuore, se stavamo giocando bene o meno, ed un “scavalca la metà campo”, pronunziato dalla voce in tribuna del nostro campo collegato, di colpo ci faceva sussultare d’emozione proiettando l’immaginazione verso le più mirabolanti conclusioni a rete di salgariana memoria. Erano anni in cui Cuccureddu, Garlaschelli e Zaccarelli erano cognomi familiari alla maggior parte delle massaie della Penisola, e quando dopo la sigla Roberto Bortoluzzi dava il “la” all’orchestra con quel magico accordo d’avvio: «Gentili ascoltatori buongiorno, è Roberto Bortoluzzi che vi parla dagli studi di Milano, eccovi i campi collegati. Torino, Milano, Roma, Genova, Bari e Catania. Ai microfoni i colleghi Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Claudio Ferretti, Alfredo Provenzali, Enzo Foglianese e Ezio Luzzi. In redazione Bruno Talamonti e Sergio Chiesa. Via ai collegamenti, vai pure Enrico Ameri.» il pathos era già alle stelle, i compiti interrotti per tacito accordo con la mamma e nessun cellulare che poteva interromperci la gioia perchè per fortuna non erano stati ancora inventati.

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E tra i protagonisti dei miei sogni radiocalcistici di quegli anni ce n’era uno il cui nome mi è riecheggiato roboante come un fulmine dal bel pezzo del nostro Biker sul Campionato del Mondo a squadre: Jarbas Faustinho, detto Cané, o meglio la Perla Nera, già celebre cavallo di ritorno tra Napoli e Bari all’inizio degli anni ’70. Cané non è vero che non sapesse giocare a calcio, cosa che purtroppo era sulla bocca di tutti, ed anche se nel corso dei 90 minuti la maggior parte di essi era visto girovagare distratto sul manto erboso con fare da “Toro Ferdinando”, tutto assorto alla ricerca di curiose e sperdute margheritine, quel momento in cui si ricordava di vestire una casacca di giocatore di pallone coincideva immancabilmente col goal della propria squadra. Era per questo motivo che Don Achille Lauro lo aveva acquistato da una sconosciutissima compagine calcistica brasiliana (l’Olaria, sperduto sobborgo di Rio) in quanto essendo “il più brutto di tutti” avrebbe sicuramente “spaventato a morte gli avversari”, e se lo teneva caro caro. Quello stesso identico motivo per cui il suo connazionale Luis Vinicio, ‘O Lione, non lo voleva mai cedere: perché qualche “gollazo” importante Jarbas Faustinho lo rifilava sempre.

Scrive Biker a proposito del quasi omonimo: “Curiosità: Emre Can ha giocato contro Sargissian il Gambetto Muzio! Variante romantica in cui si sacrifica un Cavallo dopo cinque mosse. Purtroppo l’esito è stato disastroso, persa in 21 mosse…” Da bambino me lo dicevano sempre che quel Gambetto era molto pericoloso: di stare attento che mi ci potevo scottare, e subito zittivano le mie accorate proteste rammentandomi il terribile incidente di un compagno di scuola che, in un incauto tentativo di giocarlo, s’era orribilmente ustionato la mano, mi pare che di cognome facesse Scevola… Me lo ricorderò sempre, sul mio diario di terza elementare serbo ancora la pagina in cui, per dispetto alla Maestra Teresa che gli aveva propinato l’ennesima nota, dopo il suo ennesimo sacrificio da bonzo-piromane del Cavallo in f3, mi annotò tutto orgoglioso questa sua “creatura”:

Appendice: Ma chi ha pronunciato veramente il “Clamoroso al Cibali”? Esistono diverse scuole di pensiero al riguardo, le più disparate, fatto sta che la paternità non è mai stata di fatto assodata, le trasmissioni infatti all’epoca non venivano registrate, anche se c’è chi scommetterebbe un mese di stipendio sulla voce roca e inconfondibile di Sandro Ciotti.

Ma forse, riflettendoci meglio, non ha tanto senso sapere chi esattamente abbia pronunciato quel famoso “Clamoroso al Cibali”… in quella radiolina, a gridarlo, c’eravamo tutti noi insieme…

avatar Scritto da: Martin (Qui gli altri suoi articoli)


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