Scacchi, meditazione e cultura araba

Scritto da:  | 24 Dicembre 2014 | 13 Commenti | Categoria: Cultura e dintorni

Chatrang 1

Nel 500 d.C. un gioco molto rassomigliante agli scacchi era praticato dai Persiani. Lo chiamavano Chatrang e nel 550 comparvero i primi loro scritti sul gioco.

Un secolo e mezzo dopo, nel 638, la Persia fu invasa dalle armate arabe del califfo Omar che appresero lì il gioco diffondendolo, nel volgere delle loro conquiste, in tutto il mondo pan-arabo e non solo; ma anche in Spagna e Portogallo conquistate dai Mauritani.

Il contributo degli arabi allo sviluppo e conoscenza del gioco in Occidente fu dunque enorme:

Viene citato quale esempio il califfo Haroun el Rachid autentico appassionato: fu il mecenate dei più forti giocatori dell’epoca e si narra che offrì in dono a Carlo Magno un magnifico gioco degli scacchi.

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Nell’842 fu scritto il primo vero libro degli scacchi dall’arabo Al – Adli quando però già esistevano trattati di analisi di finali di partite e insegnamenti teorico-pratici del gioco.

Nell’847 fu organizzato dal El Rachid il primo match tra il persiano Ar – Razi e l’arabo Al- Adli, che vide la vittoria del primo. Ma il più forte giocatore dell’epoca fu senza dubbio l’arabo Al-Suli che mantenne ininterrotta la sua supremazia dal 900 al 920.

Non mancarono al tempo i detrattori del gioco: fecero notare che un trattato di Maometto proibiva la riproduzione, per diletto, di immagini raffiguranti esseri animati, fossero pure animali, sicché gli appassionati del gioco per evitare contrasti con la fede religiosa ed aggirare l’ostacolo, inventarono le prime forme stilizzate, diverse dai pezzi raffiguranti gli elefanti, i fantaccini ecc. in uso all’epoca.

Nel tempo, il gioco si diffuse in tutta l’Africa del nord e gli scacchi conobbero una notorietà senza precedenti.

I Mauritani ad esempio, una volta conquistata la Spagna , fondarono Università ove, oltre la cultura mussulmana, si insegnava anche il gioco degli scacchi.

Chatrang 2

Studenti europei frequentanti quelle università lo appresero e lo diffusero nei Paesi di loro provenienza.

E risale ad allora la suddivisione della scacchiera in 32 case bianche ed altrettante nere e l’importante distinzione tra alfiere della case nere e alfiere delle case bianche.

Accolto con diffidenza dal clero europeo , il gioco degli scacchi fu osteggiato così come lo erano il gioco dei dadi e dei soldi.

E’ stata infatti ritrovata una lettera datata 1061, scritta dal cardinale Damiani al papa Alessandro II per spiegare i motivi della reprimenda solenne da lui inflitta al vescovo di Firenze, reo di giocare a scacchi!

Ci vollero cento anni per abolire l’interdizione della chiesa cattolica al gioco degli scacchi : dopo di che i nobili dell’epoca ne fecero il loro gioco preferito.

Chatrang 4

Si giocava a scacchi alla corte di Carlomagno come a quella di Federico II e, più a nord, presso i re scandinavi.

Nel 1200 appaiono i primi trattati europei sugli scacchi, dovuti a Jacopo de Cessole ma, soprattutto a d’Alonzo, Re di Castiglia ed appassionato al gioco.

Quei trattati si differenziavano da quelli arabi perché ricercavano metodi e aperture di gioco efficaci. Gli arabi invece si dedicavano di più allo studio di posizioni realizzatesi in partite e ricercavano, quasi per un piacere estetico, la bellezza delle combinazioni di gioco.

Per circa tre secoli , il livello di gioco ristagnò e nei confronti diretti con gli europei, gli arabi continuarono a prevalere.

Qui desisto dal rivangare il passato remoto degli scacchi e segnatamente quello degli arabi per tornare a tempi meno lontani o anche attuali e riferire due diversi episodi che mi vengono in mente per trarne una morale:

L’altra sera mi è capitato di vedere tre giovani scacchisti che si alternavano a …maltrattare furiosamente l’orologio (del Circolo) giocando col tempo di …tre minuti. Ultimata l’apertura teorica , iniziavano immancabilmente gli svarioni dei giocatori e chi più ne aveva, più ne metteva e m’è sembrato che la massima soddisfazione la provava colui che , in condizioni disperate, poteva esclamare trionfante: caduta!! caduta!! alludendo alla bandierina dell’orologio dell’avversario e con quale costrutto non saprei dire.

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Di riflesso, tornai con la mente a paragonare queste frenesie al gioco meditato che caratterizzava lo scacchismo arabo dell’epoca remota descritta e di conseguenza e per altro verso mi sovvenne, a proposito di meditazione, un vecchio episodio accaduto negli anni ’30 in Africa Settentrionale:

Nei pressi di Tobruck, in Libia, in un’oasi viveva il contadino Ahmed che praticava colture arcaiche.

Possedeva una piccola issanja (= podere-giardino) tenuta ordinatamente in gdule, ossia piccoli quadrati di terra a colture differenziate per gli umani e per gli animali che possedeva più qualche palma di datteri, due ulivi, un fico, il pozzo, poche bestie da cortile (escluso rigorosamente il maiale, s’intende); qualche agnello una mucca e il prezioso asinello che gli serviva sia per il lavoro che come mezzo di trasporto.

Chatrang 5Seminava e raccoglieva, Ahmed, quanto gli bastava per la sua famiglia o poco di più dai suoi campi (agli arabi, almeno a quel tempo, non interessavano affatto le “colture intensive” e il”profitto” : si ritenevano paghi di ricavare dai loro campi quanto bastava per il loro sostentamento e quello della famiglia) e, una volta la settimana, in groppa al suo fido asinello partiva di buon mattino per raggiungere il mercato di Tobruk ove vendere-barattare quelle poche cose di cui aveva bisogno. A sera, ancora in groppa al suo asinello e con le poche cose barattate o acquistate, tornava alla sua zeriba (casa, eufemisticamente)

Qui occorre precisare, per la storia, che la guerra che nel 1911 l’Italia mosse alla Turchia per la conquista della Libia (Tripoli, bel suol d’amore…;) non finì affatto nel 1913 o gìù di lì come ufficialmente dichiarato, ma, all’interno del Paese, specie nel deserto, proseguì ininterrotta fino al …1937 come gli storici attualmente attestano e di conseguenza i movimenti di truppe italiane , all’interno e nel deserto , erano inevitabili e frequenti a quell’epoca anche nei pressi dell’oasi di residenza di Ahmed.

Carriaggi militari transitavano e sostavano spesso e, come sempre succede, i nostri soldati familiarizzarono con Ahmed e la sua famiglia.

Un giorno di mercato un camion, partendo dall’oasi, era diretto a Tobruk e sarebbe tornato a sera.

Venne spontaneo ai militari che lo conducevano offrire all’arabo un “passaggio” garantendogli anche il ritorno anzichè viaggiare sul solito asinello.

Incuriosito Ahmed accettò e si recò a Tobruk con i militari. Fu sorpreso della rapidità con la quale si era concluso il viaggio di andata e, sbrigate ben presto le sue faccende, attese pazientemente che i militari finissero le proprie incombenze per tornare alla sua casa.

Quando ciò avvenne, fu chiesto dai militari ad Ahmed se era rimasto soddisfatto di quel andare e tornare lesto a casa a bordo del camion.

Ahmed rispose anzitutto che non poteva che ringraziare i militari per l’opportunità offertagli ma -disse – risparmiare tanto tempo nel viaggio non gli era servito a nulla: anzi lo aveva sconcertato perchè era solito, , durante l’abitudinario tragitto a cavalcioni dell’asinello avere tutto il tempo di meditare sui pochi affari che andava sbrigando e sul modo migliore di condurli e, al ritorno, riflettere su quanto aveva concluso e programmare il da farsi nei giorni seguenti.

In sostanza, da quel vertiginoso (per lui) viaggiare col camion non aveva ricavato alcun vantaggio e, anzi, ne era uscito scombussolato per cui non era certo questa volta di aver condotto nel modo migliore i suoi modesti affari al mercato.

Una lezione di vita, direi, anche per chi gioca a scacchi, specie a …tre minuti di tempo.

Chatrang 6

avatar Scritto da: Antonio Pipitone (Qui gli altri suoi articoli)


13 Commenti a Scacchi, meditazione e cultura araba

  1. avatar
    Ivano E. Pollini 24 Dicembre 2014 at 09:46

    Gentile signor Pipitone,
    ho trovato il suo scritto molto interessante da vari punti di vista.

    Poiché non si può dire tutto sulla storia degli scacchi, Lei ha trovato una formula efficace, in cui sintesi e chiarezza sono le virtù principali.

    Inoltre, la parte del suo racconto sullo scacchismo arabo, più meditato e originale, è illuminante sui diversi modi di interpretare e vivere le cose della vita.

    Il confronto sembra essere col modo affrettato, e spesso incurante, del modo di vivere che è praticato normalmente nel mondo occidentale.

    Belle e ben curate sono le illustrazioni,

    Conosco un pò l’argomento, avendo scritto su questo blog qualcosa di analogo, ma diverso, da quanto ha scritto lei, in modo più sintetico.

    Si, anch’io ho spesso visto giocare al circolo partite di 3 minuti,ed anche di 1 minuto, dove vige la tirannia dell’orologio. Ma non è scacchi, diceva Botvinnik.

    Quando gioco partite di 5 minuti (raramente), sempre realizzo che il tempo sull’orologio spesso vale più della posizione (almeno a livello amatoriale) e che il blitz, in fondo, è veramente “un altro gioco”.

    Può servire a velocizzare i neuroni del cervello, ma ha poco a che vedere con una partita a scacchi più meditata (con un pò di strategia ed una tattica più precisa) .

    Erano altri tempi, e tempi leggendari, quando Capablanca, nel 1913 e 1914, a San Pietroburgo, giocava 1 minuto contro 5 minuti contro i maestri russi e li batteva regolarmente (testimonianza di Alekhine e Romanovski). ❗

    Non solo, ma a Berlino, ancora Capa nel 1914, era stato in grado di battere il campione del mondo E. Lasker per 6 1/2 a 3 1/2 in un “quick game match” (15 o 25 minuti a partita).

    Lasker aveva quell’anno vinto il grande torneo di San Pietroburgo.

    Insomma,tornando a Lei, un bell’articolo e i miei più vivi complimenti 😀

    • avatar
      Antonio 24 Dicembre 2014 at 18:00

      Molto gentile, grazie :oops:

      🙄

      Grazie !

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    Michele Panizzi 24 Dicembre 2014 at 15:33

    Sottoscrivo la cosiderazione sul tempo
    che si chiama tempo di riflessione perche´ come
    dice la parola ,dovrebbe servire a riflettere,
    se non ce´ il tempo e manca diventa
    piuttosto un tempo di ansia e angoscia:)

    • avatar
      Antonio 24 Dicembre 2014 at 17:53

      Grazie !

  3. avatar
    Jas Fasola 24 Dicembre 2014 at 18:48

    ho notato che non dipende tanto dal tempo ma da chi gioca – se uno è “abile” anche a tre minuti gioca bene (almeno a tratti :mrgreen: ). Il fatto è che si tratta di pochi eletti 😥
    Bell’articolo, complimenti!

    • avatar
      alfredo 24 Dicembre 2014 at 20:45

      Comunque io propongo l’abolizione , almeno , di quell’orrore che è il ” bullet”
      a volte il gioco lampo assume le carastteristiche di un vero disturbo ossessivo – compulsivo

  4. avatar
    nikola 24 Dicembre 2014 at 19:32

    i contributi che preferisco sono quelli che coniugano scacchi e cultura, e questo è uno dei più affascinanti tra quelli che ho letto. in modalità diverse provo anch’io a “sostenere” il messaggio che il racconto vuole veicolare anche se ahimè il mondo (scacchistico e non) sta andando in direzione opposta.

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    alfredo 24 Dicembre 2014 at 20:43

    I contributi del Maestro Pipitone sono veramente sempre molto interessanti
    ora non ho tempo ma devo dire che poche persone ( forse solo Paoli) hanno legato il proprio nome agli scacchi di una città come il Maestro Pipitone ha legato il suo alla città di Parma
    Su questo tema ho trovato molto interessante un libro del fisico James Gleik , il bbiografo ufficiale di Feynman : ” SEMPRE PIU’ VELOCI”
    in tutta la storia noi umani non abbiamo mai avuto cositanto tempo a disposizione ( i nostri bisogni primari sono in gran parte assicurati. Ad esempio io basta che vada all’esselunga sotto casa a muova una manopola. Non devo cacciare e procurarmi il fuoco ) eppure siamo sempre ” di fretta”
    anch’io ion questo momento ma il motivo è molto prosaico
    Un caro saluto a tutti gli amici
    a nikola . a Budapest il natale deve essere molto bello . sbaglio ?

    • avatar
      nikola 25 Dicembre 2014 at 11:17

      Il Natale a Budapest è molto bello e affascinante, anche se non mi posso definire un appassionato di questo periodo ;)

  6. avatar
    Mongo 24 Dicembre 2014 at 21:37

    Interessante!! Me lo sono goduto con in bocca un Antico Toscano, simbolo del fumo lento.
    Davvero bello, molto bello.
    Grazie Maestro.

  7. avatar
    paolo bagnoli 26 Dicembre 2014 at 11:12

    D’accordo sull’abolizione del “bullet”; per me, che ho la velocità della deriva dei continenti, è una vera aberrazione.
    Auguro a tutti BUONE FESTE!

  8. avatar
    fabrizio 26 Dicembre 2014 at 18:00

    Un articolo semplice nello stile e ricco di contenuti come il suo autore. Un affettuoso saluto e tanti auguri all’amico Antonio, che spero di incontrare presto al prossimo campionato seniores. Fabrizio Antonelli

  9. avatar
    The dark side of the moon 26 Dicembre 2014 at 23:04

    “Il gioco lampo assume le caratteristiche di un vero disturbo ossessivo – compulsivo”.
    Sottoscrivo e condivido al 100% l’osservazione di Alfredo.
    Anziché abolire la modalità bullet negli scacchi proporrei di non chiamare “partite di scacchi” quelle partite che durano meno di 90 min.
    Quando mi capita di giocare a 5 min. on-line mi rendo conto di buttare tempo che potrei impiegare magari per studiare un bel libro di scacchi.

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