il gabbiano d’argento

Scritto da:  | 14 Febbraio 2015 | 26 Commenti | Categoria: Zibaldone

“E ora ci faranno cavalieri”
(Francesco Dall’Olio, palleggiatore della nazionale, dopo la vittoria dell’Italia su Cuba in semifinale, il 30 settembre 1978)

Gabbiano d'argento 1

Tra settembre e ottobre l’Italia ospiterà i campionati mondiali di pallavolo per la seconda volta nella storia. Per il precedente, bisogna risalire a trentadue anni prima esatti. Infatti era stato nel 1978, e sempre tra settembre e ottobre, che i mondiali di volley si erano tenuti per la prima volta nel nostro paese.

Alla vigilia di quell’edizione si poteva affermare, senza paura di sbagliare, che la pallavolo era già uno sport massicciamente praticato nella nostra penisola, in particolare dagli studenti medi e dai ragazzi dei circoli parrocchiali. In totale contava oltre centomila tesserati, in massima parte giovani e giovanissimi.

Eppure, a questa pratica di massa, non si accompagnava una corrispondente popolarità riguardo ai grandi eventi, e i palazzetti dello sport richiamavano pochissime migliaia di spettatori per le partite di campionato, senza considerare che i risultati dell’Italia a livello internazionale si potevano definire, anche questa volta senza paura di sbagliare, decisamente scadenti. Per quanto concerneva poi le più recenti apparizioni, non si era andati al di là di un deludente diciannovesimo posto ai mondiali del 1974, riscattato appena dall’ottavo delle olimpiadi di Montreal ’76.

E anche a questa edizione casalinga del campionato del mondo la nostra nazionale non apparteneva certo al gruppo delle favorite per la vittoria, schiacciata, com’era, dalla superiorità di squadre blasonatissime, come l’Unione Sovietica dal palmarès quasi lunare (quattro titoli mondiali e due olimpici già nel curriculum), la Polonia, detentrice dei titoli olimpico e mondiale, il Giappone dell’intramontabile regista Katsutoshi Nekoda e del giovane schiacciatore Mikiyasu Tanaka, fino alle emergenti e innovative scuole latino americane di Cuba e Brasile, cariche di dinamismo atletico e particolarmente inclini al gioco acrobatico.
Secondo il nuovo selezionatore azzurro, Carmelo Pittera, anche un decimo posto poteva definirsi un risultato positivo. Questo trentaquattrenne tecnico siciliano era approdato alla guida azzurra nel maggio del 1978, proveniente dalla Paoletti Catania, la formazione che aveva vinto l’ultimo scudetto; ed era stato quasi cooptato dalla federazione, in sostituzione dell’ex campione polacco Edward Skorek, dileguatosi senza neanche dare preavviso, per dirigersi alla volta degli Stati Uniti, dove avrebbe inseguito nuovi e più appetitosi ingaggi.

Gabbiano d'argento 3Pittera aveva cercato di portare aria nuova nell’ambiente italiano, ma la sua operazione di svecchiamento della nostra selezione non aveva mancato di generare qualche inevitabile polemica. Per espressa scelta tecnica aveva lasciato a casa i due giocatori più esperti: Mario Mattioli ed Erasmo Salemme; e a causa degli imprevisti del dilettantismo si era dovuto rassegnare alla rinuncia dei giovanissimi Franco Bertoli, precettato dal richiamo al servizio di leva, e Gianmarco Venturi, il cui precetto era giunto dalla fidanzata, determinata a non farlo allontanare da sé durante i mesi estivi.

Il sipario sulla manifestazione mondiale si era aperto il 20 settembre, e l’Italia aveva esordito affrontando il Belgio al PalaEur di Roma davanti a novemila spettatori, e schierando subito quello che sarebbe stato il sestetto base per tutto il torneo: il capitano Fabrizio Nassi, Francesco Dall’Olio, detto Pupo, il lunghissimo schiacciatore Claudio Di Coste (2,07 m di altezza), Mauro Di Bernardo, Giovanni Lanfranco e Marco Negri, con le aggiunte sempre più determinanti di Nello Greco, Antonio Scilipoti, Fabio Innocenti e Toni Alessandro.

Quest’incontro con il Belgio si era rivelato poco più che una formalità per i nostri, che si erano sbarazzati degli avversari con un secco 3-0 (15-6 15-5 15-1) in poco più di un’ora. Era stata una vittoria lampo, dato che a quell’epoca le partite di volley potevano durare ben oltre le tre ore. Tanta prolissità era dovuta al regolamento vigente, profondamente diverso da quello di oggi: ogni punto veniva conquistato solo sulla propria battuta, dando vita a set di durate potenzialmente interminabili.
Anche il gioco era meno dinamico di quello attuale, e la battuta appariva poco più che una rimessa dal fondo a foglia morta, e doveva essere eseguita senza poter alzare i piedi da terra.

 Gabbiano d'argento 5

Come il primo, anche i match successivi si erano rivelati più comodi del previsto: sia contro l’Egitto che contro la ancora misteriosa formazione della Cina Popolare. Negli altri gironi, invece, stava emergendo il funambolico sestetto di Cuba, che aveva avuto ragione del Giappone per 3-1 in una partita avvincente e spettacolare.

L’URSS poi, si era confermata la schiacciasassi di sempre, vincendo agevolmente tutte e tre le partite della fase eliminatoria, e sfoderando un gioco di grande potenza e precisione, senza abbandonarsi quasi mai a virtuosismi da ovazione. Anche la Polonia e la sorprendente Corea del Sud del “microscopico” regista coreano Kim Ho Chui, alto appena 1,76 m e soprannominato affettuosamente dai giornalisti “calimero”, avevano chiuso in testa il loro girone.

Ma chi stava esaltando veramente il pubblico italiano, e soprattutto quello romano, erano gli azzurri di Carmelo Pittera, a quell’epoca ancora tutti rigorosamente dilettanti, e retribuiti a solo rimborso spese. Travolta la DDR, strapazzata la Bulgaria, e superato il Brasile sul filo di lana, il PalaEur di Roma aveva polverizzato di volta in volta ogni record di incasso. Tra le immancabili quindicimila persone assiepate sugli spalti, si vedevano soprattutto studenti e anche tantissime ragazze.
Difatti la pallavolo, che diversamente dal calcio non è mai stato uno sport a conduzione maschile, stava scatenando un successo bipartisan tra i due sessi. Ma diversamente da altre discipline unisex, come il tennis, non era affatto uno sport d’importazione; e alla fine degli anni settanta mancava soltanto una grande impresa a livello mondiale per decretarne finalmente l’exploit nel nostro paese.

Gabbiano d'argento 2Anche il supporto della diretta televisiva aveva fatto sì che gli italiani si appassionassero a questo campionato del mondo. Così, quando la nostra squadra era arrivata alla semifinale contro la nazionale cubana, il Palasport romano si era riempito, fino a straboccare, di diciottomila spettatori: dei quali, tantissimi infiltrati senza biglietto. Anche il fenomeno del bagarinaggio era arrivato per la prima volta a coinvolgere questo sport, che ne era rimasto candidamente immune fino a quel momento.

Tanto entusiasmo era stato ben ripagato, e la marcia inarrestabile dei nostri era proseguita con la vittoria, inaspettata ma altrettanto meritata, per 3-1 sulla squadra cubana, definita “colored”, in quanto composta da soli giocatori afro-americani, e sospinta dal barbuto ventiseienne Ernesto Martínez, un autentico prodigio di atletica, capace di staccare 1,35 m da fermo.
Contemporaneamente al sorgere alla ribalta della nazionale azzurra, si era assistito al crepuscolo di una nobile in decadenza, il Giappone, battuto anche dalla non proprio irresistibile Germania Orientale in una delle finaline oltre il decimo posto. Per i nipponici si era chiusa l’epoca d’oro del capitano Nekoda, il campione nato a Hiroshima un anno prima della bomba atomica, e che appena cinque anni più tardi avrebbe dato l’addio al mondo, consumato da un tumore allo stomaco: lontano lascito di quelle radiazioni letali.

L’Italia aveva raggiunto la finale contro ogni pronostico e in barba alle polemiche della vigilia. Qui avrebbe dovuto affrontare l’Unione Sovietica, che già ci aveva battuti con un inequivocabile 3-0 (15-11 15-6 15-3) nella fase delle semifinali. Quella sovietica, infarcita di grandi campioni, come l’estone Viljar Loor, Vladimir Tchernichov, Oleg Moliboga, Pavel Selivanov e Aleksandr Ermilov, sembrava una formazione composta da marziani; e gli esperti di volley avevano calcolato che con il parco giocatori a disposizione in quel paese, si sarebbero potute schierare ben quattro nazionali, tutte potenzialmente in grado di aggiudicarsi la medaglia d’oro.

Eppure l’Italia, stretta per una volta tanto intorno a uno sport di squadra diverso dal calcio, si stava abituando a sognare, ed anche la vittoria contro i giganti sovietici sembrava essere diventata un’ipotesi realizzabile.

Ma la sera del 1 ottobre, con la copertura della diretta RAI, gli azzurri non avevano potuto nulla contro quegli extraterrestri venuti dal freddo, con il risultato finale fissato su un impietoso 3-0 (15-10 15-13 15-1). E quasi inevitabilmente, l’intramontabile abitudine italica di passare al primo volgere del vento dall’entusiasmo patriottico più sfrenato alla più sbracata irrisione disfattista, aveva prevalso.

Il pubblico, o almeno una parte di esso, che aveva intonato all’unisono l’inno di Mameli prima del match, nei momenti più sofferti del terzo ed ultimo set, aveva fatto piovere manciate di monetine verso il centro del campo.

Non erano state per fortuna le irriguardose monetine a suggellare il finale della kermesse italiana, bensì un’invasione di campo festosa, con i giovani e i giovanissimi spettatori a caccia di autografi, magliette o anche semplicemente una stretta di mano a quei giocatori, quasi sconosciuti poco prima, e ora diventati degli idoli.

Quella medaglia d’argento era stata la prima grande vittoria italiana in campo internazionale; e quando al termine della semifinale vittoriosa contro Cuba, Francesco Dall’Olio aveva scherzosamente esclamato: “E ora ci faranno cavalieri”, era stato felice profeta. Infatti i nazionali azzurri di quel mondiale avevano ricevuto per davvero l’investitura a cavalieri, per meriti sportivi, dalle mani dell’allora presidente Pertini.

Verso la fine del 1978 un regista italiano, Giulio Berruti, dedicherà a questa loro performance un documentario, purtroppo diventato ormai più introvabile che raro, intitolato “Il gabbiano d’argento”. Ed è proprio con questo appellativo, dal tono ispirato, che viene ancora ricordata la nostra prima grande nazionale di volley.


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26 Commenti a il gabbiano d’argento

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    The dark side of the moon 14 Febbraio 2015 at 10:07

    I racconti di Ottomano mi piacciono parecchio perché non sono mai banali e retorici.
    Bella e triste la frase “….l’intramontabile abitudine italica di passare al primo volgere del vento dall’entusiasmo patriottico più sfrenato alla più sbracata irrisione disfattista, aveva prevalso….” che riflette purtroppo perfettamente la nostra natura di italiani 🙁

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    alfredo 14 Febbraio 2015 at 18:02

    un bellissimo regalo da parte del mio grande amico ARTHUR

    Oggi ho trascorso con lui e la sua MERAVIGLIOSA famiglia una delle più belle giornate della mia vita
    Ciao a tutti :mrgreen:

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      Ramon 14 Febbraio 2015 at 21:21

      Grande Alfredo! salutaci allora Art …e aspettiamo il tuo reportage dalla Catalogna! 😉

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      DURRENMATT 15 Febbraio 2015 at 19:11

      …Nakamura ostenta coraggio e sicurezza.Sarà.Ci crederò quando vedrò un match Mondiale con Hikaru che sfda Carlsen con il Controgambetto Albin…sono come San Tommaso…se non vedo non credo!! 😉

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    DURRENMATT 15 Febbraio 2015 at 18:49

    …E’ stato un grande Mondiale quello del’78 con grandissime Nazionali. Il leggendario Giappone di Nekoda che sbancò le Olimpiadi di Monaco del’72.Il gioco veloce e la tattica:furono questi gli ingredienti capaci di portare il volley orientale oltre la soglia della bellezza,ipnotizzando il pallone e gli avversari.Fu un “paradigma vincente” quello delle “finte”,simbolo della capacità Giapponese di sacrificarsi saltando “come se” schiacciassero,ma senza farlo,offrendosi di sudore solo per ingannare il muro.Mai,si diceva allora,un giocatore occidentale,avrebbe accettato una tale umiliazione.Resta nella storia la semifinale con la Bulgaria alle Olimpiadi di Monaco ’72:3 ore e 40 minuti di gara con il Giappone capace di rimontare dallo 0-2.Quando Stan Gosciniak alzò quella palla,quando Ed Skorek la schiacciò davanti al Mondo, allora cambiò la storia del volley.Era una combinazione d’attacco mai vista prima: nemmeno i Giapponesi avevano osato tanto.E a quella “palla” persino i nemici Sovietici si dovettero inchinare.La Polonia vinse i Mondiali nel’74 e l’Olimpiade del ’76 (allenata da Wagner),elaborando un nuovo modulo offensivo che aveva come cardine la “1-3″: palla chiamata dallo schiacciatore in posto due; mentre il centrale andava in primo tempo,lui raddoppiava al centro o attaccava fuori banda, a seconda del muro avversario (il colpo doppio negli scacchi così ben descritto da Averbakh nel suo bellissimo ” Le basi del Mediogioco”;).In quella squadra c’erano alcuni dei più grandi giocatori di sempre: Wojtowicz,Bosek,Skiba (quest’ultimo responsabile del progetto “ragazzi dell’85” che forgiò i vari Gardini,Zorzi,Cantagalli,Tofoli,Galli l’asse portante della Nazionale italiana campione di tutto guidata da Velasco).A Roma c’erano anche i sudamericani. Impressionanti i Cubani con la loro “strafottenza” fisica e che facevano a gara a chi picchiava più forte.Il Brasile ,invece, era carico di novità tattiche.Con i carioca arrivarono arresti,scorrimenti incredibili,palle spostate con il muro avversario che andava spesso a “rane”.Molta curiosità destava la Corea del Sud guidata in palleggio dal leggendario Kim Ho Chul.Il piccoletto era dotato di una mente prodigiosa.Ricordava sin nei minimi dettagli le partite giocate e le caratteristiche dei giocatori avversari.Si racconta che fosse in grado di eseguire sul campo centinaia di schemi d’attacco.Kim allenava costantemente queste sue qualità a volte utilizzando metodi bizzarri:Durante il pasto contava mentalmente (visualizzava direbbero gli scacchisti eruditi) i chicchi di riso contenuti nella sua ciotola.Un vero “velocista della mente”( così vengono definiti i pallavolisti dalla teoria dei giochi di squadra).Infine lo squadrone dell’URSS guidato in campo dal palleggiatore Zaitsev (padre di Ivan attuale opposto della Nazionale italiana) e dal centrale Savin(il più forte giocatore di sempre)e in panchina dallo Zar di Leningrado,Viatcheslav Platonov.Allenatore leggendario,grande teorico della ricezione frontale,dai metodi spartani:”E’ come essere un istruttore di alpini.Alcuni sono soddisfatti di saper scalare montagne di medio livello,io voglio insegnare come si arriva su quelle più alte”.Infatti l’URSS di Platonov riuscì a conquistare il suo Everest.Dominò il Mondo dal ’77 all’85 vincendo 2 Mondiali,una Olimpiade, 2 Coppe del Mondo e 5 Europei.Platonov,però,aveva un difetto:la lingua lunga.Per questo fu allontanato dalla burocrazia Sovietica per il suo rifiuto ad appoggiare pubblicamente il boicottaggio alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1984.E l’Italia? Pallavolisticamente parlando gli azzurri erano lontani anni luce dal gotha mondiale.A quell’epoca non esisteva il giocatore a tempo pieno.Diciamo meglio,non si sopportava l’idea di dover pensare solo alla palestra.La nazionale venne affidata al prof.Carmelo Pittera allenatore della Paoletti Catania fresca vincitrice dello scudetto.Naturalmente tutto il clan dei catanesi fu coinvolto nel progetto “Gabbiano d’Argento”.Per capire quanto Catania ed il fenomeno Paoletti incise sulla pallavolo italiana basta raccontare un evento.E’ il 21 Aprile del’79.Pittera convoca gli azzurri in ritiro in Sicilia.E proprio nell’angusto palazzetto di Piazza Spiedini fa giocare una amichevole con l’Egitto.La folla straripante raggiunge il massimo dell’entusiasmo (e della commozione) nel terzo set.Pittera schiera Alessandro,Di Coste,Greco,Nassi,Concetti,Scilipoti,vale a dire la Paoletti!Facendo un parallelo con gli scacchi il prof.Pittera è il “Paoli” della pallavolo italiana.Siciliano doc,serio,rigoroso,introverso e…scaramantico!E qui mi tocca raccontare il “segreto” del Gabbiano d’Argento.Il campionato italiano del’78 è una cavalcata entusiasmante per gli etnei della Paoletti Catania e pare senza ostacoli.Ma la squadra siciliana perde nettamente e inaspettatamente a Torino contro la Klippan di Prandi.La paura di vincere serpeggia tra i catanesi.Allora il direttore tecnico dei siciliani Luciano Abramo(il primo dirigente professionista del volley italiano,un vero rivoluzionario)ne inventa una delle sue.Nell’incontro successivo a Catania,chiama Pittera qualche attimo prima della partita.I due confabulano;Luciano convince Carmelo a lasciare le sue mutande nello spogliatoio ed a tornare in campo senza niete sotto i pantaloni.La mossa funziona ed il rito scaramantico si ripeterà,senza sconfitte sino alla finale tricolore e…mondiale. P.S.negli anni’70 la pallavolo in Italia era letteralmente ignorata dai mass-media ma seguitissima dal vivo con palazzetti stracolmi.Circolavano anche cifre interessanti.La Paoletti Catania nel ’79 era disposta a scucire 50 milioni di vecchie lire per l’ingaggio di Pupo Dall’Olio.

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    lordste 16 Febbraio 2015 at 11:53

    Una nota molto importante: rispetto a quei tempi la pallavolo è decisamente cambiata anche dal punto di vista tecnico e regolamentare. Da anni ormai non c’è più il “cambiopalla” (ma c’è il “rally point System”, punti a tutte le azioni e set al 25), è permesso il tocco di piedi, non esiste il “net” in battuta, è consentito battere da tutto il fondocampo e in salto, c’è un nuovo ruolo (il “libero”;), i palloni sono più “morbidi” e sgonfi. Un altro sport, quasi. E vedere giocatori in maniche lunghe mi lascia piuttosto perplesso (per esperienza diretta, un bagher in maniche lunghe tende a andarsene dove ha voglia, mentre il movimento della spalla per la schiacciata risulta molto limitato…;)

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    lordste 16 Febbraio 2015 at 11:59

    Altra nota (al commento di Durrenmatt). “il più forte giocatore di sempre”: mi permetto di dissentire, o quanto meno di nutrire qualche dubbio. Magari come centrale, ma non mi sento di mettere in secondo piano due giocatori stratosferici di qualche anno dopo: Lorenzo “lollo” Bernardi e Karch Kiraly (guarda caso insigniti a parimerito del titolo di “miglior giocatore del XX secolo”;)

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    DURRENMATT 16 Febbraio 2015 at 15:22

    …per direzionare il bagher,e quindi la ricezione, servono soprattutto gambe e spalle.Con gli avambracci si deve solo costruire il “piatto”(la piu ampia superfice d’impatto).Ergo la “manica lunga” o corta ha poca importanza (si tratta solo di gusti individuali). In passato,tuttavia, si giocava abitualmente in manica lunga che,detto tra noi, sta tornando di moda soprattutto nel femminile.Preferisco la pallavolo del “cambiopalla”(anche quella era una pallavolo veloce) a quella del Rally point system per svariati motivi tecnico-tattici che non è il caso di snocciolare (si scivolerebbe troppo nel particolare e non interesserebbe nessuno).Riguardo Savin…Platonov,teorizzatore della universalizzazione del gioco, sosteneva che il migliore di sempre doveva saper far tutto (difesa,attacco,muro,).Infatti reputava Karch(espressione della scuola Usa di Doug Beal basata sulla specializzazione) debole nei fondamentali di attacco/muro e Bernardi un individualista (infatti Lorenzo, ex palleggiatore poi trasformato in posto 4 da Velasco allenatore della Panini Modena, è in ex aequo con Kiraly per volere di Ruben Acosta all’epoca presidente della Fivb…bisognava premiare un giocatore della “squadra del secolo” e la scelta ricadde su Lollo perchè, pare, che la moglie di Acosta avesse un “debole” per l’italiano.Questa è una storia vera e non una boutade). Vorrei precisare che Savin (giocatore spaventoso),per la generazione ’70-80 è stato un punto di riferimento e come Kiraly,simbolo degli anni ’80-90, era in grado di incidere fortemente sull’andamento di una partita. A proposito di Kiraly(superiore in tutto a Bernardi) per quando mi riguarda sfondi una porta aperta…per ovvi motivi l’ho studiato al videotape e dal vivo (Messaggero Ravenna) per un bel quindicennio!!! Conosco vita morte e miracoli,e soprattutto, gli scout (con percentuali impressionanti) di “Mr.Secolo!! 😉

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      lordste 16 Febbraio 2015 at 15:36

      Riguardo al discorso del bagher, ti assicuro che giocare con le maniche lunghe dà parecchio fastidio sia in difesa che in attacco… soprattutto se le maniche erano “non aderenti” come vedo dalle foto d’epoca. Poi, de gustibus… ma prendere un pallone con una manica svolazzante qua e là IMHO non ti permette un controllo efficientissimo…
      Sulla questione-Kiraly c’è da capire quanto potesse un (ex) sovietico apprezzare l'(ex) nemico yankee… quello che posso dirti è che Kiraly ha dimostrato ampiamente di essere un “manuale della pallavolo vivente”, soprattutto dopo il ritiro indoor e le numerose vittorie a beach, dove saper fare (bene) tutto è fondamentale. Su Bernardi posso darti ragione, dell’Italia “mostruosa” dell’epoca io avrei premiato di più Giani (un vero universale)

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    alfredo 16 Febbraio 2015 at 19:34

    non capisco nulla di pallavolo
    ma se Giuseppe Ottomano scrive un articolo su Roger de Vlaeminck gli assicuro 100 post e gratitudine eterna !!!!

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      lordste 17 Febbraio 2015 at 17:20

      Alfredo, qui di ciclismo ne ho già visto scritto parecchio, sulla pallavolo meno…

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    alfredo 17 Febbraio 2015 at 17:55

    Caro Lordste
    ma è un articolo cosi bello che ha intrigato anche me
    Vedo che voi siete molto esperti
    Il problema è che a scuola la pallavolo era lo sport che pretendevano si facesse durante l’ora di educazione fisica
    e come tutte le cose imposte io rifiutavo
    mettici poi l’altezza …
    pero’ ai tempi avevo una fidanzata che giocava a pallavolo e che ora fa l’istruttrice .
    era poi uno sport che si faceva prealentemente al chiuso ,ecco forse questo è stata la cosa che piu’ mi ha tenuto lontano
    ma il beach volley femminile chissa perché mi piace assai :mrgreen:
    Agli esperti posso fare due domande ?
    1) secondo voi qual’ è il piu’ bel punto che vi ricordate nella storia della pallavolo ( negli sport sono attatto molto dall’estetica : il piu’ bel gol , il piu’ bel ko , il piu’ bel punto nel tennis , il piu’ bel gesto atletico nel ciclismo etc..)
    2) Lucchetta è stato un grande giocatore o più un ” personaggio “?
    ciao 🙂

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      lordste 18 Febbraio 2015 at 09:45

      Tralasciando il discorso sul beach femminile… che apprezzo a prescindere 😎
      parto dalla 2): Lucchetta è stato un ottimo giocatore, e al contempo era (ed è) un “personaggio” da farti rotolare dalle risate. Per fare un paragone, potrei dirti tipo Paul Gascoigne: tanta classe (ma non da fenomeno assoluto) e tantissima follia (per Lucchetta però “positiva”;).
      per la 1) ti consiglio di andare a vedere un filmato su youtube “25 best volleyball actions”, al numero 1 c’è un attacco “a sorpresa” dalla seconda linea di MArshall su palla rimandata alta dagli avversari. Ma io apprezzo di più le difese e i recuperi miracolosi, da quello di Grbic “saltando” i tabelloni alle olimpiadi al doppio tuffo di Giba nella stessa azione (ahimè contro l’Italia)

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        lordste 18 Febbraio 2015 at 09:46

        trovato il link:

        :o

        • avatar
          alfredo 18 Febbraio 2015 at 09:56

          Grazie !
          andrò a vederlo subito .
          omunque guardo ogni tanto la pallavolo in TV ma non riesco a capirne bene le sottigliezze
          insomma io ho praticato il ciclismo
          so la diffferenza che so ? tra il 54 x 13 e il 42x 19 .
          ma nella pallvolo so solo : battuta , ricezione , alzata , schiacciata
          Su Lucchetta posso essere d’accordo . ma forse dovrebbe rendersi conto che a 50 anni non si è piu’ ragazzini .
          Ma me i matti piacciono
          un po’ come Pozzecco nel basket o Vendrame nel calcio .
          Forse qualcuno se lo rcorderà

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            alfredo 18 Febbraio 2015 at 10:08

            Ecco un giocatore che secondo me potrebbe essere ben descrito dalla penna dell’amico sarebbe proprio Ezio ( mi sembra) Vendrame .

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            DURRENMATT 18 Febbraio 2015 at 15:57

            …le sortite da guascone di “Lucky” Lucchetta in realtà mascherano la sua timidezza e sensibilità.Ai mondiali del’90 in Brasile Andrea Lucchetta viene incoronato miglior giocatore del mondiale.Il gruppo lo festeggiò tantissimo:sapeva quanto quel riconoscimento fosse meritato.Era stato Lucky,il nostro atleta più costante,aveva giocato bene,aveva,soprattutto,sempre aiutato i compagni.Era stato un grande capitano,dentro e fuori.Lucky era stato l’unico titolare a non aver ricevuto,fino a Rio,un premio individuale.Il gruppo,il popolo della pallavolo lo avevamo già premiato,silenziosamente:e lui lo sapeva.Ma il suo orgoglio era ferito,gli mancava la consacrazione.Ottenne a Rio la più importante di tutte.E noi,davvero,fummo felici.Tecnicamente era un ottimo centrale (sicuramente tra i primi cinque al mondo dell’epoca)buon attacco in primo tempo,fortissimo nel muro a lettura,veloce negli spostamenti laterali,spesso entrava in ricezione sulla battuta a salto avversaria,discreto in difesa(sua la difesa dell’ultimo punto mondiale contro Cuba,la famosa “una palla in più”;).Quindi la risposta è sì,Lucchetta è stato un giocatore vero.La bellezza nello sport è difficile da inquadrare.Olimpiadi di Torino 2006.Pattinaggio a coppie.Sul ghiaccio i cinesi Dan Zhang e Hao Zhang danzano e volteggiano, ma l’incanto si rompe quasi subito.Sul quadruplo salchow lanciato la ragazza cade,il ginocchio sinistro picchia pesantemente a terra torcendosi.Il dolore “esce” persino dallo schermo della Tv.I due ragazzi sono abbracciati,poi si avvicinano alla balaustra dove c’è l’allenatore che li rispedisce in pista.”La finale olimpica con una gamba sola”,forse gli ha detto così,ma pare impossibile che possano ricominciare.Invece,passati i due minuti di sospensione concessa,i ragazzi riprendono a danzare ed è impossibile staccare loro gli occhi di dosso:volteggi,slanci,salti,lei fa perno sulla gamba sinistra,lei che pattina leggera come se niente fosse successo.Finisce con un’ovazione,con il pubblico in delirio,con i due ragazzi straniti e increduli.Nell’attesa del verdetto,ecco il ghiaccio sul ginocchio e la fasciatura.E la tensione sale perchè sai di aver assistito a qualcosa di incredibile e vorresti un premio al coraggio.Che arriva:medaglia d’argento.Applausi.

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    Mongo 18 Febbraio 2015 at 00:30

    Il goal più bello: quello di Platini, annullato ingiustamente, nella finale intercontinentale vinta dalla Juventus.
    Il KO: quello subito da Foreman contro Ali in Congo.
    Ciclismo: la tappa di Oropa del giro d’Italia vinta da Pantani (a prescindere)
    Tennis: il rovescio a due mani di Connors, quando non lo faceva nessuno.

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    alfredo 18 Febbraio 2015 at 10:05

    Grazie Lordste visto 😉
    Per quanto riguarda il ciclismo

    Anche se in pratica Le Mond tirò la volata a Saronni scattando dietro al connazionale Boyer
    C’erano 2 americani che si scannarono tra di loro ma a parte tutto lo Scatto di Saronni fu impressionante
    Il gol piu’ bello : van Basten finale europeo 88
    per il colpo piu’ bello : Basta andare su Mc Enroe e non c’è che l’imbarazzo della scelta .
    Il Ko : penso Monzon contro Benvenuti

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    DURRENMATT 18 Febbraio 2015 at 14:58

    L’AMARO TUNNEL-…Ho sempre pensato che nella vita quando qualcuno ti viene incontro a gambe aperte,si aspetti sempre qualcosa.Ma in quella circostanza capitata proprio a me tanti anni fa,,quelle gambe che a San Siro in un Milan-Vicenza velocemente si staccarono da una barriera per impedirmi di calciare in porta,non erano delle gambe qualsiasi.Erano quelle del prodigio Rivera.Le sole che per me in quegl’anni rappresentavano il calcio.Ma cazzo,credetemi,non avevo alternative,e in quel suo provocante invito fui costretto a malincuore a consumare il tunnel più amaro della mia vita.Mi resi conto che l’avevo combinata grossa.Ma ormai era fatta e non si poteva ritornare indietro.Dopo quel sacrilego incidente girovagai come un’ombra per il campo scordando completamente la mia partita.Avevo altre urgenze.Desideravo soltanto che il tutto terminasse al più presto per scusarmi di quella che anche se involontariamente sembrava comunque una mancanza di rispetto.Quando al triplice fischio finale finalmente lo avvicinai e timorosamente gli strinsi la mano,mi accorsi che avevo a che fare proprio con un “grande”.Senza dire una parola mi scusò con un tenero sguardo,poi prima di andarsene mi spalancò un confortante sorriso.Grazie,Gianni.(Vendrame Ezio,Una vita in fuorigioco,p.37)…P.S. Ezio era un grande amico di Alda Merini.

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      alfredo 19 Febbraio 2015 at 19:27

      La mia passione per Vendrame risale ovviamente , alla mia vicentinità
      Per quanto riguarda Alda : le sono stato veramente amico per 25 anni ( non era una persona facilissima) e francamente non la ho mai sentita parlare di Vendrame . Vero è che Alda conosceva una quantità impressionante di persone
      . so che Vendrame fu molto colpito dall’incontro con il cantautore livornese Ciampi .Puo’ essere sicuramente che la abbia incontrata
      Un giorno raccontero’ una cosa divertente che mi capitò passeggiando con la grandissima Alda , una delle persone a cui ho piu’ voluto bene in vita mia e di cui conservo migliaia di ricordi .

  12. avatar
    Bruna 18 Febbraio 2015 at 22:22

    a proposito di tifo, avete letto questo? m’interessava conoscere il vostro parere da esperti sulla questione grazie. ciao 🙂 http://bit.ly/1FucsOW

  13. avatar
    fds 19 Febbraio 2015 at 09:34

    Ciao Riccardino.

    Cos’è, pubblicità cross linked?
    Comunque ti ho (eccezionalmente) risposto in loco.

  14. avatar
    DURRENMATT 19 Febbraio 2015 at 14:54

    @BRUNA-…Queste inutili “piazze web” popolate,guarda caso,dai soliti homo sapiens sapiens mi riportano alla mente le parole di un tizio:”dobbiamo fare di tutto affinchè gli scacchi non diventino come una lingua morta:molto interessante,ma per un gruppo assai ristretto”.Per la verità le prime parole che mi sono venute alla mente sono state quelle di un’altro tizio(il gioco degli scacchi è uno sciocco espediente per far sì che la gente sfaccendata creda di fare qualcosa di molto intelligente quando invece sta sprecando soltanto il suo tempo)ma,effettivamente,sarebbe stato poco “aristocratico” da parte mia e, si sa, bisogna sempre essere all’altezza pena la “decapitazione”.Detto ciò faccio una proposta agli homo sapiens sapiens di quella affollatissima piazza web:un componente del “cerchio magico” di questo blog(se ci sei,e ci sei,batti un colpo!)è in amicizia stretta con Arthur Kogan(per gli amici semplicemente Art).Sì avete capito bene,il Capitano della Nazionale italiana di scacchi(su questo blog si viaggia ad altezze siderali,altrochè!).Sarebbe interessante girare quel “simpatico” post(scritto da un genio?)al Capitano e richiedere,magari, un’udienza per conoscere la sua opinione soprattutto in merito al passaggio…”se fai caso,l’impressione generale è che agli italiani non interessa di questo ragazzo(CARUANA) e che il medesimo sia solo “spinto” da molte persone dell’ambiente scacchistico italiano interessate solo a lucrare su di lui”.Vi starete chiedendo:e che c’azzecca Kogan?C’azzecca eccome,amici belli,vito che per la sua riconferma il Capitano ha posto dei precisi paletti alla FSI e mi riferisco non solo al metodo “sabermetrico” utile per comporre la squadra Nazionale ma,soprattutto, al principio secondo il quale…”Penso che essere un membro della squadra nazionale dovrebbe diventare qualcosa di grande e più rispettato di quanto non lo sia adesso,più stimolante e motivante a giocare e migiorare negli scacchi,e dovrebbe essere un immenso onore e allo stesso tempo una seria responsabilità”…Ve gusta la proposta amigos?L’accendiamo?Per intanto il mio pensiero su Caruana è ben sintetizzato dall’ennesimo tizio che ha scritto:”un giocatore di scacchi è come la pittura:se non è brillante è noioso”.

    • avatar
      DURRENMATT 19 Febbraio 2015 at 15:05

      …vorrei ringraziare il Sig.Ottomano per le bellissime storie di sport che ricordano a tutti gli SCACCHISTI che cosa significa amare la sfida,essere un agonista.Non si tratta di giocare al massimo nella speranza di vincere.La vera gioia è raggiungere l’istante nel quale vittoria e sconfitta sono a braccetto.In quell’istante,infinito,lì devono separarsi.A quel punto chi si sente a suo agio,chi si diverte, ha più probabilità di fare la cosa giusta.Ancora grazie e alla prossima….P.S. gli OFF-TOPIC che “sporcano” l’incanto confermano in pieno le parole pronunciate qualche decennio addietro da Spasskij(e non da tizio qualunque):…”Ritengo che l’organizzazione migliore per gli scacchisti sia l’anarchia.Semplicemente perchè i giocatori di scacchi sono persone asociali”…pace e bene. 😉

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