Un dilettante di lusso, tra gli altri dei quali ho già parlato, è senza dubbio Conel Hugh O’Donel Alexander, uno dei componenti la squadra di Bletchley Park, capeggiata da Turing e tesa alla decrittazione dei codici bellici tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. Ne ho già parlato in passato, anche perché in età giovanile ho avuto la ventura di soggiornare al Royal College of Aeronautics di Bletchley (Newport Pagnell), tra le colline del Bedfordshire.
Il nostro personaggio nacque il 19 aprile 1909 a Cork, la seconda città irlandese dopo Dublino (Belfast fa parte dell’ Ulster, la zona settentrionale dell’isola che fa parte del Regno Unito), quando l’Irlanda era ancora amministrata da Londra e quando la grande migrazione verso gli Stati Uniti, iniziata a metà del XIX secolo, era ancora in corso, riducendo la popolazione dell’isola a poco più di tre milioni di abitanti.
I genitori di Hugh (questo è il nome col quale viene ricordato) erano l’irlandese Conel William Long Alexander e l’inglese Hilda Barbara Bennett. Il padre era insegnante presso la facoltà di ingegneria dell’università di Cork e questa sua inclinazione per le materie scientifiche ebbe senza dubbio una certa influenza sulle successive scelte del figlio.
Nel corso della guerra d’indipendenza irlandese, nel 1920, il padre morì e la famiglia Alexander si spostò a Birmingham, in Gran Bretagna, dove il giovane Hugh condusse a termine gli studi superiori presso la scuola King Edward, ottenendo una borsa di studio mediante la quale potè studiare matematica a Cambridge (King’s College) laureandosi con lode a soli ventidue anni. Nel corso della sua permanenza a Cambridge coltivò gli scacchi, appresi in età adolescenziale (nel ’26 aveva vinto il Campionato britannico juniores), diventando un elemento di punta della squadra universitaria; dal 1929 al 1932 il suo nome figura tra i componenti la squadra varsity di Cambridge.
Poi, nel ’33, fece parte della squadra britannica all’Olimpiade di Folkestone come “riserva” ottenendo un buon 7 su 11. Sarà la prima di ben sei partecipazioni (Varsavia 1935: in terza scacchiera 7 1/2 su 15; Stoccolma 1937: in seconda scacchiera 11 su 17; Buenos Aires 1939: Inghilterra ritirata a causa dello scoppio della guerra; Amsterdam 1954: in prima scacchiera 7 1/2 su 15; Monaco 1958: in prima scacchiera 6 1/2 su 16)
Nel ’32 aveva ottenuto una cattedra di insegnamento a Winchester e nel ’34 si sposò. Nel ’36 nacque il primo dei suoi due figli, Michael (in seguito insignito del titolo di baronetto e che intraprese la carriera diplomatica) e nel ’40 il secondo, Patrick, che a vent’anni emigrò in Australia dove coltivò la sua vena di poeta e scrittore.
Nel ’38, frattanto, Hugh aveva abbandonato l’insegnamento per ricoprire l’incarico di direttore delle ricerche presso un grande gruppo industriale privato. Fu quello l’anno in cui vinse il primo dei suoi titoli di Campione nazionale assoluto (il secondo verrà molto più tardi, nel 1956). Alla fine dell’anno precedente aveva ottenuto un notevole secondo posto ad Hastings, imbattuto, a mezzo punto dal vincitore Reshevsky, a pari punti con Keres e davanti a – tra gli altri – Fine, Flohr e Mikenas.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale i Servizi Segreti di Sua Maestà Britannica vennero in possesso di un esemplare di Enigma, la macchina ideata per cifrare i messaggi destinati alle forze armate tedesche. L’impresa era stata portata a termine da alcuni scienziati polacchi, che tuttavia non erano stati in grado di penetrarne i segreti. L’importanza di tale esemplare era enorme: qualora gli inglesi fossero stati in grado di capire i codici tedeschi avrebbero avuto un incalcolabile vantaggio nei confronti di Hitler.
Churchill mobilitò immediatamente le migliori menti matematiche, mettendo a capo della squadra il brillante Alan Turing, il quale ampliò tale squadra inserendo giocatori di scacchi e di bridge, oltre ad alcuni enigmisti, tutti dotati di spirito creativo, di immaginazione e di approfondite conoscenze matematiche.
Siamo nel 1939. Hitler ha invaso la Polonia, di comune accordo con Stalin che si ritaglierà una grossa fetta di quel Paese. La squadra olimpica britannica è rientrata da Buenos Aires in fretta e furia, Hugh viene immediatamente pescato dai Servizi Segreti e, nel febbraio 1940, entra alla Baracca Sei, dove si tenta di decifrare il codice segreto dell’ Esercito e dell’Aviazione nemica, che si servono di Enigma . L’anno seguente viene trasferito alla Baracca Otto, dove, sotto la direzione di Turing, si tenta di decifrare il codice Enigma utilizzato dalla Marina tedesca. Quando Turing dovrà spostarsi per qualche tempo negli Stati Uniti per ragguagliare i Servizi Segreti americani sui progressi ottenuti, Hugh sarà il direttore della squadra e si rivelerà, tra l’altro, ottimo organizzatore ed amministratore.
Autunno del ’42. Grazie al gigantesco “meccanismo” ideato da Turing, finalmente Enigma inizia a rivelare i suoi segreti e le conseguenze si fanno vedere: la Battaglia dell’Atlantico è vinta, i convogli che salpano quotidianamente dalla costa orientale degli USA possono ormai viaggiare con relativa tranquillità, e verso la fine del ’44 Alexander viene aggregato alla squadra che, con la collaborazione degli alleati americani, sta decifrando il codice bellico giapponese.
Tale collaborazione con gli americani proseguirà, nel quadro del Progetto Venona (iniziato nel 1943 e teso alla decrittazione dei messaggi intercorsi all’interno delle forze armate sovietiche, senza dimenticare che fino al ’45 l’Unione Sovietica era alleata di americani e inglesi!), fino ed oltre la fine delle ostilità. Alexander verrà altamente lodato dai colleghi delle due sponde dell’Atlantico per la sua competenza, professionalità e dedizione. Gli americani gli offriranno una posizione di altissimo livello nel settore della decrittazione, ma lui respingerà l’offerta dopo – come da sue affermazioni – essere stato tentato di accettare.
Dopo la fine del conflitto, verrà aggregato alla particolare Sezione del Foreign Office che si occuperà (quasi un’ideale proseguimento del lavoro di Bletchley Park) della decrittazione. Riceverà, inoltre, due decorazioni per i meriti acquisiti durante e dopo le ostilità e, nel 1970, anche l’ Ordine di San Michele e San Giorgio. E’ singolare il suo atteggiamento nei confronti della Gran Bretagna; nel 1957 scriverà: “Penso a me stesso come irlandese, non inglese, nonostante la mia lunga permanenza qui”.
Finalmente, alla fine del ’46, Hugh trova il tempo di tornare agli scacchi, e lo fa alla grande: vince il torneo di Hastings con 7 1/2 su 9, davanti a Tartakower ed a due ex colleghi dei tempi di Bletchley Park, Aitken e Golombek. Nel ’46, inoltre, nel corso del radio-match tra Gran Bretagna ed URSS, batte Botvinnik, dimostrando in tal modo di possedere la statura di un Grande Maestro. L’anno seguente è quinto al torneo zonale di Hilversum, battendo (oltre al nostro Castaldi) Pachman e Szabò.
Nel 1950 la FIDE gli conferisce il titolo di Maestro Internazionale, ma la Federazione britannica, su ordine del Ministero degli Esteri, gli vieta di partecipare a tornei oltre la Cortina di Ferro, vista la sua delicatissima e segreta attività nel settore della decifrazione; non potrà, infatti, essere presente all’Olimpiade di Mosca del ’56. Gode della generale stima dei colleghi e dei superiori, è sempre composto e cortese, gli piace giocare a croquet, colleziona francobolli ed è ottimo giocatore di bridge.
Alexander si ripresenta ad Hastings alla fine del 1953. Termina al primo posto, imbattuto, nonostante i sovietici abbiano mandato due pezzi da novanta come Bronstein e Tolush: li batte entrambi negli incontri diretti e si lascia alle spalle giocatori come O’Kelly, Olafsson, Matanovic, Teschner, Tartakower e Wade, ma deve dividere il primo posto (6 1/2 su 9) con Bronstein a causa di qualche patta di troppo. La sua partita contro Bronstein è una autentica maratona di 120 mosse, seguita dalla stampa quotidiana aggiornamento dopo aggiornamento.
Negli anni della Guerra Fredda Alexander continua a collaborare alla Sezione H (analisi crittografica) del Foreign Office, divenendone poi il direttore. Collabora con gli organismi della Federazione scacchistica britannica, e sarà capitano non giocatore della squadra nazionale dal 1964 al 1970. Pubblicherà approfondite analisi sulla Difesa Olandese e sulla Difesa Russa nel corso della sua attività pubblicistica sulle colonne del Sunday Times, del Financial Times, del Evening News e dello Spectator, e diverrà Maestro Internazionale del gioco per corrispondenza nel 1970. Negli anni Sessanta e Settanta pubblicherà diversi manuali, una raccolta di partite di Alekhine ed un volume dedicato al match tra Fischer e Spasski.
Nel 1971 verrà posto in pensione, e morirà il 15 febbraio del 1974. Due anni dopo, a firma del “collega” Golombek e di Hartston, verrà data alle stampe una raccolta di sue partite, con allegato un commovente ricordo dell’altro “collega” di Bletchley Park, Milner-Barry.
In uno dei tanti necrologi pubblicati alla sua morte, Botvinnik scriverà: “… per il suo entusiasmo per una battaglia senza quartiere, Alexander aprì la strada per i giocatori britannici verso gli scacchi moderni, complessi ed impegnativi; i giocatori di scacchi non lo dimenticheranno mai”, ed in un altro necrologio, pubblicato su un quotidiano londinese, si poteva leggere tra l’altro ” (… egli divenne una figura quasi leggendaria nei Servizi di Intelligence britannici e statunitensi (… magnifico oratore, amava discutere ma era sempre pronto ad esaminare il punto di vista dell’interlocutore”.
Alexander – Botvinnik (match telegrafico GB-URSS, 1946)
1. e4 e6 2. d4 d5 3. Cc3 Ab4 4. e5 c5 5. a3 A:c3+ 6. b:c3 Ce7 7. Dg4 c4 8. D:g7 Tg8 9. D:h7 Da5 10. Tb1 D:c3+ 11. Ad2 Dc7 12. f4 Cbc6 13. Cf3 Ad7 14. Cg5 T:g5 15. f:g5 0-0-0 16. D:f7 D:e5+ 17. Rd1 Cf5 18. g6 Ce3+ 19. Rc1 De4 20. Ad3 D:g2 21. Te1 Ce5?!
(in fase di analisi i sovietici suggerirono 21. … Cc4, con complicazioni che non hanno trovato una soluzione definitiva nemmeno dopo essere state analizzate in tempi recenti da parte dei migliori computer)
22. Df4 Cf3 23. Te2 Dh3 24. A:e3 e5 25. Df7 d:e3 26. g7 Dg4 27. h3 Dg1+ 28. Rb2 Dg3 29. Ag6 Cd4 30. g8=D T:g8 31. D:g8+ Rc7 32. Dh7 Rd6 33. Ad3 e4 34. Dh6+ Rc7 35. T:e3 De5 36. Ra2 Cf5 37. Dg5 Ae6 38. Ae2 d4 39. Teb3 b6 40. Dd2 d3 41. Ag4 , il Nero abbandona.
Al termine della partita, Botvinnik telegrafò ad Alexander: “Congratulazioni per la vittoria. Lei ha sfruttato magnificamente il mio errore alla 21° mossa”.
Tylor – Alexander (Hastings 1937-38)
1. Cf3 Cf6 2. d4 e6 3. e3 d5 4. Ad3 c5 5. 0-0 Cc6 6. b3 Ad6 7. Ab2 Dc7 8. Cc3 a6 9. d:c5 A:c5 10. e4 d4 11. Ce2 e5 12. Rh1 Ag4 13. Cfg1 g5 14. Dc1 Tg8 15. c3 0-0-0 16. c4 C4 17. C4 A4 18. A4 T4 19. De3 Rb8 20. Tac1 Dd6 21. Ac2 Ch5 22. h3 Ad7 23. Ce2 g4!
(c’è da chiedersi se Alexander avesse già prefigurato l’allucinante finale derivante da questo seguito)
24. h4 Ab5 25. C4 e4 26. Tfd1 d:e3 27. T6 e:f2 28. Ad3 A3 29. T3 g3 30. Td5 Cf4 31. Tg5 T:g5 32. h:g5 Ce6 , il Bianco abbandona.
Il Re bianco è agli arresti domiciliari e la Torre è costretta a sorvegliare la prima traversa, mentre il Cavallo può fare i propri comodi scegliendo il percorso da effettuare per giungere in e1. “Diabolico e sadico” fu un commento.
La squadra inglese alle Omipiadi di Buenos Aires del 1939, Alexander è il penultimo da destra
Personaggio fantastico… non poteva mancare nella tua magnifica galleria.
Grazie di cuore per questo meraviglioso ed interessantissimo aggiornamento.
Bravissimo Paolo.
Una notizia veramente brutta
la morte di Walter Browne a soli 66 anni
un grande giocatore , grinta eccezionale , straordinario attaccante
lo ricordo vincitore a Venezia vincitore davanti a Mariotti e nel 75 a Milano
a Milano ricordo che tra una mossa e l’altra si posizionava dietro al palco per fare esercizi yoga
Anch’io sono molto colpito. Se non altro si può dire, come si usava una volta, che è “caduto in piedi”: il giorno precedente aveva finito un torneo di scacchi, condotto una simultanea, giocato a poker.
Il che dimostra la sua “esagerata” vitalità e lo spirito indomito del vero “giocatore”.
Mi piace immaginare che prima di coricarsi per l’ultimo sonno abbia pronunciato o pensato parole simili a queste: “più passano gli anni e più mi sento troppo giovane per il mio fisico”…
A me potrebbe piacere invece: “più passano gli anni e più mi sento troppo vecchio per la mia mente”, ma è questione di gusti…
Paolo, è la stessa cosa detta “invertendo l’ordine dei fattori”. Il problema è che la nostra mente sembra funzionare più o meno allo stesso modo di quando avevamo 20 anni, ma il fisico non può reggere quei ritmi (stiamo parlando di un “ragazzo” che a 66 anni, dopo il turno conclusivo dell’Open di Las Vegas, ha condotto una simultanea….
bellissimo
l’unica cosa
definire ” brillante ” Turing mi sembra leggermente riduttivo!!!
Carissimo Alfredo, hai ragione: l’aggettivo più appropriato era probabilmente “geniale”.
Un abbraccio e a presto
Paolo