Il fattorino del Corriere

Scritto da:  | 27 Febbraio 2010 | Un commento | Categoria: Italiani, Zibaldone

Nello storico edificio di Via Solferino, al numero 28, Fernando Coccelse c’era entrato coi calzoni corti. Di giornali e giornalisti aveva sentito sì parlare ma come di cose cose che non lo riguardavano affatto, lontanissime dal suo mondo di ragazzino. Erano i tempi in cui per le strade il passaggio di un’autovettura era salutato come un avvenimento ed i monelli giocavano a mazza e pivezo nella polvere. Al Corriere cercavano un fattorino e tredici anni, nelle famiglie non abbienti, era ritenuta l’età giusta per apprendere un mestiere. Il padre di Fernando colse al volo l’occasione e, appena seppe da un conoscente della notizia, decise di accompagnare di persona il figliolo, in quell’assolata mattina di metà luglio, verso quella che gli parve immediatamente un’opportunità da non perdere. Fortuna volle che arrivarono per primi di buon’ora all’appuntamento, praticamente al sorger del sole, neanche asciugatasi la rugiada nei prati intorno al Castello. Furono i primi e Fernando fu scelto giusto per questo motivo, c’era infatti da andare a prendere un carretto coi giornali della sera precedente rimasti invenduti dagli strilloni di Piazza della Scala e non si poteva perder tempo. Era il 1912 e da pochi anni appena il Corriere della Sera si era trasferito nella storica sede che occupa tuttora, in Via Solferino, mossi “armi e bagagli” da quella non meno prestigiosa di Via Pietro Verri. Fernando fece tutta la gavetta che un ragazzo di buona volontà faceva a quei tempi in un giornale prima di farsi notare in qualche modo: prima fattorino, poi strillone nei giorni delle edizioni di maggior tiratura, quindi aiuto di aiuto tipografo quando qualcuno dei ragazzini più grandi, racimolato qualche soldino, lasciava il lavoro fiutata l’aria malsana dell’antimonio e la prospettiva di un avvelenamento per saturnismo. Ma il contatto col piombo Fernando non riuscì ad evitarlo, tuttavia la sua fibra forte di Gavroche dal ciuffo di pirata sembrava intaccabile e corazzata alle più terribili esalazioni del micidiale metallo. Era miope Fernando, quasi non ci vedeva senza quelle specie di fondi di bottiglia che gli spacciarono come “pince-nez” e coi quali ci vedeva poco peggio. Appena uscita l’edizione del pomeriggio, prima della seconda, quella serale, Fernando era solito divorare avidamente da capo a fondo tutta la foliazione, otto pagine appena, eppure quasi un’enormità per quei tempi. Fu così che fu notato: per via del suo amore sviscerato per ogni cosa da leggere che gli capitasse a tiro. Il passo a correttore di bozze non fu lungo, successe una volta in cui durante l’intervallo per il pranzo lo scorse un redattore mentre con la sua scacchierina ripercorreva le mosse di una partita da ritaglio di giornale.

Il Nero muove e vince con una brillante combinazione

Caso volle che quel redattore, poco più giovane di lui in quanto a età, ma già affermato, fosse stato un grande scacchista. Il passo fu breve: questi prese a ben volere Fernando e nacque una salda amicizia che rimase viva negli anni. Erano i decenni in cui la mitica “Olivetti Lettera 22” non esisteva ancora, e la linotype la faceva ancora da padrona nell’uso e nel vocabolario del mondo editoriale. Fernando, forte della sua amicizia col suo amico e maestro scacchista, diventato intanto capo Servizio Esteri, avrebbe forse potuto fare il grande salto e tentare di diventare giornalista per davvero; all’epoca non si parlava ancora di “pubblicista” piuttosto che di “professionista”, ma non ci teneva affatto, certo gli piaceva scrivere e lo faceva anche bene ma soleva sostenere che “preferiva scrivere per piacere anziché esser costretto a farlo per dovere”. Ci rimase tutta la vita al Corriere, dagli anni bui del “ventennio” fino al periodo drammatico della Guerra e anche dopo, lungo quei primi importanti passi della rinascita democratica e del “boom” economico. Di aneddoti e di episodi da raccontare, avvenuti in quegli anni al Corriere, il Signor Fernando Coccelse ne aveva visti e raccolti a bizzeffe, ma uno tra quelli che amava rammentare con più piacere era avvenuto nel periodo in cui era adibito al lavoro presso l’ufficio paghe. Era un impiegato preciso Fernando e spesso si tratteneva fino a notte fonda a controllare e ricontrollare tutti i conti nei dettagli. E’ questa l’ora di maggior attività nei giornali, dall’imbrunire in avanti è tutto un pullulare alacre di giornalisti indaffaratissimi, redattori, cronisti e fotografi, il giornale si anima come un formicaio ove ciascun individuo ha la sua precisa imprescindibile mansione. Quella sera il Signor Fernando Coccelse, alle prese con i suoi conti fu improvvisamente chiamato in Direzione per un colloquio importante coi rappresentati sindacali, se n’era completamente dimenticato, concentrato com’era e non ebbe tempo di riporre i suoi fogli dalla propria scrivania in un cassetto.
“Lascio tutto così, tanto nessuno tocca nulla…” pensò Fernando mentre s’infilava in fretta e furia la giacca per recarsi all’incontro di lavoro. Salutò i colleghi e s’allontanò già tutto trafelato e ansimante. Sulla scrivania a fianco alla sua aveva appena preso avvio la “serale”, ovvero la partitina a scacchi tra i tipografi, che sistemati i “menabò” per l’impaginazione, si concedevano un momento di pausa su una vecchia scacchiera in legno che sicuramente aveva conosciuto giorni migliori tanto consunte e logore erano le caselle e sbeccati i pezzi per le innumerevoli cadute.
Quando il Signor Coccelse fu di ritorno i suoi colleghi avevano finito da un pezzo la loro partita e trovò i pezzi che erano stati catturati durante la sfida posti con cura ciascuno su una cifra della divisione che stava completando prima di essere interrotto.
“To’, che strano… chissà se si riesce a risalire lo stesso al risultato della divisione senza spostare i pezzi…”

Una curiosa divisione...

Nella foto, tra gli altri, il Redattore amico del Signor Fernando

avatar Scritto da: Martin (Qui gli altri suoi articoli)


Un Commento a Il fattorino del Corriere

  1. avatar
    e4d6 28 Febbraio 2010 at 00:33

    il solito Martin Eden con i suoi enigmi quasi impossibili…

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