La ragazza che strapazzava i campioni del mondo

Scritto da:  | 29 Dicembre 2023 | 8 Commenti | Categoria: C'era una volta, Personaggi, Stranieri

C’è un breve e recente filmato che gira sul web in cui si vede una graziosa e sorridente signora che si siede a giocare una partita in un parco pubblico e di fronte a lei, con i pezzi neri, appare nientemeno che l’attuale campione del mondo, il norvegese Magnus Carlsen. Si tratta di una partita blitz e si vedono i giocatori che muovono velocemente i pezzi pronunciando qualche veloce amichevole battuta.

Attorno è presente un capannello di spettatori incuriositi (tra questi si nota l’inconfondibile volto del forte GM Anish Giri) i quali, dopo sole 19 mosse, assistono increduli ad una vera e propria disfatta. Si, ma non della bella e placida signora, come forse i più si aspettavano, ma del povero Magnus, il quale, resosi conto di essere finito ben presto in una posizione persa, rimane di stucco, affranto, ed esclama più volte “Oh my God!”. Tuttavia, il campione decide di continuare ancora per qualche mossa (dopo tutto, non si sa mai, sono partite a tempo breve e può succedere di tutto) ma finisce poco dopo per capitolare sopraffatto dalle implacabili mosse dell’avversaria.

Si vede nel filmato che, alla proposta di una rivincita, egli scuote la testa mogio, come per dire: basta, per oggi va bene così, grazie…

Per chi non lo sapesse, quella signora di mezza età, si chiama Judit Polgar, ungherese, nata a Budapest il 23 luglio 1976 ed è stata la vera “regina degli scacchi”, di sicuro la più forte giocatrice della storia.

Basti pensare che nel 2005 la Polgar ha raggiunto un punteggio ELO stratosferico di 2735 punti entrando nella top 10 mondiale assoluta, ma già all’età di 13 anni era nella classifica FIDE (non quella femminile) dei top 100. Infatti, questa formidabile giocatrice dal gioco brillante ed aggressivo, divenuta grande maestro all’età di appena 15 anni superando il record di Bobby Fischer che resisteva da oltre 30 anni, ha sempre ed unicamente partecipato alle competizioni maschili disdegnando quelle femminili ove avrebbe sbaragliato il campo diventando con ogni probabilità campionessa del mondo. Sposata, ha messo al mondo 2 figli tra un torneo ed un altro, ritirandosi dall’attività agonistica nell’agosto 2014, all’età di 38 anni.

Una volta ha dichiarato scherzosamente (ma non troppo) a chi le chiedeva come stesse vivendo, dopo alcuni anni trascorsi ad accudire i figli, il suo ritorno all’attività agonistica, che i tornei di scacchi, in confronto al lavoro di mamma, li considerava una passeggiata.

Ecco la divertente partita amichevole di cui abbiamo parlato, giocata nel 2022 contro Magnus Carlsen.

Si tratta di una difesa siciliana giocata con il bianco e vinta in 18 mosse, che illustra pienamente la forza tattica di questa campionessa la quale commenta il video in modo disinvolto e divertente.

Carlsen non è stato l’unico campione del mondo sconfitto dalla Polgar; nel suo carnet se ne contano numerosi altri e tra le sue vittime troviamo giocatori di assoluta grandezza incontrati nei tornei internazionali ai quali ha preso parte nel corso della sua lunga carriera: Garry Kasparov, Vladimir Kramnik, Anatolij Karpov, Boris Spassky (in una partita di esibizione) Viswanathan Anand e lo stesso Magnus Carlsen nel 2012 in un torneo a gioco rapido.

I primi passi di Judit Polgar nel mondo degli scacchi non furono casuali, perchè il suo sensazionale addestramento fu preparato, programmato e studiato a tavolino fin da quando era bambina e coinvolse anche le altre 2 sorelle. Indubbiamente, il talento innato della campionessa agevolò la scalata ai vertici delle classifiche, ma anche le sue sorelle maggiori, Susan e Sofia raggiunsero i vertici scacchistici internazionali, la prima (campionessa del mondo femminile dal 1996 al 1999) fu molto forte anche a livello assoluto, la seconda, Sofia (forse la più dotata delle tre ma, come la descrivono le sorelle, alquanto pigra, una sorta di artista sognatrice) unicamente in campo femminile.

Il papà delle giocatrici, lo psicologo Laszlo Polgar, ebbe l’idea di attuare una sorta di esperimento al fine di dimostrare che ogni ragazza o ragazzo, indipendentemente dalle doti innate, poteva sviluppare grandi abilità in un campo specifico, se allenato e preparato in modo adeguato ed intensivo.

In verità, a quanto sembra, anche il matrimonio di papà Polgar con l’insegnante Klara Altberger fu in qualche modo programmato a tavolino in quanto avvenne dopo una lunga corrispondenza epistolare in cui entrambi convennero sul programma educativo da assegnare ai futuri figli: insomma una sorta di esperimento anche questo. A quanto pare, fu scelto proprio il gioco degli scacchi sia per la sua complessità tattico-strategica, sia perché si applicava un sistema di classificazione e di punteggio obiettivo e quindi i risultati erano sottratti a valutazioni opinabili di carattere tecnico, artistico o culturale.

E così, d’intesa con la moglie Klara, Laszlo decise di educare le tre figlie facendole studiare a casa ed insegnando loro assiduamente gli scacchi come materia specialistica.

La loro idea era quella di dimostrare che chiunque può diventare un genio in qualche campo se l’educazione inizia prima dei tre anni e comincia a diventare specialistica a sei. Non fu facile ottenere il via libera dalle autorità ungheresi dell’epoca, ma anche se non mancarono polemiche e incomprensioni, l’esperimento (che alcuni giornalisti sarcasticamente definirono del “Dr. Frankenstein”) riuscì in pieno in quanto le ragazze non solo accettarono con piacere di specializzarsi in questo gioco, fino ad allora dominato dagli uomini, ma ottennero anche risultati a dir poco sorprendenti.

La prima a stupire il mondo fu la primogenita Susan. Non fu facile per la maggiore delle sorelle Polgar (più grande di 7 anni di Judit) farsi strada in campo maschile considerate le regole all’epoca vigenti sia nell’ambito della federazione ungherese che di quella internazionale. Basti pensare che Susan, nonostante avesse raggiunto da tempo un punteggio idoneo, dovette attendere gennaio 1991 per ottenere il conferimento del titolo di Grande Maestro dalla FIDE, terza donna insignita del massimo riconoscimento dopo Nona Gaprindashvili e Maia Chiburdanidze.

Fu proprio sua sorella Judit che, pochi mesi dopo, battè ogni record divenendo GM FIDE a soli 15 anni, ed anche Sophia riuscì a diventare Maestro Internazionale.

Tuttavia, molti furono gli ostacoli burocratici da superare frapposti dalle autorità ungheresi. Alle ragazze Polgar fu inizialmente proibita la partecipazione ai tornei maschili e fu loro sequestrato il passaporto in modo da impedire la partecipazione delle tre sorelle ai tornei all’estero. Con l’arrivo dei primi straordinari risultati, alla fine le ragazze ottennero grande notorietà e la stampa internazionale si interessò alla loro singolare vicenda, dando vita a quello che potremmo definire oggi un fenomeno mediatico.

È stato chiesto più volte a Laszlo Polgar se fosse da considerare moralmente giusto condizionare la vita delle figlie segnando fin dalla più tenera età la loro strada in un campo così specialistico e competitivo. Ovviamente, i genitori non privarono del tutto le loro figlie di altri svaghi, amicizie e divertimenti tipici dell’età, ma il programma educativo, che si incentrava sull’apprendimento scacchistico al più alto livello, fu molto intenso e comprendeva anche lo studio di diverse lingue straniere, dell’esperanto e della matematica. Naturalmente, le ragazze praticavano anche l’attività sportiva (in particolare ping pong e nuoto) per mantenere allenato il fisico. Non si guardava molto la TV in casa Polgar ed ogni giorno le sorelle, tra i mille impegni di studio, avevano un tempo molto limitato (pare proprio non più di 20 minuti) per gli svaghi personali.

Deve ritenersi, dalla lettura di interviste ed articoli di stampa, che le ragazze abbiano accettato di buon grado questo duro training educativo, riuscendo a primeggiare in un campo così fuori dal comune e nessuna di loro, negli anni successivi, ha mostrato risentimento verso i propri genitori o rimpianti per gli anni della gioventù in cui così tante ore erano state dedicate agli allenamenti scacchistici.

Judit e le sue sorelle non si sentivano davvero “diverse” rispetto alle loro coetanee e, come poi dichiarò Judit alla stampa, l’ostilità iniziale ed i mille ostacoli che le autorità frapposero sulla loro strada rafforzarono l’unità familiare in vista di un obiettivo comune da raggiungere.

I Polgar riuscirono nel loro intento mantenendo un forte legame amorevole nei confronti delle figlie, senza mai alimentare rivalità e creando nella loro casa (vivevano in un modesto appartamento di Budapest stracolmo di libri di scacchi) un clima di grande affettuosa collaborazione. Susan ricorda che il padre una volta trovò Sophia nel bagno nel mezzo della notte, con una scacchiera in equilibrio sulle sue ginocchia. – “Sophia, lascia in pace quei pezzi!”- le disse. “Papà, sono loro che non lasciano in pace me!” rispose lei.

La loro storia ricorda quella in campo tennistico delle sorelle Williams. Anche in questo caso (siamo agli inizi degli anni ’90 dello scorso secolo) un padre testardo ed un po’ ossessivo, spinse le figlie ancora bambine a superare ogni limite, convincendole che potevano diventare entrambe le più forti del mondo; impresa poi effettivamente riuscita in modo straordinario e ricordata di recente in un bel film con il famoso attore Will Smith nei panni del papà, il tremendo “King Richard”.

Purtroppo, va anche detto che a fronte dei (pochi) casi in cui queste strategie hanno avuto successo (e naturalmente il “materiale umano” a disposizione era di altissimo livello) non sono mancate altre vicende similari concluse con delusioni, sconfitte e rancori, vicende in cui genitori hanno riversato sui propri figli aspirazioni e sogni che non avrebbero mai potuto raggiungere.

Talvolta, anche il successo non rappresenta una conquista indolore e non sempre le cose procedono in modo così idilliaco.

In campo tennistico, ad esempio, tutti ricorderanno la vicenda umana di Andrè Agassi raccontata nel suo famoso libro autobiografico, mentre in campo scacchistico è nota la storia di un altro grandissimo campione di scacchi, il russo Gata Kamsky.

Quest’ultimo a 16 anni era già nella top 10 mondiale, sospinto e allenato da un padre davvero onnipresente, agguerrito e determinato a lanciarlo verso le più alte vette scacchistiche. Tuttavia, dopo un match per il titolo mondiale in cui fu sconfitto a soli 22 anni da Anatoly Karpov, Kamsky abbandonò il gioco per circa 10 anni dedicandosi agli studi universitari negli Stati Uniti, dove il padre aveva trasferito la famiglia. Nel corso di alcune interviste, ha poi dichiarato che gli studi e un’adeguata istruzione sono un valore primario nella vita, più della vittoria nel campionato del mondo e che egli non voleva seguire le orme di Bobby Fischer, perché la vita non poteva risolversi come una partita a scacchi e non avrebbe mai incoraggiato i propri figli a seguire una simile strada.

Judit Polgar fu una bambina prodigio al pari di altri grandi scacchisti come Capablanca, Fischer e Carlsen. Si allenava assieme alle altre sorelle giocando alla cieca e divertendosi un mondo. Si racconta che una volta, all’età di 6 anni, sconfisse, bendata, un buon giocatore amico di famiglia. Quest’ultimo, per addolcire la sconfitta e sdrammatizzare un po’, le disse scherzosamente che se lei era brava a scacchi lui però era un grande cuoco. Al che la piccola Judit prontamente gli rispose: “sarà, ma tu mentre cucini li guardi i fornelli?”

Judit Polgar ha più volte raccontato, nel corso di varie interviste, che nei primi anni della sua straordinaria carriera, giocava spesso (sola donna tra maschi agguerriti) in un clima di vera e propria incredulità se non proprio di ostilità.

Spesso gli avversari, quando venivano sconfitti dopo ore di gioco e di battaglie sulla scacchiera, non accettavano “sportivamente” la sua superiorità, ma si sfogavano con esplosioni di rammarico o di rabbia molto più evidenti rispetto a quando perdevano con un collega dello stesso sesso.

Ma anche per gli uomini non era facile all’epoca confrontarsi con le donne; ricorda il famoso G.M. Pal Benko che, quando all’età di 63 anni gli toccò di sfidare Judit, all’epoca ancora adolescente, si sentiva molto nervoso: “Era una situazione strana. Se vinci non hai fatto niente di speciale, ma se perdi è quasi una colpa, dato che gli altri giocatori non ti avrebbero risparmiato salaci battute”.

Di sicuro è stato inizialmente difficile accettare, dopo anni di incontrastato dominio, che una donna (per giunta una ragazzina dal volto molto dolce e grazioso) potesse strapazzare tanti campioni che ritenevano scontata la superiorità maschile in questo complesso gioco strategico in cui la resistenza psico-fisica e la capacità di sopportare per ore una tensione altissima sono caratteristiche essenziali.

Naturalmente, le strabilianti vittorie della Polgar mettevano in crisi secoli di comuni pregiudizi sulle doti intellettuali e caratteriali del gentil sesso: la loro fragilità emotiva, le loro aspirazioni “naturali” verso l’accudimento dei figli e la vita tra le mura domestiche.

Certo, per le donne affrontare territori tradizionalmente dominati dal sesso maschile non è stato mai facile se si pensa ad esempio che in Italia la prima donna che riuscì ad iscriversi nell’albo degli avvocati fu la torinese Lidia Poet e ciò avvenne soltanto nel 1920, dopo l’esclusione avvenuta anni prima in seguito ad una sentenza della Suprema Corte assai discussa nelle cui motivazioni si sottolineavano i presunti limiti caratteriali delle donne e finanche la stranezza di dover indossare la toga sopra vestiti così leggiadri e curiosi, mentre la prima donna che ebbe accesso in magistratura dovette attendere l’anno 1963, nonostante l’entrata in vigore della nostra Costituzione repubblicana già da molto tempo.

In realtà, come ha chiarito la stessa Polgar, la differenza di livello in ambito scacchistico tra uomo e donna è dovuta soltanto a fattori socio-culturali in quanto, fino ai 10 anni di età le capacità di entrambi i sessi sono pari, mentre successivamente le ragazze in età adolescenziale sono meno incentivate a proseguire nelle competizioni e preferiscono dedicarsi ad altre attività, creando così una sorta di gap tecnico con i maschi (a quell’età istintivamente portati a svolgere attività più competitive) gap che poi è difficile colmare.

Insomma, più che a un deficit intellettuale, il divario tra uomo e donna in ambito scacchistico, indubbiamente ancora oggi molto marcato, è ricollegabile più che altro ad una serie di fattori culturali, sociali ed attitudinali.

L’ex campione del mondo Garry Kasparov, quando Judit era agli inizi della carriera, affermò improvvidamente che la Polgar era pur sempre una donna e quindi ben difficilmente avrebbe mostrato tanta perseveranza e resistenza mentale in modo da poter sconfiggere i più forti del mondo, salvo poi pentirsene anni dopo quando, di fronte all’evidenza dei fatti, ammise di essersi sbagliato sulle donne e gli scacchi affermando: “I Polgár hanno dimostrato che non ci sono limiti intrinseci alla loro attitudine, un’idea che molti giocatori di sesso maschile hanno rifiutato di accettare fino a quando non sono stati stati schiacciati da una dodicenne con la coda di cavallo“.

A proposito di Kasparov, di cui conosciamo il carattere battagliero e permaloso, incapace di rassegnarsi alle sconfitte, c’è un episodio, avvenuto agli inizi della carriera di Judit, quando aveva appena 17 anni, nel corso di un torneo di gioco “rapid” in Spagna, che ha profondamente segnato per diversi anni il loro rapporto umano. A corto di tempo, anche se in posizione superiore, Kasparov tocca un pezzo, lo sposta poggiandolo su una casella, sembra non lasciare la presa, ma nel mentre Judit si appresta a trascrivere la mossa, cambia idea giocando con lo stesso pezzo un’altra mossa. La Polgar guarda verso la sua destra in cerca dell’arbitro, ma quest’ultimo non interviene ed a questo punto, timorosa di sollevare un putiferio senza ottenere ragione, Judit decide di proseguire la partita fino alla vittoria dell’allora campione del mondo.

La Polgar, convinta che l’avversario avesse lasciato il pezzo e quindi fosse obbligato ad eseguire la mossa, dopo la partita affronta il suo rivale dicendogli più o meno: “come hai potuto farmi questo?”. Ne nasce una discussione in cui Kasparov, risentito, rimprovera Judit di mancanza di rispetto nei confronti del campione.

Tuttavia questo filmato mostrato successivamente dalla TV spagnola

ha dimostrato, come una sorta di moviola, che la Polgar aveva ragione in quanto effettivamente Kasparov (anche se per qualche frazione di secondo) aveva lasciato il pezzo e quindi aveva eseguito la mossa; al che il campione, successivamente intervistato, rispose placidamente di non essersene accorto e di aver continuato il gioco ritenendo che fosse tutto regolare.

In occasione di una simile scorrettezza, ben diverso fu l’atteggiamento di un’altra agguerrita campionessa, la G.M. Alexandra Kosteniuk, la quale, anni dopo, in un incontro blitz contro Carlsen, non appena il campione norvegese violò la regola del “pezzo toccato pezzo giocato” si fermò subito senza alcun timore reverenziale, protestando e costringendo così Carlsen a lasciare la partita

anche se, va detto, l’errore di Carlsen era molto più evidente rispetto all’episodio della partita tra Polgar e Kasparov.

Certo, erano ormai lontani i tempi in cui Bobby Fischer dichiarava spavaldamente che sarebbe stato in grado di sconfiggere qualunque donna concedendo un pezzo di vantaggio.

A proposito di Fischer, nell’estate del 1993 il campione statunitense, reduce dalla seconda sfida contro Spassky “vent’anni dopo” e colpito da un mandato di arresto internazionale emesso dagli USA per aver giocato in Iugoslavia nonostante le sanzioni emesse dalle Nazioni Unite contro quello Stato, soggiornò a lungo presso i Polgar giocando con loro molte partite in modalità “Fischer Random” (con disposizione casuale dei pezzi all’inizio del gioco) aiutando le sorelle ad analizzare e studiare le varianti.

Susan Polgar, a proposito di quel periodo, ricordò che, sebbene Bobby avesse un atteggiamento amichevole a livello personale nei loro confronti, creò non pochi problemi dovuti alle sue opinioni politiche ed al suo sprezzante antisemitismo (ricordiamo che i Polgar erano di origini ebree e diversi membri della famiglia furono assassinati durante l’Olocausto mentre la nonna di Judit sopravvisse al campo di concentramento di Auschwitz).

Le sorelle Polgar ebbero fin da piccole fortissimi allenatori, come il maestro internazionale ungherese Tibor Florian, il GM americano Pal Benko e il GM russo, autore di numerosi libri didattici, Alexander Chernin. Di rado rilasciavano interviste alla stampa (di solito erano interviste molto ben pagate) perché il padre diceva che nulla doveva distoglierle dallo studio e dal lavoro quotidiano sugli scacchi. In verità, una volta divenute scacchiste professioniste, papà e mamma Polgar abbandonarono le loro attività professionali per seguire costantemente le figlie durante i tornei (le ragazze iniziavano a guadagnare abbastanza dalla loro attività divenuta ormai professionistica).

Per comprendere pienamente la forza di gioco raggiunta da Judit nel corso degli anni, è sufficiente considerare che nel 2005, anno in cui raggiunse il punteggio più alto con ELO di 2735 punti, la classifica mondiale vedeva ai primi 10 posti giocatori del livello di Kasparov, Anand, Topalov, Leko, Ivanchuck, Svidler, Kramnik, la stessa Polgar, Bacrot ed Aronian. Judit precedeva nella classifica campioni del livello di Shirov, Morozevich, Grishchuk, Adams, Gelfand e tanti altri fortissimi GM, senza dimenticare Anatoly Karpov che fino a pochi anni prima era ancora tra i più forti al mondo. Un simile livello di grandissimi campioni lo si può rinvenire forse soltanto negli anni ’60 del novecento, quando l’astro nascente Bobby Fischer iniziò la scalata al trono mondiale.

Judit si impegnò a fondo nello studio del gioco analizzando le partite del suo idolo e rivale, l’allora campione del mondo Garry Kasparov, dimostrando presto di voler puntare molto in alto e sviluppò fin dai primi anni di attività uno stile particolarmente dinamico ed aggressivo basato sulla profonda conoscenza delle aperture e su una visione combinativa fuori dal comune. Da molti è stata accostata al mitico Bobby Fischer e la sua capacità di sferrare, alla prima esitazione degli avversari, tremendi attacchi sul re è rimasta leggendaria. Spesso tali attacchi partivano da (apparentemente) semplici sacrifici di pedone per ottenere l’iniziativa, ma poi l’attacco proseguiva implacabile e la pressione diveniva insostenibile.

La Polgar ha sempre detto che negli scacchi la psicologia ha un peso molto rilevante (ed anche in questo notiamo un tratto comune con Bobby Fischer). Spesso sceglieva linee di gioco preparate appositamente sull’avversario di turno, altre volte giocava le varianti preferite dall’avversario per metterlo in difficoltà e in ogni occasione, appena possibile, cercava di creare una forte tensione sulla scacchiera. Una volta ha dichiarato che non amava giocare contro i computer proprio perché la macchina non era minimamente turbata dal suo stile di gioco.

Descrivendo un incontro individuale con la Polgár, l’ex campione degli Stati Uniti, il G.M. Joel Benjamin ha detto: “È stata una guerra a tutto campo per cinque ore. Ero totalmente esausto. Lei è una tigre sulla scacchiera. Ha assolutamente un istinto omicida. un errore e va dritta alla gola”. Non male per una ragazzina dai capelli ramati, la coda di cavallo e lo sguardo di ghiaccio.

Judit da ragazza sedeva alla scacchiera incrociando le gambe per migliorare la propria concentrazione, indossava un maglione lavorato a maglia dalla mamma che al centro aveva una grande torre e spesso portava con sé una piccola statuetta, una sorta di talismano. Quando sedeva davanti alla scacchiera, come tutti i più grandi e carismatici campioni, emanava una sorta di oscuro fascino: il suo atteggiamento freddo e concentrato, lo sguardo di ghiaccio che spesso indirizzava verso il suo avversario quasi a voler scrutare il suo stato d’animo, assieme al suo stile di gioco aggressivo e senza compromessi, incutevano rispetto e timore.

Judit ha preso parte ad importanti tornei internazionali vincendone molti; tra questi, tuttavia, ricordiamo il famoso torneo di Wijk aan Zee (una sorta di Wimbledon scacchistica) in cui nel 2003 giunse seconda senza nessuna sconfitta, con mezzo punto di distacco dal vincitore, il leggendario campione indiano Viswanathan Anand e un punto in più dell’ex campione del mondo Vladimir Kramnik. Quanto alla possibilità di diventare campionessa del mondo, Judit ha riconosciuto onestamente che il torneo dei candidati del 2005: ”è arrivato in un brutto momento per me. Allora mio figlio aveva quasi un anno e, anche se prendevo molto sul serio la mia preparazione, in qualche modo non funzionò. Gli altri ragazzi avevano saputo prepararsi molto meglio”.

Alla domanda (più volte rivoltale) se riteneva possibile un domani che una donna diventasse campionessa del mondo di scacchi, ha sempre risposto che per lei sarebbe stato più importante vedere tra i primi cento al mondo molte più donne rispetto al passato ed al presente (anche oggi nel ranking assoluto c’è soltanto Hou Yifan, la ex campionessa del mondo che è giunta fino all’87° posto).

Ritiratasi dall’attività agonistica nell’agosto 2014, oggi Judit è sposata con un connazionale e madre di due figli; nessuno di loro ha intrapreso la carriera scacchistica che ha reso famosa la madre. Judit allena la nazionale maschile ungherese di scacchi ed è divenuta un’ambasciatrice del nobil gioco nel mondo, riuscendo a farlo inserire nel programma obbligatorio delle scuole elementari magiare. È l’unica della sua famiglia ad essere rimasta in Ungheria poiché sia le sorelle che i genitori si sono trasferiti in Israele e negli Stati Uniti.

Quanto al suo stile di gioco, a chi le chiedeva se la personalità di un giocatore di solito corrisponde al suo modo di giocare, Judit ha affermato che lo stile scacchistico rappresenta anche la personalità o il carattere della persona: ”Sono solo quello che sono. Sono sempre stata una giocatrice d’attacco negli scacchi, il che non significa che ho una personalità aggressiva, ma che sono molto diretta, lavorando per raggiungere il mio obiettivo”.

Tra le tante splendide partite giocate da Judit Polgar ne abbiamo scelte 2; entrambe siciliane (difesa di cui la Polgar è da considerarsi una delle autorità assolute nel campo della teoria delle aperture) la prima giocata con il bianco contro il futuro campione del mondo, l’indiano Vishi Anand e la seconda contro un altro forte G.M dell’epoca, grande tattico ed esperto della difesa siciliana, il russo Alexei Shirov. In quest’ultima sfida la Polgar aveva appena 18 anni.

Ebbene, in entrambi i casi (di bianco e di nero e sempre affrontando l’attacco Keres della variante Sheveningen) la talentuosa ungherese sgomina gli avversari con apparente semplicità grazie alla sua micidiale preparazione in apertura e al suo talento combinativo di attaccante nata. Guai a scendere sul suo terreno in posizioni sbilanciate in cui in cambio di materiale si concedeva un fortissimo attacco sul re!

Ecco la seconda partita in cui Judit raggiunge una posizione vincente in sole 15 mosse.

avatar Scritto da: Paolo Landi (Qui gli altri suoi articoli)


8 Commenti a La ragazza che strapazzava i campioni del mondo

  1. avatar
    Uomo delle valli 29 Dicembre 2023 at 13:53

    soloscacchi e’ e rimarra’ sempre il meglio
    auguri a tutti

    Mi piace 1
  2. avatar
    Paolo Landi 29 Dicembre 2023 at 14:55

    Un grazie di cuore al nostro Martin. Le foto sono splendide! Soprattutto alcuni primi piani di Judit, e bellissima anche la foto del mitico Bobby Fischer.Speriamo che il blog riprenda a pubblicare con cadenza regolare per la gioia dei tanti appassionati.

    • avatar
      Martin 30 Dicembre 2023 at 01:38

      Grazie a te, caro Paolo, per i soliti eccellenti contributi.
      Mi scuso con tutti i lettori e, ovviamente, con gli amici che mi mandano i loro apprezzati articoli per il ritardo con cui ormai riesco a pubblicarli.
      Non è facile, dopo quasi 15 anni di impegno pressoché quotidiano, riuscire a mandar avanti il sito ancora con le stesse energie del primo giorno. Sono da solo a far fronte alle varie incombenze che questo comporta e cerco sempre di mettercela tutta. Se tanto è ancora migliorabile confido nella pazienza e nella comprensione di tutti. Grazie!

      Mi piace 1
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    Ugo Russo 29 Dicembre 2023 at 18:28

    Altro articolo da incorniciare del signor Landi: complimenti vivissimi!

  4. avatar
    Paolo Landi 30 Dicembre 2023 at 15:58

    Grazie mille, visto il tempo trascorso dalla sua stesura, l’ho riletto anche io con un certo interesse. Ricordavo poco di quello che avevo scritto 🙂

    Mi piace 1
  5. avatar
    The dark side of the moon 3 Gennaio 2024 at 11:54

    Ad ogni articolo di Landi mi sento sempre il dovere di rinnovargli i complimenti per la qualità e l’interesse dei suoi scritti. Bravo!
    A me sembra ovvio ma voglio porre una domanda: condividete il fatto che Judith Polgar sia la più grande scacchista di ogni tempo?

    Mi piace 1
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      Ugo Russo 3 Gennaio 2024 at 12:45

      Condivido assolutamente!

  6. avatar
    Paolo Landi 3 Gennaio 2024 at 17:39

    Grazie per gli apprezzamenti. Scrivo con piacere, questo blog lo merita. Quanto alla domanda di Dark, in base ai risultati ottenuti, penso sia sicuramente la più forte giocatrice della storia e una delle più forti attaccanti di sempre senza distinzioni di sesso.

    Mi piace 2

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