Tripoli bel suol d’amore

Scritto da:  | 31 Marzo 2024 | 2 Commenti | Categoria: C'era una volta, Curiosità

Tripoli prima della guerra era una città cosmopolita e gli abitanti convivevano in pace – tranne il verificarsi di qualche scaramuccia ogni venerdì sera tra arabi ed ebrei che si affrontavano con fionde e coltelli e che osservavano il rituale provocatorio di far iniziare le loro baruffe dai fanciulli, sempre verso sera di ogni venerdì, per poi proseguire la rissa tra adulti…
Diverse le etnie conviventi a Tripoli:
E ciascuna aveva i propri riferimenti: linguistici, di religione, di scuola.
Insomma era una città cosmopolita, piacevole, dinamica,, moderna,; e gli italiani provenienti dalla Madrepatria – ma anche gente foresta (es. Francesi) ci si trovava bene.
Clima da sogno tranne che nei giorni di ghibli,ossia di un vento caldissimo in estate che portava una sabbia rossiccia finissima del deserto..e .che si intrufolava dappertutto.
Una spiaggia e un mare d’incanto.
Le etnie dimoranti erano:
– i nativi arabi
– i maltesi – in gran parte pescatori di professione-
– gli ebrei nativi dediti al commercio più vario,
-i greci , gente tuttofare
– Arabi di rango aristocratico provenienti dagli Emirati che esercitavano nobili professioni quali – insegnanti nelle scuole arabe o essere tabib (ossia medico)<,
– qualche cinese e qualche indiano, titolari di negozi di merce esotica di produzione del loro Paese
– e gli italiani provenienti dalla madrepatria completavano il lotto-

Riguardata dalle Autorità Centrali Italiane come un proprio fiore all’occhiello la Libia e Tripoli segnatamente erano oggetto costante di progresso e rinnovamento di iniziative e i governatori che si succedevano – tutti di provata fede fascista ovviamente -prendevano iniziative atte a evidenziare agli occhi del mondo occidentale la magnificenza di questa colonia italiana
Per una precisa scelta politica adottata dal Governo Italiano, si procedette nel tempo a costituire nel retro-terra entità autonome o villaggi agricoli veri e propri, intestati a italiani che nel tempo passato avevano onorato la Patria e così giunsero ad occupare detti villaggi gente del contado centro-meridionale italiano e – a bilanciare – del Veneto povero. Trovarono casa attrezzi e sementi per affrontare l’avvenire e il villaggio tutto nuovo compresa una cappella per celebrare messa e funzioni religiose
(Così giunsero i primi,famosi 20 mila coloni, poi… )
Direte: ma le Autorità del tempo dove presero le terre coltivabili per cosi tante famiglie?
la risposta è: dagli arabi che le possedevano e le lasciavano incolte…
In forza di quale diritto o ragionamento?
Provo a rispondere.
Quello della furbizia . Infatti il Governo italiano si fece forte di un comandamento del Corano che recita ; il proprietario di terre che le lascia incolte per più di due anni perde il diritto a possederle…
Lo spinoso argomento fu a lungo dibattuto fra le parti in causa fino a risolvere il contenzioso, come succede spesso, con un indennizzo o risarcimento e con concessioni di carattere politico…Vi fu anche l’intervento rappacificatore del vescovo Mons. Vittorino Facchinetti alla tavola del quale – detto per inciso -ebbi l’onore di sedere essendo stato uno dei chierichetti prescelti a partecipare
alle funzioni religiose del Congresso Eucaristico tenutosi se non erro nel 1935.

Passiamo ad altro argomento.-
Gli insegnanti a Tripoli, dalle elementari alle medie superiori provenivano in maggior parte dall’Italia centro meridionale e si rivelavano preparati e di valore.

Ricordo ancora adesso i nomi e le figure dei miei insegnanti elementari e delle medie:
La maestra delle elementari, Amendola –molto affettuosa – – mi tenne per un biennio delle elementari come una mamma: Poi rimpatriò e fui assegnato al maestro Giuseppe Teri per i restanti tre anni delle elementari. Fui fortunato. Di meglio come valentìa di insegnamento non potevo pretendere.
A fine corso delle elementari mia madre fu convocata dal maestro Teri per discutere del mio futuro scolastico.
Il maestro raccomandava la prosecuzione negli studi alle scuole medie ; mia madre fece presente le difficoltà della vita e disse che avrebbe fatto il possibile ma intanto un primo ostacolo fu la banale indisponibilità ,al momento, delle 5 lire di tassa di ammissione alle medie che avrei dovuto pagare entro un dovuto termine per poi avere diritto ad affrontare l’esame di abilitazione ed essere ammesso alle scuole medie sicché fu giocoforza per i miei genitori, non avendo al momento le 5 lire , ripiegare sulla scuola di arti e mestieri “Vittorio Bottego”, dove quella tassa non si pagava e che però era una scuola teorico-pratica per preparare gli alunni a divenire buoni..operai. O dediti al ….commercio (la dizione che si leggeva entrando a scuola era :scuola a tipo industriale e commerciale )
Devo però ammettere che gli insegnanti delle materie classiche – segnatamente italiano, storia e lingua straniera (francese perché a quel tempo francese era la lingua dei diplomatici e per intendersi a livello internazionale, proprio come l’inglese ai giorni nostri) di quella scuola erano pienamente all’altezza del loro compito. In particolare la prof. Vinciguerra, di italiano, che si esaltava con i poemi, recitandoli con padronanza e con una voce e una proprietà di dizione che a me piaceva moltissimo….e che mi fece amare Omero.
L’ultimo mio anno scolastico in quella scuola finì prima del previsto a cagione di continui bombardamenti aerei degli alleati. Non era prudente continuare a tenere un numero elevato di giovanissimi sotto bombardamento e perciò l’ultimo anno scolastico andammo tutti a casa prima del previsto.
Come già ebbi a dire in altra occasione chiusa la scuola cercai e trovai lavoro allo stabilimento Lancia da apprendista carrozziere (il mestiere dell’avvenire, secondo alcuni…) e poi il colpo di fulmine:
Cioè Il rimpatrio forzoso – complice involontario mio nonno paterno che lo aveva richiesto in vece e per conto nostro- ai carabinieri.

Prima fase: partenze volontarie (giovanissimi)
Con il rimpatrio organizzato di giovanissimi, consenzienti i genitori o chi ne faceva le veci., si mettevano in salvo le generazioni future.
Visto però che li avrebbero ospitati in Alto Adige, non posso escludere – con una punta di malizia- l’intento recondito governativo (o tedesco ?) di un concomitante indottrinamento sospetto…(due piccioni con una fava).
Il rimpatrio di adulti: dapprima fu volontario e, in prima battuta, riguardò prevalentemente le donne con figli in tenera età e/ o di impiegati pubblici che in Patria ritrovava comunque il posto di lavoro . E riguardò anche chi aveva come riferimento parenti in Italia .

La partenza mia e della mia famiglia da Tripoli, avvenuta il 15 febbraio 1942 fu di fatto a noi imposta dai carabinieri ma è anche vero che vi fu inoppotuna richiesta del nonno paterno..in questo senso. e fupreceduta da 3 giorni di attesa, giorno e notte, ai margini del campo di aviazione, giorni trascorsi in un tugurio arabo abbandonato in attesa di trovare un …passaggio su un aereo e portati in Italia, come da intendimenti delle autorità locali.

Papà mio in quei tre giorni fu eroico:
Percorreva in bicicletta ogni giorno di attesa oltre 20 Km all’andata e altrettanti al ritorno per portarci il cibo che comperava al mercato nero perché eravamo praticamente abbandonati a noi stessi dalle Autorità in fatto di assistenza e sostegno ai margini del campo di aviazione…
Un particolare significativo in proposito.
Una donna aveva urgenza di fare i propri bisogni ma non era disponibile al momento,un cesso in quel tugurio
Il marito allora risolse di andare fuori dalla struttura e accedere in un campo agricolo e poi, sbottonandosi il proprio cappotto fece da schermo alla moglie che si accucciava….Vide la cosa il contadino arabo proprietario del terreno il quale cominciò ad inveire e di rimando l’uomo gli disse Alasc, anta mandecsc tirma ? tradotto in italiano: Perchè tu non hai sedere ?
Finalmente Al terzo giorno d’attesa trovammo posto su un aereo SAVOIA-MARCHETTI S 79 , di quelli cioè adibiti a fare la spola tra la Sicilia a e la Libia per trasportare persone e cose.
L’alternativa poteva essere viaggiare su uno Junker 88 tedesco.
Meglio così, giudicai. I tedeschi mi erano ostici…
Particolari da sottolineare:
L’aereo era armato di due mitragliatrici pesanti alle quali erano adibiti due soldati ….feriti che rimpatriavano per avere in patria cure adeguate…
L’ipotesi malaugurata era quella di scontrarsi con gli Spitfire, ossia i famosi caccia inglesi con
base a Malta. L’equipaggio del nostro aereo comprendeva anche un armiere di bordo che si dava da fare per insegnare ai due fanti feriti come dovessero comportarsi nella malaugurata ipotesi di do-ver far fronte all’ emergenza
Ma ci rincuorava sapere che eravamo uno stormo di aerei molto folto.…
Sull’aereo non rammento altri civili. Ma noi eravamo già in otto, e più due fanti feriti alle mitraglie oltre all’equipaggio
Nessuna organizzazione degna di questo nome .
Si attendeva l’opportunità di partire man mano che si presentava l’occasione…
Passiamo ad altro:
Lasciavamo Tripoli con grande dispiacere.

Noi avremmo voluto rimanere a Tripoli ma questo non bastò per far recedere i carabinieri dalla decisione presa.

Andiamo avanti:
L’aereo che ci trasportava atterrò all’aeroporto di Castelvetrano in Sicilia il 14 di febbraio del 1942.
Eravamo attesi dai maggiorenti del luogo e devo dire che dimostrarono sensibilità e competenza. Ci condussero in un ex convento, tenuto in perfetto ordine e pulito, ove ritrovammo finalmente cibo cucinato e brande per ciascuno per riposare nella nottata.
L’indomani mattina, 15 febbraio 1942 per tempo, ci chiesero quale era la località di destinazione prescelta e ci diedero i necessari documenti di viaggio: e ci munirono delle tessere annonarie necessarie per comperare generi alimentari in qualsiasi bottega del territorio nazionale , ovviamente pagando di tasca nostra durante il viaggio e sino a destinazione. Che per noi,fu Parma
Parma perché vi risiedeva una zia, Adelina, sorella di papà che negli anni precedenti la guerra aveva sposato un giovane friulano, zio Antonino, che faceva il militare e che, dopo il congedo ritornò a Udine, sua città nativa e poi, da Udine si trasferì a Parma .,per una allettante offerta di lavoro a Parma.
Non li avevo conosciuti, ancora, la zia e lo zio Antonino. ed – ero curioso di conoscerli.
Un passo indietro…
I primi rimpatri da Tripoli direi che iniziarono nel 1941. Era troppo gravoso il compito di trasportare via mare dalla Madrepatria le derrate alimentari per noi civili.
La Tripolitania non ne produceva a sufficienza e le navi erano vulnerabili ai siluri inglesi.
Il viaggio in treno non fu organizzato. Nessun conforto. Biglietto per viaggiare gratis ovunque e via alla ventura.
Devo dire che partendo da Castelvetrano eravamo soli , lasciati a noi stessi ….e tali siamo rimasti sino a destinazione
Ci era stato detto che in tutte le località attraversate dai treni che avremmo preso, esisteva un ente comunale di assistenza (ECA) che al bisogno poteva essere contattato. Che per noi fu solo – all’arrivo – quello di Parma.
Nessuna organizzazione fu designata per il viaggio in treno. Si viaggiava , in Sicilia, con locomotiva a carbone …
Biglietto cumulativo per famiglia , gratuito e per il resto, arrangiatevi…
E quello fu il momento in cui mia madre mi guardò fisso negli occhi e mi disse: Ora il capofamiglia sei tu e mi consegnò un anello d’oro che era stato di mio zio Gianni, buonanima…come simbolo
Nessuna organizzazione dunque del viaggio in treno ma lasciati a noi stessi e al buon cuore dei passeggeri che occasionalmente viaggiavano con noi sul treno e ci aiutavavno con consigli e nei trasbordi.
E ricordo che viaggiammo prevalentemente in terza classe ma anche in vagoni bestiame, sulla paglia, con interminabili soste quando cambiavamo treno.
Andavamo alla ventura .
Ricordo Bologna. Nevicava di brutto e noi non avevamo cappotti avendo lasciato Tripoli con un bel sole caldo da…mezze maniche – Dicevo Bologna
Sotto la pensilina in attesa di un treno per Parma, una signora di buon cuore si rivolse al marito facendo intendersi di dare qualche soldo a uno dei miei fratelli minori al che mi sentii ribollire il sangue nelle vene e sbottai che non eravamo mendicanti ma profughi…Avevo la mia fierezza ma devo riconoscere che ,visto il nostro aspetto dopo 3 giorni di viaggio sembravamo proprio dei mendicanti.
Quindi nessuna organizzazione ci fu del viaggio in treno: solo il biglietto per andare ovunque e per il resto:arrangiatevi. Ed è la verità.
L’itinerario seguito lo affrontammo soli. Nessuna autorità ci contattò: solo un impiegato di un comune meridionale ci disse che per mangiare era meglio chedere a qualche convento di suore dei paesi che attraversavamo col treno piuttosto che ad altri… La carità, insomma…

Alle ore 20 di sera del 18 febbraio giungemmo alfine a Parma dove ci attendevano due signore in tailleur nero evidentemente incaricate del Partito che ci presero in carico e per prima cosa ci portarono in un albergo nei pressi della stazione dove – finalmente – trovammo conforto e cibo cotto, a spese del Comune di Parma (ECA).
Ricordo, appena fuori dalla stazione giganteschi cumuli di neve che mai avevamo visto in passato a testimonianza del considerevole freddo di quell’anno…..
L’indomani fummo presi in carico dall’Ente Comunale di Assistenza (ECA) che come ho avuto occasione di dire in altro articolo ci fece prendere alloggio alla CIBIA, abituale albergo di suonatori ambulanti et similia.
E qui mi fermo….
Ora cerco di rispondere alle domande di Castiglioni, se ci riesco:

L’aereo che ci trasportava non aveva sedili ma sponde laterali in tela Erano applicate alle pareti dell’aereo e sorrette da ferro tubolare
Indicammo Parma come località di destinazione ove fissare la nuova residenza perché vi risiedeva zia Adelina.
A Castelvetrano Ci munirono della documentazione necessaria per il viaggio e per comperare generi alimentari -razionati – giorno per giorno. Nient’altro.

Partenze iniziali, sporadiche, si ci furono ma di gente che era giunta in anteguerra a Tripoli per occupare posti di lavoro ambiti; e nel pericolo decise di tornare indietro in Madrepatria . E magari poteva contare di nuovo sull’accoglienza del proprio parentado in Italia .
– Si, in effetti il rumore assordante del decollo dell’aereo che ci aveva imbarcato fu oltremodo assordante e spiacevole e durò non poco.
– Eravamo in pochi a bordo perché c’erano ingombri di materiale bellico; due mitraglie pesanti, relative munizioni, altro materiale non bellico e …noi (otto persone). Non rammento altri civili. Noi avevamo atteso abbastanza ai margini del campo di volo…


Il viaggio in treno fu preceduto dalla consegna dei documenti di viaggio e delle tessere annonarie perché il razionamento era cosa praticata quotidianamente
Un primo approccio in assoluto lo ebbimo con un trenino a carbone che univa Castelvetrano con Palermo.
Lì salimmo su un treno normale diretto a Messina. E il passaggio successivo sullo Stretto avvenne in modo periglioso,vista anche la nostra inesperienza: Ci aiutarono due militari che andavano a casa in licenza al momento topico del trasbordo… dal ferryboat.
E qui mi fermo a meno di richieste di delucidazioni. –

avatar Scritto da: Antonio Pipitone (Qui gli altri suoi articoli)


2 Commenti a Tripoli bel suol d’amore

  1. avatar
    Paolo Landi 1 Aprile 2024 at 18:00

    Non ho più parole per ringraziare il Maestro Pipitone per questi bellissimi racconti che ci riportano in un’epoca lontana che noi, più giovani, facciamo fatica anche ad immaginare. E lo fa attraverso gli occhi di un ragazzino smarrito ma anche curioso e affascinato dalle avventurose vicende di cui è stato protagonista.
    Mi sono tornati alla mente i racconti di mio padre, classe 1916, che laggiù ha vissuto le drammatiche vicende belliche durante la II Guerra Mondiale. Di sicuro sarebbe stato molto felice di leggere queste belle pagine. Anche lui mi parlava del ghibli, delle liti tra arabi ed ebrei e dell’impreparazione dei nostri soldati mandati a combattere una guerra assurda. Leggendo queste pagine viene da pensare che le generazioni successive sono state molto più fortunate rispetto a quelle dei nostri genitori e nonni.

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  2. avatar
    Giancarlo Castiglioni 6 Aprile 2024 at 18:56

    Ringrazio Pipitone per aver soddisfatto le mie curiosità.
    Ho capito perché non avevo trovato notizia del rientro di civili italiani dalla Libia.
    Era affidato ad iniziative personali, completamente disorganizzato ed il numero dei civili rientrato deve essere stato piccolo.
    Ben diverso quanto accaduto in Africa Orientale per i civili italiani internati dopo l’occupazione inglese.
    Tramite la Croce Rossa si organizzarono diversi viaggi con transatlantici italiani che rientrarono in Italia facendo il periplo dell’Africa.
    L’organizzazione fu eccellente, sfruttata dalla propaganda e gli ultimi rientri furono a Napoli poco prima dell’armistizio.

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