Gli scacchi magici di Harry Potter e la magia degli scacchi

Scritto da:  | 18 Maggio 2010 | Un commento | Categoria: Scacchi e cinema

Sono reduce da una lunga lettura dei 7 libri della saga del giovane mago Harry Potter scritti dalla scrittrice inglese J.K.Rowling, i cui effetti potrebbero essere nefasti nei miei confronti.  Infatti  da un po’ di giorni a questa parte comincio a soffrire di strane sindromi che il grande Miguel Cervantes aveva descritto bene all’inizio del suo immortale capolavoro: la sindrome di Don Chischiotte della Mancia! Sto correndo il rischio di diventare come l’immortale Cavaliere dalla triste figura, che, come ben sapete, dopo aver letto tutti i poemi epici e cavallereschi del suo tempo, decise di affrontare giganti, sfidare a singolar tenzoni cavalieri malvagi e salvare vergini dalla fiamme di draghi feroci! Ahimè,  da un po’ di tempo a questa parte vedo maghi e babbani ovunque, ho perso il senso della realtà al punto da dire baggianate, pensate che in un momento di totale delirio ho pensato che gli oppositori antifascisti, durante il regime  sono stati catturati dai Dissennatori e condotti nella prigione di Azkaban per volontà di Lord Voldemort!

L’unico modo per riprendere in parte il senno smarrito sarebbe quello di dedicarmi interamente al nobil giuoco, però ho deciso, ispirandomi alle recenti letture, di descrivere il gioco degli scacchi magici del mondo incantato di Harry Potter. Ebbene si, la Rowling parla di scacchi e lo fa quasi esclusivamente nel primo libro della serie: Harry Potter e la Pietra Filosofale: Ron (Wesley, il grande amico di Harry n.d.r.) cominciò anche a insegnare a Harry a giocare a scacchi magici. Le regole erano esattamente come quelle degli scacchi dei Babbani (i Babbani sarebbero gli esseri umani privi di potere magico n.d.r.) per cui diventava un po’ come comandare delle truppe in battaglia. La scacchiera di Ron era molto vecchia e malconcia. Come tutto quello che gli apparteneva, anch’essa un tempo era di qualche membro della sua famiglia, in quel caso di suo nonno. E tuttavia, giocare con dei pezzi vecchi non era affatto un problema: Ron li conosceva talmente bene, che non aveva difficoltà a convincerli a fare quello che voleva lui. Invece Harry giocava con gli scacchi che gli aveva prestato Seamus Finnigan (compagno di stanza e di classe di H.P. n.d.r.) e i pezzi non avevano la minima fiducia in lui. Ancora non era un bravo giocatore, e loro non facevano che gridare consigli contraddittori che finivano per confonderlo: “Non mi mandare da quella parte, non vedi che c’è lì il cavallo di quell’altro? Manda lui; lui possiamo permetterci di perderlo!” ( Harry Potter e la pietra filosofale, pag 190, casa editrice Salani, traduzione di Marina Astrologo.

Alla fine del romanzo, Harry Potter cerca in tutti i modi di impedire che la pietra filosofale cada in mani sbagliate, pertanto per evitare simile iattura, è sottoposto a dure prove tra le quali un duello scacchistico che alla fine lo vedrà vincitore dopo una lunga battaglia. Sarà il giusto  premio per le giornate trascorse insieme all’amico Ron davanti alla magica scacchiera.

Se si esclude questo episodio, negli altri libri della serie l’autrice parlerà sempre meno di scacchi, l’unica cosa che dirà di rilevante sarà che Ron Weasley, che non è certamente uno studente modello e brillante come la sua compagna Hermione Granger,  eccelle nel magioco gioco al punto da battere spesso e volentieri i suoi amici (chissà che libri avrà letto e quale sarà il livello scacchistico di Harry Potter ed Hermione Granger). A differenza della serie televisiva  fantascientifica di Star Trek nella quale appare il gioco degli scacchi tridimensionali,  nel mondo fatato di Hogsworth non esistono regole particolari rispetto a quelle che noi conosciamo: l’unica differenza è che i pezzi  parlano e  lottano come se si trovassero in un magico campo di battaglia. La Rowling non riesce a dare linfa ed originalità a un gioco che per sua natura ha in sé la sua inimitabile “magia”, non a caso, se si esclude il primo libro della saga, si parla sempre più raramente di scacchi magici ; probabilmente la scrittrice, che non avrà certo la forza di una Judith Polgar, se ne sarà accorta al punto d ignorare quasi del tutto il nobil giuoco.

In effetti, c’è un motivo: quante volte noi scacchisti rimaniamo ammaliati dalla bellezza di certe partite, dalla spettacolarità di certe combinazioni, dal genio dei grandi campioni hanno reso unico ed inimitabile il Re dei giochi?  Ed è per questo che quando si vedo le partite dei grandi geni delle 64 caselle, non è possibile fare a meno di ammirare il fantastico mondo degli scacchi e dei suoi inimitabili campioni.

Un esempio lo dà il grandissimo Paul Morphy,  che per me potrebbe essere definito l’Harry Potter degli scacchi babbani, capace di costruire immortali capolavori sulla scacchiera. Se non è magia questa di Morphy, ditemi voi cos’è! 😉

N.d.r. le note in inglese sono del sommo Bobby Fischer

Una delle "conseguenze" scacchistiche del fenomeno Harry Potter

Pietra Filosofale-Ron Weasley (Elo??)

1 Dxd3 Tc3, 2 Dxc3 Ch3+ 3 Dxh3 Ac5 e il Bianco abbandona anche se nel film Harry Potter dice: “Checkmate!”

avatar Scritto da: Jazztrain (Qui gli altri suoi articoli)


Un Commento a Gli scacchi magici di Harry Potter e la magia degli scacchi

  1. avatar
    sofia 31 Luglio 2011 at 16:41

    io ce li ho ed è molto più divertente imparare a giocare con quelli che con quelli classici! 😛

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