Gran Hotel Alpi

Scritto da:  | 1 Settembre 2010 | 13 Commenti | Categoria: Racconti

…racconto monregalese

Scendendo da Serra, dopo pochi secchi tornanti, si apre la verde valle di Pamparato il cui borgo appare oggi pressoché identico agli occhi del visitatore quale appariva nei decenni addietro.
Nulla è di fatto mutato, soprattutto nei mesi che non siano quelli estivi quando qualche sparuto turista alla ricerca di tranquillità vi mette, magari per casualità, il naso.
Il Signor Nasi, a dispetto delle credenziali del suo cognome, non era né uno sperduto turista capitato colá per caso, né un incauto visitatore ma a Pamparato era nato, cresciuto e sempre vissuto. Introverso e taciturno di indole, fin da ragazzino aveva manifestato ben poca propensione alla compagnia ed ai giochi coi coetanei, preferendo trascorrere le lunghe ore pomeridiane assorto a fantasticare dietro il vetro di una finestrella di casa che dava sulla via principale del paese, via Roma, ignorando allora che l’intera sua esistenza fisica si sarebbe sviluppata nell’arco di poche decine di metri, da quella finestra a quelle dell’unica locanda del paese, quella dell’albergo Alpi, giusto in fondo alla via. Il padre del giovincello aveva invero sperato per lui un avvenire in città, magari a Mondovì magari a Garessio, meglio ancora se a Cuneo, chissà… apprendista impiegato presso qualche ufficio, ma il piccolo Guglielmo non gli aveva neppure dato il tempo per imbastire codesti progetti dato che, imparato a leggere e a scrivere presso la vicina scuola elementare di Roburent, aveva preso a frequentare i giovani figli del padrone della locanda bighellonando con essi nella piazzetta del paese e, allorquando questi e non lui, furono spediti a Mondovì Piazza a studiar in collegio, al Signor Sciandra, padrone della locanda, non parve vero prender per garzone il giovane Guglielmo.


Il piccolo Nasi tanto era taciturno e solitario quanto serio e affidabile in quelle piccole indispensabili mansioni di cui ogni locanda, albergo o posto di ristoro che si rispetti non può prescindere di condurre. Aiutava la signora Onorina nel rassettare le camere e far le compere di cui l’attività bisognava, fungendo da fattorino per la corrispondenza in ingresso ed in uscita dall’albergo verso il vicino ufficio postale, da tuttofare per le commissioni degli ospiti dell’albergo, da portiere quando il padrone aveva altro da sbrigare, rendendosi presto utile e anzi indispensabile nella frenetica economia di attività dell’albergo. Crescendo e col trascorrer degli anni il Signor Nasi era divenuto parte integrante della famiglia occupandosi ora delle faccende di contabilità, ora degli approvigionamenti e delle ordinazioni ai fornitori, insomma di tutto quello di cui non v’era un vero ruolo prestabilito nel modesto organigramma della pensione. La sera unico momento di svago era ascoltare le conversazioni degli avventori del ristorante, gente di passaggio, forestieri, d’estate qualche turista e qualche rara volta qualche illustre personaggio capitato nella valle più per caso che per intenzione, come quella sera di maggio del 1954, allorquando i coniugi Ernest e Mary Hemingway di passaggio verso Nizza avevan fatto sosta a Cuneo, presso il rinomato Caffé Arione, sotto i portici della Piazza principale, per acquistare una buona provvista dei celebri cioccolatini al rhum e di cui nel breve tragitto verso la riviera francese la golosità del celebre giornalista aveva tramutato le prelibatezze in semplice ricordo.


Avevan fatto tappa quella notte a Pamparato, così come una volta Fausto Coppi e in più occasioni il grande Pavese innamorato delle dolcezze e del panorama del piccolo antico borgo pamparatese. E la sera terminate le faccende dell’ostello il Signor Guglielmo s’affacciava come da bambino dalla finestra della sua camera nella pensione, sotto gli abbaini, dando lo sguardo sulla stessa via nel verso opposto con cui la studiava e rimirava da fanciullo.
Fantasticava in mille pensieri e lunghi sogni ad occhi aperti allora da adulto come da ragazzo da quelle finestre l’una all’altra dirimpetto. Ed una notte non aveva dormito, non riuscendo a chiuder occhio per le stranezze di un ritaglio di giornale trovato in un libro smarrito in camera da un ospite distratto. Il titolo del libro era Martin Eden di Jack London e, a mo’ di segnalibro, una pagina sgualcita di un vecchio giornale ingiallito, raffigurata una posizione di scacchi, forse un problema, forse uno studio… Degli scacchi il Signor Nasi conosceva le regole e le mosse, ma in quella posizione c’era evidentemente qualcosa che non quadrava: come poteva aver infatti il Bianco mosso per ultimo come asserito sul giornale? …roba da pensarci sopra tutta la notte, con lo sguardo sognante oltre il vetro di una vecchia finestra…


Ogni riferimento a persone, città, alberghi, scacchisti veramente esistiti è puramente casuale. Calliope abbia misericordia del mio Elo letterario da 4ª Sociale …Caissa, da piccolo mi ha trascurato molto: quello scacchistico è perfino peggio!

avatar Scritto da: Martin (Qui gli altri suoi articoli)


13 Commenti a Gran Hotel Alpi

  1. avatar
    e4d6 1 Settembre 2010 at 11:50

    il solito enigma impossibile del solito Martin Eden

  2. avatar
    Zenone 1 Settembre 2010 at 12:36

    E no, caro Martin Eden. L’affermazione in corsivo è falsa – almeno per quanto riguarda la scrittura – e tu lo sai bene! Appena ho iniziato a leggere il racconto e fino al disegno del “caffé”, non sapevo decidermi se la tua scrittura mi ricordasse di più quella di Pavese o quella delle descrizioni della provincia di Piero Chiara; poi ho visto il riferimento diretto qualche riga più sotto e non ho avuto più dubbi…
    Complimenti per lo stile, accattivante e coinvolgente.
    Per la soluzione, come sempre, risponderò a parte (qualora riesca a trovarla 🙂 )

  3. avatar
    LS 1 Settembre 2010 at 15:12

    Un po’ di analisi retrograda.
    Supposto che l’enunciato, nella posizione del diagramma sia “mossa al nero”, e quindi il B ha effettuato l’ultima mossa, ipotizzando solo mosse legali, possiamo dedurre che:
    – l’ultima mossa è stata del Re bianco (unico pezzo rimasto)
    – Il Re bianco NON può provenire da c4-d4-e4 (nella mossa precedente si sarebbe trovato a contato col re nero)
    – il Re bianco non può provenire ovviamente da e6 (dove c’è la T nera)
    – possiamo escludere anche e5 (si sarebbe trovato sotto gli scacchi contemporanei di D e T, senza possibilità che ofssero generati da una scoperta)
    – per lo stesso motivo (scacchi contemporanei “impossibili” di De T o di A e T) si escludono c6 e d6
    – rimane a questo punto solo c5: anche qui il Re B sarebbe stato sotto scacco doppio di D e A neri, ma… 🙂 (spoiler)
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    … ipotizzando una situazione di partenza – mossa al B – con un PEDONE bianco in b2 e quello nero in c4, con Re B in c5, possiamo avere avuto la sequenza
    1b2-b4(pare la scacco di A in a3) … c4xb3 en passant!! scacco di doppia scoperta di A (eliminando il Pb4) e D (spostando il Pc4)!!
    Pertanto la mossa precedente del bianco è stata Re c5-d5, perfettamente legale!

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      LS 1 Settembre 2010 at 15:18

      Ovviamente, ora c’è da chiedersi come abbia fatto l’Aa3 ad arrivare lì! 🙁 (oops)

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        LS 1 Settembre 2010 at 15:37

        Ovviamente, c’è una soluzione legale 🙂
        (e in fondo, il problema non era COME l’Aa3 fosse arrivato li, ma come il RE BIANCO potesse essere in c5 :-))

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          e4d6 1 Settembre 2010 at 18:33

          ottima analisi LS,
          ora però devi spiegarci come era possibile per l’alfiere nero dare scacco al re da a3, dato che in b2 ci deve essere un pedone bianco….dato che hai detto esiste una soluzione legale

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            LS 1 Settembre 2010 at 20:12

            beh, se “per caso” in b4 c’era un C nero che finisce in d5 dando scacco di scoperta… 🙂
            (l’Aa3 NON dà scacco, e quindi il re B può essere in c5)
            Pertanto, suppongo che la posizione iniziale fosse:
            Bianco Rc5-Pb2
            Nero Aa3-Cb4-Pc4-Dc3-Rd3-Te6
            Mossa al Nero
            1…Cd5+ 2 b4 cxb3 e.p. ++ 3 Rxd5 e siamo nella posizione del diagramma, con mossa al nero

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    Marco 1 Settembre 2010 at 19:20

    L’analisi retrograda mi sembra complessa e non mi sbilancio, ma il racconto è veramente fantastico!!
    Complimenti.
    MARCO PIC

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      Martin Eden 1 Settembre 2010 at 19:32

      Grazie Marco e grazie a tutti… troppo buoni!
      In effetti c’è un particolare nel racconto di cui non riesco a capacitarmi neppure io…
      Come si può infatti smarrire un libro come “Martin Eden”?!? 😉

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        Zenone 4 Settembre 2010 at 10:29

        Ma no, è stato lasciato lì da qualche marinaio di passaggio in campagna e che non voleva istruirsi per forza, ma che evidentemente amava i problemi di scacchi eterodossi…ops… 😉

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    Marco 1 Settembre 2010 at 19:57

    Solo onore al merito!
    Come sai intervengo raramente anche se vi seguo tutti i giorni.

    MARCO PIC

  6. avatar
    Marramaquìs 1 Settembre 2010 at 21:00

    Bravo, Martin. E grazie per avermi fatto conoscere qualcosa della valle di Pamparato, di cui (ahi, ahi, lo ammetto) ignoravo colpevolmente l’esistenza.

  7. avatar
    Nessuno 1 Settembre 2010 at 21:38

    Come sempre una bella storiella e anche un’ottima analisi retrograda da parte di LS almeno per quello che può sembrare a me.

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