Comme à Ostende

Scritto da:  | 24 Febbraio 2012 | 20 Commenti | Categoria: Luoghi degli Scacchi

(omaggio a Karl Schlechter)

Inesorabilmente attraversata in inverno dal vento del Nord, gioia in estate dei surfisti e dei vacanzieri innamorati della sua lunghissima e larga spiaggia di fine sabbia bianca.

Alle sue spalle la verde campagna e i calmi canali delle Fiandre, fino a Bruges, le piste ciclabili, le coltivazioni di lino, e poi il cuore pulsante della sua industria cantieristica, grafica, alimentare, tessile e del tabacco.

E il perenne e sottile sapore della “Belle Epoque”, quando il fascino della città seppe conquistare regine ed artisti.

Mi trovo ad Ostenda, oggi perla del Belgio, cuore dell’Europa multiculturale, a pedalare sul lungomare in un grigio e umido mattino di fine ottobre, con i gabbiani che volteggiano bassi e rapidi sopra la mia testa, l’inebriante odore di salsedine delle barche ed il brusio ordinato degli indaffarati lavoranti del ricco mercato del pesce.

Ad Ostenda sono giunto stamani in treno da Bruxelles, appena un’ora di viaggio. Mi ci hanno condotto due incontri, del tutto casuali, della mia vita.

Il primo è stato quello, da bambino, con una maglietta giallo-ocra con la scritta “Compagnia delle Indie”. Sapete, uno di quei capi poveri d’abbigliamento prezzati nove lire ma ai quali (sarà capitato anche a voi) ci si affeziona, non si sa bene perché, fino a indossarli per quindici anni, anche fuori moda, finché resistono, scoloriti, al tempo e ai lavaggi.

Il secondo è stato, qualche anno più tardi, l’incontro con uno dei primi e rari doni “scacchistici” ricevuti, il mio caro “Dizionario enciclopedico degli scacchi” dei mitici Adriano Chicco e Giorgio Porreca. Fra tutte le figure dei campioni del mondo, rimasi colpito da quella di un quasicampionemondiale, il viennese Karl Schlechter, un campione originale, raffinato e leale.

Potevo ricostruire alla cieca la sua ottima partita, lì riportata, contro David Janowski “giocata il 26.6.1905 nel primo dei tre grandi tornei svoltisi in Ostenda; terminata in sole tre ore, vinse uno dei premi di bellezza”. Eccola:

Schlechter fu appena quarto, quell’anno ad Ostenda, con p. 15,5 su 26, preceduto da Maroczy, Tarrasch e Yanowski. Vi vinse l’anno successivo, con 21 punti su 30, davanti a Maroczy e Rubinstein. Nel 1907, con p. 12 su 20, giunse secondo (vedremo, più oltre, come) dietro Tarrasch.

Più notizie su questi tre tornei, unitamente alle tabelle, come pure altre notizie e tabelle su centinaia di altri tornei internazionali, li potrete trovare, se vorrete, sul volume “I Luoghi degli Scacchi”, che uscirà questa estate a firma dell’amico “Cserica” e sarà impreziosito dalla presenza di circa 400 antiche cartoline delle varie località ivi descritte.

Ostenda nacque nel X secolo come villaggio di pescatori, ma nel XIII era già un noto centro commerciale. Nel 1604 le truppe spagnole di Ambrogio de Spinola conquistarono e distrussero quasi completamente la città, nonostante l’eroica difesa dei suoi abitanti e le fortificazioni fatte erigere nel 1583 dal principe Guglielmo I d’Orange.

Ostenda, la “Gibilterra del Nord”, risorse nel XVIII secolo grazie alla “Oostendse Compagnie”, una compagnia privata istituita nel 1717 per commerciare con le Indie.

Il governo austriaco, che aveva assunto il potere nei Paesi Bassi Meridionali, concesse infatti patenti per il commercio nelle Indie Orientali ad alcuni mercanti privati di Anversa, Gand e Ostenda. Salparono da Ostenda, fra il 1717 ed il 1723, una quarantina di grandi navi mercantili, dirette in India, verso Surat e la costa del Malabar, in Bengala, in Cina e a Mokha, nell’attuale Yemen.

Le spedizioni erano finanziate da diversi consorzi internazionali, ebbero un enorme successo e la città rifiorì a nuova e prospera vita.

Dal 1815 Ostenda appartenne per 15 anni, per decisione del Congresso di Vienna, all’Olanda, poi fu definitivamente annessa al Regno del Belgio.

Lascio i gabbiani e il mercato ittico, pedalo ancora un poco e poggio la bici sotto le due maestose guglie in stile gotico della Sankt Petrus en Pauluskerk (la chiesa di S.Pietro e S.Paolo), interamente ricostruita nel 1905. All’interno dell’imponente edificio in arenaria c’è la tomba di Louise-Marie, la prima regina del Belgio, uno dei sovrani più illuminati e amati d’Europa, morta ad Ostenda nel 1850.

E, a proposito di sovrani, non posso dimenticarmi di Maria Josè di Sassonia Coburgo-Gotha, principessa del Belgio, terzogenita figlia di Alberto I e di Elisabetta Wittelsback, che nasce nel 1906 proprio ad Ostenda e che sarebbe stata moglie di Umberto II di Savoia e futura regina d’Italia, “regina di Maggio” per 27 giorni.

Lontano, sulle dune a nord della città, sorge il Forte Napoleon, unica fortezza napoleonica superstite in Europa, costruita nel 1812 durante la breve occupazione francese. Rimando all’indomani la sua visita, la visita alle paludi di mare della riserva naturale Raversijde e all’Atlantikwall, uno strano e ben conservato labirinto di trincee e bunker costruito dagli eserciti tedeschi nelle due guerre mondiali.

Oggi devo godermi il centro cittadino, mi aspettano notevoli gallerie e musei. Come il De Plate, il museo del folclore, che raccoglie un po’ tutta la storia della città.

Mi aspettano rinomate caffetterie, dove spero di riascoltare le note di quel bellissimo brano di Léo Ferré che è Comme à Ostende”. Mi aspetterà, al tramonto, la spettacolosa illuminazione del grande tetto di vetro, ad arco panoramico, della celebre stazione ferroviaria.

Per la colazione, domattina, la mia scelta cadrà sul ben noto Caffè Tao.

Eccolo, in Langestraat, il Caffè Tao: una buona cioccolata calda e delle deliziose (e caloriche) praline al ripieno di pistacchio in un ambiente particolare, con arredamento in stile anni Settanta. Sulla parete di fronte al mio tavolino una copia de “I fumatori di Kef”, opera di fine ‘800 del pittore anarchico belga Théo Van Rysselberghe, amico di Georges Seurat e maestro della tecnica del “puntinismo”. Sul tavolo al mio fianco due anziani e barbuti marinai (forse ex) passano il loro tempo giocando a Tangram, antico rompicapo cinese.

Esco e risalgo sulla bici. Fatico a spingere sui pedali, sia perché non abituato alla pavimentazione in “pavé”, sia perché sferzato da un acre vento di mare, sicuro preannuncio di pioggia: va bene lo stesso, senza fretta si può godere di più questa cittadina di favola, con i suoi edifici liberty, le sue casette dalle merlettate facciate e i suoi giardini ancora fioriti, pur essendo in pieno autunno.

Raggiungo l’Ensorhuis, la casa dove, dal 1917 al 1949, visse la sua lunga vita James Ensor, uno dei padri dell’arte moderna, pittore visionario e aggressivo, eccezionale ponte fra impressionismo ed espressionismo, incompreso in vita come la più parte dei geni. Dalle sue finestre il perenne e mai uguale (per chi non vuol vederlo mai uguale) orizzonte marino … L’abitazione, fedelmente ricostruita con mobili d’epoca, è oggi un museo affascinante, un tuffo nell’immaginario mistico, grottesco e caustico di questo grande artista anglo-belga.

Ma sarà la prima ora del pomeriggio a riservarmi un avvenimento davvero inatteso, imprevedibile e inspiegabile.

C’è molta gente vociante in strada …sempre più gente. Il lungomare si anima, nascondendo il rumore delle alte onde spezzate, mentre la nebbia e le nuvole basse che avanzano dalla spiaggia trasfigurano i gesti e la vita come in un caleidoscopio …per me solo in bianco e nero.

Fermo due ragazze. Hanno un curioso copricapo scuro con la scritta “Grote Vipero” e stringono in mano una bottiglia di Grimbergen Double, ottima, ambrata birra delle Fiandre. Chiedo loro se è in programma qualche festeggiamento o manifestazione. La più alta delle due osserva i miei abiti, soprattutto le mie scarpe, con aria perplessa, poi dice “Voi siete italiano, eh? Si vede … siete tra i pochi a non sapere che qui alla Troonstraat si concluderà tra poco il nostro giro ciclistico delle Fiandre”.

Da cicloamatore appassionato ne sono ben contento, quindi rimango, anzi cerco un posto tra le prime fila per non perdermi l’arrivo del famoso giro. Congedo la mia gentile interlocutrice non prima di averle chiesto un pronostico sulla corsa.

Vincerà Petit Breton”.

Diamine, chi è Petit Breton?

E strano però, … sono ben lontano dalle prime transenne e nonostante ciò vedo perfettamente, nebbia a parte, il viale d’arrivo. In realtà le transenne non sono neanche tali, ci sono due semplici lunghe fasce di cotone tricolore a separare il pubblico, negli ultimi centocinquanta metri, dai corridori.

Mi trovo immerso nella folla animata ed entusiasta, eppure non ne sento il clamore e il contatto fisico. Inizia a piovigginare e si aprono alcuni ombrelli, i ragazzi vestono le mantelle, eppure io non sono affatto bagnato.

Mi sento come in un sogno, indietro nel tempo …

Quali campioni belgi mi appariranno dunque dopo l’ultima curva? Merckx, forse, o De Vlaeminck o Van Looy? O addirittura Brik Schotte?

Resto impietrito e incuriosito, nell’attesa, mentre raffiche sempre più impietose di vento sferzano pericolosamente la traballante piccola tribuna alzata sulla linea d’arrivo e i bambini in prima fila faticano a trattenere in mano le loro piccole bandierine rosse, gialle e nere.

Eccoli, finalmente, i primi eroi della corsa, eccoli a conquistarsi il successo in volata, escono d’incanto dall’ultima curva prima della Troonstraat, su un selciato viscido e pericoloso.

Sono in tre, i primi ..… sì, e il primo è un viso a me familiare, pur abbastanza sfigurato dal fango, pur piegato sul manubrio nello sforzo di incrementare il suo minimo vantaggio.

Quella riga in mezzo ai capelli neri, quegli occhialini, quei baffi a punta così curati, ma sì, lui … lui è …Siegbert Tarrasch, e non Eddy Merckx.

E chi lo segue a ruota con quegli inconfondibili capelli “a spazzola”? Sì, stento a crederlo …è proprio Karl Schlechter, e non Roger De Vlaeminck.

Il terzo corridore è irriconoscibile, mi sembra stanchissimo, è ormai irrimediabilmente staccato dai due di testa, la sua bici avanza a stento zigzagando, ma resiste e si volge spesso indietro, quasi a temere di perdere il suo terzo posto sul podio.

Tarrasch è primo, è quasi certamente il vincitore, è avanti di un paio di ruote nella volata finale, ma …ora cosa sta succedendo? Parbleu! A Tarrasch salta la catena a meno di ottanta metri dall’arrivo e …Schlechter, che potrebbe certo approfittarne, e se ne accorge, lo guarda, ineffabile lo affianca e rallenta visibilmente, rallenta per non superarlo, lasciando sorprendentemente al rivale l’opportunità di passare per primo sulla linea del traguardo……

Beh, qualche lettore forse ricorderà che ad Ostenda nel 1907 nella partita decisiva contro Siegbert Tarrasch, all’ultimo turno, in posizione superiore, Karl Schlechter, accortosi che il suo avversario era stato colpito da forti dolori biliari, gli offrì di interrompere la partita con un pareggio.

Avete capito bene? Schlechter era perfino in posizione superiore!

Tarrasch rimase forse stupito, ma naturalmente colse al volo la ghiotta occasione, perché così poté agguantare insperatamente il primo premio, conservando quel piccolo margine di mezzo punto che aveva sullo stesso Schlechter.

E’ ormai l’ora, per me, di recuperare la bici e di tornare al mio programma originario. Si fa tardi, ho ancora tanto da girare e vedere e già domani sera, purtroppo, il treno mi dovrà riportare a Bruxelles e di lì in Italia.

Faccio in tempo per un attimo, allontanandomi dal lungomare, a sbirciare l’ordine di arrivo della corsa ciclistica, che quasi subito era apparso su dei banali tabelloni di legno verniciati in bianco: 1° Petit Breton,  2° Van Vliet, 3° Van Tin Eden … mentre il primo raggio di sole della giornata viene finalmente a riflettersi sui lucidi sampietrini della via.

Ho apprezzato molto il gioco di Karl Schlechter, ma mi piace ricordarlo qui perché è stato, oltre che geniale scacchista, soprattutto un gentiluomo, un gentiluomo colto e generoso, senz’altro un personaggio dei suoi tempi, uno che non se l’è sentita di rubare il traguardo a qualcun altro che gli pareva essere stato un poco meno fortunato di lui.

Si dice che Karl, quando qualcuno dei suoi avversari arrivava in sala gioco in ritardo, quindi con orologio già in movimento, non avesse piacere a sfruttare il vantaggio di tempo e spostasse in avanti la lancetta del suo quadrante fino ad appaiarla a quella dell’altro giocatore.

Indimenticabile, e perfettamente corretto, è ciò che di lui scrisse nella propria rivista, sempre nel 1907, il grande Emanuel Lasker:

Anche Schlechter avrebbe tutte le qualità tecniche per divenire campione del mondo, ma non lo diverrà mai perché non oserebbe mai prendere qualcosa che è desiderato da altri” .

Ma forse al grande maestro viennese, come a me e a tanti altri, bastava soltanto esser “preso” da Ostenda, oltre che dalla bellezza del nostro gioco, così come alla fascinosa cittadina belga da secoli piace “prendere” e riempire l’animo di artisti quali Karl Schlechter e James Ensor e quello di tanti altri, come me, comuni e sconosciuti viaggiatori e visitatori.

Torneremo tutti, un giorno lontano, qui ad Ostenda.

On voyait les chevaux de la mer
Qui fonçaient la tête la première
Et qui fracassaient leur crinière
Devant le casino désert…

Ni gris ni verts, ni gris ni verts
Comme à Ostende et comme partout
Quand sur la ville tombe la pluie
Et qu’on s’demande si c’est utile
Et puis surtout si ça vaut l’coup
Si ça vaut l’coup d’vivre sa vie…

J’suis parti vers ma destinée
Mais voilà qu’une odeur de bière
De frites et de moules marinières
M’attire dans un estaminet…

Oui, ca pleuvait, ca pleuvait
Comme à Ostende e comme partout
Quand sur la ville tombe la pluie
Et qu’on se demande si c’est utile…

(“Comme à Ostende”, Léo Ferré 1960)


avatar Scritto da: Marramaquís (Qui gli altri suoi articoli)


20 Commenti a Comme à Ostende

  1. avatar
    Franco 24 Febbraio 2012 at 07:38

    Assolutamente meraviglioso! Continuate sempre con questo passo! 😀

  2. avatar
    Ivano E. Pollini 24 Febbraio 2012 at 09:12

    Bellissimo articolo! Una piacevole sorpresa aprendo il mio PC dopo la colazione del mattino. Complimenti vivissimi a Marramaquis!

    Sono stato ad Ostenda,come anche a Scheveningen, con quelle sterminate spiagge di sabbia dorata, ed ora piacevolmente richiamate alla memoria dalle originali immagini qui riportate.

    Ma tornando agli Scacchi..è vero che anche Schlechter nel 1910, come poi Bronstein 1951, può essere considerato un Co-Campione del Mondo (Campione alla pari), avendo i rispettivi campioni del mondo in carica (Lasker e Botvinnik), in svantaggio durante la competizione, pareggiato il match all’ultimo istante.

    Può anche essere interessante sapere che Capablanca – che nutriva un profondo rispetto ed ammirazione per Rubinstein e Maroczy – nel 1910 aveva studiato e commentato tutte le partite del match Schlechter-Lasker in previsione del possibili match con Lasker.

    E sorprendenti appaiono le rivelazioni di Olga Capablanca in “Chessworld”, May-June 1964, in cui rivela che Capablanca aveva espresso la speranza di arrivare quarto al Torneo di San Sebastiano del 1911, dopo Schlechter, Rubinstein, e Maroczy (!)

    Bibliography: “Capablanca”, A compendium of Games, Notes, Articles, Correspondence, Illustrations, and Other Rare Archival Materials on the Cuban Chess Genius José Raoul Capablanca, 1888-1942″ by Edward Winter, McFarland & Company, Inc., Publishers, Jefferson, North Carolina, and London, 1989.

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    Fabio Lotti 24 Febbraio 2012 at 09:47

    Quando qualcosa piace al mio nipotino si gira l’indice nella guancia …:-)

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    Fabio Lotti 24 Febbraio 2012 at 09:50

    Riprovo con la faccina sorridente … 🙂

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    Massimo Benedetto 24 Febbraio 2012 at 11:00

    Un pezzo davvero di alto livello!
    Complimenti vivissimi a Marramaquis.
    Alla memoria del grande Karl Schlechter non poteva essere dato un tributo migliore.

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    Luca Monti 24 Febbraio 2012 at 11:47

    Con Marramaquìs siamo sempre al massimo.Leggendo il pezzo e rileggendolo ancora,viene il desiderio di andarci veramente ad Ostenda.Grazie anche per avere narrato con il giusto garbo la
    persona di Carlo Schlechter.

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    Andrea Rombaldoni 24 Febbraio 2012 at 11:48

    Piacevolissima lettura, complimenti all’autore. Mi è venuta voglia di fare un salto in Belgio!

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    Brunov 24 Febbraio 2012 at 11:59

    Devo dire, ma già me ne ero accorto, che Marramaquis ha la particolare capacità (e questo è uno dei pregi principali di uno scrittore) di “catapultare” il lettore là dove si svolge l’azione. Si tratta quasi di un fenomeno, chiamato in parapsicologia “viaggio astrale”, che trasporta il medium nel tempo/luogo evocato dagli astanti. Sembra veramente che l’Autore ci sia stato e vissuto a lungo, a Ostenda, come in altri luoghi da lui descritti. In particolare mi attrae quel “confondere” personaggi del presente e del passato e, per di più appartenenti a mondi diversi (la straordinaria idea degli scacchisti-ciclisti!), nel passare repentinamente e ripetutamente da un’epoca all’altra. Detto fra noi, ma non lo si dica troppo in giro, io credo che il Paradiso sia proprio questo: una condizione privilegiata, senza tempo e senza luogo, libera da ciò che la Materia imprigiona con le sue impietose quattro dimensioni. Bravò, bravò, bravò!

  9. avatar
    Giancarlo Cheli 24 Febbraio 2012 at 13:43

    😀 😀
    Marramaquis, sei stato spettacoloso!.
    Complimenti e un grazie a nome di tutti gli appassionati degli scacchi .

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    Zenone 24 Febbraio 2012 at 13:57

    Davvero ottimo!

  11. avatar
    Tamerlano 24 Febbraio 2012 at 20:41

    Molto, molto bello questo nuovo scritto. Ma perchè Marramaquis non ti metti a scrivere dei libri ? Non scherzo e, a proposito di libri, avete letto “La sfida di Carl Haffner” di Glavinic Thomas (Edizioni Beit): STUPENDO !

  12. avatar
    Marramaquìs 25 Febbraio 2012 at 19:41

    Vi ringrazio tutti. Un merito va anche ai miei amici Cserica e Martin Eden per le cartoline ed il filmato.
    E grazie a Ivano per le sue note sui campioni.
    Mi unisco volentieri all’iniziale auspicio di Franco, ma per questo sarà sempre indispensabile la fattiva collaborazione dei lettori.
    Se è vero, infatti, che Soloscacchi è nata e vive grazie all’iniziativa di chi ho prima citato, è pure vero che è proprio grazie alla partecipazione di tanti che il sito finisce per essere, indistintamente, patrimonio di tutti noi che amiamo questo inimitabile gioco.

  13. avatar
    Mongo 26 Febbraio 2012 at 12:50

    Non sono rimasti aggettivi liberi per elogiare questo pezzo.
    Beh, allora userò solo i superlativi avverbianti: spettacolarmente intrigante, pregievolissimemolvente ecezzionale.
    Quest’estate tutti ad Ostende!! 😛

    • avatar
      Marramaquìs 26 Febbraio 2012 at 13:35

      A proposito di avverbi, Mongo, non sarai troppo OSTENDATAMENTE di parte?

  14. avatar
    alfredo 3 Marzo 2012 at 00:46

    pezzo veramente bellissimo
    come saprete su questo giocatore è uscito anche un libro, altrettanto bello , ” l’ultima partita di Karl Hoffner” .
    un piccolo appunto .
    Roger de Vlaeminck , lo zingaro di Eeklo, fuoriclasse assoluto , il vice – cannibale ( tanto per dire 45 vittorie solo nell’anno 1975) , monsieur Roubaix, capace di vincere al giro volate a gruppo compatto come la tappa dolomitica piu’ dura davanti agli scalatori puri ( altro che Cipollini o Cavendish) e tanto altro portava i capelli piuttosto lunghi e i basettoni e non ha mai avuto i capelli a spazzola . e lo si riconosceva dalla sagoma .la sua posizione in sella e il suo modo di tenere le mani sul manubrio sulle leve dei freni con i gomiti piegati a 90 gradi erano assolutamente inconfondibili .

    • avatar
      Marramaquìs 3 Marzo 2012 at 14:53

      Ciao, Alfredo. Infatti io avevo inteso dire che proprio per quei capelli a spazzola doveva essere Schlechter e non De Vlaeminck.
      Anch’io tifavo, tra gli altri, per Roger e ricordo anche che suo fratello Erik (dico bene?) è stato un grande del ciclocross.
      Ma ho tifato ancor di più per Vito Taccone.
      Potresti, p.f., darmi gli estremi esatti del libro di Hoffner su Schlechter, da te citato? Grazie.

      • avatar
        Ramon 5 Marzo 2012 at 23:05

        Qui la recensione del testo citato apparsa, tempo addietro, su SoloScacchi 🙄

  15. avatar
    alfredo 3 Marzo 2012 at 10:38

    Roger de Vlaeminck puo’ essere paragonato per molte cose a Ivancuck . correva sempre e dappertutto . strada , pista , ciclocross ( fu campione del mondo da dilettante e da prof . Sfioro’ il titolo su strada ma per anni fu il numero 1 delle corse di un giorno . e una persona molto simpatica . ogni tanto lo rivedo . ” roger come va ? ” e la sua risposta è sempre ” finchè la và la và ” ….

  16. avatar
    alfredo 6 Marzo 2012 at 16:42

    Sì, scusatemi ma citando a memoria ho sbagliato il titolo del libro che a mio parere è uno dei più belli usciti sugli scacchi, anzi propongo di fare una classifica di libri non tecnici che hanno per tema gli scacchi. Ho una quindicina di titoli in mente e nella mia libreria. Sì Eric de Vlaeminck fu un fuoriclasse assoluto del ciclocloss, forse il più grande di tutti i tempi. Ma era ancor più matto di Roger ed ebbe anche parecchi guai con la giustizia. Roger invece era un signore, furbissimo e fortissimo, ma corrretto fuori e dentro le corse. Notevole tombeur de femmes. Si dice che sia stato maggiore il numero di miss collezionate al Giro d’ Italia che di tappe. L’unico che poteva battere anche il miglior Merckx, essendo di Eddy più veloce. Se volete posso preparare una lista di libri sugli scacchi… partendo magari da “La novella degli scacchi” di Boito in poi

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