“Lu megghiu jocu” (Vi cuntu chi succidiu)

Scritto da:  | 12 Giugno 2012 | 7 Commenti | Categoria: Racconti

“Egregio direttore, ho conosciuto la vicenda di Aspano, ben nota in paese, da un’amica. Sua moglie Enzina invece la conosco bene, siamo coetanei, ed è stata proprio lei a coinvolgermi mio malgrado e a riferirmi quanto Vi sto per raccontare. Questo chiarimento lo ritengo necessario perché quella di Aspano è una vicenda di cui si è molto parlato ed Enzina, donna che ha già abbastanza sofferto in vita sua, si merita che qualcuno dica alla gente cosa sia veramente accaduto. Naturalmente tralascerò cognomi e riferimenti per rispetto delle persone coinvolte e per rispetto della memoria di Enzina e per paura mia. Per quest’ultimo motivo ho deciso di non firmare questa lettera…”

– Dottore . . .dottore…

Luigi Nasca, direttore responsabile del quindicinale in vernacolo “U Ficudìnnia”, chiuse velocemente la lettera scritta in una grafia perfetta, ponendola sullo scrittoio. Sapeva, da quel vociare, che stava per entrare Nini Navarra, il suo più stretto collaboratore, tanto valido nello scrivere e fiutare le notizie quanto maldestro nel svolgere le attività quotidiane della vita.

– Dottore…è arrivata una lettera dalla Procura della Repubblica, si dovrà presentare venerdì prossimo per il nostro pezzo sull’omicidio Capuozzo…

Il direttore rimase impassibile, si aspettava la convocazione dopo le notizie sorprendenti di cui aveva scritto sull’ultimo editoriale, per un fatto di sangue che era stato accostato subito alla criminalità organizzata ma che lui aveva dimostrato essere legato a fatti di corna. Appoggiò la mano destra sulla lettera che aveva posto davanti a sé e Nini capì che lo aveva interrotto:

– Mi scusi…pensavo che fosse una notizia importante…non volevo…

– Lassa perdiri, sapevo già tutto – lo rassicurò il direttore facendogli segno con la mano di tranquillizzarsi –, non ci sono problemi. A proposito mi devi prendere dall’archivio il mio pezzo su Aspano Xxx, quello che ho scritto cinque anni fa, ti ricordi?

– E come no!– sorrise Nini – il console americano si era lamentato con l’editore per quelle parole di fuoco sul trattamento degli emigrati dei primi del novecento…

Nini si allontanò e Nasca riprese a leggere:

“…Enzina fu invitata formalmente, ormai diversi anni fa, dal notaio Mannino di Xxxxx per delle “comunicazioni importanti”. Lei rimase profondamente scossa nel leggere quelle righe così formali, delle quali non riusciva a capire il significato. Vi riporto il testo integrale:

Xxxx, 16 marzo XXXX.

Signora Vincenza Xxx.,

La invito presso i miei uffici di Via Xxx per il giorno 23 marzo p.v., alle ore 16.00, per comunicazioni importanti che La riguardano, con contestuale apertura di un plico – di cui sconosco il contenuto -, secondo le disposizioni del mio cliente, del quale non sono stato autorizzato a fornirLe anticipatamente il nome. Cordialmente. Notaio Alberto dott. Mannino.

Insomma, direttore, queste righe crearono in Enzina uno stato di tensione e d’ansia fortissimo. La sera, a cena, cercò di stemperare questa sua irrequietezza scherzando con i suoi familiari di dell’eredità di uno zio d’America e che dal giorno dopo non sarebbe andata al lavoro. Quel suo sorriso tirato nascondeva però ciò che sperava in cuor suo: l’anonimo cliente del notaio poteva essere proprio suo padre. Perché vedete, caro direttore, Enzina si era solo fisicamente arresa nella ricerca del genitore, anche perché, pur volendo leggere in maniera positiva quell’ultima lettera di “Ciccio” Geraci, suo padre sarebbe già morto da tempo. Eppure, lei mi confidò che quei battiti accelerati, mentre si vestiva per recarsi a quell’appuntamento, erano la testimonianza della sua speranza mai sopita. Enzina volle che fossi io ad accompagnarla dal notaio. Questo con mio sommo imbarazzo essendo lei, come Voi ben sapete, donna sposata. Mi disse che, non sapendo cosa l’aspettasse, preferiva le orecchie di una persona amica a quelle dell’amato marito”.

L’anonimo spiegò dettagliatamente l’incontro: i due entrarono e furono accolti dal notaio in persona, un ottantenne brillante, e dalla sua segretaria, Anna. Si accomodarono nello studio e Mannino, dopo i soliti convenevoli, trasse dal mobile alle sue spalle un pacco.

“Perché vedete, direttore, quella solennità ostentata del notaio fece diventare tutti nervosi. Mannino, stringendo quel pacco giallo tra le mani, disse, lo ricordo perfettamente “…questo è l’oggetto che il mio cliente mi ha consegnato oramai quarant’anni fa. Onestamente non avrei mai pensato di poterglielo consegnare personalmente, ma grazie a Dio sono ancora qua!”.

Capite direttore, Enzina non stava più nella pelle e quello scherzava. Comunque Mannino, dopo essersi sistemato la cravatta celeste che spiccava sulla camicia bianca ed il completo grigio, riprese con il suo professionale distacco e dettò alla segretaria il verbale: “Addì 16 del mese d marzo del XXXX, alle ore 11.30, negli Uffici di via Xxxx a Xxxx. Ci troviamo oggi qui per aprire questo plico come da disposizioni a suo tempo impartite dal signor Francesco Geraci, a quarant’anni dalla sua morte”. Enzina, a sentire il nome di Geraci, restò con l’espressione immobile di chi rimane sorpreso anche se era pronto a tutto. Mannino staccò poi la busta, che era incollata al pacco con la ceralacca, con un elegante tagliacarte e con gesti lenti e studiati, l’aprì e lesse solennemente: “Cara Enzina, la breve lettera che ti ho scritto a suo tempo rappresentava solo una parte della verità su tuo padre. Ho ritenuto quindi giusto consegnarti queste righe – a distanza di anni dalla mia morte – per chiederti scusa della mia vigliaccheria di allora. Non potevo raccontarti che ciò che avevo costruito faticosamente per me e la mia famiglia ha avuto inizio da tuo padre e non potevo rischiare che tutto andasse perduto. Ora che mia moglie è morta e i miei figli sono cittadini statunitensi, credo che debba in qualche modo rifonderti di quanto ti ho tolto…” . Insomma, Egregio Direttore, quella lettera fu una coltellata per Enzina. “Ciccio” spiegò che i viaggio era stato lungo e difficile, per la fame e le malattie che alcuni dei passeggeri si erano portati, diciamo così, da casa e altri avrebbero contratto sulla Algeri, lui e Aspano erano rimasti vicini durante tutta la traversata legati dalla loro età e dall’essere siciliani”.

Nella lettera che Luigi Nasca continuò a leggere sempre più interdetto, Ciccio scrisse dell’amore di Aspano per gli scacchi e dei suoi infiniti racconti, in pratica l’unica cosa di cui parlava, su come imparò il gioco da un amico, che lui chiamava U’ Prufissuri. Era stato proprio lui, dopo la sua visita in Italia, ad invitarlo a Boston. Aspano aveva sempre la sua scacchiera vicino:

“…la sua dedizione agli scacchi mi sembrò totale. Per questo, cara Vincenza, quando ho risposto alla tua richiesta di notizie su tuo padre, ho pensato di fare riferimento alla scacchiera. Non che non fosse vero quello che ti ho raccontato ma ora devi sapere cosa è realmente successo”.

Ciccio raccontò che quando Aspano non giocava a scacchi o raccontava du Prufissuri, fissava il mare da prua, per cercare di vedere la terra ferma, come gli confidò, perché doveva arrivare presto in America per poter mantenere alla promessa fatta a Maria. Era taciturno e i lunghi periodi di silenzio caratterizzavano le loro giornate. Un giorno, però, vennero avvicinati da due uomini americani, ma che parlavano l’italiano, vestiti troppo bene per essere dei loro.

“… Direttore, Ciccio nel suo testamento scriveva di essere stato turbato il giorno in cui, per la prima volta, quei due uomini si avvicinarono, facendogli capire che sarebbe stato meglio per lui non sentire i loro discorsi con Aspano. Lui di quegli strani incontri non disse nulla, anche se volle parlargli della moglie lasciata a casa , del viaggio per cercare fortuna a Boston, da U’ Prufissuri, ma, soprattutto, che se gli fosse successo qualcosa raccomandava Ciccio di aiutare la sua famiglia”.

Gli incontri tra tuo padre e i due uomini si fecero quotidiani; Aspano sembrava sempre più ansioso d’arrivare e preoccupato per quelle presenze. Arrivò a dirmi che se gli fosse successo qualcosa di avvisare la famiglia e mi diede poi l’indirizzo del suo amico di Boston, raccomandandosi di andarlo a trovare appena possibile”.

– Eccolo direttore… – disse Nini Navarra entrando in ufficio e scomparendo velocemente.

Il direttore rilesse quel suo pezzo sulla scomparsa di Aspano e sull’intervista a Enzina che si dichiarava delusa delle inutili ricerche, ma che in cuor suo era convinta che qualcosa di terribile fosse successo a suo padre e che Ciccio Geraci, l’amico con cui Aspano aveva fatto il viaggio della speranza, doveva sapere di più ma che oramai era morto e con lui era stata sepolta la verità.

Allora questo anonimo risale a meno di cinque anni fa, dopo la mia intervista a Enzina e prima della sua morte, ma perché non si è fatta sentire da allora?” – pensò Nasca – “Ah, Nini…” – urlò – “…senti mi fai anche questa ricerca, ma veloce, m’arraccumannu, alléstiti” – gli disse, allungandogli un foglio su cui aveva scritto qualcosa prima di riprendere a leggere.

“…Enzina, Direttore, era sempre più scossa, ma non aveva tempo di pensare perché quel diavolo di Mannino continuava a leggere, senza sosta, come se avesse un appuntamento:

“…l’ultima volta che ho visto tuo padre è stata la sera prima dello sbarco dall’Algeria. Pioveva e i due uomini lo vennero a cercare e lo portarono con loro. Ritornò dopo un’ora, da solo. Mi disse che sarebbe sbarcato con quegli uomini e mi confidò, dopo avermi fatto giurare di non rivelare a nessuno quello che mi stava per dire, per paura della mia incolumità e di quella della sua famiglia, che quei due personaggi erano degli “ ‘nfami americani”. Durante tutto il viaggio gli avevano fatto domande su “U’ Prufissuri”, sulle sue idee politiche, su quello che aveva detto e fatto durante i suo viaggio in Italia, chi aveva incontrato e perché voleva andarlo a trovare. Lui gli aveva detto di non sapere niente, che lui “politica” non sapeva nemmeno come si scriveva, che aveva sempre pensato a lavorare e che andava in America a cercare fortuna. Mi disse anche che lo avevano perquisito, così come la sua valigia che portava sempre con sé, e che ora avrebbe dovuto andare con loro. Con ansia, guardandosi intorno, staccò con il suo coltello un piccolo zoccolo in legno del ponte della nave, dove avevamo ricavato il nostro giaciglio, difendendolo da altri disperati come noi. Da quella fessura tirò fuori un sacchetto di iuta, legato con lo spago. Insomma, me lo consegnò dicendomi che gli era stato dato proprio du Prufissuri e che se non si fossero visti nei giorni seguenti, sarei dovuto andare da lui a riconsegnarlo. Non mi disse cosa contenesse ma si raccomandò di non aprirlo. Alla fine, stranamente, mi diede anche la sua scacchiera. Non chiesi niente e mentre sistemavo tutto tra le mie cose, arrivarono come falchi i due uomini che dopo avermi spinto via presero Aspano di peso.

“Enzina piangeva Direttore, non Vi potete immaginare quanto piangeva, ma Mannino imperterrito continuava a leggere quella che a lui sembrava una lista della spesa:

“…Enzina, non lo rividi tuo padre, né vidi i due poliziotti giocare con la sua scacchiera. La verità è che dopo alcuni giorni, riuscito a superare i controlli a Ellis Island, sono arrivato finalmente in America. Avevo ancora nella valigia quel sacchetto di iuta che mi aveva dato Aspano e stavo per andare da “U’ Prufissuri, pensavo che mi avrebbe potuto aiutare. Ma la curiosità è stata più forte di tutto. Aprendolo trovai dei dollari, sì del danaro, tanto denaro che il suo amico scacchista aveva dato a tuo padre per poter andare da lui a Boston. Cosa feci? Niente, mi tenni il denaro, non pensai nemmeno un attimo ad avvisare in paese che lui non c’era più – e se qualcuno avesse saputo dei soldi? – e nemmeno volli andare du Prufissuri. Iniziai da lì la mia vita e diventai ricco, tanto ricco, come può essere ricco solo chi ha avuto le possibilità che l’America può offrire a chi non ha troppe remore. Dopo ho dimenticato tutto, Aspano, i due “ ‘nfami” americani che volevano sapere delle idee politiche du Prufissuri e dei suoi soldi, della vostra famiglia, fino a quando non sei riuscita a trovarmi. Quella lettera mi ha messo la morte addosso, il rimorso, la paura di dirti la verità ed è per questo che solo oggi puoi leggere queste righe. Ora basta! In questo plico che il notaio ti consegnerà troverai il sacchetto di iuta con i soldi, tanti soldi, come quelli che ho rubato a tuo padre, e troverai la scacchiera, la sua inseparabile scacchiera. Scusami se puoi.”

Ecco Direttore cos’è successo. Il resto non ha importanza, anzi sì. Enzina non volle aprire il sacchetto con i soldi e diede disposizioni al notaio di versare quel denaro – qualunque cifra fosse stata – su un conto corrente di un’associazione benefica. Tenne per sé la scacchiera e quella sera fece fatica a nascondere la verità alla sua famiglia. Scrivetelo, Direttore, scrivetelo che Aspano non si è dimenticato della famiglia e della figlia, come tanti vastasi del paese hanno detto”.

Insomma Nini, hai fatto quello che t’ho detto? – urlando a squarciagola mentre ripiegava il foglio.

Sì, direttore ecco, veramente noi non avevamo nulla in archivio, ho chiamato un amico mio che conosce molte cose degli uffici pubblici, avvocati, notai…

– andiamo Nini, allora?

Scusi. Il notaio Mannino è morto l’anno scorso ma aveva chiuso il suo studio notarile tre anni fa, ufficialmente per raggiunti limiti d’età, ma, in verità, quando la sua inseparabile segretaria Anna, che il mio amico conosce bene, non so se mi sono spiegato direttore… si era licenziata.

Ma visto che il tuo amico la conosce così bene questa segretaria, ti avrà anche detto il motivo del licenziamento, no?

Certo, gliel’ho chiesto ma mi ha raccontato una storia…non gli ho creduto. Comunque, mi disse che avevano avuto una forte discussione perché lei lo accusava di essere diventato troppo vecchio, di aver indurito il suo cuore, di essere troppo attaccato ai soldi. Pare che addirittura avesse sottratto un enorme patrimonio ad una povera donna, compagna di scuola di Anna, che glielo aveva affidato per un’opera di bene. Incredibile, vero direttore?

– Sì, hai ragione. Spero che le tue fonti per i tuoi articoli di “nera” siano migliori.

Nini si allontanò ridendo.

Qualche giorno dopo “U Ficudìnnia” uscì in edicola riproponendo l’articolo di alcuni anni prima sul caso di Aspano, facendo riferimento alle indagini che il suo giornale aveva fatto e che avevano portato a scoprire la verità sulla sua scomparsa. In calce una dedica:

Ad Anna, picchi Servu d`autru si fa cu dici i sigretu ca sapi”.


avatar Scritto da: Zenone (Qui gli altri suoi articoli)


7 Commenti a “Lu megghiu jocu” (Vi cuntu chi succidiu)

  1. avatar
    Pantagruel 12 Giugno 2012 at 12:46

    Ah, finalmente il seguito di…
    http://soloscacchi.altervista.org/?p=26351

  2. avatar
    Trinacria 15 Giugno 2012 at 18:24

    Il ricordo dei nostri emigrati in cerca di fortuna è un punto di orgoglio per il nostro Paese, soprattutto se pensiamo ai contributi che i figli e nipoti di chi è rimasto in America hanno fornito alle Nazioni che li hanno ospitati e, a volte, sfruttati!

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    Un lettore 16 Giugno 2012 at 13:11

    Una storia terribilmente simile a quelle di altri emigranti negli Stati Uniti. Ellis Island, l'”Isola delle Lacrime”, era la prima tappa per ogni immigrato. Quelli che viaggiavano in 1^ o 2^ classe venivano ispezionati e interrogati nelle loro cabine, la 3^ classe scendeva a terra dove le ispezioni, gli interrogatori e le visite si protaevano per ore o giorni. Questi ultimi immigrati erano persone che non conoscevano la lingua, malati per il lugno viaggio e affamati, spesso venivano truffate da loschi figuri o addirittura derubati dei loro pochi averi da personaggi senza scrupoli.
    Interessante poi la vicenda che porta allo svelamento della storia legata alla conoscenza di Vincenzina con la segretaria del notaio.

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    Fabio Lotti 16 Giugno 2012 at 23:24

    Grazie.

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    Ramon 24 Giugno 2012 at 09:06

    Emozionante, accurato, evocativo…
    Vorrei saper scriver come Zenone…

  6. avatar
    Zenone 24 Giugno 2012 at 12:12

    Aspettavo con ansia questo commento di “Ramon” e sarei stato contento anche se fosse stato negativo!

    • avatar
      Marramaquis 25 Giugno 2012 at 18:15

      Mirabile Zenone, queste parole sono scritte con il cuore (come quelle del tuo racconto)!

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