Scoperte parallele

Scritto da:  | 7 Gennaio 2013 | 16 Commenti | Categoria: C'era una volta, Italiani, Personaggi, Stranieri

Ci sono scoperte che, nel corso della storia, si fanno più di una volta: l’America (Erik il Rosso e Cristoforo Colombo), la Poetica di Aristotele (Averroè e Francesco Robortello), la stampa a caratteri mobili (Johannes Gutenberg e gli onnipresenti cinesi)… oggi vi presento la vicenda di una di queste ‘scoperte doppie’ in cui mi sono imbattuto per caso, mentre leggevo il bel libro di Svetozar Gligorić I Play against Pieces.

Stiamo parlando di un’importante novità teorica della Variante Burn della Francese, adoperata da Gligo in una famosa partita contro Balashov al Torneo della Solidarietà di Skopje 1970. Dopo le mosse d’apertura 1.e4 e6 2.d4 d5 3.Cc3 dxe4 4.Cxe4 Cd7 5.Cf3 Cgf6 6.Ag5 Ae7 7.Cxf6+ Axf6 l’asso jugoslavo gioca…

Posizione dopo 7…Axf6

8.h4!

e scrive con malcelato orgoglio: «Mia novità. Dopo 8.Dd2 Axg5 9.Cxg5 Cf6! il Nero non ha problemi perché il Cavallo bianco è mal piazzato, Fischer-Petrosjan, Torneo dei Candidati, Curaçao 1962».

Guarda guarda… Gligorić che bagna il naso al grande Bobby… In effetti, 8.h4 è una buona mossa: se adesso il Nero cambia gli Alfieri, il Bianco riprende di Pedone, aprendo pericolosamente la colonna ‘h’, e altrimenti prepara il facile piano Dd2, 0-0-0 e carica di Pedoni sull’ala di Re. Oggi c’è addirittura chi propone di giocare h6 invece di Ae7 alla sesta mossa pur di evitare la variante. Qui Balashov è letteralmente travolto, insomma, gran bella partita. Mi vien quasi voglia di andare a vedere come se la cavò invece Fischer con il ferreo Tigran… ecco… ecco… 1962… Ohibò, Gligo, la tua memoria perde colpi! Certo, Fischer e Petrosjan giocarono una Francese anche alle Antille, ma non è questa. Facile sbagliarsi, la difesa transalpina compare diverse volte negli scontri fra i due… no, questa è Stoccolma 1962, l’interzonale. Il capolavoro di Bobby prima di quel famoso 6-0 6-0 6-2 (più mezzo per parte) che gli aprì le porte al match con Spasskij, manco fosse una semifinale a Wimbledon. Anche allora il ragazzo di Chicago era in splendida forma, e non c’è da stupirsi che Petrosjan puntasse da subito a una rapida patta. In effetti, fu patta. Non rapida, ma neanche difficile.

Aspetta ancora, però. 8.h4 l’ha giocata anche Fischer! Sì, ecco qua… Fischer-Bilek, L’Avana 1965 (ma Bobby giocava via telex da New York). Vuoi vedere che l’idea originale è dello Yankee? Povero Gligorić, e lui che ne andava tanto fiero! Come il corvo di Esopo, si è vestito con le penne del pavone… Ma voglio dargli ancora una possibilità: consulterò un database.

Definitivo: Gligo batte Bobby. Carta canta, Gligorić-Porat, Amsterdam 1964, 0-1. Curioso che l’esordio della novità sia coinciso con una sconfitta per il Bianco, ma Bobby, che legge tutto, non è certo il tipo che quando valuta si lascia influenzare dal risultato finale: l’idea deve essergli piaciuta, e l’ha adottata, tutto torna…

Ma davvero torna tutto? Un attimo… Beh, l’oscuro match fra due giocatori minori al Campionato della DDR nel 1963 non può essere considerato una vera anticipazione. Ci vuole anche una personalità capace di difendere la bontà dell’idea nascosta in una mossa nuova, e di attirare ad essa seguaci. Guarda però quest’altra… 1942… e il Nero è uno dei nostri migliori giocatori! Dalla parte del Bianco, poi, c’è un giocatore creativo e interessante. Qui vale la pena di indagare più a fondo…

Nel 1942 il mondo è un’unica, grande scacchiera: la posta in gioco è eccezionale e sinora i Neri hanno tenuto una forte iniziativa, arrivando fino al Caucaso. Ora, però, l’attacco comincia a stagnare. A Stalingrado e a El Alamein i pezzi dell’Asse sono stati fermati, e non è chiaro se riusciranno a sfondare le difese alleate. L’intero pianeta trattiene il fiato, e aspetta: valutare la posizione è davvero difficile.

In un momento così drammatico, sembrerebbe che ci sia poco posto per il gioco sulle sessantaquattro caselle. «Logico» – direte voi – «quando tuona il cannone, non c’è posto per gli scacchi». In effetti, in molte nazioni è così. Tuttavia, non mancano le eccezioni nel panorama internazionale. Per esempio l’Argentina, dove molti giocatori europei, sorpresi durante lo svolgimento delle Olimpiadi di Buenos Aires dall’attacco hitleriano alla Polonia, stanno gettando le basi di un importante movimento. Ma c’è un paese dove il gioco sta svolgendo un importante ruolo propagandistico… No, non è l’Unione Sovietica… Il paese del socialismo reale è in grande difficoltà, e Baffone sta puntando le sue ultime fiches sulla roulette di Stalingrado… Perfino Botvinnik passa il suo tempo a disegnare carri armati… No, questo paese è proprio la Germania nazista.

Il Ministero per la Propaganda del Führer ha individuato da subito negli scacchi un passatempo utile alla diffusione dell’ideologia nazionalsocialista, tale da favorire cameratismo e combattività. Già nel 1933 quest’interesse aveva portato alla chiusura della vecchia federazione, il Deutscher Schachbund, inglobata da una nuova, potente organizzazione, il Großdeutscher Schachbund, con espulsione immediata dei giocatori ebrei, compresi Lasker e Tarrasch, e una rinnovata febbrile attività di reclutamento, dotata di tornei dai numeri mai visti prima in Germania e sostenuta da una politica di crescita costruita largamente sull’imitazione di quello che era stato fatto in Russia a partire dagli anni venti.

Il padrone assoluto dell’organizzazione si chiama Ehrhardt Post. Post non è un nazista, è uno scacchista. Negli anni venti ha vinto per due volte al congresso della Federazione Tedesca davanti rispettivamente a Sämisch e a Carls… insomma, un discreto giocatore. A dispetto del suo titolo di Geschäftsführer («manager»), col Führer coi baffetti ha poco a che vedere. Hanno cercato di far confluire la sua federazione nella grande organizzazione dopolavoristica del regime, la famigerata Kraft durch Freude, ma ha tenuto duro, e ora gli scacchi tedeschi sono organizzati da due enti diversi, però chi comanda davvero è lui. Beh, certo, non è che i Nazisti lo abbiano nominato proprio Presidente. Il Presidente è sempre uno dei loro, uno sulla cui fede si possa contare. Prima il funzionario Otto Zander, poi, alla sua morte improvvisa in un incidente nel 1938, Franz Moraller, un camerata della prima ora, membro delle SA, giornalista e funzionario al Ministero della Cultura, agli ordini di Goebbels, il Ministro che quando sentiva nominare la parola Kultur gli correva subito la mano alla pistola. Goebbels non sopporta la vanità di Moraller: «Ciancia di cose di cui non capisce assolutamente niente… del tutto inadeguato… deve andarsene». E così il nostro uomo è paracadutato alla presidenza della Federazione scacchistica. Ma non è davvero interessato all’incarico. Intanto è deputato al Bundestag, poi è impegnato militarmente sul fronte russo, infine è incaricato di organizzare la propaganda in Alsazia, dove dirige un quotidiano. Nel frattempo, lascia mano libera a Post.

Ehrhardt Post, in piedi sulla destra tra ben più celebri scacchisti

Ora, provate a mettervi nei panni del nostro Geschäftsführer: in un’epoca di privazioni ai limiti del tollerabile, lui può contare su una quantità di Marchi praticamente illimitata. È uno scacchista, ed è autorizzato a spendere per manifestazioni scacchistiche… Quanto in là riuscite a sognare? È come se, con l’attuale crisi economica, poteste organizzare un supertorneo coi primi dieci del mondo, più Garry Kimovic, più lo spirito di Fischer interrogato da un medium… più…

L’idea di Post non fu meno ambiziosa, per i tempi: mettere in piedi una Federazione Scacchistica Europea, Europaschachbund, in grado di organizzare ad anni alterni un Campionato Europeo Individuale e un Campionato Europeo a squadre, e stampare una rivista sulle attività federali, l’Europa-Schach-Rundschau. Ne uscirà un numero solo, che per i collezionisti ha un apprezzabile valore sul mercato librario. Cercate un po’ nelle vostre soffitte…

E così, al Casinò dell’Hotel Mirabell di Salisburgo prende vita una lega europea fortemente influenzata dal potere delle armi tedesche: accanto alla Germania, ci sono il suo principale alleato in guerra, l’Italia fascista, altri alleati minori, Finlandia, Ungheria, Romania, Bulgaria, paesi occupati militarmente dai tedeschi e i neutrali Svezia e Spagna. Come sempre, Post preferisce manovrare dietro le quinte: all’Italia va la vicepresidenza della Federazione, nella persona dell’attempato Consigliere di Stato Efrem Ferraris, il burocrate che era stato Capo di Gabinetto del Governo Facta quando le camicie nere marciavano su Roma, lui stesso scacchista, e la presidenza della sezione Teoria e Problemistica, assegnata a Giorgio Miliani, il figlio dell’Ingegner Luigi, il Presidente dell’Associazione Scacchistica Italiana. A Salisburgo il nostro paese è rappresentato inoltre dal Console Franco Farinacci: il figlio del Ras di Cremona cercava nella carriera diplomatica un rifugio sicuro ai pericoli della guerra e, dopo l’Armistizio, si farà badogliano, con gran dolore del fascistissimo padre. Alla presidenza Post volle invece il Primo Borgomastro di Monaco di Baviera, Karl Fiehler: il motivo era facile da indovinare: Monaco aveva realizzato il più grande successo della carriera di Post, il torneo a squadre per nazioni in occasione dei Giochi Olimpici di Berlino del 1936, e adesso il nostro manager vuole un organizzazione altrettanto perfetta per il primo Campionato Europeo individuale, da giocarsi nel settembre del 1942. Il capoluogo bavarese è una sede ideale per la manifestazione, sinora la guerra lo ha appena scalfito. È vero che qui è attivo uno dei pochissimi gruppi di resistenza interna al nazismo, di ispirazione cattolica, ma attualmente gli studenti della Rosa Bianca sono quasi tutti al fronte russo, e la sua pagina tragica il movimento la scriverà solo nel 1943. Fiehler si mostra all’altezza delle aspettative: il torneo è ospitato al Künstlerhaus, la «casa degli artisti» a Lehnbachplatz, e la sede è splendidamente addobbata per l’occasione. La propaganda punta molto sul successo della manifestazione, e il bellissimo rotocalco illustrato Signal pubblica un reportage completo del torneo che preoccuperà non poco gli inglesi: il British Chess Magazine presenta un commento attento delle foto; si cerca di indovinare di quante risorse dispongano ancora i tedeschi per il prosieguo della guerra, e i fastosi arredi non promettono nulla di buono. A guardare con attenzione, però, ci si accorge del fatto che gli abiti dei giocatori sono di cattiva qualità, e poi, guardate Keres. Non è mai stato così magro…

La star assoluta della competizione è Alekhine: la presenza del Campione del Mondo è fondamentale per il successo dell’organizzazione nazista, e tutto ruota intorno a lui. L’unica, grande scacchiera dimostrativa presente è destinata a illustrare sempre la sua partita, e di tanto in tanto la moglie Grace è autorizzata a portare in sala gioco Check, l’amato gatto siamese del marito. Sotto gli occhi del paziente avversario di turno, Check si accoccola in braccio al padrone, si strofina il muso contro le sue mani, gli salta sulle spalle mettendogli la coda sotto il naso, poi, dopo che ne ha chetato la nostalgia, Grace lo riprende e lo porta via. Gli ordini sono chiari: Madame Alekhine deve godere di ampia autonomia, ma bisogna impedirle recisamente di accompagnare il marito in un paese fuori del controllo del Terzo Reich: la signora, franco-statunitense di nascita, era diventata suddita di Sua Maestà Britannica in virtù di un precedente matrimonio e non aveva mai voluto rinunziare alla nazionalità inglese. Neanche del marito c’era troppo da fidarsi: collaborava, questo sì, ma quanto aderiva realmente all’ideologia hitleriana? Credeva all’immancabile vittoria finale? Nei giorni del torneo, per la prima volta dal 1940, Monaco è stata colpita da un massiccio bombardamento inglese, che ha fatto trenta morti. La sera del bombardamento dopo cena il Campione aveva in corso la ripresa di una partita sospesa, contro Rohaček. Le cronache non ci dicono quali ripercussioni ebbe l’episodio sul torneo, ma può darsi che l’esperto fuoriclasse abbia espresso un competente giudizio sulla posizione della scacchiera globale… «questa guerra è perduta… è l’avvisaglia di un devastante contrattacco bianco… Bisogna andarsene… in Spagna, di lì raggiungere l’America… Bitte, Herr Rohaček? Ach ja, Remis… Patta».

la famiglia Alekhine al completo: moglie, marito e gatto

A garantire un elevato tasso tecnico al Campionato contribuisce la presenza di Keres e Bogoljubov. Il primo, dopo che l’Estonia è stata sottratta ai sovietici con l’operazione Barbarossa, gioca i tornei organizzati dal Großdeutscher Schachbund, finendo in genere alle spalle di Alekhine. I risultati non sono del tutto soddisfacenti, ma per il campione estone l’importanza di queste manifestazioni risiedeva soprattutto – scriverà in seguito – nel fatto che consentivano di «non dimenticare del tutto come si gioca a scacchi». In realtà Paul, che mirava a scalzare Alekhine dal trono di Campione, ha dolorosamente scoperto che in questo momento gli è chiaramente inferiore. Bogoljubov invece, che si è da tempo trasferito nella Selva Nera e ha anche sposato una tedesca, approfitta del macabro mecenatismo del Macellaio di Polonia, il Ministro del Reich Hans Frank, appassionato di scacchi e suo entusiasta tifoso, il che non gli risparmierà la forca a Norimberga, a guerra finita. Ancora una volta, come per la musica di Wagner, il culto per la Bellezza e per l’Arte non riscatta l’efferatezza di una banda di sanguinari assassini.

La malcelata, segreta ambizione di Post sarebbe quella di riuscire a portare alla scacchiera anche Max Euwe. L’olandese rifiuta però ogni forma di collaborazione con l’odioso invasore e declina uno dopo l’altro gli inviti del Großdeutscher Schachbund, contentandosi di insegnare matematica nelle scuole. L’onnipotente manager gli lascia comunque uno spiraglio per il futuro: il torneo si svolgerà con un complesso sistema di promozioni e retrocessioni: le nazioni i cui rappresentanti occuperanno gli ultimi quattro posti in classifica perderanno il diritto di designare un partecipante per il prossimo campionato, previsto a Baden, località termale di Vienna, per il 1944. Due dei posti saranno occupati dalle federazioni dei primi due classificati di un torneo secondario di qualificazione che si disputerà contemporaneamente al Campionato. Gli altri due saranno a disposizione di federazioni «impossibilitate a partecipare in questa occasione». Forse nel ’44 la guerra sarà vinta, ed Euwe capirà che non è il caso di negarsi ancora…

L’elenco delle Federazioni che si sfidano a Monaco mostra un quadro grottescamente distorto dell’Europa politica. Alekhine rappresenta una Francia sfigurata dalla vergogna di Vichy. Bogoljubov gioca per il Governatorato Generale («Governacosa?» «La Polonia…» «Ah, la Polonia…») Jan Foltys è qui per il Protettorato di Boemia e Moravia, uno stato talmente fantoccio che gli organizzatori delle Olimpiadi di Buenos Aires si erano rifiutati di iscriverlo nel 1939, e lo ammisero solo quando la squadra accettò di rinunciare alla bandiera con la croce uncinata per giocare sotto il vecchio tricolore cecoslovacco. Ivan Rohaček gioca per la Slovacchia. Manca la Jugoslavia, ma un giovanissimo Braslav Rabar, che un giorno sarà fra gli inventori del sistema di catalogazione dell’Informatore, è l’alfiere dello Stato Indipendente di Croazia, un protettorato italiano sinistramente dominato dalla feroce violenza degli ustascia. Ci sono ancora il campione d’Ungheria Gedeon Barcza, Gösta Stoltz, rappresentante della neutrale Svezia, il Campione tedesco in carica Ludwig Rellstab e poi… beh, poi c’è Klaus Junge.

A Junge sono affidate tutte le speranze della propaganda nazista: intanto è giovane, biondo e bello come il sole, inoltre possiede un talento straordinario, e qui sono tutti convinti che diventerà Campione del Mondo, prima o poi. L’obiettivo del fotografo di Signal lo riprende con la sua divisa da tenentino e la svastica al braccio. In realtà il giovanotto non è destinato ad andare al fronte, è nel corpo ausiliario del Reichsarbeitsdienst, perché le sue doti sono molto più preziose davanti alle 64 caselle che dietro a un pezzo d’artiglieria, ma anche lui, come tanti altri ragazzi tedeschi della sua generazione, darà la vita per l’idea per la quale è stato allevato: a sole tre settimane dalla fine della guerra cadrà non lontano da Amburgo, combattendo contro un reparto inglese.

Klaus Junge con la sua divisa

«E l’Italia?» chiederete… l’Italia non dava al gioco degli scacchi l’importanza che gli attribuivano i nazisti. Forse perché Mussolini non sapeva giocare, o perché i nostri rappresentanti dimostravano di essere un po’ indietro rispetto all’élite mondiale dell’epoca, con l’unica, clamorosa eccezione di Clarice Benini. Ma la vicecampionessa del Mondo era, ahinoi, una donna, e quelli erano tempi di moschetti e salti nel cerchio di fuoco. Gli scacchi mal si accordavano col culto della virilità. Era dal 1939 che non si disputava più il campionato nazionale: allora aveva vinto Mario Monticelli, che però nel 1942 è impegnatissimo col suo lavoro di giornalista, senza voler considerare che alcuni suoi articoli cominciano a creargli addosso un’aura di antifascista. Il secondo classificato, Vincenzo Castaldi, era sotto le armi. Il rappresentante italiano a Monaco fu così la medaglia di bronzo, nonché vincitore, proprio nel 1941, del primo Campionato Italiano per Corrispondenza, Mario Napolitano.

Le cronache dell’epoca scrivono «studente in filosofia». In realtà il nostro campione aveva già trentadue anni, e lavorava come segretario comunale. Sorprende un po’ tutti per la calma di cui dà prova durante il gioco, lontana da ciò che ci si attenderebbe da un focoso temperamento latino. Il reporter, a caccia di una nota di colore, sottolinea come l’italiano, sempre accuratamente rasato all’inizio di ogni incontro, al termine della partita mostri già l’evidenza di un’ispida barba. Suscitò la simpatia di Alekhine, che si spinse a dire: «gli manca solo esperienza internazionale, ma ha idee e spirito combattivo a sufficienza». Certo Alekhine non immaginava di trovarsi al cospetto di un futuro vicecampione mondiale per corrispondenza, perché in realtà il risultato sportivo di Napolitano non fu granché: penultimo posto e retrocessione per l’Italia, non compensata dai pur positivi risultati di Federico Norcia (3-5 posto ex-aequo) e Vincenzo Nestler (6) nel torneo di qualificazione. Le sue due vittorie non furono esattamente dei capolavori: Stoltz al primo turno si era praticamente suicidato aprendo una posizione in cui aveva già sprecato un grande vantaggio. Junge, in Zeitnot furibondo, aveva abbandonato frettolosamente una posizione ancora assolutamente pari in preda alle allucinazioni per non aver previsto un ingegnoso contrattacco del nostro. Il meglio di sé Napolitano lo aveva mostrato invece contro i giocatori più forti, resistendo con tenacia prima di soccombere ad Alekhine e pattando autorevolmente con Bogoljubov una partita che, in pratica, assicurò la vittoria del Campionato al Weltmeister, il quale fino ad allora si era alquanto complicato la vita, perdendo con Rellstab e pattando con Rohaček e con Foltys.

Kurt Richter

È al decimo e penultimo turno che Napolitano affronta col Nero il protagonista della nostra storia, il Boia di Berlino. Come dite? Non ne potete più di fanatici e criminali di guerra? Ma allora avete frainteso… il fatto è che Kurt Richter, il terzo rappresentante del Terzo Reich al campionato, era famoso per uno stile di gioco senza compromessi, tagliente, scharf, come si dice in riva al Reno, e Scharfrichter è, nella lingua di Goethe, appunto il boia… Il nostro primo attore, però, non ha nulla di marziale: un’adolescenza di stenti durante la prima guerra mondiale ne ha minato la salute, non è abile al servizio militare attivo, anche se proprio nel febbraio 1942 è stato chiamato alle armi, e serve la patria giocando a scacchi coi soldati feriti negli ospedali. L’affilata mannaia del boia ha colpito più volte, sinora: in partite selvagge e originali, mai corrette, Richter ha giustiziato uno dopo l’altro Rellstab (sacrificio di qualità), Keres (spericolata manovra di Re), Rohaček (un altro sacrificio di qualità). Solo due volte si è dovuto inchinare, davanti a Sua Maestà Alekhine e, dopo due aggiornamenti e nove ore di gioco, a Bogoljubov. Contro l’italiano, oggi, il suo sguardo gentile e il sorriso bonario non devono ingannare: certo un combattente così non si sazia facilmente.

È il 24 settembre 1942.

Richter-Napolitano, Campionato d’Europa, Monaco di Baviera 1942

1.d4 Cf6 2.Ag5 d5 3.Cf3 e6 4.Cbd2 Cbd7 5.e4 dxe4 6.Cxe4

Dopo qualche giravolta iniziale, sulla scacchiera è apparsa la variante Burn della Francese. Forse la trasposizione di mosse ha nociuto ulteriormente all’importanza teorica della partita.

6…Ae7 7.Cxf6+ Axf6 8.h4!

Ed ecco la novità di Gligorić ventidue anni prima di Gligorić, quando il campione jugoslavo era ancora un ragazzo che si nascondeva sulle montagne del Montenegro e si chiedeva se doveva unirsi alle brigate partigiane di Tito. Il punto esclamativo è già nei commenti di Brinckmann sull’unico numero apparso di Europa-Schach-Rundschau (a proposito, lo avete trovato?), ma, con quello che si stava per scatenare, c’è da stupirsi se la cosa non ha suscitato nessuna attenzione?

8…c5 9.Dd2 Db6

Troppo ottimistica: la posizione esposta della Donna costerà dei tempi al Nero. Oggi si preferisce 9…cxd4.

10.c3 cxd4 11.cxd4 h6 12.Ae3 Ae7 13.0-0-0

Richter resiste alla tentazione di attaccare la Donna di scoperta: su 13.d5 Barcza fornisce la variante 13…Ac5! 14.Axc5 Cxc5 (14.dxe6 Dxe6).

13…Cf6 14.Rb1 Cd5

Napolitano ha due seri problemi da risolvere: il primo è quello canonico dello sviluppo dell’Alfiere ‘francese’. L’altro riguarda la difficoltà di trovare una buona collocazione per il Re, che sembra destinato a rimanere al centro.

15.Ce5 a5 16.Dd3 Ad7 17.Tc1 Ac6 18.Cc4! Dd8 19.a3 Af6

Il Nero non accetta il sacrificio del Pedone h4 di Richter, ma 19…Axh4 20. Ce5 0-0 sembra garantire maggiori possibilità rispetto al seguito giocato in partita.

20.Th3 Re7?!

L’avanzata del Re nero toglie all’Alfiere in f6 l’unica casa utile per la ritirata, favorendo così il prossimo attacco del Bianco.

21.g4 b5?

Posizione dopo 21…b5?

Colto di sorpresa dalla minaccia 22.g5, Napolitano reagisce in modo nervoso, con un contrattacco sull’ala di Donna che ha il grave difetto di lasciare sospeso l’Alfiere in c6. Ora lo sguardo affabile di Richter ha un lampo, gli occhi si fanno di ghiaccio, presentono l’imminente esecuzione. 22.Cxa5 guadagna subito un Pedone, ma il Boia sa che può ottenere di più dalla posizione… Bisogna solo analizzare in profondità, non è difficile, si possono forzare molti cambi… Avanti, ancora avanti… Ecco, ecco… Il Nero non lo immagina, con tanti pezzi sulla scacchiera, ma è finito dritto dritto in un finale di Torri perso. La testa del condannato è sul ceppo, è il momento di sollevare la mannaia e vibrare il colpo.

22.Ce5! Axe5

«Cos’altro?» chiede Richter nelle sue note alla partita. Su 22…Ae8 segue comunque 23.g5 Axe5 24.dxe5 Cxe3 25.Dxe3, e il Nero è posto di fronte a problemi non molto diversi da quelli che dovrà affrontare in partita.

23.dxe5 Cxe3

Bisognava evitare 24.Ac5+, ma ora il Bianco minaccerà di dare lo scacco con la Donna, guadagnando un pezzo. Ciò che segue è forzato.

24.Dxe3 Dd5 25.Ag2!

Questa elegante deviazione libera la casa c5 per la Donna bianca.

25…Dxg2 26.Dc5+ Re8

Se 26…Rd7 27.Dd6+, rientrando nel seguito giocato in partita.

27.Dxc6+ Dxc6 28.Txc6 Rd7

Altrimenti le Torri bianche taglieranno fuori dalla battaglia la Torre in h8. Ma ora il Nero ha due Pedoni deboli, b5 e f7, e difendere entrambi sarà impossibile.

29.Tc5 Thb8

Posizione dopo 29…Thb8

Il Nero vorrebbe difendere b5 con l’altra Torre, per lasciare libera la Th8 di difendere f7, ma dopo 29…Tab8 seguirebbe 30.Td3+ con l’idea Tc7 e Tdd7, e il Nero è completamente legato. Ora quest’idea sarebbe confutata da 30…Re8 31.Tc7 Tc8! Ma Richter ha un’altra mossa a disposizione, vista già al momento di lanciare la combinazione alla ventiduesima.

30.Tf3! b4

Poiché il Nero non può evitare lo sfondamento sull’ala di Re, Napolitano lancia un ultimo, disperato contrattacco là dove può sfruttare la posizione delle sue Torri. Ne viene fuori, scrive Richter, «un finale divertente».

31.Txf7+ Re8 32.Tcc7 bxa3 33.Tce7+ Rd8 34.Tb7

Forzando così il cambio di una Torre.

34…Rc8 35.Tfc7+ Rd8 36.Txg7 Txb7 37.Txb7 axb2

Il materiale è ancora pari, ma il Bianco ha il dominio assoluto della settima traversa e la possibilità di crearsi un Pedone passato lontano. La partita è finita.

38.g5 hxg5 39.h5!

Collocando il Pedone h fuori del raggio d’azione del Re nero. Napolitano tenta in extremis una manovra per fermarlo con la Torre, ma gli mancherà un tempo.

39…a4 40.h6 a3 41.Ra2 Ta4 42.h7

La Torre nera arriva tardi: se 42…Th4 segue 43.Tb8+ e h8=D, o anche subito 43.h8=D Txh8 44.Tb8+.

42…Rc8 43.Tg7

Ponendo finalmente termine all’agonia: 1-0.

avatar Scritto da: Filologo (Qui gli altri suoi articoli)


16 Commenti a Scoperte parallele

  1. avatar
    Martin Eden 7 Gennaio 2013 at 07:23

    Un lavoro di profonda ricerca durato settimane intere e che merita la copertina di SoloScacchi ad libitum: davvero superlativo come quello d’esordio…

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    Luca Monti 7 Gennaio 2013 at 12:07

    Mi riproporrò di rileggere lo scritto con la calma e l’attenzione indubitabile che esso merita.Sono queste le pubblicazioni che personalmente amo molto,frutto di un lavoro di studio serio e ricerca certosina.Ormai siamo al secondo lavoro di Filologo e, come auspicato dallo stesso autore in sede di commento all’esordio VINTAGE E’ MEGLIO….,già pensiamo al prossimo su Jury Averbakh.Bravo davvero.

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    paolo bagnoli 7 Gennaio 2013 at 17:11

    Delizioso, ben documentato e splendidamente scritto!

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    Tamerlano 7 Gennaio 2013 at 20:26

    Complimenti all’autore di questo articolo molto interessante e ben scritto.

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    Vanni 7 Gennaio 2013 at 20:54

    Una delle pagine di scacchi più belle che io abbia mai letto, grazie Filologo.

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    Michele Ri. 8 Gennaio 2013 at 07:16

    Super anche per me.
    Non vorrei suscitare le ire dei mitici Jas e Ramon ma nella foto di Post son riuscito a riconoscere solo Lasker, oltre ovviamente ad Alekhine. Qualcuno mi sa dire chi sono gli altri? grazie e ancora complimenti.
    Michele

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      lordste 8 Gennaio 2013 at 10:24

      Il Nero è Bogoljubov

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      Jas Fasola 8 Gennaio 2013 at 19:36

      Quello della foto e’ Post ma come si vede nel filmato (che FritzCarraldo ci ha fatto conoscere in un articolo di SoloScacchi) le sue sembianze diventano altre, sostituito da un giovane Berlusconi, probabilmente in uno dei suoi viaggi nel tempo

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    fds 8 Gennaio 2013 at 11:40

    Eh si, decisamente gran bella nota. Esempio di come coniugare ottime capacità linguistiche e la passione per la ricerca storica con la propria difesa preferita :mrgreen:

    Solo per non apparire eccessivamente sbrodoloso ;-), segnalo che non ho ben capito il riferimento a Stoccolma 1962, ove mi risulta che non fu giocata una Difesa Francese tra Gligoric e Fischer.
    Ma è probabile che non ho capito il passaggio.

    Ciao
    Franco

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    paolo bagnoli 8 Gennaio 2013 at 17:59

    Quello in piedi con taccuino è Tietz, infaticabile organizzatore dei tornei di Carlsbad

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    Zenone 8 Gennaio 2013 at 19:39

    Ottimo contributo per gli scacchi, per la storia e per la storia degli scacchi!
    Complimenti,davvero interessante.

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    Marramaquis 9 Gennaio 2013 at 08:39

    Condivido, queste sono davvero pagine eccellenti, da “biblioteca degli scacchi”.

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    alfredo 9 Gennaio 2013 at 14:52

    Semplicemente strepitoso. Non ho altro da aggiungere…

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    Filologo 10 Gennaio 2013 at 11:56

    Ringrazio ancora una volta tutti per la calorosa accoglienza, e in particolare Paolo Bagnoli, inventore di uno stile particolarissimo nel narrare di scacchi che tanti hanno imitato, ma nessuno eguagliato. Ho capito che volete la storia su Averbach… Cercherò di accontentarvi.
    @Franco Fds: la Francese di Stoccolma 1962 l’hanno giocata Fischer e Petrosjan, ma nel libro Gligoric la trasporta a Curaçao, dove invece i due (sempre Fischer e Petrosjan) giocarono la celebre MacCutcheon in cui Bobby fece Axc3 («la mossa più sbagliata della mia vita», disse) e Tigran lo fece a pezzi. Per favore, rileggi e controlla se davvero non si capisce. Non mi offendo mica… 🙂

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      fds 10 Gennaio 2013 at 15:45

      Ho il sospetto che non hai scritto male tu, ma al contrario sono io a non capire 👿 .
      Il motivo è che la tua nota mi ha fatto venir voglia di rivedere la partita e l’ho cercata su Megadatabase 2011. Ivi risulta che a Stoccolma 1962 giocarono una est-indiana, Gligoric di bianco e finì patta.

  13. avatar
    controgambetto 20 Gennaio 2013 at 12:43

    bel pezzo…gran bel pezzo…

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