Bufalino: l’unto dagli scacchi

Scritto da:  | 8 Ottobre 2014 | 96 Commenti | Categoria: Cultura e dintorni, Scacchi e letteratura

 “Come la teoria degli scacchi contempla un’infinità di varianti
per il Gambetto di Re o la Partita Est-Indiana, così la vita
coniuga in ciascuno di noi le sue ipotesi senza numero,
che solo lo scacco matto conclude.”1

Gesualdo Bufalino

Bufalino 2

Sono molti gli artisti e i letterati che hanno amato e amano gli scacchi. Tra questi un ruolo di primo piano, anche se la sua passione per il nostro gioco non è da tutti conosciuta2, spetta a Gesualdo Bufalino, siciliano di Comiso, classe 1920. Si tratta di un grande romanziere e poeta del secolo scorso, prematuramente scomparso in un incidente stradale nel 1996. Anche il suo ruolo di eccelso scrittore non sempre viene sufficientemente riconosciuto nella nostra Italia, che spesso dimentica i suoi figli migliori. La sua scomparsa ha senz’altro privato i lettori di numerose opere che avrebbe potuto ancora lasciare essendo nel pieno della sua produzione, a dispetto dell’età. Infatti, la sua “scoperta” letteraria è stata tardiva, intorno ai sessant’anni, grazie all’intuizione dell’amico Leonardo Sciascia e di Elvira Sellerio, due monumenti della cultura siciliana. Nel 1981, anno della morte del padre Biagio, viene dato alle stampe il suo primo romanzo, che da anni Bufalino teneva nel cassetto. I due amici lo convinsero a vincere la sua naturale ritrosia di siciliano e a pubblicare la sua prima opera: “Diceria dell’untore”3, che gli permise di vincere lo stesso anno il premio “Campiello”.

La prosa di Bufalino è poetica, trasuda di una grande cultura – mai ostentata perché non posticcia ma intrinseca nel personaggio, lui, da sempre, insegnante di italiano e latino alle superiori – ed il suo stile, che ha i riflessi della Sicilia barocca della sua provincia ma anche le tematiche dell’ironia di un intero popolo che non ha mai risolto il contrasto tra fede-ragione-superstizione, hanno rappresentato nella letteratura italiana, soprattutto nel periodo storico della pubblicazione del primo romanzo, una ventata di novità con un modo alto e, a volte, aulico di scrivere che sembrava fino ad allora prerogativa solo dei grandi del passato. Per le opere di Bufalino possiamo dire, parafrasando il poeta4, che “c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico”. Per questa sua prosa, così unica, che pur calandosi nella cultura del proprio territorio d’origine tocca tematiche universali, Bufalino ha superato il proprio localismo, come dimostrano i prestigiosi riconoscimenti del “Campiello” prima e del premio “Strega”, dopo (1988).

Ma ecco un esempio su tutti della sua poetica narrativa, legata, in questo caso, al nostro gioco. Il protagonista del suo primo romanzo – io narrante – è appassionato di scacchi e nel secondo dopoguerra è costretto alle cure di un sanatorio (“La Rocca”, sulle alture di Palermo); questa è la descrizione delle sensazioni che prova in quelle serate passate con uno dei medici, soprannominato “Il Gran Magro”:

“Che giorni, che serate. Forse i soli giorni ricchi di un’esistenza che non ha avuto iperboli, dopo, e s’è fatta inaspettatamente interminabile. Mentre allora, a furia di contare e ricontare i miei spiccioli anni come scampoli di meccano o catturati pedoni disposti ai lati di una scacchiera, mi ero abituato nel tempo a venire nient’altro che l’immenso explicit d’una partita già perduta dentro la mente (…;)”.

Non è poesia in prosa questa? Questa fila di pedoni che è a fianco alla scacchiera non sembra forse la lunga fila di candele della poesia di Kavafis?

Già, in quest’opera si respira, in alcuni tratti, la passione per gli scacchi5, con riferimenti anche di rilievo come la citazione a pag. 13 ad Anderssen e alla sua “Immortale”:

“E’ un matto da manuale (…) già annunziato; in tre mosse e con sacrificio di Donna, sulla falsariga dell’Immortale di Anderssen, Torneo di Londra di or sono quasi cent’anni (…;)”.

Ecco la ricostruzione fantastica di una partita giocata dal protagonista con “Il Gran Magro”, conduttore dei “neri”, e presente tra gli appunti di Bufalino ma non presente nel libro6:

1. e4 e5
2. Cf3 Cc6
3. Ac4 Ac5
4. 0-0 Cf6
5. Te1 0-0
6. c3 Te8
7. d4 exd
8. e5 Cg4
9. cxd Cxd
10. Cxd Dh4
11. Cf3 Dxf2+
12. Rh1 Dg1+

Posizione dopo 12...Dg1+

Posizione dopo 12…Dg1+

13CxD Cf2 #

Ma è un’altra l’opera, purtroppo incompiuta, che mi ha spinto a scrivere queste righe: “Shah Mat. L’ultima partita di Capablanca”.

Copertina

Si tratta dei primi due capitoli di un romanzo che non ha mai visto la luce per la morte dello scrittore e pubblicati dalla “Fondazione Gesualdo Bufalino” nel 20067, a cura di Nunzio Zago per la casa editrice Bompiani. E’ un’edizione limitata e fuori catalogo, quindi distribuita solo in alcune biblioteche. Il ritrovamento nel carteggio dello scrittore di 29 fogli dattiloscritti, che narrano l’ultimo giorno di vita del grande maestro cubano, ha spinto la fondazione a pubblicare queste righe in un testo curato dall’amico Nunzio Zago, all’epoca incaricato di ispezionare la libreria di Bufalino per visionare le carte che aveva lasciato.

Dalle cronache dei quotidiani del giugno 20068 (il libro venne presentato Milano il 24 giugno) possiamo ricavare alcune preziose testimonianze dello stesso curatore: “Gesualdo aveva una grande passione per gli scacchi che praticava con una certa abilità. “Shah Mat” è un testo accattivante, di piacevole lettura, che regge di per sé anche se incompleto”.

Da un altro quotidiano apprendiamo9 : “A questo punto qualcuno bussò alla porta”. Si interrompe qui il romanzo che Gesualdo Bufalino stava scrivendo quando, dieci anni fa, perse la vita in un incidente stradale. E in quel “qualcuno” che misteriosamente bussa alla porta c’è il colpo del mestiere che tiene avvinti i lettori, ma in questo caso anche la cifra stilistica più significativa dell’autore, quel suo lanciare esche, quel suo tipico giocare a nascondino, usando la letteratura come una scacchiera su cui muovere con astuzia, piglio beffardo, fingendo di crederci”. E l’autore dell’articolo, che conosceva Bufalino, fa riferimento alla giovanile passione per gli scacchi, riportando un passo di una lettera del 1945, quando Bufalino fu ricoverato presso l’ospedale di Scandiano (RE), diretta all’amico Angelo Romanò: “Adesso leggo poco, ho trovato un degno avversario e passo il mio tempo fra torri e alfieri (tu forse ignori le metafisiche dolcezze e figure di questo gioco,. Imparalo)“.

Chi ha potuto leggere questo romanzo, lo descrive come scarno ed essenziale, con tagli di luce ed ombre con “una lingua di rara e originale eleganza, ma meno farcita e ammiccante”10, rispetto a quello che era evidentemente lo stile solito dell’autore. Un lavoro di sottrazione nella maturità che, forse, ha un sapore michelangiolesco o, sempre nell’ambito delle arti visive del periodo in cui muore a New York Capablanca, un richiamo, da più parti sottolineato, all’opera di Edward Hopper, che certamente era conosciuto da Bufalino, uomo di infinita cultura e amante dell’arte.

Nighthawks I Nottambuli 1942

Vi invito, quindi, amici di SoloScacchi, a ritrovare, nelle biblioteche delle vostre zone, il testo per poterlo leggere e condividerne con noi il contenuto che solo pochi hanno avuto modo di apprezzare (io purtroppo non sono tra questi).

Da una mia veloce ricerca in rete, ho verificato la presenza del testo presso la “Biblioteca Nazionale di Torino”11 e la “Biblioteca Civica” di Montegrosso d’Asti12. Senz’altro sarà disponibile nelle biblioteche siciliane, per esempio quella di Ragusa. Non ne ho rilevato l’esistenza nel sistema bibliotecario toscano, anche se potrei sbagliare.

Vorrei segnalare che nell’opera di Santo Spina, “I giocatori siciliani, 1550-1975”13, a pagg. 76/77 si fa riferimento proprio a Gesualdo Bufalino giocatore:

Bufalino Gesualdo (*Comiso, 15.11.1920-†14.06.1996). Attivo nella provincia di Ragusa (Anni Cinquanta?), Scicli (1973). Giocatore a tavolino inclassificato. Fu scrittore di romanzi sia con riferimenti agli scacchi sia a soggetto scacchistico: Diceria dell’untore (Palermo 1981), Le menzogne della notte (Palermo 1988), Shah Mat. L’ultima partita di Capablanca (romanzo incompiuto, postumo).

LIS 1973, p. 307 (6° classificato al 1° torneo «Città di Scicli» svoltosi al Circolo di Cultura «Busacca»); SANVITO 1997, pp. 27-28 (nn. 138-139); ID 1999, p. 174 (nn. 1154-1155); La Sicilia 2006, 14 giugno, p. 30 (Scha Mat. L’ultima partita di Capablanca edito da Bompiani a cura di Nunzio Zago. Foto e data di morte); 27 luglio, p. 54 (un brano del romanzo Shah Mat); RAGUSA 2006 (appassionato del gioco, da giovane fu un provetto giocatore in ambito provinciale); IMBALZA$O 2007 (recensione del romanzo postumo Shah Mat); La Sicilia 2007, n. 118, 30 aprile, p. 16 («[…] a Comiso rimase pressoché ininterrottamente, conducendovi una taciturna vita d’insegnante cadenzata dalla quotidiana partita a carte o a scacchi con gli amici del circolo»); ASS 2007, comunicazione e-mail di Mariano Pepi a Spina, 6.12.2007 (Ebbe con Bufalino un’assidua frequentazione, quando era studente dell’Istituto Magistrale di Vittoria, a partire dal 1958-59; pur essendo in una classe parallela, gli chiedeva notizie su correnti letterarie e altro a cui il prof. Bufalino rispondeva cortesemente e con piacere. In seguito a Ragusa, lavorando in una libreria,che il Professore – divoratore di libri – frequentava, ebbe modo di osservare quali erano le sue preferenze. Il Prof. Bufalino, amava gli scacchi, giocava volentieri, ne sentiva il fascino profondo, al di là della tecnica e dell’agonismo proprio di questo gioco. Nelle sue opere vi sono riflessi diretti e indiretti sugli scacchi. A tal proposito si veda in modo particolare «Il malpensante. Lunario dell’anno che fu» ove a pagina 1038 si legge espressamente: «Solo il canto XXXIII del Paradiso credo possa paragonarsi alla partita Steinitz-Bardeleben del 17 agosto 1896» [sic 1895]); SPINA 2007e, p. 26 (biografia scacchistica); ID 2009d, p. 66 nota 14. Fonte orale: Angelo Occhipinti, interviste telefoniche, 15.01.2008 e 23.09.2009 (Bufalino, giocatore tenace e molto riflessivo, fu sconfitto nel 1973 da Occhipinti in entrambe le partite di torneo)”.

Per gli appassionati, segnalo, infine, che del romanzo Diceria dell’untore è stata eseguita un’omonima trasposizione cinematografica del 1981, regia di Beppe Cino, con Remo Girone, Franco Nero, Vanessa Redgrave, per tale motivo non mi soffermo sulla trama che deve essere scoperta dal lettore/spettatore, che capirà, alla fine, la motivazione dell’inquietante titolo.

Buona lettura.

Bufalino 3

1 www.fondazionebufalino.it;

2 sullo stesso argomento, qui su SoloScacchi il bellissimo e documentatissimo pezzo di Nazario Menato http://soloscacchi.altervista.org/?p=38817

3 inizialmente ed. “Sellerio”, 1981, ma noi segnaliamo l’edizione Bompiani, ne “I grandi tascabili”, 2014, pagg. 188, € 9.90, con contributo di Leonardo Sciascia e un’interessante appendice;

4 “L’Aquilone”, G. Pascoli (“Poemetti”, Ed. Einaudi);

5 che verrà ripresa nel 1988, con il romanzo “Le menzogne della notte”, Bompiani (vincitore premio “Strega”);

6 per precisione scacchistica, nell’edizione segnalata (Bompiani, 2014), nella trascrizione c’è un errore alla 9^ del B., infatti viene riportata “Cxd” e non la corretta “cxd”;

7 edizione fuori commercio, Bompiani, 2006;

8 “La Repubblica”, 1006, articolo di Tano Gullo.

9 “Corriere della Sera”, 12 agosto 2006, pag. 33, di Matteo Collura, la foto della pagina del quotidiano è presente nel mirabile pezzo di questo blog di Naziario Menato, già sopra ricordato;

10 N. Zago, “Qualcuno bussa alla porta”, in G. Bufalino, “Shah Mat – L’ultima partita di Capablanca”;

11 rif. MV.K 0.1349 – solo consultazione;

12 rif. D.853.9.BUF.1;

13 “Scacchitalia”, ne I libri di Scacchitalia, disponibile qui www.federscacchi.it/scacchitalia/2011/Scacchitalia2011_1_S.pdf

Bufalino 5

avatar Scritto da: Zenone (Qui gli altri suoi articoli)


96 Commenti a Bufalino: l’unto dagli scacchi

  1. avatar
    alfredo 8 Ottobre 2014 at 08:37

    Grazie Zenone
    Bufalino per me fu una persona molto cara .
    Se vai sul pezzo di Nazario Menato vi troverai alcune cose che conservo di lui .
    Altre le conservo tra le mie cose piu’ care e forse le tirero’ fuori oggi .
    Sugli ultimi giorni di Capablanca è stato scritto altro , prendendo spunto da Bufalino .
    Ai tempi per avere notizie su Capa Bufalino si rivolse a Capece che so gli fece avere le ” ultime lezioni” pubblicate da l’ IS .
    Un grandissimo del nostro novecento .
    Su questo penso che il giudizio sia unanime .

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    fds 8 Ottobre 2014 at 09:18

    Anche lui eliminato dai programmi scolastici, nel 2010.

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    alfredo 8 Ottobre 2014 at 11:23

    caro Franco
    mi dai una notizia ferale
    Sai se nei programmi scolastici liceali c’è Luigi Meneghello , un altro dei grandissimi del 900 ( Diceria dell untore e Libera nos a Malo dovrebbero essere due letture obbligatorie ! )

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      fds 8 Ottobre 2014 at 13:43

      Ciao Alfredo.

      Il documento ministeriale prodotto da Mariastella & Soci, a tal riguardo recita:

      …”Il percorso della narrativa, dalla stagione neorealistica ad oggi, comprenderà letture da autori significativi come Gadda, Fenoglio, Calvino, Primo Levi e potrà essere integrato da altri autori (per esempio Pavese, Pasolini, Morante, Meneghello…)”

      Quindi c’è, seppur come facoltativo 😉

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        alfredo 8 Ottobre 2014 at 15:07

        beh dai …
        poi è un buona compagnia
        anche se sono tantissimi gli autori che meriterebbero di essere letti almeno una volta .
        due nomi che mi vengono in mente : Bianciardi e Mastronardi .
        Sono d’accordo che come narratore Fenoglio sia stato superiore a Pavese .
        L’interesse per Pavese è dato in molti piu’ per la sua biografia . Anche se La Luna e i Falo’ rimane un grandissimo libro

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          lordste 8 Ottobre 2014 at 16:58

          Sinceramente, la luna e i falò credo sia stato uno dei libri peggiori che abbia mai letto, forse perchè “costretto” a leggerlo a scuola (ma altri libri “obbligatori” non mi hanno fatto lo stesso effetto, da Calvino a Pirandello a Fenoglio…;). Pavese era incomprensibile. Peggio di lui solo Svevo, di una pesantezza narrativa micidiale.

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            alfredo 8 Ottobre 2014 at 20:08

            Su Svevo sono d’accordo ma non se ne puo’ negare l’importanza storica
            Recentemente ho letto una intervista con Timman in cui cita tra i libri italiani da lui letti la Coscienza di Zeno .
            Il discorso su Pavese è complesso
            la sua importanza e i suoi meriti culturali innegabili ( spoon river la traduzione d Moby dick)
            sono d’accordo sulla sua non facile leggibilità ( e infatti ho fatto ricorso al consiglio di Pennac molto spesso troncando la lettura i moti suoi scritti) ma de La Luna e i Falo’ conservo un buon ricordo

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    DURRENMATT 8 Ottobre 2014 at 14:41

    …ultimamente c’è fermento positivo circa il nostro gioco.Vorrei segnalare un articolo apparso oggi su uno dei blog (Giocabolario) del FattoQuotidiano.it intitolato…”Gli scacchi e le loro origini leggendarie”….fusse che fusse la vorta bbona!!

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    Zenone 8 Ottobre 2014 at 16:11

    Saro’ ottimista, ma l’interesse per gli scacchi c’è sempre stato nella nostra Penisola, come dimostra il numero di personaggi di cultura che conoscono il nostro gioco. Ma anche tra molti dei miei amici e conoscenti non scacchisti c’è una conoscenza, seppur basilare. E’ l’idea del “movimento scacchistico” e della sua seria creazione che manca.

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    The dark side of the moon 8 Ottobre 2014 at 19:41

    “la luna e i falò credo sia stato uno dei libri peggiori che abbia mai letto, Pavese era incomprensibile. Peggio di lui solo Svevo, di una pesantezza narrativa micidiale”
    Sarò “strano” o ho letto male le righe riportate sopra?

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      alfredo 8 Ottobre 2014 at 20:17

      concordo sia con te che con l’amico lordste .
      L’importanza di alcuni scrittori è fuori di dubbio
      che poi la loro lettura sia una passeggiata è un’altra cosa .
      Ad esempio io mi sono dichiarato ( al decimo tentativo) definitamente sconfitto da L’uomo senza qualità
      Motivo per cui per me tanto grandi sono Bufalino e Meneghello le cui qualità di scrittura erano fantastiche ma si lasciavano anche leggere .
      Per quanto lo stile che lui stesso definiva ” bruno barocco tornito” di Bufalino non fosse subito facile , anzi!
      Ma ogni mio giudizio su Bufalino non è obiettivo
      lo considero un grandissimo e basta .
      E ieri stavo commettendo un omicidio quando ho chiesto a uno che stava leggendo Camilleri se conosceva Bufalino ottenendo ovviamente risposta negativa .
      o tempora o mores .
      comunque bellissime le foto .
      erchero’ tra le mie carte e vedo di mandare agli amici della redazione qualche altro contributo del grandissimo scrittore siciliano .

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        nikola 8 Ottobre 2014 at 20:25

        credo che il tutto si possa annoverare sotto la voce ‘giudizi personali’. la pesantezza narrativa ad alcuni puó essere gradita (anche se par strano di questi tempi) e alcuni scrittori ne hanno fatto, a ragione, la loro cifra stilistica. certo é che certi scrittori che hanno fatto la storia della letteratura andrebbero trattati con piú rispetto. per quanto mi riguarda un cento libri di Camilleri valgono un Bufalino :)

  7. avatar
    alfredo 8 Ottobre 2014 at 21:11

    Caro Nikola ciao !
    Beh Camilleri è una riuscita operazione commerciale che poco ha a che fare con l’arte ( anche se il libretto su Persico edito da Skira ha un certo interesse)
    Per far uscire dal cassetto un libercolo come ” Diceria dell’Untore” ci vollero tutte le dosi di pazienza di Sciascia e della grande Elvira Sellerio .
    Sai come capi’ la Sellerio che Bufalino qualcosa nel cassetto doveva avercelo?

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      nikola 8 Ottobre 2014 at 21:15

      pendo dalle tue labbra :)

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        alfredo 9 Ottobre 2014 at 11:22

        a Comiso venne pubblicato un libro fotografico non ricordo bene su cosa (ce lo ho comunque) e avendo fama di persona colta a Bufalino vennero affidate e didascalie .
        Queste erano talmente belle che quando furono lette da Scisascia e dalla Sellerio subito capirono che quella mano doveva avere scritto altro .
        E quell’altro , Diceria dell’ untore , giaceva in un casetto da vent’annni , dai tempi di quella che ufalino chiamava la ” glaciazione neo realista”

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          nikola 9 Ottobre 2014 at 12:22

          è vero, ora ricordo di aver letto anch’io questa storia quando lessi il suo primo libro e mi informai su di lui :) grazie di avermela ricordata

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    Marramaquis 8 Ottobre 2014 at 21:34

    Bufalino, Meneghello, Calvino, Pavese, Morante, Fenoglio, Svevo, Camilleri. Tutto ok, sì, ma intanto chi leggo più volentieri in questi anni sapete chi è? E’ il nostro inimitabile Zenone, autore di preziosi e unici lavori come questo. Complimenti!

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    Mongo 8 Ottobre 2014 at 23:32

    I migliori autori sono senza alcun dubbio quelli che hanno scritto le ’57 storie di scacchi’ e chi non ha letto il libro: “peste lo colga”!! 😉

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    Zenone 9 Ottobre 2014 at 08:24

    Se posso permettermi:
    ogni autore, più o meno famoso, ha il suo pubblico e per coloro che lo amano è il migliore.
    Dire che Calvino sia meglio di Svevo o che Pavese sia migliore di Bufalino ha un valore relativo se non a livello personale. Non ho avuto alcuna difficoltà a leggere lo Svevo di “Zeno” (con la sua lingua involuta e densa di concetti psicanalitici, a tratti cupa…ma siamo sicuri che non fosse proprio questo che l’autore volesse trasmettere?), così come Bufalino (con il suo modo “barocco” di concepire la scrittura, la Sicilia fata letteratura). E di Calvino? beh, mi sembra un modo di scrivere chiaro e lineare. Pavese risente del suo tempo, delle sue esperienze, della sua angoscia e delle sue aspettative. Ognuno di loro ha messo nella propria scrittura ciò che era, senza infingimenti. Come diceva Carver “Niente trucchi da quattro soldi…siamo scrittori”.
    Noi siamo liberi, per fortuna, di godere di ciò che hanno scritto se pensiamo di amarli o di metterli da parte se ci rendiamo conto di non apprezzarli. Ma si tratta di gusto personale.
    Grazie

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      lordste 9 Ottobre 2014 at 10:59

      Rispondendo un po’ a tutti: è ovvio che i miei giudizi negativi su Pavese (come autore) e Svevo sono assolutamente personali! :mrgreen:
      Poi ci sarebbe da fare un “distinguo” tra stile e “narrazione” dell’autore… faccio un esempio: personalmente, i romanzi di Verga sono molto ben leggibili; anche se da un certo punto di vista la storia narrata è piuttosto “sgradevole”, si riesce a arrivare in fondo senza troppe difficoltà (e credo che questo sia sempre un punto a favore per l’autore che riesce a tenere il lettore attaccato al libro senza farlo sforzare).

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        nikola 9 Ottobre 2014 at 11:11

        per esempio io su quest’ultimo punto la penso in maniera diametralmente opposta. oggigiorno l’importante è arrivare alla fine dell’opera senza sforzarsi invece per me è lo sforzo (che sia di contenuto o di stile) che rende il valore di quello che si sta leggendo. di solito faccio un parallelo: è come la differenza tra il guardare un telefilm o affrontare l’opera di un cineasta impegnato (ovviamente con tutte le sfumature e le differenze del caso). in pratica quando mi ‘impegno’ a leggere un libro nella maggior parte dei casi alla fine ne esco più arricchito di quando ‘il libro si fa leggere’. stiamo sempre parlando di punti di vista, ma penso che sia anche grazie a quelli che certa letteratura prende piede rispetto ad altra.

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          lordste 9 Ottobre 2014 at 11:22

          nikola, opinione più che legittima.
          Ma sinceramente non riesco a capire quanto possa arricchirmi un autore che si esprime in maniera noiosa e/o poco comprensibile rispetto a uno che magari gli stessi concetti profondi li esprime in maniera chiara.
          (ovviamente sto tralasciando in questo discorso la “lettura di svago” tipo Camilleri che *deve* essere chiara e fruibile da tutti altrimenti non ha senso di esistere).

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            nikola 9 Ottobre 2014 at 12:28

            allora diciamo che stiamo facendo due discorsi paralleli. io stavo sostenendo che alcuni concetti possono essere espressi solo in forma ‘pesante’ e di ‘ardua lettura’. tu stai parlando dello stesso concetto espresso in modi diversi. :)
            è ovvio poi che Camilleri ha senso di esistere, ma fa riflettere il notare che oramai la quasi totalità delle persone conosce solo quest’ultimo e non Bufalino, e qui permettimi di dire che la differenza di livello e spessore è incomparabile.

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              Zenone 9 Ottobre 2014 at 13:41

              Mi sembra che questa interessante discussione sia giunta al nocciolo.
              Dobbiamo chiederci prima perché si leggiamo e cosa cerchiamo nella lettura. Successivamente, dobbiamo cimentarci con gli autori giusti per il nostro fine (non sempre sono quelli da noi più amati).
              Bufalino, per alcuni, può essere “pesante”, con il suo stile ricercato oppure, proprio per questo, può rivelarsi, per altri, interessante e arricchente.
              La capacità di scrittura di Camilleri è indiscutibile (senz’altro superiore ad autori di “gialli” ben più famosi nel mondo, come per esempio Dan Browne) e ci ripropone la Sicilia reale e bellissima. Poi ci può piacere o meno il genere e quindi lo riteniamo “facile”. Ma forse lui scrive così perché è quello che vuole ed è il genere che gli è più congeniale.
              Dobbiamo quindi stare attenti al punto di vista, non tutto è “bello” in assoluto e non tutto è “brutto” in assoluto, dipende dallo stile, dal contenuto, dalla capacità di coinvolgere, dal genere e, soprattutto, dal singolo lettore.

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                nikola 9 Ottobre 2014 at 13:55

                io infatti non parlo di bello e brutto ma di valore e arricchimento. cito una mia vecchia professoressa di italiano del liceo: ‘diffidate dai gialli ragazzi, sono come una droga, ne leggete a decine ma non vi rimarrà nulla’. in quella estate io ne avevo letti uno scaffale intero (facili e ammiccanti) e quando mi accorsi che non mi avevano lasciato nulla (la prof aveva ragione) non ne lessi più. da quel giorno cambiai il mio modo di scegliere le letture e di questo ha risentito in modo positivo la mia persona. il tutto può essere ancora annoverato tra le esperienza personali è vero, ma se non leggiamo anche per migliorare noi stessi tanto vale guardare la tv.

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                  Zenone 9 Ottobre 2014 at 16:46

                  Sì, concordo con Alfredo. Sui gialli si possono fare eccezioni. Ma su questo punto mi piacerebbe conoscere l’opinione di Lotti, vero esperto in materia.

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                DURRENMATT 9 Ottobre 2014 at 14:47

                …”il miglior lettore e il miglior essere umano sono quelli che mi fanno la grazia della loro assenza”…e ancora…”se mai dovessi parlare di amore e di stelle…uccidetemi” (Henry Chinaski)

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                  alfredo 9 Ottobre 2014 at 15:18

                  a Nicola
                  beh sui gialli si potrebbero fare numerose eccezioni .
                  Simenon ma anche Sciascia e Dürrenmatt per fare i nomi dei primi che mi vengono in mente .
                  In Italia ora Gianrico Carofiglio ad esempio .

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                alfredo 10 Ottobre 2014 at 03:35

                una domanda banale , forse anche stupida per Zenone .
                Secondo te per Camilleri si puo’ parlare di ” arte 2″
                o di ” mestiere” .
                anche se ho il fondatissimo dubbio che abbia una nutrita
                schiera di ” ghost writer” e lui metta solo il nome .
                Conosco un paio di prolificiautori che neppure sanno l’argomento del ” loro” libro

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                  Zenone 10 Ottobre 2014 at 08:06

                  Credo che Camilleri sia un ottimo scrittore e un ottimo Artigiano della penna, e lo scrivo con la “A” maiuscola perché ne ho una grande considerazione. Credo che la sua sia Arte, basta leggere i suoi romanzi che non hanno come protagonista Montalbano, uno fra tutti “La Mosse del cavallo” (di cui ho già scritto). Bellissimo.

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    Renato Andreoli 9 Ottobre 2014 at 11:02

    Mi fanno paura questi programmi ministeriali così tassativi, così prescrittivi da ricordare le ricette mediche o le penitenze somministrate dai confessori: un capitolo di Calvino prima dei pasti, due righe di Gadda dopo Natale, una poesia di Quasimodo almeno a Pasqua…
    Oltre a denunciare una scarsa fiducia nella capacità di discernimento degli insegnanti di lettere, mi appaiono come un vano tentativo di far passare un qualche pensiero unico.
    Un vecchio ministro dell’istruzione francese, ricevendo una mattina un visitatore nel proprio ufficio, guardò l’orologio e affermò:
    – In questo momento, in tutte le scuole della repubblica, il professore di latino sta spiegando più o meno il tal passo di Tito Livio!
    Terribile! Eppure è l’impostazione scolastica verso cui stiamo andando sempre di più, e perfino nella scuola primaria.
    E le qualità principali richieste ai docenti saranno sempre di più obbedienza e pigrizia mentale!

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    fds 9 Ottobre 2014 at 12:26

    > Mi fanno paura questi programmi ministeriali così tassativi […] mi appaiono come un vano tentativo di far passare un qualche pensiero unico.

    Hai centrato il punto!

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      The dark side of the moon 9 Ottobre 2014 at 14:47

      A proposito di pensiero unico…
      Vogliamo parlare delle “prove degli invalsi”?
      Non voglio essere paranoico ma mi sembra di vederci parecchi messaggi subliminali atti a plasmare una società super-efficiente dove il “fine giustifica i mezzi”: una sorta di post-fascismo moderno che concepisce l’essere umano in funzione di ciò che riesce a produrre.
      Il degrado attuale comunque è figlio della mancanza di cultura e quando parlo di cultura mi riferisco a quegli autori che ci “lasciano” qualcosa che arricchisce il nostro modo di essere.
      Una delle azioni più rivoluzionarie che oggi l’uomo può compiere è proprio quella di leggersi un “libro impegnato”.

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    alfredo 9 Ottobre 2014 at 14:35

    “quoto” come si suol dire Renato
    Ma alcuni autori del nostro 900 sono imprescndibili . non si possono non conoscere
    ai miei tempi si dedicava ancora un anno intero allo studio frase per frase de I promessi sposi , una opera che Gianni Brera defini’ una ciabatta in un emporio , riferendosi alla grande letteraura dell 800

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      The dark side of the moon 9 Ottobre 2014 at 14:52

      Spendere un intero anno scolastico per leggere i “Promessi Sposi” sarà stato un regalo di qualche ministro democristiano fatto alla chiesa… 😉
      A parte gli scherzi (?), mi dovrei documentare in tal proposito: dove come e quando si è disposta la lettura del romanzo del Manzoni.

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        alfredo 9 Ottobre 2014 at 15:21

        Mi ricordo di un meno sul registro perché a domanda della prof confusi ” gufacci con ” corvacci” ( epiteto riservato ai ” poliziotti” di Renzo durante l’assalto al forno di Milano )
        tanto per dire che ” totem ” erano i promessi sposi negli anni 70
        per fortuna ho avuto anche di meglio .
        il mitico preside professor Cavallini ( lo zio di Sgarbi) che mi fece innamorare dell’ Ariosto .

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        Mongo 9 Ottobre 2014 at 15:32

        Beh, fine anni ‘970, corso scolastico di ragioneria, i ‘Promessi Sposi’ erano l’opera indicata per il primo biennio, poi gli ultimi tre anni ci toccava ‘La divina commedia’, ma ahinoi, purtroppo il Benigni allora era solo agli inizi della sua carriera!!!

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          fds 9 Ottobre 2014 at 19:30

          Ultimo anno delle superiori, entra in classe il nuovo Prof di Italiano, e subito attacca con il Paradiso di Dante.
          Al che si alza un compagno di classe (quello più impegnato politicamente) e chiede la parola. Gli viene accordata, e afferma senza alcun giro di parole che “la Divina non gli interessa affatto, anzi la trova indigeribile”, e continua con un lungo pistolotto che motiva la presa di posizione. Sconcerto tra i presenti per l’ardire (anche se più o meno si era tutti sulla stessa linea di pensiero 🙂 ). Poi, continua chiedendo di poter studiare altro al posto del “mattone” (non ricordo cosa propose). Risposta del Prof: OK!

          Ah, dimenticavo, si era a metà degli anni ’70… 😉

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            alfredo 9 Ottobre 2014 at 20:56

            Forse ” porci con le ali” ?

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              fds 9 Ottobre 2014 at 21:35

              😛
              Quando lo vedo, chiedo (se mai se lo ricorda). Escluderei il libro di Antonia e Rocco perché troppo coevo e troppo… troppo 😉

              Buon turno di notte.

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    DURRENMATT 9 Ottobre 2014 at 15:12

    …”Non cerco mai di migliorarmi o di imparare qualcosa,rimango esattamente come sono.Non sono uno che impara, sono uno che evita.Non ho voglia di imparare,mi sento perfettamente normale nel mio mondo pazzo;non voglio diventare come gli altri”…per limitare i danni della “cultura parruccona” fate leggere Bukowski nelle scuole!!!…P.S Brera era un “ciuccione patentato” (soprattutto nello sport quando si lanciava in improbabili e pretenziose analisi sociologico-tattiche).Sminuì con arroganza e supponenza l’abilità di un noto Maestro emergente definendolo,pubblicamente, “ginnasiarca” solo perchè metteva in crisi i “valori” della sua Italietta …un “ciuccione” appunto!!

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      lordste 9 Ottobre 2014 at 15:29

      Su Brera concordo con Durrenmatt: di sport non ci capiva nulla! scriveva pezzi con pindarici paragoni poetico-sociologici ma mi dava l’idea che se avesse dovuto spiegare la regola del fuorigioco avrebbe fatto misera figura.

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    lordste 9 Ottobre 2014 at 15:39

    Per quanto riguarda l'”ingessatura” dei programmi ministeriali sulla letteratura, la mia migliore (peggiore?) esperienza l’ho avuta al liceo sulla letteratura inglese.
    La professoressa pretendeva di inserire nel programma – per una classe in cui metà aveva difficoltà a andare oltre a “the pen is on the table” – la lettura di brani dell’incomprensibile “Ulisse” di Joyce. Vedete un poi voi cosa potevamo capirne…

    (la mia diatriba sulla necessità di leggere qualcosa di meno sperimentale andò a finire male per la professoressa: mi invitò a leggere, come libro più “classico”, “lord of the flies”, un pessimo e assurdo libro di Golding; io risposi che avrei letto “The Lord of the Rings” di Tolkien… e non potè obbiettare nulla come livello linguistico :-))

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      nikola 9 Ottobre 2014 at 15:49

      mi sa che oggi sui commenti letterari caschi male :) rimando al mittente quel ‘pessimo e assurdo’ riferito al libro di Golding. saranno anche giudizi personali ma nulla ci vieta di esprimerci in maniera assolutistica (a meno che non ci si chiami INSALA’ e non si sia qui per far polemiche fine a se stesse)

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        DURRENMATT 10 Ottobre 2014 at 15:19

        …”direi che quasi non c’è stato gioco: abbiamo visto una biblioteca misurarsi contro un’altra biblioteca .Viene da domandarsi se almeno una mossa sia stata farina del loro sacco” (parole pronunciate da Spassky dopo la patta concordata nella partita Vallejo-Kasparov)…decripto… la tua INSALATA russa di commenti confonde l’erudizione con la cultura….P.S. conoscerai Vallejo vero?

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    alfredo 9 Ottobre 2014 at 15:53

    Talmente assurdo e pessimo che Golding winse il Nobel con quel libro .
    E sappiamo oramai che per uno scrittore è molto piu’ importante NON VINCERE il Nobel che vincerlo ( tranne eccezioni come Saramago e Pamuk )
    il Signore delle mosche a mio parere non è un brutto libro .
    è un libro desolato e desolante .
    Come possono essere desolati e desolanti i libri di Michel Houllebecq che pero’ considero un grandissimo
    comunque ragazzi oggi Fab è messo davvero male
    Che abbia ragione il direttore ?
    che non sia un ” fondista” e che dopo il giro di boa vada in debito di ossigeno ?

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      lordste 9 Ottobre 2014 at 16:45

      boh avrà anche vinto il Nobel ma in effetti vincere il Nobel (per la letteratura beninteso) non è molto significativo…
      Il libro l’ho letto ma l’ho trovato veramente assurdo: non brutto, assurdo. sicuramente non un esempio di letteratura “classica” come avrebbe voluto essere nelle intenzioni della professoressa ma un tragico tentativo di giustificare una totale sfiducia nel genere umano che secondo me è ingiustificata
      (per chi non l’avesse l’etto, tratta di un gruppo di bambini e ragazzini dispersi su un’isola tropicale che lasciati a loro stessi arrivano a imbruttirsi e bestializzarsi fino a uccidersi tra loro. Assurdo che si possa solamente pensare che dei bambini arrivino a tal punto anche lasciati a loro stessi: Golding IMHO non ha capito nulla dell’animo dei bambini!)

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        nikola 9 Ottobre 2014 at 17:03

        di solito alcuni usano delle metafore per parlare d’altro, e questo a mio avviso è uno dei libri più azzeccati in tal senso. Golding ha estremizzato delle teorie da lui stesso sperimentate come insegnante (lasciando i bambini all’autogestione in classe questa spesso degenerava in rissa). che la si pensi come lui o meno è innegabile osservare come sia stato l’uomo l’artefice di tutti i mali del 900 (totalitarismi e guerre conseguenti), e questa ahimè non è una mia opinione.

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          fds 9 Ottobre 2014 at 19:15

          Quando a Golding assegnarono il Nobel, comprai il libro colmo di entusiasmo… che si afflosciò ben presto :mrgreen:

          Onde evitare equivoci 😉 , sopra già è stato spiegato che siamo nel campo della soggettività, e concordo. Hai dichiarato, più o meno, che un libro più è “tosto” e più lo gradisci. Va benissimo.

          Usare la formula del romanzo per metaforizzare un argomento è prassi storica e universale (senza andare troppo indietro nel tempo, come opera famosa basta citare il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galilei) ma, è vengo al punto, se voglio leggere di sociologia, o di antropologia, o di fisica, compro un saggio.

          Da un romanzo mi aspetto (forse ingenuamente) una declinazione verso la leggerezza, ovvero poter passare una mezz’ora di relax.

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            alfredo 9 Ottobre 2014 at 19:35

            Galilei non era solo un grandissimo scienziato ma anche un grandisimo scrittore
            Secondo Calvino il piu’ grande dopo Dante e , cronologicamente , prima di Leopardi.
            Oggi il Nobel per la letteratura lo hanno dato a tale Modiano
            Quello delle carte da gioco I suppose

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            nikola 9 Ottobre 2014 at 19:43

            se per definizione/vocazione cercate nella letteratura la leggerezza, per me sminuite il valore della medesima (la leggerezza oggigiorno la ritroviamo in svariati ambiti).
            se leggendo un libro vi trovo oltre al romanzo, un po’ di sociologia, di storia e di pedagogia, io invece mi rallegro della sua ricchezza :)
            risottolineo onde evitare fraintendimenti che parlo sempre di riflessioni personali (questa volta non di gusti).

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              alfredo 9 Ottobre 2014 at 19:46

              Mi viene sempre in mente una famosa scena del film L’attimo fuggente , quando il profesor Keating fa strappare le pagine di un saggio critico .
              un romanzo è tante cose assieme .
              non posso ora dilungarmi ma faro’ un esempio ….

  17. avatar
    alfredo 9 Ottobre 2014 at 17:42

    interessante discussione cari miei amici a cui vorrei dare qualche mio altro contributo ma devo iniziare a preparami per il turno di notte
    a Lordste : guardache infati l’assurdità di alcuni Nobel per la letteratura lasciano a questo premio un ruolo quasi assurdo .
    ho letto ad esempio gli scrittori premiati con il premio delle Aturie , il massimo riconoscimento spagnolo per le lettere
    i nomi mi sembrano molto molto piu’ significativi e importanti .
    l’unico italiano che vi compare è Claudio Magris

  18. avatar
    The dark side of the moon 9 Ottobre 2014 at 18:11

    Il Signore delle Mosche di Golding è un “romanzo a tesi sulla naturalità del male”.
    L’ho letto non molto tempo fa e devo dire che ne sono stato attratto per l’analisi dell’autore sulla psicologia infantile, la riflessione che ne deduce riguardo ai fondamenti antropologici della violenza e del potere.
    I bambini a volte sanno essere crudeli più degli adulti per il fatto che non hanno inibizioni sulla forma.
    Mi spiego: l’adulto è “frenato” da una serie di vincoli che il bambino non ha, se per esempio un bambino vuole punire un suo coetaneo per un qualsiasi motivo, lo fa e basta senza calcolare le conseguenze altrui e proprie.
    Basta osservare ciò che a volte accade nelle aule delle scuole.
    Bimbi che formano “gruppetti” contro questo o quel bambino esercitando violenza anche psicologica etc.
    Il “branco” che infierisce contro il più debole come è nella natura del mondo animale…
    Ovviamente il romanzo di Golding estremizza il concetto ma rende perfettamente l’idea di ciò che in realtà alberga nell’animo umano.
    Purtroppo…
    PS.
    Anch’io come tutti non “digerisco” alcuni autori (ma questo è un mio limite): personalmente non riesco a leggere i romanzi di James Joyce e di Virginia Wolf. 🙁

  19. avatar
    alfredo 9 Ottobre 2014 at 20:52

    Chiedo agli amici che hanno partecipato alla discussione che ha preso le mosse dal bel pezzo di Zenone su Bufalino :
    quanto di voi ( noi) hanno non dico letto ma sentito parlare prima di oggi del premio Nobel Modiano ?

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      nikola 9 Ottobre 2014 at 21:15

      non pervenuto, l’unica volta che ho letto questo nome é stato su un mazzo di carte.

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        lordste 10 Ottobre 2014 at 10:31

        :mrgreen:
        Ammetto anche io la mia ignoranza dell’autore ma come si diceva più sopra, il Nobel per la letteratura lascia spesso (soprattutto ultimamente) parecchi dubbi…
        (senza che mi accusiate di lesa maestà: ma secondo voi il Nobel a Dario Fo, fuori dall’Italia, chi l’avrà mai capito????)

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          Jas Fasola 10 Ottobre 2014 at 12:01

          Nella notte dei tempi feci un corso di lingua in una nota cittadina inglese e i signori dove soggiornavo mi portarono con la loro Fiat a fare un giro a Londra, per un solo giorno.

          In auto passammo per Piccadilly Circus e vidi che in un teatro davano un lavoro di Fo. Pensai che voi italiani avreste dovuto essere orgogliosi di questo 🙂

          Mezz’ora dopo il cambio della Fiat si ruppe e la gita duro’ solo una mattina. Pensai che voi italiani non ne fate una giusta 🙁

          L’anno dopo tornai e i signori mi dissero che avevano fatto riparare l’auto, ma che adesso non c’era piu’ la seconda marcia, dalla prima dovevano passare in terza 😆

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            nikola 10 Ottobre 2014 at 15:55

            chissà cosa mai avrei dovuto pensare io quando assaggiai la prima vodka polacca 🙄

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              alfredo 11 Ottobre 2014 at 16:47

              ti lascio invece pensare a cosa pensai io quando vidi la receptionist di un albergo a Varsavia qualche anno fa … 😆

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                Joe Dawson 11 Ottobre 2014 at 17:11

                a cosa pensasti?!? 😉

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                  alfredo 11 Ottobre 2014 at 17:57

                  che Varsavia era la città di Jas Fasola
                  comunque oggi ho chiesto a una amica esperta di letteratura francese .
                  nche lei era sconcertata ancr di piu’ di 6 anni fa quando fu assegnato a tale De Clezio .
                  Sembra che anche in Francia non sia molto considerato , Modiano
                  Il che non vuol dire che non sia bravo ma ho in Italia non c’era nessuna libreria che avesse i suoi libri .
                  io penso al fatto che il Nobel non fu dato tra gli Italiani ,per fare tre nomi , a Moravia , Calvino, Ungaretti

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    The dark side of the moon 9 Ottobre 2014 at 22:09

    Anch’io alzo bandiera bianca.
    Mi sono documentato però un pochino fa in rete.
    Modiano (francese di origini italiane) ha avuto una vita difficile, dei genitori poco raccomandabili.
    Ha vinto il Nobel «per aver svelato la vita reale durante l’Occupazione», il padre ebreo collaborò col regime di Vichy e gli occupanti nazisti…
    Modiano pur essendo felice del premio ha trovato la scelta molto “bizzarra”.

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    alfredo 10 Ottobre 2014 at 03:23

    perlomeno non si monterà la testa , credo .

  22. avatar
    alfredo 10 Ottobre 2014 at 04:01

    http://www.chessgames.com/perl/chessgame?gid=1132699

    un piccolo omaggio al gesualdo bufalino
    forse nikola sa il perchè 😉

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    Zenone 10 Ottobre 2014 at 06:14

    Modiano mi è sconosciuto. Ma non è detto che sia colpa sua. Leggerò qualcosa e vi dirò.

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    DURRENMATT 10 Ottobre 2014 at 15:02

    …riassumo…Modiano non è famoso, quindi è un signor nessuno ergo è una “ciofega” di scrittore (“l’unica volta che ho letto questo nome é stato su un mazzo di carte”;) o, peggio, un raccomandato( “perlomeno non si monterà la testa”;) …alla faccia degli “intenditori”!!! Facciamo un pò di Controstoria. Nel 1928 un giovanissimo Alberto Moravia propone il suo libro di maggior peso e successo “Gli indifferenti” alla casa editrice Sapientia che glielo restituisce con un giudizio liquidatorio: “Una nebbia di parole”.Singolare il caso del “Gattopardo” presentato agli editori dall’ignoto Tomasi di Lampedusa, un principe siciliano solitario e coltissimo. Il libro è sottoposto a Elio Vittorini nella sua duplice veste di consulente per Mondadori e direttore di collana per Einaudi (che lo stesso individuo potesse valutare manoscritti per una casa generalista e una di tendenza, resta uno dei misteri di un consorzio letterario che non c’è più). Il responso comunque è doppiamente negativo.Anche Italo Calvino mandò il suo primo romanzo “Il sentiero dei nidi di ragno” a un concorso indetto dalla Mondadori nel 1946 per scovare talenti emergenti. C’è da aggiungere che non venne premiato (fu letteralmente ignorato). A questo punto faccio una domanda agli “intenditori” visto che,sicuramente, mi sfugge qualcosa: perché Camilleri è “down” mentre il Radical chic Carofiglio è “up”?? Ho preparato carta, penna e calamaio per prendere appunti…sicuramente gli interventi saranno di livello!!!

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      nikola 10 Ottobre 2014 at 15:54

      qui non si sta discutendo sul valore o meno dell’autore Modiano, ci si sta chiedendo in quanti lo conoscono in quanto al medesimo è stato conferito il premio nobel. se vogliamo farcire i commenti di frasi sibilline almeno atteniamoci al tema della discussione e non mettiamo in bocca ad altri conclusioni mai dette. nessuno ha mai detto che è una ciofeca di scrittore semmai ci stiamo interrogando sul premio conferitogli vista la sua scarsa diffusione (e ho scritto DIFFUSIONE e non QUALITA’;). non serve sfoggiare il proprio sapere e la propria biblioteca quando tutti stanno parlando d’altro, o meglio se ne sta facendo un cattivo uso quando serve ad argomentare tesi fuori luogo.

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        lordste 10 Ottobre 2014 at 17:08

        Quoto nikola. Gli esempi di Durrenmatt erano sempre di autori esordienti che poi sono diventati famosissimi. Qui si sta parlando invece di un autore evidentemente affermato (il Nobel non lo danno a un esordiente…;) ma di cui qui nessuno ne aveva mai sentito parlare (e mi pare di capire che tra tutti il livello di cultura sia ben più elevato della media…;)
        Ergo: ci sfuggono a volte i criteri per cui il Nobel per la letteratura viene assegnato… potrei aggiungere anche quelli per il Nobel per la pace che spesso – non quest’anno, per fortuna – viene dato un po’ a caso con motivazioni quanto meno dubbie. Ma apro e chiudo qui la parentesi altrimenti rischiamo di sollevare un vespaio 😆

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        DURRENMATT 10 Ottobre 2014 at 20:31

        …sono stato educato a prestare attenzione non a quello che si dice ma a quello che NON si dice. Infatti sono perfettamente in tema!!!

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    Marramaquis 10 Ottobre 2014 at 15:39

    Premetto che non posso e non voglio dare giudizi su nessuno.
    Oggi, incuriosito, ho cercato qui a Roma un’opera di Patrick Modiano, “Dora Bruder”. Nulla, nessuno ha nulla, Modiano è introvabile: né Dora Bruder né altri romanzi.
    “Ce lo ha chiesto anche qualcun altro, non abbiamo nulla di lui” (commento di un commesso di Feltrinelli -di Largo Argentina- che nemmeno si è premurato di chiedere se avessi voluto ordinare Dora Bruder e/o altro).
    In compenso sono stato travolto da sponsorizzazioni e sconti di ogni tipo su altri autori. Tra questi, il più offerto e gettonato e scontato e sbattuto in faccia era Baricco (del quale, preciso, non ho mai letto nulla e probabilmente non leggerò mai nulla).
    Sono letteralmente fuggito in preda ai miei dubbi. A chi credere? All’Accademia Reale Svedese o ai pubblicitari nostrani?

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    Filologo 10 Ottobre 2014 at 15:59

    Posso condividere una cosa che ho appreso recentemente? Nelle disposizioni testamentarie di Alfred Nobel, dove si istituiscono i famosi premi, si prevede un premio per la letteratura per uno scrittore «la cui opera si segnali per una direzione ideale». Qualunque cosa avesse in mente Nobel (ma certo una dizione così lascia ben libere le mani agli accademici di Svezia), è chiaro che fin dall’inizio il premio non ha mai inteso celebrare la grandezza assoluta di un autore. E allora vanno senz’altro bene i nomi di Modiano, Fo, Herta Müller, Le Clézio ecc., ecc.

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    zenone 10 Ottobre 2014 at 16:25

    Credo che le giurie dei premi e concorsi, tutti i premi e concorsi, devono, appunto, giudicare e trovare una sintesi dei loro giudizi. Un premio come il Nobel risente,oltre che delle difficoltà, dei pregiudizi (che abbiamo anche noi in questa discussione) e del proprio gusto, anche di un elemento “altro”: la politica. Sia l’idea alta (premio questo autore per il suo stile e i valori che propone, una direzione, appunto) sua quella più bassa (facciamo vincere lui perché rappresenta poteri forti a noi vicini o perché la sua vittoria sarà più conveniente per noi….). Naturalmente parlo in via generale e non su Modiano del quale non conosco nulla ma presto cercherò di leggere qualcosa. Tutto questo va accettato, nella speranza che la sintesi sia un autore capace, importante, significativo. Se non sarà così il mondo se ne farà una ragione. La letteratura non è una scienza esatta e non ci sono regole che ci permettano di fare una valutazione univoca e accettata da tutti. Lo hanno dimostrato tutti coloro che hanno partecipato fin qui a questo interessante dibattito. Grazie

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    The dark side of the moon 10 Ottobre 2014 at 16:41

    Nikola ha ragione.
    Qui non si sta giudicando nessuno, anzi da parte mia sono andato a cercare subito informazioni su Modiani.
    X Marramaquis:
    condivido in pieno quanto detto su Baricco, a casa ho “Oceano mare” ma confesso di non averlo letto forse per qualche inconscio pregiudizio 😉
    E’ preoccupante però che certi autori vengano spinti dai soliti interessi che spesso contrastano con la “cultura di qualità” (passatemi il termine…;).
    E’ triste per esempio entrare in libreria e vedere in primo piano decine e decine di libri di Vespa (personaggio che aborro) che comunque non ha niente a che fare con la letteratura.
    Ps.
    Aggiungo qualcosa sull’argomento che ancora non è stato detto: a mio parere un opera, anche la più impegnata deve essere “fruibile” a tutti, deve “parlare” al popolo e non solo ai “letterati da salotto”….

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      Renato Andreoli 10 Ottobre 2014 at 18:43

      Caro The dark side of the moon, la tua ultima frase mi ha fatto correre un brivido lungo la schiena, perché ricalca pari pari uno degli enunciati fondamentali del realismo socialita, elaborato da Zhdanov ed imposto con cieca brutalità nell’Unione Sovietica di Stalin.
      Gli scrittori, gli artisti, i compositori che, a giudizio insindacabile di Stalin e dei suoi scagnozzi, non parlavano al popolo con un linguaggio fruibile dal popolo venivano accusati di “formalismo”, privati della libertà di espressione e in molti casi spediti direttamente in Siberia o peggio.

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        DURRENMATT 10 Ottobre 2014 at 20:25

        …il concetto messo in evidenza è la FRUIBILITA’ PER TUTTI di un’opera “alta” (In Italia è stato già fatto con prevedibile rivolta dei “letterati da salotto”;). Stalin a parte, sarebbe interessante un tuo pensiero riguardo quei progetti volti alla creazione di un’orchestra ispirata al Metodo Abreu.

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          Renato Andreoli 10 Ottobre 2014 at 23:15

          Non è l’opera d’arte che deve andare verso il popolo; è il popolo che deve essere messo nelle condizioni di comprendere l’opera. E’ questo che fa Abreu.

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            DURRENMATT 11 Ottobre 2014 at 12:59

            …. mi interessava semplicemente una tua considerazione (che non leggo).So benissimo cosa fa Abreu…sono figlio di quel metodo!!!…P.S. saprai che il Metodo (qualcosa di molto simile) è stato sperimentato decenni fa nella scuola pubblica italiana (Scuola secondaria di I Grado) poi abbandonato perchè ritenuto dai “salottari”… sovversivo!!

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              Renato Andreoli 11 Ottobre 2014 at 14:28

              Mi dichiaro totalmente incompetente a giudicare la validità di un metodo di insegnamento della musica. Non sono un tecnico; mi interesso di musica come uno si può interessare di cinema senza essere né attore né regista o un altro si può interessare di calcio senza essere né un calciatore né un allenatore.
              Durante gli anni delle superiori non ebbi mai insufficienze sulla pagella, tranne una volta un cinque…in musica!
              Avevamo un professore coglione il cui programma era il seguente: assegnava mezza pagina di solfeggio per la lezione successiva; la settimana dopo interrogava e assegnava un’altra mezza pagina per la volta dopo: Questo e solo questo, lo giuro!
              Peraltro, nella scuola italiana la musica si fa notare soprattutto per la sua assenza, e questo perché nel nostro paese non è mai stata considerata cultura, soprattutto è sempre stata osteggiata dalla classe politica e dall’élite culturale.
              E’ passato alla storia il giudizio di Francesco De Sanctis, espresso ai tempi in cui era ministro della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia: “Il ricamo e la musica vanno bene per le signorine”.

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                alfredo 11 Ottobre 2014 at 16:56

                un saluto a Renato a cui devo una cosa .
                come lui sa sono un rocketaro ” di formazione” .
                da quando ho avuto modo di leggerlo mi sono accorto che ho preso solo ( tranne poche doverose eccezioni) solo dischi di classica .
                ho preso tutto l’abbado di Repubblica e del Corriere e prendero’ il Bach di Bahremi in edicola .
                ma ho preso anche altri numerosi dischi .
                Me lo ha fatto notare anche la commessa della Feltrinelli di Monza che mi è successo qualcosa .
                Purtroppo l’ignoranza della musica è paragonabile alla ignoranza per l’architettura .
                In Italia al liceo c’è una ora di Arte forse dedicata a non so che cosa .
                Ma nessuno che sappia uscendo da un liceo che sappia chi sia Le Corbusier , Wright , Terragni o Scarpa .
                o per rendere omaggio a Genova Albini il cui museo ipogeo a Genova è una delle opere di architettura piu’ importanti .

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                  Renato Andreoli 11 Ottobre 2014 at 18:41

                  Ciao, Alfredo.
                  Vista la tua nota passione fischeriana, ti segnalo un caso in ambito musicale, non dico parallelo, ma un po’ somigliante a quello del campione americano. Parlo del pianista Van Cliburn.
                  I Sovietici, che avevano una scuola pianistica di un livello non inferiore alla scuola scacchistica, organizzarono a Mosca nel 1958, in piena guerra fredda, un grande concorso internazionale intitolato a Ciajkovsky, un vero e proprio campionato del mondo di pianoforte.
                  E chi lo vinse?
                  Un ragazzo della Louisiana, Van Cliburn, venuto nella tana del lupo a sbaragliare il campo dei vincitori annunciati.
                  Si legge che, prima di assegnare il premio, i giurati dovettero chiedere il permesso direttamente al Cremlino! Ma l’Americano era troppo bravo.
                  Il trionfo di Van Cliburn al concorso Ciajkovsky fu un avvenimento epocale e se ne parla ancora oggi più o meno negli stessi termini del match di Reykjavik.

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                DURRENMATT 11 Ottobre 2014 at 20:08

                …troppo modesto. Trovo invece molta competenza nei tuoi scritti e ti leggo con piacere.

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        Doroteo Arango 10 Ottobre 2014 at 20:49

        Mah… io non credo che il concetto di “fruibilità” in sé sia sbagliato, probabilmente Dark alludeva all’accessibilità, alla semplicità nel trasmettere concetti e contenuti che sovente se espressi in maniera ampollosa e contorta son ben lungi dall’essere colti dalle masse. Mi viene in mente Pasolini, uno dei letterati più colti, profondi e raffinati del ‘900 che in tante opere ha saputo coniugare magistralmente semplicità artistica e di linguaggio.
        Ben diverso, ovviamente, l’abuso staliniano a cui alludi ma non bisogna confondere le cose perché allora bisogna citare mille altri crimini che hanno commesso le dittature di ogni epoca, pensiamo per esempio alla miserabile italianizzazione di nomi e cognomi stranieri perpetrata durante il fascismo oppure al rigetto delle altre lingue parlate nella penisola iberica (catalano, basco e gallego) a vantaggio del castigliano durante il franquismo.

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          fds 10 Ottobre 2014 at 21:54

          > Mi viene in mente Pasolini, […] che in tante opere ha saputo coniugare magistralmente semplicità artistica e di linguaggio.

          Immagino che tieni buono pure il celebratissimo “Ragazzi di vita”.
          Mah, altro mio limite: la prosa “dialettale” la trovo stancante.

  29. avatar
    Fabio Lotti 10 Ottobre 2014 at 19:10

    Penso che ci debbano essere opere di tutti i tipi. Poi ognuno sceglie quello che vuole. Qualche volta mi piace saltellare su libri “leggeri”, altre volte incaponirmi su quelli “pesanti”.

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      Zenone 11 Ottobre 2014 at 10:27

      Condivido in pieno e mi sembra che questa sia la sintesi del dibattito.

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    The dark side of the moon 10 Ottobre 2014 at 21:01

    Tranquillizzo Andreoli e gli altri amici del blog: non sono stalinista, anzi in passato, quando ero studente ho avuto simpatie trotskiste….
    X DURRENMATT:
    penso tutto il bene possibile riguardo il “Metodo Abreu” denominato “Il sistema”.
    L’obiettivo del riscatto sociale e intellettuale, la fuga dal nichilismo delle masse popolari prodotto dalla logica capitalista.
    Questo è il punto!
    La cultura DEVE essere di tutti.

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      Renato Andreoli 10 Ottobre 2014 at 23:37

      Se ti è sembrato che io ti abbia dato dello stalinista, mi devo essere espresso proprio male. Volevo dire che la pretesa di condizionare la libera espressione degli artisti è pericolosa ed è propria dei regimi totalitari.
      Se poi uno preferisce leggere l’Ulisse di Joyce o ascoltare il Pierrot Lunaire di Schoenberg, non è detto che meriti di essere bollato come intellettuale da salotto.

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        The dark side of the moon 11 Ottobre 2014 at 11:01

        Gli artisti devono essere liberi di esprimersi, certo.
        Se poi uno preferisce leggere l’Ulisse di Joyce o ascoltare Schoenberg non c’è niente di male, anzi.
        Però bisogna separare gli artisti, anche quelli che non ci piacciono, da coloro che seguono altre “logiche” che con l’arte non c’entrano niente.
        Sono d’accordo che “la pretesa di condizionare la libera espressione degli artisti è pericolosa ed è propria dei regimi totalitari”.
        E’ un dato di fatto.
        Personalmente comunque apprezzo di più chi riesce ad esprimersi in modo tale che la sua opera possa essere compresa anche dalle masse popolari e non solamente da persone molto dotte.
        Il messaggio di un opera deve saper “parlare” a quante più persone possibile.
        Ma questa è una mia opinione.
        Lo stalinismo invece si serviva di un giusto principio che però veniva stravolto alla luce dei fatti per eliminare gli oppositori politici del regime.
        Trotsky, come ci ricorda Mongo, era uno che sapeva anche scrivere molto bene, talmente bene che Stalin e tutti i traditori dei principi sui quali era nata la Rivoluzione di Ottobre, l’hanno etichettato come fascista…
        La storia poi la conosciamo: Leone Trotsky, dopo vari esili fu assassinato in Messico da un sicario di Stalin.

  31. avatar
    The dark side of the moon 10 Ottobre 2014 at 21:40

    X Doroteo Arango:
    esatto!
    Il tuo esempio su Pasolini poi calza a pennello.

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      Mongo 11 Ottobre 2014 at 00:55

      Dark ha menzionato Trotsky e Trotsky era uno che sapeva scrivere!! Magistrale il suo ‘Storia della Rivoluzione Russa’. 😎

  32. avatar
    Tamerlano 13 Ottobre 2014 at 16:23

    Ciao a tutti!
    Ormai si sa sono sempre in zeitnot…

    Al link http://www.sbn.it/opacsbn/opaclib?db=solr_iccu&select_db=solr_iccu&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&searchForm=opac%2Ficcu%2Ffree.jsp&y=0&do_cmd=search_show_cmd&x=0&nentries=1&rpnlabel=+Tutti+i+campi+%3D+shah+mat+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2B%2540attr%2B1%253D1016%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522shah%2Bmat%2522&&fname=none&from=3 c’è scritto che “Shah Mat : l’ultima partita di Capablanca / Gesualdo Bufalino; a cura di Nunzio Zago, Milano: Bompiani: Fondazione Gesualdo Bufalino, stampa 2006 Descrizione fisica 94 p. 17 cm” è nelle seguenti biblioteche:

    AT0029 TO0S6 Biblioteca civica – Montegrosso d’Asti – AT
    BO0423 UBODU Biblioteca di discipline umanistiche – Bologna – BO
    CT0062 PALBC Biblioteca regionale universitaria – Catania – CT
    FI0098 CFICF Biblioteca nazionale centrale – Firenze – FI
    MI0162 LO101 Biblioteca comunale centrale – Milano – MI
    MI0185 MILNB Biblioteca nazionale Braidense – Milano – MI
    MI1155 LO123 Biblioteche pubbliche rionali – Milano – MI
    MN0120 LO114 Biblioteca comunale Gino Baratta – Mantova – MN
    NA0079 NAPBN Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III – Napoli – NA
    PA0063 PA1CP Biblioteca comunale – Palermo – PA
    PA0064 PALBP Biblioteca centrale della Regione siciliana Alberto Bombace – Palermo – PA
    RM0267 BVECR Biblioteca nazionale centrale – Roma – RM
    RN0013 RAVRI Biblioteca civica Gambalunga – Rimini – RN
    TO0265 TO002 Biblioteca Nazionale Universitaria – Torino – TO
    VT0051 RMSO9 Biblioteca comunale Dante Alighieri – Tarquinia – VT
    to0265 BMT01 Biblioteca Nazionale Universitaria – Torino – TO – – il documento potrebbe non essere disponibile

    Tamerlano
    (spero sia leggibile quanto postato)

  33. avatar
    Zenone 13 Ottobre 2014 at 19:18

    Grazie. Firenze, io sono in Toscana, mi era sfuggita!

  34. avatar
    Zenone 13 Ottobre 2014 at 19:27

    Vorrei fare un augurio a tutti gli amici scacchisti (e non) di Liguria ed oggi anche basso Piemonte e Parma, colpiti da pioggia e alluvioni.
    Lo faccio sul mio pezzo per non “disturbare” gli articoli degli altri, ma sentivo di farlo.

  35. avatar
    Marco "Marchino" Nebuloni 11 Dicembre 2014 at 08:15

    Attraverso i suoi scritti,Zenone diffonde bellezza.

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